Protestano comitati e
associazioni ambientaliste: «Decisione pilatesca, il governo ci
ripensi» Dopo averlo archiviato con la legge di stabilità, il governo
contraddice se stesso e proroga di due anni di deroghe.
Stop al Ponte sullo Stretto di Messina. Anzi
no. Il governo fa una repentina marcia indietro sulla già annunciata
messa in soffitta del progetto del ponte che dovrebbe collegare la
Sicilia alla Calabria. L'addio all'opera pubblica era stato dato con
l'accantonamento nella legge di stabilità di 300 milioni di euro per il
pagamento della penale dovuta al Consorzio che avrebbe dovuto
realizzarlo, ma nel consiglio dei ministri della scorsa notte il governo
ci ha ripensato. Se davvero ci sarà, lo stop al Ponte non verrà dato
prima di due anni, tempo necessario - spiega una nota di palazzo Chigi -
per «verificarne la fattibilità tecnica e la sussistenza delle
effettive condizioni di bancabilità». Nel frattempo non si starà però
con le mani in mano, anzi si potrà continuare a cementificare: «In ogni
caso - prosegue infatti Palazzo Chigi - durante il periodo di proroga,
previa deliberazione del Cipe, potranno comunque essere assicurati sui
territori interessati interventi infrastrutturali immediatamente
cantierabili, a patto che presentino una funzionalità autonoma e siano
già compresi nel progetto generale». Il sospetto è che la decisione sia
frutto sia delle pressioni fatte in questi giorni dalla lobby del Ponte,
sia della scelta di non spendere oggi, in piena crisi economica e con
il governo che taglia i fondi anche ai malati di Sla, i 300 milioni già
stanziati. Rimandando la patata bollente al prossimo governo, Monti/bis o
no che sia.
Comunque stiano le cose, la retromarcia non è piaciuta a opposizione e associazioni ambientaliste, che nei giorni scorsi avevano salutato come un successo la decisione di mettere finalmente la parola fine a una storia decennale. Nella notte, invece, la brutta sorpresa del rinvio. «E' una decisione sbagliata, anzi è una non-decisione» scrive su Facebook Nichi Vendola. «Pensavamo fosse un capitolo finito - prosegue il leader di Sel e governatore della Puglia - pensavamo fosse chiaro che il progetto è insostenibile e irrealizzabile. Invece no. Il centrosinistra ha un'altra decisione da prendere con urgenza non appena sarà al governo del Paese».
In effetti l'addio al Ponte sembrava essere davvero definitivo. Lo stesso ministro dell'Ambiente Corrado Clini, nelle scorse settimane, aveva spiegato la contrarietà del governo alla realizzazione dell'opera, al punto da definanziarne la costruzione. Invece, complice la notte, l'ultimo consiglio dei ministri ha fatto slittare tutto di altri due anni. Motivando perdipiù la scelta come se le spiegazioni date solo qualche giorno prima non fossero mai state dette: «Tale decisione - spiega infatti palazzo Chigi - è motivata dalla necessità di contenimento della spesa pubblica, vista anche la sfavorevole congiuntura economica internazionale. Ed è in linea con la proposta della Commissione europea dell'ottobre 2011 di non includere più questo progetto nelle linee strategiche sui corridoi trans-europei». «Qualora in questo periodo di tempo non si giungesse a una soluzione tecnico-finanziaria sostenibile - prosegue la nota - scatterà la revoca ex lege dell'efficacia di tutti i contratti in corso tra la concessionaria Stretto di Messina spa e il contraente generale, con il pagamento delle sole spese effettuate e con una maggiorazione limitata al 10%».
Due anni durante i quali non è detto che non si continuino a spendere soldi. «Tenere in piedi il progetto del Ponte - denuncia infatti il vicepresidente di Legambiente Edoardo Zanchini - significa continuare a pagare studi e magari costruire inutili opere di collegamento a un'opera che mai verrà costruita». L'associazione chiede quindi al governo di bocciare il progetto e procedere, subito dopo, a «sciogliere la Società Stretto di Messina». Critico anche il Wwf, che parla di «decisione pilatesca». «Il governo, dopo ben nove anni di studi, visto che il progetto preliminare è stato presentato nel 2003 ha già oggi tutti gli elementi per chiudere con il progetto, con il General Contractor, senza pagare penali, e con quell'ente inutile che è la Stretto di Messina spa», scrive l'associazione. Di «schiaffo all'Italia onesta» parla invece Angelo Bonelli. «Com'è possibile - si chiede il presidente dei Verdi - che un governo che taglia i fondi per l'assistenza ai malati di Sla non cancelli immediatamente un'opera che costerà più di 8,5 miliardi di euro e che rappresenta la sagra dello spreco e dell'inutilità».
Dal centrodestra si leva invece la voce soddisfatta dell'ex ministro alle Infrastrutture Altero Matteoli: «E' certo - dice - che se il centrodestra tornasse a guidare il paese il Ponte sarebbe realizzato perché è un'opera che serve alla Sicilia, al Sud, all'Europa».
Comunque stiano le cose, la retromarcia non è piaciuta a opposizione e associazioni ambientaliste, che nei giorni scorsi avevano salutato come un successo la decisione di mettere finalmente la parola fine a una storia decennale. Nella notte, invece, la brutta sorpresa del rinvio. «E' una decisione sbagliata, anzi è una non-decisione» scrive su Facebook Nichi Vendola. «Pensavamo fosse un capitolo finito - prosegue il leader di Sel e governatore della Puglia - pensavamo fosse chiaro che il progetto è insostenibile e irrealizzabile. Invece no. Il centrosinistra ha un'altra decisione da prendere con urgenza non appena sarà al governo del Paese».
In effetti l'addio al Ponte sembrava essere davvero definitivo. Lo stesso ministro dell'Ambiente Corrado Clini, nelle scorse settimane, aveva spiegato la contrarietà del governo alla realizzazione dell'opera, al punto da definanziarne la costruzione. Invece, complice la notte, l'ultimo consiglio dei ministri ha fatto slittare tutto di altri due anni. Motivando perdipiù la scelta come se le spiegazioni date solo qualche giorno prima non fossero mai state dette: «Tale decisione - spiega infatti palazzo Chigi - è motivata dalla necessità di contenimento della spesa pubblica, vista anche la sfavorevole congiuntura economica internazionale. Ed è in linea con la proposta della Commissione europea dell'ottobre 2011 di non includere più questo progetto nelle linee strategiche sui corridoi trans-europei». «Qualora in questo periodo di tempo non si giungesse a una soluzione tecnico-finanziaria sostenibile - prosegue la nota - scatterà la revoca ex lege dell'efficacia di tutti i contratti in corso tra la concessionaria Stretto di Messina spa e il contraente generale, con il pagamento delle sole spese effettuate e con una maggiorazione limitata al 10%».
Due anni durante i quali non è detto che non si continuino a spendere soldi. «Tenere in piedi il progetto del Ponte - denuncia infatti il vicepresidente di Legambiente Edoardo Zanchini - significa continuare a pagare studi e magari costruire inutili opere di collegamento a un'opera che mai verrà costruita». L'associazione chiede quindi al governo di bocciare il progetto e procedere, subito dopo, a «sciogliere la Società Stretto di Messina». Critico anche il Wwf, che parla di «decisione pilatesca». «Il governo, dopo ben nove anni di studi, visto che il progetto preliminare è stato presentato nel 2003 ha già oggi tutti gli elementi per chiudere con il progetto, con il General Contractor, senza pagare penali, e con quell'ente inutile che è la Stretto di Messina spa», scrive l'associazione. Di «schiaffo all'Italia onesta» parla invece Angelo Bonelli. «Com'è possibile - si chiede il presidente dei Verdi - che un governo che taglia i fondi per l'assistenza ai malati di Sla non cancelli immediatamente un'opera che costerà più di 8,5 miliardi di euro e che rappresenta la sagra dello spreco e dell'inutilità».
Dal centrodestra si leva invece la voce soddisfatta dell'ex ministro alle Infrastrutture Altero Matteoli: «E' certo - dice - che se il centrodestra tornasse a guidare il paese il Ponte sarebbe realizzato perché è un'opera che serve alla Sicilia, al Sud, all'Europa».
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