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Donatella Quattrone


giovedì 17 ottobre 2013

Mare monstrum

Scritto da Giulio Marcon, il manifesto | 16 Ottobre 2013  


SBARCHI
L'iniziativa militare-umanitaria Mare Nostrum ha finalità ambigue e tutte da verificare. Lo spiegamento di navi da guerra e velivoli di vario genere nel Mediterraneo sembra avere un duplice e contraddittorio scopo: soccorrere - come dice Letta - i profughi e gli immigrati delle carrette del mare e - come dice Alfano - il controllo delle frontiere. Tanto è vero che il vicepremier ha dichiarato: non è detto che se interviene una nave italiana porti i migranti in un porto italiano.
Il messaggio è chiaro. Il soccorso italiano potrebbe essere finalizzato solamente a riportare a "casa loro" i migranti. E quali saranno le "regole di ingaggio" delle navi, delle fregate e dei pattugliatori nell'esercitare, come dice Alfano, un «effetto deterrente con la possibilità di intercettare i mercanti di morte»? Ancora non è dato di sapere. E la questione delle regole di ingaggio non è di poco conto, visto come andarono le cose nel marzo 1997 quando la corvetta Sibilia (impegnata in analoga opera di pattugliamento nel Canale di Otranto) speronò la Kater I Rades, provocando oltre 100 vittime tra i migranti albanesi. Cosa significa avere un «effetto deterrente» e «intercettare i mercanti di morte»? Il rischio di nuovi incidenti è all'ordine del giorno. Che poi il governo pensi di portare avanti questa iniziativa raccordandosi con le autorità dei paesi di provenienza delle navi ci mostra tutto il carattere velleitario dell'operazione: si pensi a cosa voglia dire raccordarsi con il governo libico colluso con i trafficanti di migranti.
La miscela di comportamenti militari e afflato umanitario (a loro copertura) produce sempre effetti nefasti e ambigui e l'esperienza del passato, tra guerre umanitarie e imperialismo democratico, ci dimostra tutta l'ipocrisia di politiche belliciste e in questo caso securitarie che camuffano da buoni sentimenti interventi ispirati a pure logiche di potenza, di chiusura e egoismo nazionale. Colpisce poi come l'impostazione di un'iniziativa come questa riproponga il solito approccio: la riduzione di un dramma sociale e umano a problema di sicurezza. Lo stesso meccanismo che porta alla criminalizzazione del disagio sociale e al sovraffollamento delle nostre carceri di immigrati e di tossicodipendenti per piccoli reati che dovrebbero essere depenalizzati o affrontati in altro modo.
Invece di questa esibizione militar-umanitaria, il governo avrebbe fatto meglio ad affrontare i nodi veri del dramma dei migranti del mediterraneo: creare un corridoio umanitario per le navi, cancellare il reato di clandestinità e quello di favoreggiamento per chi - come i pescherecci siciliani - si è trovato spesso nel dilemma se aiutare o meno le barche dei migranti in difficoltà. Ma quello che, al fondo, sarebbe necessario è un cambio di rotta nelle politiche sulle migrazioni: accanto all'abrogazione della Bossi Fini, una politica positiva fondata sull'accoglienza, l'integrazione, la cooperazione internazionale.
Questa iniziativa, se prevarrà l'impostazione umanitaria, potrebbe portare aiuto e sollievo a tanti migranti. Se invece sarà l'approccio securitario e militarista a avere la meglio, allora il Mediterraneo rischia di trasformarsi in un Mare Monstrum per chi lo deve attraversare, con il terrore di essere speronato dalla corvetta di turno o di essere riportato indietro, magari negli stessi paesi in cui si rischia di tornare nelle mani dei "signori della guerra" o dei dittatori di turno. È una prospettiva da evitare: bisogna riportare nei porti le navi da guerra e le corvette e mettere in campo politiche di accoglienza e di rispetto dei diritti umani.



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