10/01/2009 | |||
Di Vittorio Arrigoni:
Il mio articolo per Il Manifesto di oggi:
A Gaza, un plotone di esecuzione ha messo al muro Ippocrate, ha puntato e fatto fuoco.
Le
allucinanti dichiarazioni di un portavoce dei servizi segreti
israeliani secondo cui l'esercito ha ottenuto via libera a sparare sulle
ambulanze perché a bordo presenti presunti membri della resistenza
palestinese, danno il quadro di che valore dà alla vita Israele in
questi giorni, le vite dei nemici, s'intende. Vale la pena ripassare
cosa dichiara il giuramento di Ippocrate, a cui è tenuto ogni medico
prima di iniziare a esercitare la professione, in
particolare questi passi: "Consapevole dell'importanza e della
solennità dell'atto che compio e dell'impegno che assumo, giuro: di
esercitare la medicina in libertà e indipendenza di giudizio e di
comportamento; di curare tutti i miei pazienti con eguale scrupolo e
impegno indipendentemente dai sentimenti che essi mi ispirano e
prescindendo da ogni differenza di razza, religione, nazionalità,
condizione sociale e ideologia politica". Sono
sette fra i dottori e infermieri volontari i camici bianchi uccisi
dall'inizio della campagna di bombardamenti, una decina le ambulanze
colpite dall'artiglieria israeliana. I sopravvissuti tremano di paura,
ma non si tirano indietro. I lampeggianti cremisi delle ambulanze sono
gli unici squarci di luce lungo le strade nelle notti oscure di
Gaza, esclusi i lampi che precedono le esplosioni. Riguardo a questi
crimini, l'ultima denuncia è partita da Pierre Wettach, capo della Croce
Rossa a Gaza; le sue ambulanze sono potute accorrere sul luogo di
un massacro, a Zaiton, est di Gaza city, solo dopo 24 ore dall'attacco
israeliano. I soccorritori dichiarano di essersi trovati
dinnanzi uno scenario raccapricciante: "quattro bambini piccoli vicini
ai corpi senza vita delle loro madri in una delle case. Erano troppo
deboli per tenersi in piedi. E' stato trovato vivo anche un uomo, anche
lui troppo debole per tenersi in piedi. In tutto sui materassi
giacevano 12 corpi". I testimoni di questa
ennesima carneficina raccontano come i soldati israeliani, penetrati nel
quartiere, hanno radunato le decine di membri della famiglia Al
Samouni in un solo edificio e poi lo hanno ripetutamente bombardato.
Con i miei compagni dell'ISM sono giorni che giriamo sulle
ambulanze della mezzaluna rossa, abbiamo subito molteplici attacchi e
perso un caro amico, Arafa, colpito in pieno da un colpo di orbice
sparato da un carro armato. Altri tre paramedici nostri amici rimangono
ricoverati negli ospedali dove fino a ieri lavoravano. Sulle
ambulanze il nostro dovere è raccogliere feriti, non accogliere a bordo
guerriglieri. E quando troviamo riverso per strada un uomo ridotto una
poltiglia di sangue, non si ha il tempo di controllare i suoi documenti,
chiedergli se parteggia per hamas o fatah. Anche perchè quasi sempre i
feriti non rispondono, come i morti. Alcuni giorni fa caricando un
ferito grave ha cercato contemporaneamente di salire sull'ambulanza
anche un altro uomo, ferito in maniera lieve. Lo abbiamo spintonato
fuori, proprio perché sia chiaro a chi ci spia dal cielo che non
fungiamo da taxi per il trasporto di membri della resistenza, bensì
accogliamo sopra le nostre ambulanze solo feriti gravi, il cui
rifornimento da parte di Israele non cessa un istante. La notte scorsa è
arrivata all'ospedale Al Quds di Gaza City Miriam, 17 anni, in preda
alle doglie. Al mattino erano passati nello stesso ospedale suo padre e
sua cognata, entrambi cadaveri, vittime di uno dei tanti bombardamenti
indiscriminati. Durante la notte Miriam a partorito un bel bimbo,
inconsapevole del fatto che mentre lei si trovava in salo parto, un
piano più in basso, all'obitorio era giunto anche il giovane marito.
Alla fine persino le Nazioni Unite si sono accorte che qui a Gaza siamo
come tutti immersi nello stesso catino, bersagli mobili per ogni
cecchino. Siamo arrivati a quota 789 vittime, 3300 i feriti, 410 vertono
in situazione critica, 230 i bambini uccisi, decine e decine i
dispersi. Il computo delle vittime civile israeliane, fortunatamente, è
fermo a quota 4. Per bocca di John Ging capo dell'Unrwa (Agenzia Onu per
i rifugiati palestinesi), le Nazioni Unite hanno annunciato di
sospendere le loro attività umanitarie lungo la Striscia. Ho incrociato
Ging negli uffici dell'agenzia di stampa Ramattan, e l'ho visto sdegnato
agitare il suo indice accusatorio contro Israele dinnanzi alle
telecamere. L'ONU cessa le sua attività a Gaza dopo che due dei suoi
operatori sono stati uccisi ieri, beffa vuole durante le tre ore di una
tregua che Israele ha annunciato e al suo solito non rispetta. "I civili
di Gaza hanno a disposizione 3 ore al giorno per cercare di
sopravvivere, i soldati israeliani le restanti 21 per cercare di
sterminarli" ho sentito Ging dichiarare a due passi da me. Da Gerusalemme mi scrive Yasmine, moglie di uno dei numerosi giornalisti in fila al valico di Erez, giornalisti ai quali per chissà
perchè Israele non concede il lasciapassare per venire qui a filmare e a
raccontare l'immane catastrofe innaturale che da tredici giorni ha
colpito. Queste le sue parole:
"L’altro ieri sono andata a vedere Gaza dal di fuori. I giornalisti del
mondo sono tutti ammucchiati su una collinetta di sabbia a un paio di km
dal confine. Decine di telecamere che puntano verso di voi. Aeri che ci
sorvolano, si sentono ma non si vedono, sembrano solo illusioni
mentali finché non si vede il fumo nero salire all’ orizzonte, Gaza. La
collina e’ diventata anche meta turistica per gli Israeliani di zona.
Con grandi binocoli e macchine fotografiche vengono a vedere i
bombardamenti dal vivo." Mentre
sto trascrivendo in fretta e furia questa mia corrispondenza una
bomba cade nel palazzo a fianco a quello in cui mi trovo. I vetri
tremano, le orecchie dolgono, mi affaccio dalla finestre e vedo che
hanno colpito l'edificio dove sono raccolti i principali media arabi.
E' uno dei palazzi più alti di tutta Gaza city, l'Al Jaawhara building.
Sul tetto tengono fissi una troupe con una telecamera, li vedo ora
contorcersi tutti a terra, agitare le braccia invocando aiuto, avvolti
da una cappa nera di fumo. Paramedici e giornalisti, le professioni più
eroiche in questo spicchio di mondo. All'ospedale Al Shifa ieri sono
andato a trovare Tamim, reporter sopravvissuto ad un bombardamento
aereo. Mi ha spiegato come secondo lui Israele sta adottando le stesse
identiche tecniche terroristiche di Al Al-Qaeda, bombarda un edificio,
attende l'arrivo dei giornalisti e dei soccorsi, quindi fa cadere
un'altra bomba che fa strage di quest'ultimi. Per questo motivo a suo
avviso si sono registrate molte vittime fra i paramedici e i reporters,
gli infermieri attorno al suo letto facevano cenni di consenso. Tamim mi
ha mostrando sorridendo, i suoi moncherini. Ha perso le gambe, ma è
felice d' essersela cavata, il suo collega Mohammed è morto con in mano
la macchina fotografica, la secondo esplosione lo ha ucciso. Nel
frattempo mi sono informato sulla bomba appena caduta nel palazzo qui
vicino, sono rimasti feriti due giornalisti, entrambi palestinesi, uno
di Libyan tv l'altro di Dubai tv. Giusto un altro sonoro avvertimento da
chi esige che questo massacro di vittime civili non venga in alcun modo
raccontato. Non mi resta che
augurarmi che nel quartier generale dei vertici militari israeliani non
si legga Il Manifesto, ne vi siano affezionati visitatori del mio blog.
Restiamo umani.
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Perchè questo nome:
Credo che la verità vada urlata contro ogni indifferenza mediatica e delle coscienze. Perciò questo è uno spazio di controinformazione su tutto ciò che riguarda le lotte sociali. Questo blog è antisionista perchè antifascista. Informatevi per comprendere realmente e per resistere.
Donatella Quattrone
giovedì 10 gennaio 2013
Gaza, 10 gennaio 2009
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