Lunedì 19 Agosto 2013 05:09
A
seguito del rapimento del presidente della Democrazia Cristiana Aldo
Moro, nel 1978, le condizioni dei detenuti politici nelle carceri italiane, soprattutto nelle "speciali", peggiora sensibilmente.
Dal
mese di marzo in tutte le strutture carcerarie italiane pacchi portati
dai familiari non possono più contenere carne cotta, salumi, formaggio,
dentifricio e sigarette.
In
particolare, nel carcere di massima sicurezza dell'Asinara, che ospitava
perlopiù detenuti politici appartenenti all'area della sinistra
cosiddetta "eversiva", la situazione è ancora più grave: i prigionieri
sono costretti a mangiare solo ciò che gli viene fornito dalla
direzione, molti di loro sono rinchiusi in quattro in celle di tre metri
per quattro, e gli viene impedito di uscire per tutto il giorno, i
reclusi di diverse celle non si incontrano mai, nemmeno durante l'ora
d'aria, l'isolamento è totale.
Le medicine portate
dall'esterno vengono sequestrate, con la scusa di farle analizzare,
nella sala colloqui sono stati impiantati degli enormi divisori di
vetro, che non permettono ai detenuti di avere contatti con i
famigliari.
In particolare il reparto "Fornelli", in cui sono
stati rinchiusi la maggior parte dei brigatisti, nappisti e compagni più
in generale, è la sezione del carcere dell'Asinara più tartassata: i
secondini aprono e rubano da ogni pacco, spesso anche i soldi mandati
dall'esterno vengono trattenuti dalle guardie carcerarie, che sfogano
continuamente la propria frustrazione sui detenuti e sulle loro
famiglie, costrette ad estenuanti attese per qualche minuto di colloquio
con il prigioniero, dietro un vetro e tramite un microfono.
Le voci
che girano nel carcere parlano anche di microspie che sarebbero state
montate a seguito del sequestro e omicidio Moro in alcune delle zone
comuni: lo stesso direttore del carcere, in un'intervista del 2009,
ammetterà che le microspie erano state montate in alcune parti
dell'isola, in particolare nelle zone dalle quali i detenuti
transitavano prima di essere smistati ai vari bracci.
Sono queste
le condizioni che portano, sabato 19 agosto 1978, giorno di colloqui, i
detenuti politici, coordinati da alcuni appartenenti alle Brigate Rosse,
a dare vita ad un'azione di protesta contro le condizioni inumane in
cui sono costretti a vivere e contro i pestaggi dei secondini,
organizzati e diretti dal direttore del carcere, Luigi Cardullo.
Quella
mattina i primi cinque detenuti chiamati a colloquio attaccano con ogni
mezzo a disposizione le mensole e i vetri divisori antiproiettile,
spaccandovi sopra le sedie; i secondini, che inizialmente provano ad
intervenire, vengono redarguiti, spiegando che il loro intervento
avrebbe spostato la contraddizione, che in quel momento coinvolgeva
esclusivamente l'esecutivo e gli organi del potere carcerario.
Nel
frattempo i prigionieri al passeggio iniziano una mobilitazione di
massa, mentre viene distribuito un volantino che, in particolare,
propone un programma immediato su cui articolare la lotta: abolizione
del'isolamento individuale e di gruppo, creazione di spazi di socialità
interna, aumento delle ore d'aria, abolizione dell'isolamento
dall'esterno, cioè eliminazione dei vetri divisori, aumento dei
colloqui, abolizione del blocco dell'informazione e della censura.
I
secondini, presi alla sprovvista, inizialmente non sanno come
fronteggiare la rivolta, ma il direttore della prigione prende presto in
mano la situazione, ordinando l'intervento delle guardie all'interno
dei "Fornelli" per sedare la rivolta, mentre i cinque detenuti che
avevano distrutto la sala colloqui vengono pestati e portati nel
"bunker".
Le forze dell'ordine entrano nel carcere come delle furie,
pestando senza pietà chiunque fosse al passeggio, e continuando a
picchiare anche quando i prigionieri sono a terra, inermi. Il corpo a
corpo prosegue, i detenuti del terzo passeggio riescono anche a colpire
ripetutamente il direttore Cardullo, mentre piano piano arretrano fino
alle celle. Altri tre "politici" vengono prelevati e trasferiti al
bunker.
Nella tarda serata Horst Fantazzini, rapinatore e
rivoluzionario ribelle, che ha ricevuto colpi pesanti al viso e alla
testa, va in coma; il suo stato di salute è talmente grave che viene
trasferito d'urgenza all'ospedale di Sassari, ma viene riportato
all'interno del carcere, nonostante le condizioni cliniche, dopo nemmeno
ventiquattro ore.
Pesanti saranno le rappresaglie messe in atto
dalla direzione carceraria che, oltre a spostare numerosi detenuti nel
bunker d'isolamento, diminuirà il passeggio ad una sola ora, mentre le
autorità riescono a mettere quasi totalmente a tacere tutta l'azione al
di fuori del carcere, negando la dimensione di massa della rivolta ed
attribuendola a "pochi brigatisti isolati".
Durante tutta la
settimana successiva vi saranno numerosi momenti di lotta all'interno e
all'esterno del carcere di massima sicurezza dell'Asinara: se da una
parte continueranno le azioni di organizzazione e di rivolta da parte
dei detenuti, dall'altra numerose saranno le mobilitazioni delle
organizzazioni dei famigliari, che occuperanno ripetutamente gli uffici
del Giudice di Sorveglianza.
Sabato 26 agosto, la direzione del
carcere, ormai logorata da una settimana di rivolta, e preoccupata per
l'imminente visita dell'ispettore ministeriale, concederà ai detenuti il
rientro ai Fornelli di tutti coloro che erano stati portati al bunker,
il raddoppio dell'ora d'aria, assicurerà che non vi saranno altri
trasferimenti al bunker, si dichiarerà disponibile
all'autodeterminazione della composizione delle celle, ventilando anche
la possibilità di effettuare un colloquio mensile senza vetri.
Fonte:
http://www.infoaut.org/index.php/blog/storia-di-classe/item/2363-19-agosto-1978-rivolta-al-carcere-dellasinara