Muhammed al Ajami e' stato condannato a 15
anni di carcere duro per la sua poesia sulla rivoluzione tunisina che
punta l'indice anche contro emiri e re del Golfo
martedì 22 ottobre 2013 14:04
Roma, 22 ottobre 2013, Nena News - Nessuna clemenza per Ibn al-Dheeb colpevole di avere scritto in una poesia "siamo tutti Tunisia di fronte all'elite repressiva". Il poeta qatarino Muhammad al-Ajami,
piu' noto come Ibn al-Dheeb, e' stato condannato dalla Corte di
Cassazione di Doha a 15 anni di reclusione per quel verso ritenuto
ostile all'emirato del Qatar. Il suo avvocato, Néjib al-Naimi, ha
parlato di "sentenza politica" - sulla quale non ci sono dubbi - e ha
auspicato un atto di grazia da parte del nuovo emiro, Tamim bin Hamad
al-Thani. Grazia alla quale pochi credono. I regnanti assoluti del
Qatar, impegnati con armi e soldi a "portare la democrazia" a casa del
nemico Bashar Assad, non hanno alcuna intenzione di allentare la morsa
della repressione a casa loro.
Poeta 36enne, al Ajami era stato arrestato per la sua poesia intitolata 'Gelsomino Tunisino' in cui si legge la "frase incriminata". La Cassazione lo ha riconosciuto colpevole di avere "incitato alla rivolta" contro l'emirato, stretto alleato degli Stati Uniti.
Organizzazioni internazionali per i diritti umani hanno espresso parole di condanna fin dall'arresto del poeta. Amnesty International defini' la sentenza all'ergastolo pronunciata nel 2012, poi ridotta a 15 anni, come "un'oltraggiosa violazione della liberta' di espressione".
Al Ajami ha commesso un altro "reato", avere spiegato che l'ex emiro Hamad bin Khalifa al-Thani e gli altri sceicchi del Qatar "passano il tempo a giocare alla playstation".
La vicenda di al Ajami risale a un anno fa. Lo scorso 16 novembre fu arrestato e il 29 novembre condannato all'ergastolo per la poesia che, secondo le autorita', esortava la popolazione al colpo di Stato. "Il processo a cui è stato sottoposto non è stato equo", commento' Cecile Pouilly, portavoce dell'Alto Commissariato Onu per i Diritti Umani, riportando alla stampa l'irregolarità della procedura processuale e il fatto che il processo stesso si fosse tenuto a porte chiuse.
Gli avvocati del poeta e osservatori esterni infatti non furono ammessi in tribunale e lo stesso Al Ajami era assente al momento della lettura della sentenza.
Il successivo 27 gennaio, probabilmente per le pressioni internazionali, ad al Ajami la pena e' stata ridotta a 15 anni. Sentenza ora confermata dalla Cassazione.
La poesia "Tunisian Jasmine" era stata scritta da Al Ajami in sostegno alle rivolte della Primavera Araba. Ne riportiamo la traduzione, a cura di Marta Ghezzi per Osservatorio Iraq.
"Oh signor primo ministro, oh Mohammad al-Ghannoushi
se guardiamo al tuo potere, esso non deriva dalla Costituzione.
Non piangiamo Ben Ali, né piangiamo la sua epoca, che rappresenta solo un piccolo punto nella linea della storia.
La dittatura è un sistema repressivo e tirannico, la Tunisia ha annunciato la sua rivolta popolare.
Se critichiamo, critichiamo solo ciò che è meschino e infimo se cantiamo lodi, lo facciamo in prima persona.
La rivolta è iniziata con il sangue del popolo, ribelle, e ha dipinto la liberazione sui volti di ogni essere vivo.
Sappiamo che faranno ciò che vogliono e sappiamo che tutte le vittorie portano con sé eventi tragici, ma povero quel Paese che fa dell'ignoranza il suo governante e crede nella forza delle forze americane, e povero quel Paese che affama il suo popolo mentre il governo gioisce dei successi economici, e povero quel Paese i cui cittadini si addormentano con la cittadinanza e si svegliano senza, e povero quel sistema che eredita repressione.
Fino a quando sarete schiavi di tanto egoismo?
Quando il popolo prenderà coscienza del suo vero valore?
Quel valore che gli viene nascosto e che presto dimentica?
Perché i governi non scelgono mai il modo per porre fine al sistema del potere tirannico che sa della sua malattia e insieme avvelena il suo popolo, che sa che domani sulla sua sedia si siederà il suo successore.
Non tiene in conto che la patria porta il nome suo e della sua famiglia, quella stessa patria che conserva la sua gloria nelle glorie del popolo, quel popolo che risponde con una voce sola ad un solo destino: siamo tutti tunisini davanti all'oppressore!
I governi arabi, e chi li guida, tutti ugualmente ladri.
Quella domanda che toglie il sonno a chi se la pone, non troverà risposta in chi incarna l'ufficiale.
Se possiamo importare ogni cosa dall'Occidente, perché non importiamo anche i diritti e la libertà?
Poeta 36enne, al Ajami era stato arrestato per la sua poesia intitolata 'Gelsomino Tunisino' in cui si legge la "frase incriminata". La Cassazione lo ha riconosciuto colpevole di avere "incitato alla rivolta" contro l'emirato, stretto alleato degli Stati Uniti.
Organizzazioni internazionali per i diritti umani hanno espresso parole di condanna fin dall'arresto del poeta. Amnesty International defini' la sentenza all'ergastolo pronunciata nel 2012, poi ridotta a 15 anni, come "un'oltraggiosa violazione della liberta' di espressione".
Al Ajami ha commesso un altro "reato", avere spiegato che l'ex emiro Hamad bin Khalifa al-Thani e gli altri sceicchi del Qatar "passano il tempo a giocare alla playstation".
La vicenda di al Ajami risale a un anno fa. Lo scorso 16 novembre fu arrestato e il 29 novembre condannato all'ergastolo per la poesia che, secondo le autorita', esortava la popolazione al colpo di Stato. "Il processo a cui è stato sottoposto non è stato equo", commento' Cecile Pouilly, portavoce dell'Alto Commissariato Onu per i Diritti Umani, riportando alla stampa l'irregolarità della procedura processuale e il fatto che il processo stesso si fosse tenuto a porte chiuse.
Gli avvocati del poeta e osservatori esterni infatti non furono ammessi in tribunale e lo stesso Al Ajami era assente al momento della lettura della sentenza.
Il successivo 27 gennaio, probabilmente per le pressioni internazionali, ad al Ajami la pena e' stata ridotta a 15 anni. Sentenza ora confermata dalla Cassazione.
La poesia "Tunisian Jasmine" era stata scritta da Al Ajami in sostegno alle rivolte della Primavera Araba. Ne riportiamo la traduzione, a cura di Marta Ghezzi per Osservatorio Iraq.
"Oh signor primo ministro, oh Mohammad al-Ghannoushi
se guardiamo al tuo potere, esso non deriva dalla Costituzione.
Non piangiamo Ben Ali, né piangiamo la sua epoca, che rappresenta solo un piccolo punto nella linea della storia.
La dittatura è un sistema repressivo e tirannico, la Tunisia ha annunciato la sua rivolta popolare.
Se critichiamo, critichiamo solo ciò che è meschino e infimo se cantiamo lodi, lo facciamo in prima persona.
La rivolta è iniziata con il sangue del popolo, ribelle, e ha dipinto la liberazione sui volti di ogni essere vivo.
Sappiamo che faranno ciò che vogliono e sappiamo che tutte le vittorie portano con sé eventi tragici, ma povero quel Paese che fa dell'ignoranza il suo governante e crede nella forza delle forze americane, e povero quel Paese che affama il suo popolo mentre il governo gioisce dei successi economici, e povero quel Paese i cui cittadini si addormentano con la cittadinanza e si svegliano senza, e povero quel sistema che eredita repressione.
Fino a quando sarete schiavi di tanto egoismo?
Quando il popolo prenderà coscienza del suo vero valore?
Quel valore che gli viene nascosto e che presto dimentica?
Perché i governi non scelgono mai il modo per porre fine al sistema del potere tirannico che sa della sua malattia e insieme avvelena il suo popolo, che sa che domani sulla sua sedia si siederà il suo successore.
Non tiene in conto che la patria porta il nome suo e della sua famiglia, quella stessa patria che conserva la sua gloria nelle glorie del popolo, quel popolo che risponde con una voce sola ad un solo destino: siamo tutti tunisini davanti all'oppressore!
I governi arabi, e chi li guida, tutti ugualmente ladri.
Quella domanda che toglie il sonno a chi se la pone, non troverà risposta in chi incarna l'ufficiale.
Se possiamo importare ogni cosa dall'Occidente, perché non importiamo anche i diritti e la libertà?
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