Perchè questo nome:

Credo che la verità vada urlata contro ogni indifferenza mediatica e delle coscienze. Perciò questo è uno spazio di controinformazione su tutto ciò che riguarda le lotte sociali. Questo blog è antisionista perchè antifascista. Informatevi per comprendere realmente e per resistere.

Donatella Quattrone


mercoledì 31 luglio 2013

ARGENTINA: LA CHIESA APRIRA' GLI ARCHIVI SUI DESAPARECIDOS?

Succederà davvero quanto promesso dal Papa e riportato nel seguente articolo? Mi auguro di sì. Me lo auguro, certo, sia pure a malincuore, perchè in un mondo che voglia essere giusto la verità dovrebbe venire a galla. Se lo meritano le "Nonne di Plaza de Mayo" che - con la calma che è la virtù dei forti - hanno accettato, dopo decenni di silenzi, un incontro col pontefice per chiedere ancora una volta la verità. Se lo meritano le "Madri di Plaza de Mayo" dopo decenni di dura lotta e repressione. E soprattutto se lo meritano i desaparecidos, i figli dell'Argentina che, chi più chi meno, portiamo sulla coscienza anche solo per il periodo in cui non abbiamo voluto neppure ascoltare questa storia.
Ma - tornando alla domanda che apre questa mia breve riflessione - succederà davvero questo? Verranno aperti quegli archivi? E se sì servirà a far venire a galla tutta la verità? O almeno parte di essa resterà nascosta chissà dove chissà da chi perchè una verità del genere è troppo grande per essere raccontata? Con quest'interrogativo vi lascio all'articolo di Contropiano.

Donatella Quattrone



Martedì 30 Luglio 2013 18:25

 Scritto da  Redazione Contropiano


 Argentina: Chiesa apre archivi su desaparecidos?
Dopo decenni di colpevole silenzio, la Chiesa argentina si è impegnata ad aprire i propri archivi per facilitare la ricerca dei "desaparecidos" e dei loro bambini sequestrati e affidati ad altre famiglie dalla dittatura militare di estrema destra che ha governato con il pugno di ferro dal 1976 al 1983. Dopo una riunione con le "Nonne della Plaza de Mayo", che da trent'anni chiedono un'iniziativa in tal senso, il presidente della Conferenza episcopale argentina José Maria Arancedo si è detto ora finalmente disposto ad accedere alle richieste assicurando che "la Chiesa sta già lavorando alla questione". La presidente dell'associazione, Estela de Carlotto, aveva chiesto il 24 aprile scorso un intervento di papa Francesco, durante un'udienza in Vaticano, ricevendo per la prima volta una risposta positiva. Fino ad oggi infatti la chiesa argentina - compreso il periodo in cui Jorge Mario Bergoglio ha ricoperto la carica di primate - aveva sempre risposto col silenzio alle richieste delle famiglie dei desaparecidos. Creata nel 1977, l'associazione è riuscita fino ad ora a identificare 108 bambini sequestrati e affidati a famiglie di militari o vicine al regime su un totale stimato di circa 500 casi. L'apertura degli archivi dovrebbe poter fornire l'accesso ai registri battesimali e ai documenti del Movimento Familiare Cristiano, associazione che sarebbe coinvolta nelle adozioni illegali.



Fonte:









lunedì 29 luglio 2013

IL NO TAV PAURA NON NE HA!

Lunedì 29 Luglio 2013 07:33 


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Aggiornamento ore 11.30: Le camionette e i blindati che si erano posizionati nel pressi del campeggio di Venaus sono andati via. Intanto è stata annunciata una conferenza stampa alle ore 16 di oggi, presso la Comunità Montana a Bussoleno. Una conferenza alla quale prenderanno parte, tra gli altri, il presidente della comunità montana Sandro Plano e il sindaco di Venaus, Nilo Durbiano. Nel frattempo, giungono notizie più dettagliate rispetto alle perquisizioni di questa mattina. Per il momento risultano essere state perquisite e indagate un totale di 12 persone, tutte del comitato di Lotta popolare di Bussoleno: Luca di Bruzolo, Giulia, Martina, Lorenzo e William di Bussoleno, Andrea di Mompantero, mentre Rubina, Davide, Mattia B, Ruben, Dana, Mattia M. sono residenti a Torino.

 Corrispondenze da Radio Onda d'Urto:





Se il buongiorno si vede dal mattino...

ORA TIRANO FUORI "TERRORISMO E EVERSIONE"!
Decine di perquisizioni sono in corso da questa mattina in Val Susa e a Torino ai danni di divers* compagn* del Comitato di Lotta Popolare. Perquisiti anche i locali dell'Osteria La Credenza di Bussoleno. Un luogo di ritrovo e aggregazione conosciuto e frequentato da centinaia di persone (notav e non solo) viene di fatto additato come luogo di oscure trame... Perché l'articolo indicato nei mandati che accompagnano l'ennesima "operazione" targata Padalino & co. sono il 280 comma 1 n.3 cp e 10 e 121. 497/74, quello che indica "l'attentato con finalità terroristica e di eversione"
I reati contestati farebbero riferimento alla sera del 10 luglio, quando, tra molte altre iniziative, si verificò anche un'iniziativa al cantiere di Chiomonte, con taglio di reti.
Nei mandati si legge la volontà di ritrovare nelle case degli indagati [citiamo a braccio] "materiale esplosivo, contundente, atto al taglio di recinzioni e supporti audio-visivi e digitali che permettano il riconoscimento di eventuali complici". Come al solito sono stati sequestrati computer e altri dispositivi tecnologici di comunicazione. Così commenta ironico uno dei compagni perquisiti: “cercavano armi, si son presi computer e I-Phone”...
Ma aldilà delle battute, si profila un salto di qualità nell'operato dei Pm con l'elmetto. Non fanno arresti o misure disciplinari ma, quatti quatti, iniziano a far trapelare la possibilità di nuove maxi-inchieste con imputazioni gravissime che, anche in assenza di prove, possono permettere lunghe detenzioni cautelari. Evidentemente, non gli basta la figura di merda fatta con gli arresti della scorsa settimana (già tradotti ai domiciliari) e continuano a puntare in alto, verso la madre di tutte le imputazioni che Magistrati di questo calibro sognano proprinare alle lotte sociali e ai movimenti, specie quando questi non abbassano la testa!
Questo ennesimo atto intimidatorio - vera e propria provocazione - non deve lasciarci indifferenti e necessita una risposta determinata e corale del movimento, in difesa di quest* compagn* e di un luogo di aggregazione che è di tutti i Notav...


Fonte:

Gaetano Bresci

Lunedì 29 Luglio 2013 05:04 


Il 21 luglio 1900 il re d'Italia Umberto I raggiunge, come quasi tutte le estati, la sua residenza di Monza, città nella quale vive e si incontra con la sua amante, Eugenia.
29 luglioIl 29 luglio è una calda domenica in Brianza e il re, dopo aver cenato, esce dalla propria dimora per presenziare ad un evento mondano, la premiazione degli atleti della società di ginnastica Forti e Liberi.

Dopo la premiazione Umberto I monta in carrozza per tornare alla residenza ma, riconoscendo tra la folla che fa ala un ufficiale, si alza in piedi per salutarlo: è in questo momento che viene colpito da tre proiettili di revolver.
Il re era già stato oggetto di due tentativi di attentati negli anni precedenti: il primo a Napoli nel 1878 quando era stato colpito da un colpo di pugnale inferto da Giovanni Passante, disoccupato, ed il secondo nel 1897, quando Pietro Acciarito da Artena, anch'egli disoccupato, aveva cercato di accoltellarlo.
Mentre il re ha già perso conoscenza e la carrozza si avvia velocemente verso a villa reale, un uomo viene immediatamente arrestato in mezzo alla folla, senza opporre alcuna resistenza, e senza fare dichiarazioni: è Gaetano Bresci.
Gaetano Bresci ha 31 anni, è un tessitore di seta nato nel pratese, attivo nel tentativo di rovesciare le miserrime condizioni in cui versano lui e la propria famiglia, nonché tutto il proletariato contadino ed urbano, sin dagli anni dell'adolescenza. Già arrestato e confinato per un anno a Lampedusa in seguito alla partecipazione ad uno sciopero, nel 1897 aveva deciso di abbandonare l'Italia, per trasferirsi in America, dapprima a New York e in seguito a Paterson.
Durante il suo soggiorno in America Gaetano continua però a seguire le vicende politiche della sua terra natale, e in particolare rimane molto colpito dalla durissima repressione messa in atto dal regio esercito contro il popolo che, ormai stremato,aveva assaltato i forni nella Milano del 1898. A seguito di questa insurrezione (la "protesta dello stomaco"), infatti, vi furono più di cento persone uccise e centinaia di feriti, mentre il generale Fiorenzo Bava-Beccaris, al comando dell'operazione, venne insignito della Croce dell'ordine militare dei Savoia.
A tutt'oggi non si sa come e quando sia maturata in Bresci l'idea del regicidio, ma con buona probabilità sono da escludersi le teorie che lo vorrebbero sorteggiato in un gruppo di anarchici americani, così come quelle complottiste sostenute da Giolitti.
Bresci, difeso dall'avvocato Francesco Saverio Merlino, verrà processato per regicidio e condannato all'ergastolo. Il 23 gennaio 1901 verrà trasferito nel carcere di Santo Stefano presso Ventotene, dove gli verrà dato il numero di matricola 515.
Egli indosserà la divisa degli ergastolani, con le mostrine nere che indicano i colpevoli dei delitti più gravi, i piedi saranno legati da spesse catene.

Il 22 maggio 1901 un dottore verrà chiamato nella sua cella per constatarne la morte: la versione ufficiale sarà suicidio, ma le circostanze della sua morte desteranno non poche perplessità. Le voci interne al penitenziario sosterranno che tre guardie avrebbero fatto irruzione nella cella, lo avrebbero immobilizzato con una coperta, e lo avrebbero massacrato di botte (nel gergo carcerario questo si chiama "fare il santantonio").
Un delitto di Stato sarebbe quindi la pena per un delitto contro lo Stato, nonostante la pena di morte fosse stata abolita dal Codice Zanardelli nel 1889.



Fonte:

http://www.infoaut.org/index.php/blog/storia-di-classe/item/2203-29-luglio-1900-gaetano-bresci-uccide-il-re 




Sul blog di Valentina Perniciaro http://baruda.net/ ci sono articoli  che raccontano viaggi compiuti da lei ed altre persone al cimitero degli ergastolani a Ventotene. In questo link si parla anche della tomba di Gaetano Bresci:

http://baruda.net/2012/06/27/anche-gli-ergastolani-ora-hanno-un-nome-piccoli-splendidi-passi-nel-carcere-dellisola-di-santo-stefano/

domenica 28 luglio 2013

BARCONE NAUFRAGATO DAVANTI ALLE COSTE LIBICHE: 31 MORTI

 
Un barcone con migranti a Lampedusa (archivio)



Racconto dei 22 profughi giunti a Lampedusa: a bordo gommone rovesciato in tutto 53 migranti

28 luglio, 13:16

  LAMPEDUSA (AGRIGENTO) - Sarebbero 31, tra cui nove donne, le vittime del naufragio avvenuto venerdì sera davanti alle coste libiche. Lo hanno riferito i 22 superstiti, una volta giunti a Lampedusa. I profughi, provenienti dalla Nigeria, hanno raccontato che sul gommone che si è rovesciato si trovavano complessivamente 53 migranti.
I superstiti, provenienti oltre che dalla Nigeria anche Gambia, Benin e Senegal, hanno raccontato che il gommone si e' capovolto dopo tre giorni dalla partenza dalle coste libiche. Sono apparsi profondamente prostrati dalla lunga permanenza in mare e ancora sotto shock. L'allarme era scattato venerdì pomeriggio quando la Guardia Costiera di Palermo ha ricevuto una telefonata proveniente da un'imbarcazione carica di migranti. La centrale operativa delle Capitanerie a Roma, dopo aver localizzato il satellitare a 29 miglia dalle coste della Libia e aver contattato le autorità di Tripoli, ha dirottato nella zona due navi mercantili, entrambe battenti bandiera panamense. Una di queste, la Gaz United, durante le fasi di ricerca, ha avvistato in mare un gruppo di 20 superstiti, riuscendo a recuperarli. Poco dopo la stessa nave ha rintracciato un relitto di un gommone semiaffondato.
Altri due migranti sono stati invece tratti in salvo dalla seconda nave, la Gaz Sinergy. I profughi sono stati successivamente trasbordati sulla nave Kornati, battente bandiera maltese, e trasferiti a Lampedusa. Le ricerche dei dispersi nella zona del disastro, condotte dalle motovedette della Guardia Costiera e da alcuni mercantili, non hanno dato alcun esito. Oltre ai 22 scampati al naufragio ieri sono approdati a Lampedusa circa 450 migranti soccorsi nel giro di 24 ore. Il centro di prima accoglienza dell'isola è nuovamente al collasso, con circa 1100 presenze a fronte di una capienza massima di 350 posti.
Un altro barcone in difficoltà con 92 migranti a bordo, tra cui 16 donne, è stato soccorso questa mattina nel Canale di Sicilia, a circa 150 miglia da Lampedusa, in acque di competenza maltese. Gli immigrati sono stati raccolti dalla nave panamense Gaz Energy, la stessa che venerdì sera aveva tratto in salvo, insieme con la gemella Gaz United, 22 profughi che avevano fatto naufragio davanti alle coste libiche. I migranti saranno adesso trasbordati su una motovedetta della Guardia Costiera che li trasferira' in mattinata nel porto di Pozzallo (Ragusa), visto che il Centro di prima accoglienza di Lampedusa, che ospita in questo momento oltre un migliaio di persone, è ormai in overbooking.

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Fonte:
 
 
 

IL COMITATO UN CASO BASCO A ROMA FA VISITA A LANDER


lander 

 luglio 26, 2013 16:06

Avevo visto Lander l’ultima volta il 27 aprile, il giorno dell’estradizione. Eravamo in una stanza della questura di Roma. Dopo ore di attesa e trattativa, decisi di scendere un momento per aggiornare i compagn@ in presidio rispetto alle novità in corso. Avevo scelto il momento sbagliato, tutto era saltato, quando sono risalito Lander era già in viaggio verso l’aeroporto. In questi mesi non ci siamo fermati. Il nostro comitato ha continuato a sostenerlo, scrivendogli, denunciando la sua situazione con azioni, continuando a tenere alta l’attenzione con manifesti e concerti. Stretti in una morsa obbligata tra rabbia e ragione, stiamo provando a mantenere uno spazio aperto di discussione a Roma su Lander, sulla condizione dei troppi prigionieri baschi e del conflitto storico che li vede lottare da sempre per la libertà del loro paese. Così, un po’ perché ce lo meritavamo un po’ per orientarci meglio sul lavoro da fare, ci siamo regalati tre giorni euskera. Tra Bilbo e Lekeito, tra martxa eta borroka (lotta e allegria), abbiamo rincontrato e conosciuto tante facce e tante storie, che ci danno animo e convinzione propri solo di chi sta dalla parte giusta. Solo di chi ha avuto la fortuna di conoscere e diventare amico di Irati e Lander.
Poco tempo prima di partire abbiamo dovuto scegliere due nomi da Roma per l’elenco dei visitatori, quelli che potranno entrare presso il carcere dove è detenuto Lander, nei prossimi mesi. Uno di questi sono io, e di questo non ringrazierò mai abbastanza i miei compagn@.  Cosi durante questi giorni baschi sono partito per Madrid con il fratello e un suo amico verso il carcere di Estremera. La poca attenzione del controllo di turno e una buona dose di fortuna hanno fatto il resto. Documento, foto, impronte digitali e tutti dentro. A sentire i baschi un miracolo. L’effetto sorpresa è stato devastante. Lander non ci aspettava tutti insieme e subito l’incontro si è trasformato in una festa. Il vetro che ci divideva è spesso e il citofono certo non restituisce il giusto grado di intensità ad ogni emozione, ma quelle ultime barriere ci sono sembrate poca cosa. In quaranta minuti spesso ci siamo parlati sopra. Io ero l’unico a parlare in romanaccio ma mi sono fatto valere contro il loro euskera, che mai mi è sembrato cosi gentile e intimo. Lander era felicissimo di saperci nella sua Bilbo, nella sua Lekeito, con i suoi compagn@ e la sua famiglia. Sa del lavoro che stiamo portando avanti e che c’ero io solo perché tutti insieme non si può andare. Ringrazia per la solidarietà manifestata nella sua permanenza a Roma, ha un bel ricordo anche di quella maledetta giornata di aprile. Ha il volto pieno e rilassato, è aggiornato su ogni questione che riguarda Roma, il Paese Basco e il suo Athletic. Riceve molta posta e sente spesso i compagn@ nelle chiamate che ha a disposizione. Il suo regime di detenzione normale gli permette la mattina di correre e andare in palestra, partecipare a dei corsi di formazione, in particolare di lingue. Pranza e cena con altri due detenuti politici baschi e questo gli da molta forza. C’è pure una compagna dell’ala femminile che però non possono incontrare. Legge, ascolta la radio e tra poco riceverà anche una televisione. Veste magliette politiche o almeno per il momento gli è permesso. Estremera si trova a settanta kilometri da Madrid, intorno sembra un vero e proprio deserto, senza colori ne profumi. Cosi lontano, anche in questo, dal Paese Basco cosi pieno di foreste, fiumi, mare e montagne. Ho avuto questo pensiero stupido ripartendo dal carcere,  senza sapere nemmeno se Lander ha una finestra o gli permesso guardare fuori. Ma tant’è. L’immagine che mi porto dentro di quei quaranta minuti è il sorriso perenne di Lander. Questo ho provato a trasmettere ai compagni che mi hanno fatto questo regalo, e al nipote piccolo che dopo poche ore mi chiedeva in lacrime perché lo zio a cui vuole tanto bene, non era lì con tutti noi. Quel sorriso l’ho imparato a conoscere quando l’ho incontrato a Regina Coeli,  ce lo ha poi regalato davanti a quel cancello mentre lo scortavo per essere estradato, l’ho rivisto sabato. Sta lì ed è per tutti. So che “Lander sta bene” vuol dire poco e che è ingiusto pensarlo. Bene non può stare un detenuto. Bene non sta chi lotta per la libertà e si trova prigioniero. Bene non sta chi è lontano dal suo paese, dai suoi affetti, dai suoi compagn@. Bene non sta chi ha superato un anno di detenzione senza nemmeno essere stato condannato e senza neppure sapere l’inizio del processo. Lander dice sempre che il conflitto basco è una lotta contro due stati potenti, la Francia e la Spagna. Sarà questo genere di consapevolezza che fa vivere diversamente la repressione che subisce ogni militante basco; sarà che la detenzione in carcere è una condizione che un basco vive in ogni famiglia, quartiere, paese piccolo o grande che sia, da sempre; sarà che in fondo questi baschi so strani. Sarà che in questa condizione non c’è nulla di retorico. Sarà ma a chi mi domanda come sta Lander? Rispondo che sta bene e che per esserne sicuro il 24 agosto, con tutto il comitato, torneremo a trovarlo.
“Fermare l’estradizione non era solo una vittoria, era scrivere un pezzetto di storia. Forse essere stati cosi vicini dal raggiungere l’obiettivo da più rabbia e impotenza”

Davide

Un caso basco a Roma


Fonte:




Per saperne di più sul caso di Lander Fernandez Arrinda visitare il sito 

http://uncasobascoaroma.noblogs.org/

sabato 27 luglio 2013

IL FUNERALE DI BRAHMI. SIDI BOUZID SI DICHIARA REGIONE AUTONOMA.

Sabato 27 Luglio 2013 11:52 

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Aggiornamento 19h: mentre si avvicina la prima notte per la Regione Autonoma di Sidi Bouzid, la tensione è ancora alta nei pressi dell'ANC a Tunisi dove non cessano i tentativi dei manifestanti di unirsi davanti alla detestata istituzione della “transizione democratica”. Continuano ad arrivare anche i rinforzi alla celere con i gruppi speciali dal volto coperto dal passamontagna o accompagnati dai canilupo. Durante i rastrellamenti sono stati compiuti diversi arresti che preoccupano non poco le associazioni per i diritti dell'uomo visti anche i recentissimi episodi di molestie sessuali contro le militanti trattenute dalla polizia nel commissariato del centro città. Hamma Hammami, portavoce del Fronte Popolare, si è rivolto, durante una trasmissione radio, ai celerini ricordando loro l'instabilità del paese e quindi la possibilità per un futuro prossimo di venire giudicati da un tribunale per i crimini commessi anche in queste ore. Contemporaneamente il presidente dell'Assemblea Nazionale Costituente annunciava l'intenzione di rivolgersi alla popolazione tramite le televisioni in serata (realisticamente durante l'iftar) per intervenire su quanto accaduto durante il giorno. Ansar Achaaria, il partito salafita più consistente dello scenario dell'islamismo salafita tunisino, dal canto suo si è dissociato da ogni relazione con l'omicidio Belaid e Brahmi, dichiarandosi parte offesa in quanto, a loro detta, organizzazione dedita alla predicazione. Le ore successive all'iftar sarannno dirimenti per comprendere quale direzione prenderà questa lunga giornata di lotta che vede: l'ANC ormai prossima al collasso (mancano un pugno di dimissioni di deputati per essere formalmente sciolta), il governo in crisi insieme al partito di maggiornanza Ennahdha che a stento riesce a serrare i ranghi della base e della sua elites, una regione, quella di Sidi Bouzid, che dichiarandosi autonoma dà il segnale della possibilità dell'autogoverno e della secessione dalle istituzioni del regime, e la piazza della capitale che con tenacia non ha ceduto alla repressione per ore...  

Aggiornamento 17h: dopo più di un'ora di scontri la polizia sembrava essersi ritirata e i manifestanti avevano potuto riprendere posizione davanti all'ANC, aiutati anche dall'arrivo di quanti erano riusciti a superare e contrastare le cariche succedute al corteo funebre per Brahmi fuori dal cimitero Jellaz. Diverse fonti avevano registrato il movimento dei plotoni dell'esercito, la più parte assiepati dentro il giardino del palazzo dell'assemblea costituente. Situazione che aveva fatto pensare all'impiego dell'esercito al posto della polizia. Al contrario i celerini attendevano rinforzi... In questi minuti la polizia è tornata a caricare il sit-in con manganelli e lacrimogeni. Diversi deputati che avevano raggiunto il presidio sono stati pestati e portati in ospedale e si registrano i primi arresti tra i manifestanti. Ad aumentare la tensione c'è anche l'ingrossarsi delle file delle squadracce e dei supporter di Ennahdha a cui la polizia995942_498110926931371_1766985700_n-1invita da alcuni minuti di allontanarsi.         

Aggiornamento 16h: quanti stavano raggiungendo il sit-in davanti all'ANC dopo il corteo funebre per Brahmi, sono stati bloccati da diversi plotoni della celere. I manifestanti hanno tentato di cambiare strada ma a quel punto diversi plotoni di poliziotto hanno preso posizione anche alla coda del corteo. Dopo pochi minuti sono stati caricati brutalmente con manganelli e gas lacrimogeni. Fonti sul posto ci parlano della tenacissima resistenza popolare sotto lo scoppio del sole mentre fronteggia le bande di celerini.
La spinta per l'autonomia territoriale di Sidi Bouzid inizia a contagiare anche altre località e importanti città del paese. E' il caso di Kairouan, grande città del centro della Tunisia, dove il sit-in popolare per la caduta del regime ha reso pubblico questo documento:

In nome del popolo e del sangue dei martiri,
sotto questo governo in disfatta e incapace di ripulire le sue macchie, noi dichiariamo:
-è istallato un sit-in popolare davanti al governatorato
-il rifiuto totale di comunicazione con tutti i poteri locali illegittimi, e in primo luogo il governatore
-la creazione di un consiglio popolare temporaneo per gestire il sit-in e gli affari pubblici dell'intero governatorato.

Aggiornamento 15h: il corteo funebre che ha accompagnato il corpo di Brahmi, deposto vicino alla salma di Belaid, si è da poco concluso e le decine di migliaia di manifestanti si stanno dirigendo in corteo verso l'assemblea nazionale costituente per continuare la lotta. E' di questi minuti la notizia che la polizia sta attaccando ferocemente il sit-in davanti all'ANC distruggendo l'accampata, caricando a manganellate i presenti e lanciando numerosi lacrimogeni contro i manifestanti.
Intanto anche il fronte Ennahdha inizia a manifestare la crisi da tempo nascosta dal partito islamista: Sonya Toumaia, deputato per la fazione islamista, annuncia le dimissioni dall'ANC, e alcune fonti parlano che altri deputati “nadhoui” dovrebbero seguire l'esempio. Mancano solo altre 17 dimissioni e l'ANC sarebbe formalmente sciolta. Sembra che anche il ministro dell'educazione sia sul piede di annunciare le sue dimissioni dal governo.

Pagina in aggiornamento...

Notte di ferro e fuoco in Tunisia. Tutto il paese è stato attraversato dalla furia della popolazione tunisina rivolta contro tutte le istituzioni del regime guidato dai demo-islamisti di Ennahdha. Durissimi scontri con la polizia si sono verificati ovunque e a Gafsa, città storica dell'opposizione rivoluzionaria magrebina, durante gli incidenti con la polizia un compagno del Fronte Popolare Mohamed Mufti è stato ammazzato con un colpo di lacrimogeno sparatogli in testa da un celerino. Arrivano notizie anche di scontri tra diverse fazioni politiche come a Susa dove le squadracce di Ennahdha hanno attaccato un presidio dei nostalgici del regime di Ben Ali, organizzati nel partito, capeggiato da Beji Caid Essebis, Nidaa Tounes.
L'appello alla rivolta pacifica contro il regime pronunciato dal portavoce del Fronte Popolare Hamma Hammami sta facendo tremare le istituzioni tunisine: blocco dei servizi, del pagamento delle tasse, sciopero ad oltranza, presidio nei pressi dell'Assemblea Nazionale Costituente, e manifestazioni ovunque. Numerose le sedi di Ennahdha date alla fiamme.
In mattinata l'ex segretario di stato agli affari esteri Touhami Abdouli durante una lunga intervista a radio Mosaique FM ha annunciato che la regione di Sidi Bouzid si dichiara Regione Autonoma e che da oggi rifiuta di riconoscere tutte le istituzioni del potere centrale. Gli abitanti della regione hanno eletto un loro governatore, un certo numero di delegati, responsabili amministrativi, un consiglio regionale di saggi e un proprio senato. L'iniziativa sostenuta dai compagni e dalle compagne del Fronte Popolare durerà fino almeno allo scioglimento dell'assemblea nazionale costituente e del governo. La Sidi Bouzid rivoluzionaria invita tutte le regioni vicine (che ricordiamo sono parte del grande bacino minerario da sempre terra di lotta, dignità e rivolta) a seguire il suo esempio.
Il sindacato UGTT continua a presidiare tutte le proprie sedi, seguendo l'indicazione di un membro della segreteria centrale che ha dichiarato alla stampa che “qualsiasi attacco violento contro le nostre sedi o i nostri militanti, avrà una risposta repentina e organizzata ancora più violenta!”. Forte della riuscita completa dello sciopero di ieri questa volta l'UGTT sembra determinato a seguire la rabbia della popolazione, che nel pomeriggio di ieri è montata ancora di più quando sono iniziate a circolare le informazione a riguardo dell'uomo che il ministero degli interni aveva indicato come l'esecutore dell'omicidio Belaid e Brahmi: Marouen Nelhaj Salah, salafita combattente, è morto a giugno in Siria. Non pochi commentatori riconoscono nella disinformazione diffusa dalle conferenza stampa del ministero degli interni un disperato tentativo di calmare le acque e aggiungere del torbido per allontanare da Ennahdha l'accusa di mandante politico degli omicidi.
Intanto continuano le dimissioni dei deputati dell'Assemblea Nazionale Costituente (ad ora 53), mentre da più parti aumentano le accuse contro Ennahdha degli omicidi politici e di aver svenduto la rivoluzione e il paese all'America e alle corone del petrolio alleate.
La tensione resta altissima anche nella capitale: intorno alle 10 di questa mattina una macchina della polizia è stata fatta saltare nei pressi del commissariato della Goulette a pochi kilometri da Tunisi. Blindatissimo dai servizi di sicurezza il corteo funebre di Mohamed Brahmi, partecipato da migliaia e migliaia di tunisini e tunisine. Il corteo ancora incorso dovrebbe raggiungere il cimitero Jellaz dove solo 6 mesi fa è stato interrato il corpo del compagno Belaid.



Fonte:

venerdì 26 luglio 2013

MANGANELLATE E FERITI AL PRESIDIO PER MARTA

26 luglio 2013 at 17:11


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Si conclude il pomeriggio di mobilitazione sotto il tribunale di Torino a sostegno di Marta, giovane donna No Tav che venerdì notte è stata picchiata e molestata sessualmente dalle forze dell’ordine mentre era in stato di fermo.

Convocata dal pm Rinaudo,  quest’oggi è stata interrogata in duplice veste: persona indagata  e persona offesa. Duplice ruolo anche per il pm quindi, colui che abbiamo avuto la sfortuna di conoscere in questi mesi nelle aule di tribunale e  dove si distingue per la sua intolleranza al movimento No Tav.

Marta si è avvalsa della facoltà di non rispondere rispetto ai fatti per cui è indagata, mentre ha depositato una dettagliata descrizione dei pestaggi e delle molestie subite durante quella notte:  i pm hanno deciso di non farle domande rispetto alle violenze da lei subite e hanno acquisito la testimonianza scritta.


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Mentre Marta era da poco entrata in tribunale e circa un centinaio di persone rimaneva all’esterno del presidio, un gruppo di 5 o 6  giovani donne  si è avvicinato al cancello del tribunale per appendere uno striscione di solidarietà con su scritto “Se toccano una, toccano tutte… non un passo indietro! Solidarietà a Marta!”. Appena sfiorato il cancello una decina di uomini della polizia in assetto antisommossa si è scaraventata contro le giovani, con violenza, tentando di allontanarle. I No Tav presenti al presidio sono subito accorsi in difesa delle No Tav e a quel punto la celere, a suon di scudate e manganellate ha caricato, spingendo le persone in mezzo la strada laddove passavano le macchine.

La reazione del presidio non si è fatta attendere ed immediatamente ci si è riuniti, questa volta proprio di fronte all’entrata del tribunale, a ridosso dei cordoni della polizia.

Anche quest’oggi la polizia ha fatto diversi feriti, tra cui una ragazza colpita alla testa che è dovuta ricorrere alle cure ospedaliere.

Non possiamo che sottolineare l’ennesima dimostrazione di violenza da parte delle forze dell’ordine che, oramai, si sentono legittimate ad aggredire gli attivisti del movimento No Tav ogni qualvolta gli si presenti l’occasione.

Il presidio è continuato con numerosi interventi dal microfono, attendendo il ritorno di Marta che è stata accolta da un lungo applauso e molti, molti abbracci.

Non sarai sola, #senonconmartaquando?



Fonte:

TUNISIA: SCIOPERO GENERALE PER LA CADUTA DEL REGIME!

Venerdì 26 Luglio 2013 16:00 

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Dopo una notte di scontri, fuoco e fiamme in tutto il paese, la Tunisia vive ancora una giornata di altissima tensione a seguito dell'omicidio politico di Brahmi. La rabbia di gran parte della popolazione tunisina ha fatto sì che lo sciopero generale lanciato dall'UGTT, a seguito dell'omicidio del militante e deputato dell'estrema sinistra facente riferimento al Fronte Popolare, sia riuscito a pieno. Numerose città del bacino minerario (Gafsa, Sidi Bouzid, Kesserine, etc) sono praticamente irraggiungibili da ieri notte quando diversi manifestanti hanno posizionato massi di roccia sull'autostrada e nelle altre strade che portano alle grandi e piccole località della regione. A Sfax si sono susseguiti scontri con la polizia in tenuta antisommossa che con difficoltà ha allontanato i manifestanti determinati ad assaltare i palazzi delle istituzioni. A Tunisi questa mattina un primo corteo è partito dalla piazza su cui si affaccia il palazzo della centrale del sindacato più grande del paese UGTT. Il corteo aperto dai cordoni degli avvocati ha sfilato nell'Avenue Bourguiba e poi si è diretto verso la sede dell'Assemblea Nazionale Costituente. L'idea lanciata dal Fronte Popolare è quella di organizzare un presidio stabile proprio davanti al palazzo dell'istituzione simbolo della transizione, anche se non sono pochi a far notare che il potere politico da contestare fino al suo crollo, risiede come da decenni, nel tetro stabilimento blindato che stride con i colori della grande avenue del centro città: il ministero degli interni. L'accampata davanti all'ANC è stata lanciata da Hamma Hammami e proseguirà, secondo le intenzioni, fino alla caduta del regime. Il costituendo Fronte di Salute Nazionale in cui stanno confluendo diversi partiti e associazioni ha promosso un manifesto che incita a prolungare di altre 24h lo sciopero generale e le manifestazioni contro Ennahdha e le istituzioni della transizione. Durante la giornata si susseguono i comunicati dei singoli deputati dei differenti partiti non “nadhaoui” che annunciano le dimissioni dall'ANC. Va notato il completo spappolamento del Partito Repubblicano, oggi guidato da Chebbi (decine di anni fa oppositore, ma poi giullare del sistema Ben Ali e oggi di Ennadha), la cui maggioranza di eletti rifiutandosi di restare in “colazione” con la fazione islamista, abbandonano partito e istituzione.
Nella mattinata il ministro degli interni, durante una conferenza stampa, ha accusato il gruppo facente capo a Boubaker El Hakim, di essere l'autore materiale di entrambi gli omicidi Belaid e Brahmi. Stessa pistola, stessi proiettili, stessa dinamica di agguato. Secondo gli investigatori non c'è dubbio sulla mano che ha sparato contro i due militanti della sinistra rivoluzionaria tunisina. Boubaker El Hakim sembra essere di origini tunisine ma nato in Francia nel 1983 e poi dedicatosi all'islamismo radicale dopo alcuni viaggi in Irak e in Siria. Non viene dato sapere altro se non una generica appartenenza ad alcune fazioni islamiste salafite. La ricostruzione tecnica degli omicidi sortita dal ministero degli interni non convince e non calma la piazza dell'opposizione che rilancia le accuse all'elites di Ennahdha di essere la promotrice politica degli assassini mirati. Il punto di vista dell'opposizione sembra essere riconosciuto e condiviso dalla maggioranza della popolazione che sta rispondendo agli appelli alla resistenza contro il regime. E la valutazione politica conclusiva della giornata non potrà che darsi al termine del digiuni di ramadan, scandenza in questo mese giornaliera, che varia di non poco la vita politica, soprattutto nei suoi aspetti di partecipazione di massa.



Fonte:

26 luglio 1953: assalto alla caserma Moncada

Venerdì 26 Luglio 2013 04:00 


altIl 26 luglio 1953: Cuba, Santiago, l'esercito rivoluzionario cubano compie il suo primo attacco al regime di Batista. L'attacco alla caserma Moncada di Santiago è l'evento che a causa di molti fattori, fa scoppiare la rivoluzione cubana. Questa data è considerata talmente importante e simbolica che dà il nome al movimento rivoluzionario cubano che porta il popolo cubano alla presa del potere nel giro di pochi anni. Il movimento “26 julio” nasce proprio da questa azione miltare.
La caserma Moncada è una delle roccaforti dell'esercito cubano, e viene scelta seguendo una logica politica che dovrebbe portare ad un'intensificazione della mobilitazione anti-regime e insurrezionale. L'attacco viene preparato per mesi e clandestinamente, dal movimento rivoluzionario che ha ormai addestrato molte centinaia di militanti all'uso delle armi. L'addestramento viene svolto all'interno di fattorie, abitazioni e università. A Cuba, dal golpe del 10 marzo del '52, fioriscono sempre di più organizzazioni rivoluzionarie armate per il rovesciamento del regime.
L'attacco alla Moncada viene guidato da: Fidel Castro, Abel Santamaría, José Luis Tasende, Renato Guitart Rosell, Antonio López Fernández (Ñico), Pedro Miret e Jesús Montané Oropesa, i quali sono anche ai vertici dell'organizzazione rivoluzionaria. L'attacco viene sferrato il giorno seguente alla festa patronale di Santiago per poter contare sulla stanchezza dei soldati. Simultaneamente vengono attaccati il Palazzo di giustizia da una decina di uomini guidati da Raul Castro, e  l'ospedale militare da una ventina sotto le direttive di Abel Santamaria.
È Fidel Castro a guidare l'attacco alla caserma. Mentre le altre due azioni riescono pienamente, la prima, la principale e con più uomini impegnati, circa un centinaio: è un fallimento totale sul piano tattico e militare. Molti rivoluzionari vengono uccisi,  altri fatti prigionieri, e in quasi una sessantina riescono a fuggire. Fidel Castro viene incarcerato e durante il suo processo farà il suo storico discorso: “la storia mi assolverà”.
L'azione del 26 luglio e il processo giudiziario, politico e di mobilitazione in solidarietà agli arrestati, è un detonatore della rivoluzione cubana che da quel giorno non fa che aumentare ed intensificarsi fino al 59 quando travolge il regime militare. Il programma scritto per l'occasione dell'attacco è un modello politico programmatico per la rivoluzione, e le sue rivendicazioni portano moltissime persone ad arruolarsi nel movimento 26 julio e a partecipare attivamente al processo rivoluzionario.



Fonte:

http://www.infoaut.org/index.php/blog/storia-di-classe/item/2174-26-luglio-1953-assalto-alla-caserma-moncada 

giovedì 25 luglio 2013

TUNISIA: UCCISO MOHAMED BRAHMI, LAVORAVA PER UNA NUOVA RIVOLUZIONE

Giovedì 25 Luglio 2013 14:38 


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Aggiornamento 23h: La polizia, dopo aver blindato il centro di Tunisi, è tornata a caricare duramente e a lanciare numerosi lacrimogeni non appena alcuni manifestanti hanno tentato di istallare delle tende davanti al ministero degli interni. In questo momento gli scontri proseguono e sembra che la polizia stia tentando di effettuare arresti mirati contro i militanti più conosciuti della capitale. In altre città numerose le manifestazioni sfociate in scontri con la celere e in assalti alle sedi del partito di Ennahdha.
Aggiornamento 20h: durante una conferenza stampa il portavoce del Fronte Popolare Hamma Hammami (già segretario del Partito Comunista dei Lavoratori Tunisini) ha lanciato per domani una giornata di disobbedienza civile generalizzata, ha fatto appello allo scioglimento dell'assemblea nazionale costituente e all'abattimento del governo. Su spinta dell'intervento di Hammami diverse associazioni stanno rilanciando la mobilitazione di domani (che già prevede lo sciopero generale in tutta la Tunisia) puntando il dito contro Ennahdha al grido di "il popolo vuole la caduta del regime". Anche Besma Khalfaoui, vedova del martire Chokri Belaid, intervistata ha invitato il popolo tunisino a riversarsi per le strade del paese e abattere il regime.

Sur-sa-page-FB-le-Front-Populaire-appelle-a-la-chute-du-regime-25-07-13Foto della pagina ufficiale del Fronte Popolare che invita il popolo a far cadere il regime. 



Aggiornamento 16h: l'UGTT, sindacato tunisino, lancia lo sciopero generale per domani in tutta la Tunisia. Scontri a Sidi Bouzid tra polizia e manifestanti.

Mohamed Brahmi, militante e deputato all'Assemblea Nazionale Costituente per il Fronte Popolare (organizzazione che riunisce partiti e associazioni della sinistra comunista, rivoluzionaria o nazionalista) è stato assassinato a colpi di pistola poche ore fa a Tunisi, a pochi passi dalla sua casa nel quartiere Ariana. Compagno di Chokri Belaid (assassinato 6 mesi fa) recentemente aveva espresso la necessità di riorganizzare la base sociale e politica della sinistra rivoluzionaria e tentare con la piazza l'avvio di una nuova stagione di lotta contro la così detta “transizione democratica” guidata, dopo elezioni farsa, dal partito demo-islamista Ennahdha. In questi minuti sono incorso scontri nel centro della città dove la polizia sta facendo uso di lacrimogeni per contenere i primi gruppi di proletari e militanti carichi di rabbia per il nuovo atto politico. Al grido di “il popolo vuole la caduta del regime!” si stanno radunando manifestanti anche in altre zone della capitale. Dalle prime dichiarazioni rilasciate alla stampa dai manifestanti, il mandante politico dell'omicidio ha un solo nome: Ennahdha, il partito islamista di corrotti e reazionari che dopo le elezioni farsa “garantite” dalle potenze europee e dell'America ha continuato in pieno stile benalinista a stringere nella morsa della repressione e della povertà il popolo tunisino. Nel giorno della festa della Repubblica la Tunisia ha il suo ennesimo martire, una scelta, quella della data per l'omicidio, ad alto valore simbolico che sembra lasciare davvero pochi dubbi a riguardo delle accuse rivolte dai manifestanti al nuovo partito del regime ormai tinto della reazione verde-islamista e dal sangue rosso dei militanti uccisi per la giustizia sociale e la libertà.



Fonte: 




Esplode fabbrica di fuochi d'artificio

Bilancio provvisorio: un morto, 8 feriti 3 dispersi. Tragedia nel pescarese 

 

L'incidente in contrada Villa Cipressi a Città Sant'Angelo, lungo la strada che porta a Elice. Tre esplosioni: la prima intorno alle 10.30, poi altri due scoppi, uno dei quali ha investito i soccorritori. Scenario da guerra nell'aria circostante: calcinaci, macerie e campi in fiamme. Sul posto i vigili del fuoco e il nucleo elicotteri per domare le fiamme partite dall'espolisione. Il morto è un ragazzo di 22 anni: Alessio Di Giacomo, 22 anni, figlio del proprietario della fabbrica (attualmente disperso insieme ad altre 2 persone, anche loro parenti). Disperso il padre Mauro (45) e altri due parenti: Roberto (39) e Federico (50). Le ricerche non riprenderanno prima dei due giorni necessari per bonificare l'area dell'esplosione.

 


  • da Il Centro 17.13
    Il 118: "Nessuna speranza di trovare i dispersi". «Purtroppo non abbiamo più speranze che trovare solo i resti dilaniati dei corpi dei tre dispersi». Lo ha detto il dottor Emanuele Cherubini, responsabile provinciale del 118 di Pescara che sta coordinando i soccorsi in collaborazione con le forze dell'ordine.
     
  • da Il Centro 17.12
    Sospese le ricerche: prima occorre bonificare la zona. Considerate le condizioni della zona non è possibile proseguire le ricerche dei tre dispersi se non dopo la bonifica. "I tempi previsti per la bonifica sono di 3-4 giorni e bisogna tenere conto che c’è un deposito di polvere pirica pericolosissima non coinvolto dall’incendio e la zona continua ad essere pericolosa", ha dichiarato il procuratore aggiunto Cristina Tedeschini, titolare dell'inchiesta. "Cercheremo di fare tutto il possibile", ha aggiunto, "per ricostruire la dinamica, compatibilmente con i tempi tecnici.  È una ditta antica e molto seria". Le indagini saranno portate avanti da carabinieri, artificieri e vigili del fuoco.
     
  • da Il Centro 17.12
    Il bilancio: un morto e 8 feriti. I soccorritori: poche speranze per i dispersi. È di un morto (Alessio Di Giacomo, 22 anni), 3 dispersi e 8 feriti il bilancio al momento dell’esplosione avvenuta in una fabbrica di fuochi d’artificio a Pescara. Tra i feriti, due sono gravi ma non in pericolo di vita. Secondo i soccorritori le probabilità di ritrovare in vita i dispersi sono basse.
     
  • da Il Centro 16.49
    Il sindaco di Città Sant'Angelo: ''Scena mai vista, sembra un bombardamento''

  • da Il Centro 16.11
    Alessio è stato ucciso dalla seconda esplosione. Alessio Di Giacomo, figlio del titolare della ditta, Mauro, attualmente disperso, è stato soccorso dopo la prima esplosione dal personale del 118, racconta Emanuele Cherubini. Gli è stato detto di stare lontano dalla zona interessata al boato ma lui ha comunque voluto raggiungere l’area ed è stato investito dalla seconda esplosione che lo ha travolto.
     
  • da Il Centro 16.09
    Sequestrata l'area dell'esplosione, apert un'inchiesta. La Procura di Pescara, ha riferito il procuratore aggiunto Cristina Tedeschini, anche lei a Villa Cipressi dopo l’esplosione insieme al pm Giusti, ha aperto un fascicolo per incendio colposo, disastro colposo e omicidio colposo forse plurimo, considerato che ci sono tre dispersi. L’area è stata sottoposta a sequestro. Si tratta, è stato spiegato, anche di un’area di deposito giudiziario: qui venivano depositati i botti illegali sequestrati dalle forze dell’ordine.
     
  • da Il Centro 15.52
    I vigili del fuoco: "C'è il rischio di nuove esplosioni".

  • da Il Centro 15.44
    Otto le persone presenti nel luogo dell'esplosione: un morto e tre dispersi. Le forze dell'ordine hanno così ricapitolato le presenze sul luogo della tragedia. Nel corpo fabbrica c'erano i tre Di Giacomo al momento ancora dispersi: Mauro (45), Roberto (39) e Federico (50). Nel corpo uffici, c'erano altri tre appartenenti alla famiglia: Gianmarco, Giordano (che ai soccorritori ha detto di essersi salvato gettandosi nel bunker di salvataggio) e Alessio, unica vittima finora accertata della tragedia. Salvi quindi la nonna della vittima e la badante entrambe nell'abitazione a fianco agli uffici.
     
  • da Il Centro 15.08

    Lo scenario apocalittico di contrada Villa Cipressi dopo l'esplosione
    da Il Centro on Jul 25, 2013 at 1:08 PM

  • da Il Centro 14.32

    Una casa sventrata dall'esplosione nella fabbrica di fuochi d'artificio
    da Il Centro on Jul 25, 2013 at 12:31 PM

  • da Info a cura di Il Centro 14.20
    In campo anche molti volontari. Tra gli uomini che stanno intervenendo ci sono anche molti volontari della protezione civile che si stanno occupando di circoscrivere le fiamme nelle zone adiacenti all'esplosione.
     
  • da Il Centro 14.18
    Canadair in azione per domare l'incendio. Si sta sviluppando un grosso incendio a nord della collina dove è esplosa la fabbrica Di Giacomo. Le fiamme stanno aggredendo ulivi e bosco infatti la Guardia forestale ha chiesto l'arrivo del Canadair per spegnere l'incendio. Sul luogo del disastro è arrivato anche il prefetto di Pescara, D'Antuono e in precedenza era arrivato anche il Questore, Paolo Passamonti. Proseguono intanto le operazioni di spegnimento dei focolai dentro gli edifici e nei luoghi più a rischio sono all'opera gli artificieri.
     
  • da Il Centro 14.12
    Nuovo bilancio: i feriti sono 8, due in prognosi riservata. Sono otto, secondo fonti ospedaliere, i feriti portati nei nosocomi di Pescara e di Penne (Pescara) dopo le prime cure nel posto medico avanzato allestito nei pressi del luogo dell'esplosione. Due di loro sono in prognosi riservata a Pescara. I rimanenti, meno gravi, a Penne. Sia nell' ospedale pescarese sia in quello di Chieti i reparti di rianimazione sono pronti per accogliere eventuali feriti gravi.
     
  • da Il Centro 14.09
    I dispersi appartengono tutti alla famiglia Di Giacomo. Gli investigatori in questi minuti hanno confermato che sono tre le persone attualmente disperse dopo l'esplosione della fabbrica di fuochi d'artificio di Villa Cipressi. Si tratta del titolare dell'azienda, Mauro Di Giacomo, di Federico Di Giacomo (fratello del titolare) e di Roberto Di Giacomo anche lui parente del proprietario.
     
  • da Il Centro 14.07
    Oltre cento uomini impegnati nei soccorsi. In zona stanno operando un centinaio di uomini con mezzi aerei e terrestri. In alcune zone limitrofe la fabbrica di fuochi d'artificio ci sono ancora fuoco e fiamme su cui stanno lavorando i Vigili del Fuoco. A Villa Cipressi sono arrivati i vertici provinciali delle forze dell'ordine con a capo del questore di Pescara Paolo Passamonti.
     
  • da Il Centro 13.41
    Vigile del fuoco investito da un'esplosione. Tra i feriti in gravi condizioni c'è anche un Vigile del Fuoco, trasferito con l'elisoccorso all'ospedale civile di Pescara. Il vigile, secondo le prime informazioni, è stato investito dalle macerie di una seconda esplosione della fabbrica. Il Vigile era con la camionetta a 20 metri dal fabbricato. Secondo una prima ricostruzione ha riportato fratture e un trauma grave all' addome. In zona stanno operando un centinaio di uomini con mezzi aerei e terrestri. In alcune zone limitrofe la fabbrica di fuochi d'artificio ci sono ancora fuoco e fiamme su cui stanno lavorando i Vigili del Fuoco. A Villa Cipressi sono arrivati i vertici provinciali delle forze dell'ordine con a capo del questore di Pescara Paolo Passamonti.

  • da Il Centro 13.38
    I parenti dei dipendenti assistiti dalla Croce rossa. I parenti dei dipendenti sono stati radunati dalla Croce rossa in un centro d'accoglienza. Sistemati sotto un gazebo sono assititi con acqua e viveri
     
  • da Il Centro 13.28
    Ecco Alessio Di Giacomo, 22 anni, il ragazzo morto nella fabbrica esplosa

  • da Il Centro 13.26
    Trovata illesa 92enne considerata dispersa. È stata trovata miracolosamente illesa l'anziana di 92 anni che in un primo tempo era stata data per dispersa nel crollo della fabbrica-palazzina saltata in aria a Villa Cipressi. L'anziana era in un'ala che ha resistito all'urto e ora è stata portata nel piccolo ospedale da campo della Misericordia di Pescara.

  • da Il Centro 13.25
    Il morto è il figlio del proprietario della fabbrica. La persona morta, il cui corpo è stato estratto dalle macerie, è Alessio Di Giacomo, 22 anni, nato ad Atri e residente a Città Sant'Angelo. Il giovane è il figlio del proprietario della fabbrica. Anche i tre dispersi (ma il bilancio potrebbe non essere definitivo) apparterrebbero allo stesso nucleo familiare: sarebbero fratelli e nipoti dei Di Giacomo.
     
  • da Il Centro 13.19
    Nuovo bilancio: un morto, sei feriti e tre dispersi. Per le forze dell'ordine è ancora difficile fare un bilancio della sciagura di Villa Cipressi. Secondo il capitano della compagnia di Montesilvano, Enzo Marinelli, "la situazione può cambiare di momento in momento però è accertato che il morto è un giovane della famiglia Di Giacomo di circa 20 anni, che in totale ci sono 6 feriti e che risultano tre dispersi". Non è chiaro se un'anziana donna che viveva in un'ala del fabbricato saltato in aria sia stata considerata tra i dispersi o meno.
     
  • da Il Centro 13.17
    Quattro vigili del fuoco feriti. I vigili del fuoco, impegnati nelle operazioni di soccorso nella fabbrica di fuochi artificiali di Picciano, sono rimasti feriti (uno in modo più serio, gli altri più lievemente) da una delle esplosioni che hanno seguito la prima e il divampare delle fiamme. La violenta onda d’urto avrebbe gravemente danneggiato anche un loro automezzo.
     
  • da Il Centro 13.10
    Ecco come è ridotta la collina dove si trovava la fabbrica di fuochi d'artificio (foto Giampiero Lattanzio)

  • da Il Centro 12.58
    Uno dei detriti ritrovato intorno alla fabbrica esplosa nel pescarese

  • da Il Centro 12.57
    Mezza collina rasa al suolo dall'esplosione. Mezza collina rasa al suolo, pezzi di cemento, mattoni, tegole sparse nel raggio di almeno un chilometro, campi, sterpaglie e perfino olivi in fiamme. lo spettacolo tremendo che accoglie il cronista in contrada Villa Cipressi di Città Sant'Angelo (Pescara) e non Elice (come scritto in precedenza). Sul luogo della fabbrica-deposito di petardi della ditta Di Giacomo, i Vigili del Fuoco sono ancora al lavoro per spegnere le fiamme. Continuano ad arrivare ambulanze ed elicotteri.
     
  • da Il Centro 12.54
    I vigili lottano con le fiamme per evitare una quarta esplosione. Soccorritori impegnati allo stremo per evitare una quarta esplosione a Villa Cipressi di Città Sant'Angelo (Pescara). La fabbrica era composta da diversi capannoni. In uno di questi, non ancora raggiunto dalle fiamme, c'è un deposito di polvere pirica

  • da Il Centro 12.54
    La Procura: almeno un morto, e tre feriti gravi. È di almeno un morto il bilancio dell'esplosione avvenuta nella fabbrica di fuochi d'artificio di Città Sant'Angelo (Pescara). Così acomunica la procura di Pescara che parla anche di tre feriti gravi. Secono alcune fonti però il bilancio sarebbe molto più pesante

  • da Il Centro 12.53
    Esplode fabbrica di fuochi d'artificio nel Pescarese. Violenta esplosione in una fabbrica di fuochi d’artificio nel pescarese, a Villa Cipressi di Città Sant’Angelo (Pescara). Al momento, secondo quanto riferito dai vigili del fuoco, circa 6 persone risultano disperse. Un primo scoppio è avvenuto alle 10.30 ma poi ci sono state altre due esplosioni. Una di queste avrebbe colpito anche una squadra dei vigili del fuoco intervenuta sul posto per i soccorsi. Danneggiati degli edifici nell’area circostante, fiamme nei campi circostanti
     
  • da Il Centro 12.30
    Macerie a chilometri di distanza. La forza dell'esplosione è stata tale da far sì che detriti e pezzi di cemento siano arrivati a quasi un chilometro dalla ditta. Distrutte anche le cappelle del vicino cimitero
     
  • da Il Centro 12.23
    I vigili del fuoco: decine di chiamate, come se vi fosse stato un terremoto. Sono decine le richieste di intervento arrivate al 118 di Pescara dopo l’esplosione avvenuta in una fabbrica di fuochi d’artificio. Il boato, avvertito anche a oltre 20 chilometri di distanza, ha provocato crisi di panico e stati d’ansia, soprattutto nelle persone anziane, e una situazione generale di agitazione, spiega il 118, simile a quella provocata da un terremoto.
     
  • da Il Centro 12.17
    Le esplosioni sono state tre. Sono tre le esplosioni che hanno distrutto la fabbrica di fuochi d'artificio. La fabbrica è ancora in fiamme. Le case di Villa Cipressi hanno riportato molti danni: intonaci rotti e vetri spaccati.
     
  • da Il Centro 12.15

    I vigili del fuoco domano le fiamme partite dopo l'esplosione (foto di Pietro Lambertini)
    da Il Centro on Jul 25, 2013 at 10:15 AM

  • da Il Centro 12.14
    Estratto il primo cadavere dalle macerie. La questura di Pescara ha comunicato poco fa che è stato estratto dalle macerie della fabbrica di fuochi di artificio saltata in aria un morto, di cui si ignora l'identità. Sempre secondo la questura ci sono tre feriti gravi, in corso di ricovero in ospedale.

  • da Il Centro 11.58
    Le prime ambulanze arrivate sul luogo dell'esplosione (foto Giampiero Lattanzio)

  • da Il Centro 11.57

    I carabinieri: i dispersi sono sette. È di sette dispersi e non sei il bilancio provvisorio dell'esplosione nel pescarese. Lo ha confermato il comando dei carabinieri che sta operando in zona. Sul posto sono in arrivo altre unità dei Vigili del Fuoco.
  • da Il Centro 11.53

    Incendi e macerie intorno all'area dell'esplosione. Scenario da guerra nell'area dove è saltata in aria questa mattina una fabbrica di fuochi d'artificio nel pescarese nel comune di Elice. La zona è già interdetta al traffico privato, macerie e calcinacci intorno all'area, campi in fiamme stanno bruciando intorno alla fabbrica. Un'autentica scena apocalittica.

  • da Il Centro 11.51
    Allestito l'ospedale da campo. Il 118 ha mandato quattro ambulanze alla fabbrica di fuochi d’artificio di Villa Cipressi di Città Sant’Angelo, nel pescarese. Sul posto anche l’elisoccorso, mentre, in coordinamento con la prefettura, il 118, sta allestendo anche un posto medico avanzato.

  • da Il Centro 11.48
    Boato avvertito fino a 20 chilometri di distanza. L'allarme è partito dopo che è stato avvertito un boato, sentito anche a Pescara, cui è seguito un incendio che ha formato una densa nube di fumo. Un primo scoppio è avvenuto alle 10.15, poi c’è stata una seconda esplosione che ha colpito anche una squadra dei vigili del fuoco che era intervenuta sul posto per i soccorsi
     
  • da Il Centro 11.47
    IL fumo provocato dall'esplosione della fabbrica di fuochi d'artificio

  • da Il Centro 11.45
    L'esplosione in contrada Villa Cipressi. L'incidente è avvenuto a Città Sant'Angelo (Pescara) lungo la strada che porta a Elice. Una fabbrica di fuochi d'artificio, la Pirotecnica abruzzese di Mauro DI Giacomo, è saltata in aria intorno alle 10.15
     
     
     
     
     
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