25 giugno 2013
Riccardo
Rasman, il giovane morto nella sua casa di via Grego 38 a Borgo San
Sergio nel 2006, per la cui tragica vicenda i tre poliziotti Mauro
Miraz, Maurizio Mis e Giovanni De Biasi sono stati condannati in appello
a sei mesi per omicidio colposo, sarebbe stato strangolato con un
cordino stretto attorno al collo e alla bocca.
Per questa
ipotesi - che lascia intravvedere anche l’accusa possibile di omicidio
preterintenzionale e che è suffragata da alcune perizie medico legali -
ieri il giudice Luigi Dainotti ha disposto un supplemento dell’indagine a
carico dei vigili del fuoco Marino Sisti e Vanni Sadocco, che
parteciparono all’intervento degli agenti della squadra volante. In
pratica il giudice Dainotti, nell’accogliere parzialmente l’opposizione
alla richiesta di archiviazione degli avvocati Giovanni Di Lullo e
Claudio Defilippi che assistono la famiglia Rasman nella sua battaglia,
ha ordinato al pm Pietro Montrone di disporre un accertamento tecnico su
un pezzo di corda trovato nella casa di Rasman. Questo per verificare
se vi siano tracce del dna dell’uomo. In questo caso sarebbe confermato
che Rasman era stato non solo legato ai piedi e alle mani come emerso
nel processo a carico dei poliziotti, ma anche da una corda che appunto
lo ha stretto mortalmente al collo e al volto impedendogli di respirare.
Le perizie
effettuate sulle immagini del cadavere scattate subito dopo il fatto
hanno evidenziato un ematoma di forma rettilinea e a livello delle
guance una ecchimosi continua e netta che partiva dalle labbra senza
interruzione fino a livello dei lobi auricolari. Questo cordino
(conservato in una busta di nylon all’ufficio reperti del tribunale)
avrebbe insomma contribuito in maniera determinante alla morte di Rasman
causando il decesso per asfissia.
Ma c’è di più.
Un altro elemento che sarà oggetto degli accertamenti disposti dal
giudice potrebbe raccontare altri particolari sull’agonia del giovane.
Rasman non solo era stato legato mani e piedi e poi forse al volto con
il cordino. Ma per tenerlo fermo sarebbe stata utilizzata una sedia che
gli era stata piazzata praticamente sopra allo scopo di ulteriormente
immobilizzarlo. Sulla sua schiena infatti - così hanno raccontato le
fotografie - sono state trovate alcune ferite da oggetto tondeggiante. E
proprio in quella casa era stata segnalata negli atti la mancanza di
una sedia. «È evidente che non ci si possa esimere dall’effettuare
ulteriori indagini riguardo la responsabilità dei due vigili del fuoco
che sicuramente si trovavano sul luogo del delitto ed hanno contribuito
pacificamente all’ammanettamento», si legge nell’istanza accolta
parzialmente dal giudice Dainotti. E poi ancora: «I vigili
spontaneamente hanno preso l’iniziativa di utilizzare un cordino per
legare le caviglie ed avrebbero pertanto potuto prendere ogni altra
iniziativa esorbitando dalla propria funzione».
fonte: il piccolo
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