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Credo che la verità vada urlata contro ogni indifferenza mediatica e delle coscienze. Perciò questo è uno spazio di controinformazione su tutto ciò che riguarda le lotte sociali. Questo blog è antisionista perchè antifascista. Informatevi per comprendere realmente e per resistere.

Donatella Quattrone


mercoledì 1 gennaio 2014

SARDEGNA: NO RADAR, NE' QUI NE' ALTROVE



Sardegna


No Radar: né qui né altrove


di Laura Gargiulo



Nel 2010 la mobilitazione popolare aveva bloccato la costruzione di numerosi radar sulle coste sarde.
Oggi lo stato ritorna con il suo progetto di distruzione del territorio... e non solo.

 
Prima hanno invocato la lotta contro l'immigrazione clandestina, poi la pirateria, infine il controllo delle coste per evitare gli incidenti in mare, domani chissà. La fantasia non sembra mancare allo stato che, dopo il tentativo del 2010, fallito grazie ai comitati nati spontaneamente sul territorio, dimostra di non aver abbandonato i vecchi sogni di gloria e presenta un progetto di costruzione di tre nuovi radar Uts presso l'Isola della Bocca (Olbia), Capo Sandalo (Carloforte) e l'isola dell'Asinara (Porto Torres).


Porto Torres. Nell'orto del centro sociale Pangea


Ma cos'è un radar Uts e quali danni provoca?
Il radar proposto è un dispositivo di grande potenza e a forte impatto, tanto sulla salute ambientale che su quella umana; ne esistono due tipologie: uno di media portata, capace di emettere impulsi di microonde della potenza di 25Kw e un altro di profondità, capace di emettere impulsi della potenza di 50Kw, come previsto nel progetto presentato per l'Isola della Bocca di Olbia con un sistema di potenza superiore a 50Kw.
La pericolosità delle emissioni di microonde è oggetto di studio di numerose ricerche epidemiologiche che hanno dimostrato come siano causa sia di un aumento di patologie tumorali nell'uomo (leucemie e linfomi in particolare) sia nocive per l'ambiente, in particolare per gli uccelli migratori, gli insetti impollinatori e i grande cetacei che risultano fortemente disturbati dalle emissioni. È facile immaginare, quindi, quale impatto un sistema del genere possa avere ad esempio sull'Isola dell'Asinara, classificata sia come zona Sic (sito di interesse comunitario) sia come zona di protezioni speciale per i volatili.



Il fisico Massimo Coraddu, intervenuto durante
l'assemblea pubblica No Radar Asinara, per spiegare
gli effetti delle microonde


Ucci ucci sento odor di soldatucci
Ma la vita dei pennuti cos'è in confronto agli interessi della Nato? E sì, perché le rassicurazioni della guardia costiera, che sottolinea come i radar siano a solo uso civile, vengono messe in discussione, o meglio sbugiardate, niente poco di meno che da una delle massime autorità Nato, l'ammiraglio Samuel J. Locklear III, comandante per il Sud Europa e per l'Africa, il quale ha affermato nel corso del vertice Nato tenutosi a La Maddalena (4-5 luglio 2011) che “i nuovi radar sono indispensabili per la Nato”. E per fare cosa? Salvaguardare le coste? Non rientra nelle mansioni proprie della Nato. La rete dei radar, infatti, verrà integrata in un sistema militare di intelligence e di sorveglianza, denominato C4isr, ossia un sistema di controllo ramificato sul territorio, basato sulla centralizzazione delle informazioni e finalizzato alla pianificazione di azioni militari in tempo reale. L'idea di creare una perfetta mappa elettronica del territorio, dove esercitare quello che viene denominato “l'ampio spettro del dominio totale”, rientra nel progetto denominato Forza Nec finalizzato a costruire in maniera diffusa sul territorio sensori capaci di canalizzare le informazioni verso i centri decisionali in tempo reale, decidendo così l'intervento sul campo in modo più tempestivo. Basti pensare che gli investimenti previsti per il progetto Forza Nec girano intorno ai 22 miliardi di euro in un arco di 25 anni, di cui attualmente ne sono stati spesi 475 milioni, per capire l'importanza che questo riveste nei prossimi scenari internazionali.
Il carattere militare di queste strutture, inoltre, è definito dalla stessa legislazione (articolo 33 della legge 1 agosto 2002 n.166), con la quale si stabilisce che “le opere di edilizia relative a fabbricati da destinarsi a comandi e reparti delle capitanerie di porto e guardia costiera, comprese quelle dei sistemi di controllo dei traffici marittimi, sono equiparati alle opere destinate alla difesa militare”. In poche parole, qui non si tratta di strutture civili ma a tutti gli effetti di strutture militari.
Se tutto ciò non bastasse per nutrire qualche dubbio sulla natura di questi radar, basta riflettere sull'effettiva capacità dei radar Uts di prevenire gli incidenti navali. In Sardegna, ad esempio, dove è operativo uno di questi radar, in cima al faro di Guardia Vecchia nell'isola de La Maddalena, il traghetto che svolge servizio Palau-La Maddalena è finito fuori rotta andando in secca per ben tre volte negli ultimi due anni. Nello stretto di Messina, dove sono operative tre di queste installazioni, un mercantile è andato fuori rotta sfiorando la tragedia. Le motivazioni degli incidenti in mare, quindi, sembrano avere altra natura, come denunciano gli stessi sindacati dei portuali, tra cui il cattivo stato delle navi, gli equipaggiamenti ridotti all'osso, mal pagati e poco professionali, oltre ai controlli di sicurezza insufficienti. In risposta, dunque, alle motivazioni portate avanti dalla guardia costiera, il sistema Uts mostra di non rappresentare una valida alternativa al sistema Ais, già in uso, basato su trasmissioni radio in banda Vhf con una potenza assai minore rispetto a quella dei radar Uts.



30 giugno 2013, assemblea pubblica del
Comitato No Radar Asinara presso il Csoa Pangea


Ci mobilitiamo perché...
Se lo stato si attrezza per mettere in atto i propri progetti, le comunità non stanno a guardare. Nelle tre zone interessate si sono costituiti, infatti, dei comitati spontanei con l'obiettivo di lottare contro la costruzione dei radar attraverso il coinvolgimento delle comunità locali poiché, come si legge nel volantino del comitato No Radar Asinara, “solo attraverso la partecipazione diretta e di tutti è possibile ridisegnare una nuova prospettiva per il territorio”. Oltre al rifiuto di questa ennesima servitù militare (ricordiamo che l'isola dell'Asinara è stata per anni ceduta all'uso del carcere di massima sicurezza) e i suoi danni, c'è la volontà di riappropriarsi del proprio territorio a partire dalla sua naturale vocazione e potenzialità. Il comitato No Radar Asinara, ad esempio, rivendica la necessità di:
- investire in progetti di ricerca sul patrimonio archeologico, paesaggistico e faunistico dell'isola;
- costruire un modello di turismo a impatto zero dal punto di vista ambientale che valorizzi la cultura fuori dai cliché folkloristici;
- organizzare percorsi di agricoltura sociale tesi al rilancio del comparto agricolo e alla realizzazione di percorsi di inclusione sociale;
- creare occupazione per il personale del comparto industriale in dismissione nell'ambito del recupero e della tutela del territorio attraverso la formazione professionale;
- includere il comparto della piccola marineria di Porto Torres nel potenziamento del sistema di collegamento tra l'isola e la terra ferma.
La lotta contro il radar, quindi, diventa lotta per la riappropriazione del proprio territorio e rilancio dell'Asinara come esempio di sviluppo alternativo per tutto il territorio circostante che oggi più che mai vede i frutti della politica industriale: macerie, inquinamento e disoccupazione.
Lottare contro i piani dello stato per iniziare a ridisegnare una nuova idea di 

territorio. 


Laura Gargiulo




L'esperienza del comitato No Radar di Olbia
raccontata da chi combatte contro l'installazione
né qui né altrove

La lotta No Radar a Olbia parte nel novembre del 2011 quando, grazie ai contatti che si avevano con il movimento No Radar Sardegna, scopriamo che Italia Nostra riceve risposta dalla capitaneria di porto in merito alla loro istanza sulle installazioni radar in Sardegna. Da questo, la certezza che ci sia da parte loro la volontà di installare i radar a Olbia, Golfo Aranci e Siniscola. Immediatamente ci attiviamo, in pochi, ma molto incazzati! Come prima cosa organizziamo un'assemblea informativa a Olbia sull'installazione del radar con la presenza del fisico Massimo Coraddu; all'assemblea assiste anche il presidente della commissione scientifica del comune di Olbia che, come prima cosa, ci chiede di inglobarci nei gruppi ambientalisti già presenti sul territorio.
Qui la nostra prima risposta ferma e chiara, che ha fatto in modo di tenerci uniti nel combattere fino ad oggi: l'indipendenza del comitato da qualsiasi gruppo già presente e un'identità apolitica e apartitica (come gli altri comitati No Radar sardi), lontano dalla delega istituzionale come speranza della risoluzione dei problemi. La nostra convinzione, infatti, è che solo la mobilitazione popolare possa veramente fermare queste installazioni.
Con questo spirito muoviamo i primi passi organizzando una passeggiata informativa, informative scolastiche, volantini, sit in e altro. Nel 2012 riusciamo a scuotere anche Siniscola, che si organizza con un comitato proprio ottenendo un buon interesse cittadino e il no del consiglio comunale tutto all'installazione del radar, e in contemporanea il quasi no (quasi perché tranne a parole non c'è niente di ufficiale) della commissione ambiente di Olbia all'installazione del radar all'Isola della Bocca. L'ennesima svolta ad aprile, quando ci avvertono che la guardia costiera ha convocato comitati ambientalisti e non solo, comunicando loro che causa crisi economica i siti per le installazioni da undici passano a tre: Asinara, Olbia, Carloforte.
Ripartiamo all'attacco, facciamo nuovi volantini, organizziamo presidi sulla spiaggia di fronte all'Isola della Bocca (zona scelta per l'installazione), volantinaggio porta a porta nella zona residenziale più vicina al sito di installazione e assemblee cittadine. Intanto il comune viene chiamato dalla capitaneria per discutere sul radar (qui la certezza di un'imminente volontà di installazione); ci chiedono aiuto per il confronto e, anche se non riusciamo a farci invitare, accettiamo. Quello che sappiamo di questa riunione è che le nostre domande mettono in difficoltà la guardia costiera convincendo i presenti a dire no all'installazione. Questo non basta: la priorità è informare e creare un blocco popolare che vigili e sia pronto a contrastare questa installazione. Cresciamo di numero. A metà agosto facciamo un'altra assemblea informativa con l'ingegnere aeronautico Luigi Fenu; da qui decidiamo di puntare di più sulle scuole proponendo informative negli istituti e naturalmente condividendo azioni con il comitato No Radar dell'Asinara. Da poco, c'è stata una proposta della capitaneria (pubblicata sul giornale locale La Nuova Sardegna) che tende una mano al comune proponendo (se proprio insistiamo), di abbandonare la proposta di sito all'Isola della Bocca cercandone insieme (con il comune) un altro.
La nostra risposta è: No Radar né qui né altrove.





Fonte:

http://www.anarca-bolo.ch/a-rivista/?nr=385&pag=21.htm 

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