Accettata
l'ospitalità del nobile veneziano Giovanni Mocenigo nel 1592, Giordano
Bruno fu da questi denunciato all'Inquisizione e fatto arrestare per i
suoi dubbi sulla funzione della religione e i sospetti di eterodossia
gravanti sulle sue dottrine. In un primo tempo riuscì ad evitare la
condanna con una parziale ritrattazione, ma nel 1593 fu trasferito all'
Inquisizione di Roma e, dopo sette anni di carcerazione, fu condannato a
bruciare sul rogo a Campo dei Fiori (Roma) il 17 febbraio del 1600:
l'imputazione mossagli fu di dubitare della trinità, della divinità di
Cristo e della transustanziazione, di voler sostituire alle religioni
particolari la religione della ragione come religione unica e universale
e di affermare che il mondo é eterno e che vi sono infiniti mondi. Più
volte gli fu proposto di abiurare e di dichiarare false le sue idee: ma
egli non accettò di scendere a compromessi e di rinunciare ai suoi
ideali. Così fu bruciato vivo sul rogo. Correva l'anno 1600.
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