Perchè questo nome:

Credo che la verità vada urlata contro ogni indifferenza mediatica e delle coscienze. Perciò questo è uno spazio di controinformazione su tutto ciò che riguarda le lotte sociali. Questo blog è antisionista perchè antifascista. Informatevi per comprendere realmente e per resistere.

Donatella Quattrone


lunedì 8 luglio 2013

ISTANBUL: LIBERATO FOTOREPORTER ITALIANO ARRESTATO E INTERROGATO

Lunedì 08 Luglio 2013 18:36 



Dopo Daniele Stefanini un altro fotoreporter italiano è finito in cella ad Istanbul. Si tratta del 24enne Mattia Cacciatori, arrestato sabato sera durante la repressione di una manifestazione nel centro della metropoli turca.

Sabato pomeriggio e poi per molte ore durante la notte la polizia turca si è scatenata contro alcune migliaia di dimostranti tornati in piazza nel centro di Istanbul per riprendersi Gezi Park dopo l’annuncio da parte delle autorità della sua riapertura al pubblico. Mentre alcuni uomini in abiti civili scorazzavano nelle vie laterali alla Istiklal Caddesi machete alla mano, aggredendo alcuni dimostranti, gli agenti antisommossa si sono accaniti soprattutto contro giornalisti e fotoreporter ‘colpevoli’ di documentare la loro efferatezza. Alla fine della nottata di cariche e rastrellamenti gli arrestati sarebbero stati 59, decine di feriti, tra i quali ben 12 giornalisti. Alcuni dei quali sono finiti in manette. Tra questi il fotoreporter italiano Mattia Cacciatori, portato via dalla polizia mentre stava filmando le violenze degli agenti contro i manifestanti. 

''Mi hanno arrestato, sono sul furgone insieme ad altre persone, arrestate anche loro, e mi stanno portando nella stazione centrale di Aksaray'' ha scritto lui stesso in un messaggio invitato ai familiari appena dopo il fermo.

Immediatamente è scattato l’allarme, e l’associazione Articolo 21 e i familiari del 24enne di San Giovanni Lupatoto (Verona) hanno allertato le autorità italiane, chiedendo e ottenendo il loro immediato interessamento. Il giovane fotoreporter, ex consigliere comunale poi dimessosi per dedicarsi a tempo pieno ai fotoreportage ‘di guerra’, ha contattato di nuovo ieri la famiglia, affermando di essere in buone condizioni ma di essere ancora in stato di detenzione e sotto interrogatorio.

Il 22 giugno Cacciatori era partito per Istanbul, per raccontare per immagini la protesta contro la distruzione del parco e contro il governo Erdogan. Cacciatori é il secondo fotografo italiano finito in cella a Istanbul durante la repressione del governo dell’Akp contro le manifestazioni popolari che ormai da un mese riempiono le piazze della Turchia: Daniele Stefanini, 28 anni, livornese, il 17 giugno era stato arrestato e malmenato dalla polizia, perdendo la macchina fotografica. Era era stato liberato il giorno dopo solo grazie all’intervento delle autorità italiane.
Secondo le autorità italiane anche Cacciatori sarebbe dovuto tornare presto in Italia, ieri si era detto probabilmente entro la giornata di oggi, "appena esaurite le procedure previste dalle autorità turche".
E la notizia della sua liberazione è arrivata nel tardo pomeriggio di oggi, diffusa prima dalla Giunta Regionale Veneta e poi confermata dalla Farnesina. Poche ore prima Cacciatori avveva ricevuto il permesso da parte delle autorità turche di chiamare la madre, Anita Zerman. ''Matteo - ha detto la donna - é stato informato che ero preoccupata e così ha potuto fare questa telefonata per tranquillizzarmi. E' ancora in stato di fermo, la data della liberazione non si conosce''. La signora Zarman ha riferito alle agenzie di stampa che ''Matteo mi ha detto che é stanco, stufo e sporco, ma sereno. Perché sa che le cose stanno andando bene''.
Per lui le cose, per fortuna, sono andate relativamente bene, anche se è stato due giorni in cella in un paese straniero solo perché documentava le violenze della polizia turca contro manifestanti inermi e colleghi giornalisti. Ma nelle carceri turche sono rinchiusi, nel completo disinteresse e silenzio del 'mondo libero', parecchie decine di giornalisti e mediattivisti turchi e kurdi. Per loro le cose, in genere, non vanno affatto bene.

 
 
 
Fonte:
 
 
Ultima modifica Lunedì 08 Luglio 2013 18:56

8 luglio 1962: la rivolta di Piazza Statuto

L'otto luglio 1962, a Torino in Piazza Statuto si verificano violenti scontri tra gli operai metalmeccanici in sciopero e le forze 8luglio1962dell'ordine. Gli scontri proseguivano dal giorno precedente e continueranno fino al 9. Lo sciopero era stato indetto per il 7 da Fiom e Fim in solidarietà alle lotte portate avanti alla Fiat dall'inizio di giugno.
Lo sciopero ebbe un successo assoluto: nella maggior parte delle fabbriche i picchetti bloccarono completamente la produzione, alcuni dirigenti vennero malmenati e fu impossibile per la polizia mantenere la situazione sotto controllo davanti ai cancelli.
A Mirafiori ed in altri stabilimenti si ebbero scontri sin dal primo mattino e proprio nella mattinata si diffuse la notizia che fece scoppiare la rivolta di piazza Statuto: la Uil e la Sida erano giunte ad un accordo separato con la dirigenza della Fiat. La risposta operaia fu rapida e determinata: in breve tempo circa 7'000 operai si radunarono in piazza Statuto per dare assalto alla sede della Uil.
Gli scontri iniziarono particolarmente intensi. Da un lato gli operai disselciano la piazza e spaccano le enormi e pesantissime lose dei marciapiedi, impugnano cartelli stradali e catene, dall'altro la polizia carica inondando di gas lacrimogeni la piazza e lanciando a folle velocità le jeep.
Importante è ricordare il ruolo che ebbero il Pci e la Cgil nello svolgersi degli avvenimenti. Di fronte ad uno scontro radicale, che non seppero né valutare lucidamente né controllare, i dirigenti intervennero per cercare inutilmente di convincere gli operai a fermare gli scontri e liquidarono l'accaduto definendo i manifestanti "elementi incontrollati ed esasperati", "piccoli gruppi di irresponsabili", "giovani scalmanati".
Alla fine dei disordini gli arrestati e i denunciati furono un migliaio.
La composizione di quella piazza, animata principalmente da operai giovani ed immigrati meridionali ci fa capire come le tre giornate di piazza Statuto segneranno un momento di svolta nella storia del movimento operaio. A due anni dai fatti di Genova, ritroviamo in piazza lavoratori che molto hanno in comune con i "ragazzi con le magliette a strisce". Piazza Statuto fu senza dubbio il luogo nel quale si ebbe una delle prime e più significative esplosioni conflittuali di cui fu protagonista l'operaio massa.
Da quei tre intensissimi giorni gli operai non poterono che uscire avendo chiaro che, come scrisse Quaderni Rossi "decidere tocca a voi, voi dovete prendere in mano il vostro destino. Questo sciopero è una grande occasione per far fare un passo avanti alla organizzazione della classe. Da questa lotta potrete uscire avendo fatto di ogni squadra, di ogni reparto, di ciascuno degli stabilimenti Fiat la realtà di una organizzazione, di una disciplina operaia capace in ogni momento di contrapporsi allo sfruttamento, agli arbitrii, al dispotismo del padrone e dei suoi lacchè".
 
 
Fonte:
 



Su Piazza Statuto e il luglio del '62 si possono leggere anche delle interessanti pagine in un libro di Salvatore Ricciardi: Maelstrom. Scene di rivolta e autorganizzazione di classe in Italia (1960-1980), DeriveApprodi, Roma 2011, pp. 87-92.

Annamaria Mantini

Dal blog http://baruda.net/ di Valentina Perniciaro:

8 luglio 2009

ANNAMARIA MANTINI

-Nacque a Fiesole, l’11 aprile 1953
-Frequenta le scuole a Firenze e nel 1973 si iscrive a Lettere e Filosofia
- Nel 1975 si trasferisce a Roma
- Milita nei Nuclei Armati Proletari
- Viene uccisa dai carabinieri a Roma l’8 luglio 1975

Documenti prodotti da organizzazioni armate per la persona o per l’evento in cui ha incontrato la morte:
Nuclei Armati Proletari, Comunicato 9-7-75 in: Soccorso Rosso napoletano (a cura di), I nap, Milano 1976, Collettivo Editoriale Libri Rossi.
“9 luglio 1975: Ieri in un agguato teso dalla polizia, è stata uccisa a freddo la compagna Annamaria. La volontà del potere di chiudere la partita con i compagni che si organizzano clandestinamente, ha armato la mano del killer di turno, che con la precisa coscienza di uccidere, ci ha privato di una compagna eccezionale.

Il volto di Annamaria
Il volto di Annamaria

Annamaria era uno dei compagni che hanno dato vita al nucleo “29 ottobre”. Ha fatto parte del gruppo che ha sequestrato sotto casa il magistrato Di Gennaro, e il contributo che ha dato alla costruzione ed esecuzione di questa azione, dimostrando il livello politico militare che aveva raggiunto. E’ enorme l’abisso che separa una compagna rivoluzionaria da uno sbirro. Non basterebbero la vita di cento Tuzzolino per pagare la vita di Annamaria.
Questo non significa che dimenticheremo i Tuzzolino, i Barberis, così come non abbiamo dimenticato i Conti e i Romaniello.
La mano che uccide un proletario ci è nemica come i porci che la armano. Ma lo ripetiamo, non è uccidendo uno o più sbirri che i proletari si possono ripagare del prezzo che stanno pagando per liberarsi. E per questo prezzo altissimo, in noi come in tutti i rivoluzionari, non c’è solo la rabbia ma anche la coscienza che il movimento si sta arricchendo in maniera definitiva del patrimonio di importantissime esperienze che questi compagni ci lasciano.
Le giornate di aprile, le innumerevoli azioni armate, gli espropri per autofinanziamento, le azioni nelle carceri, dimostrano la crescita di una nuova generazione di combattenti, e non bastano gli omicidi e gli arresti per distruggerla.
La nostra esigenza di comunismo è indistruttibile.
Luca Mantini, Sergio Romeo, Bruno Valli, Vito Principe, Gianpiero Taras, Margherita Cagol, Annamaria Mantini.
Non siete i soli e non sarete gli ultimi, ma rappresentate per tutti i rivoluzionari una scelta irrinunciabile.
Lotta armata per il comunismo
 Nucleo Armato 29 ottobre.

Documenti prodotti da gruppi sociali
- Anna Maria Mantini, in: Nuclei Armati Proletari, Quaderno n.1 di Controinformazione, Milano 1976
“Comunista da sempre, ma solo a 17 anni inizia ad interessarsi attivamente di politica sull’onda della contestazione studentesca del ’68. Quando il fratello viene arrestato (’72) entra a far parte dell’allora Soccorso Rosso fiorentino. L’esperienza diretta, la grande sensibilità nei confronti delle esigenze del proletariato detenuto la portano alla spontanea scelta verso questo settore di intervento.
Vive dall’interno le contraddizioni dei “nuclei carceri” di Lotta Continua.

mostra milano 

Di sua iniziativa prende contatti con altri detenuti ed ex-detenuti, con i quali mantiene rapporti sempre più intensi: sono loro lo stimolo principale alla sua maturazione politica, il suo punto di riferimento ed è con loro che critica le posizioni attendeste di LC.
Dopo una breve militanza in Potere Operaio ne esce per dar vita insieme ad altri compagni al Collettivo G. Jackson.
Il radicalizzarsi delle posizioni all’interno e all’esterno del carcere la rendono cosciente della necessità di operare sui livelli più avanzati dello scontro, ciò la spinge ad approfondire i rapporti con i compagni dei NAP.
Con l’assassinio di due di loro durante un’azione di autofinanziamento viene a rompersi un legame politico e umano fortissimo. “E’ inutile che io nasconda dietro la mia fede politica la mutilazione grossissima che ho avuto” scrive ad un mese dalla morte del fratello.
Ma non per questo affretta o decelera una scelta che già da tempo aveva fatto. La maturità politica, la carica umana, l’odio profondo per l’istituzione carceraria la vedono fondatrice del nucleo 29 Ottobre. Verrà assassinata a 22 anni, ma come spesso ripeteva lei stessa: “E se la morte ci sorprende all’improvviso, che sia la benvenuta, purchè il nostro grido di guerra giunga ad un orecchio che lo raccolga, un’altra mano si tenda per impugnare le nostre armi e altri uomini si apprestino ad intonare canti funebri con il crepito delle mitragliatrici e nuove grida di guerra e di vittoria.”


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