"Un ferale alfabeto si snoda la mattina del 21
febbraio 1986 a Roma, sull’asfalto di via della Farnesina. Come in
un’agghiacciante partita di Scarabeo i
cartellini della Polizia scientifica mettono in fila, uno dopo l’altro,
i tasselli dell’orrore. La lettera A è il corpo di una giovane. Con il
volto verso il suolo. I quotidiani indugiano sui particolari
dell’abbigliamento. Quasi che il mosaico di colori possa rendere meno
glaciale la scena. Giaccone e sciarpa viola, borsa di cuoio a tracolla,
zuccotto di lana scuro con borchie di metallo, guanti bianchi e neri da
sci, stivaletti con la suola di gomma. B, C, D... bossoli, macchie,
schegge... H, una pistola calibro 38. L’arma con cui ha sparato Wilma
Monaco, militante dell’Unione dei comunisti combattenti (Udcc),
formazione armata nata da una scissione delle Brigate rosse.
L'organizzazione è alle prese con una situazione di grave crisi. Quasi
tutti i membri sono in carcere, dilagano i cosiddetti pentiti, i
dissociati. Le azioni sono ormai sporadiche. Il clima è pesante. Sono
gli anni del craxismo trionfante. La sconfitta, profonda, ha travolto la
sinistra, nelle sue rappresentanze storiche. I movimenti operai,
studenteschi, femministi, sono rifluiti, i gruppi extraparlamentari
dissolti nel nulla. Ma alcuni militanti vogliono proseguire la lotta. Cercano una via d’uscita, una strada di cambiamento e rivoluzione sociale.
Wilma
è con loro. Dai tempi della scuola non ha mai abbandonato l’impegno
politico. Infanzia a Testaccio, diploma al liceo linguistico, lavoro
come impiegata. Nel 1977-78 milita in uno dei vari gruppi riuniti a Roma
sotto la sigla di Movimento proletario di resistenza offensivo (Mpro),
in contatto con le Brigate rosse. Effettuano azioni, anche illegali,
prevalentemente sui temi della casa e del lavoro. Allo scioglimento del
Mpro, insieme ad altri militanti Wilma costruisce i Nuclei clandestini
di resistenza. Dal 1982, quando le Brigate rosse vacillano sotto il
terremoto di arresti provocati in primo luogo dal pentitismo, il
dibattito sul futuro della lotta armata investe anche l’area semilegale e
la rete di appoggio diffusa che ruota intorno all’organizzazione. Wilma
partecipa. Disorientata come molti suoi compagni. In bilico fra le
lotte di massa e l’ipotesi armata, è in prima fila nelle battaglie del
movimento pacifista contro l’installazione dei missili a Comiso, nelle
iniziative dei disoccupati delle Liste di Lotta.
Riparata
a Parigi in seguito a una denuncia, insieme agli scissionisti delle
Brigate rosse fonda l’Udcc. È la fine del 1985. Lo stesso anno è stato
arrestato l’ex marito, da cui si è separata affettivamente e
politicamente. Lui è un brigatista "ortodosso". La
nuova struttura, l'Udcc, intende invece mantenere acceso lo scontro,
anche militare, ma considera la lotta armata uno strumento di lotta, sia
pure decisivo, non una strategia.
Quella
del 21 febbraio 1986 è la prima azione del gruppo. Obiettivo del
commando - due uomini e due donne - Antonio Da Empoli, neodirettore del
Dipartimento degli Affari economici e sociali della presidenza del
Consiglio, collaboratore diretto di Bettino Craxi. Un incarico
importante ma nell’ombra. Deve essere gambizzato, si dice in gergo. I
quattro si appostano vicino all’edicola dove l’uomo si ferma ogni giorno
andando a Palazzo Chigi. Sono le nove. La zona è tranquilla ed
elegante. Da Empoli esce di casa, compra i giornali, torna verso la
macchina, qualcuno grida il suo nome. Lui si volta, l’uomo spara. Viene
ferito in modo non grave a una mano e a una coscia. La reazione è
immediata. L’autista è un poliziotto, che si catapulta in strada facendo
fuoco. Il commando è disorientato. Wilma tenta di coprire la fuga dei
compagni. Avanza, spara tre colpi. Poi cerca di raggiungere la Vespa.
Non ce la fa. Barcolla, crolla a terra, ferita a morte nonostante il
giubbotto antiproiettile che indossa sotto la giacca. Gli altri riescono
a far perdere le loro tracce.
Termina
la vita così, a ventotto anni, Wilma Monaco. Roberta il suo nome di
battaglia. Un’esistenza simile a quella di tanti coetanei cresciuti
sull’onda lunga del Sessantotto, nel clima delle grandi passioni
politiche, del fermento sociale che ha attraversato il paese, della
strategia della tensione attuata per frenare il cambiamento. Del
tentativo di definire un'ipotesi rivoluzionaria per i paesi a
capitalismo avanzato.
Nel marzo del 1987 l’Udcc uccide il generale dell’Aeronautica Licio Giorgieri, prima di essere smantellata dagli arresti."
Testo tratto dal libro 101 donne che hanno fatto grande Roma, di Paola Staccioli (Newton Compton 2011)
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