agosto 11, 2013
In
origine Tall El Zaatar (la collina del timo) era una bidonville alla
periferia est di Beirut in Libano. Giunti i palestinesi, si trasformò a
poco a poco: sorsero i palazzi, nacquero le fabbriche. Alla vigilia
della guerra, la città aveva 50.000 abitanti. Poi la guerra scoppiò e la
parte orientale di Beirut cadde in mano ai cristiani. Tutta, tranne la
“collina del timo”.
Il 22 giugno 1976 i cristiani piazzarono intorno alla “città dei palestinesi” cannoni, razzi, mortai e seimila uomini. Cominciò l’assedio. I palestinesi non potevano arrendersi, perchè la resa avrebbe significato morte sicura. Resistettero, ma era una resistenza senza speranza: i siriani vigilavano che nessun aiuto fosse portato ai trentamila assediati, i cristiani avevano provveduto a interrompere le forniture d’acqua.
Dentro Tall El Zaatar la gente prese a morire di sete, di fame e per le ferite. Le ferite si sarebbero potuto curare ma i cristiani non permettevano l’invio di soccorsi. Il 17 luglio due medici e un infermiera svedesi lanciarono un appello alla Croce Rossa perchè fossero evaquati quattromila feriti gravi. Giunsero le ambulanze ma i cristiani le mitragliarono. Il 25 luglio crollò un palazzo e 500 civili restarono sotto le macerie. Morirono tutti soffocati, perchè i cristiani si esercitarono al tiro a segno sui soccorritori. Dal 3 al 6 agosto la Croce Rossa riuscì ad evacuare 407 civili. Ma il 7 l’organizzazione dovette desistere a causa del fuoco ininterrotto degli assedianti. All’alba del 12 agosto 1976, i miliziani fascisti della Falange, delle Tigri del Libano e i kataebisti cristiano-maroniti, penetrati a Tall El Zaatar trucidano senza misericordia gli scampati all’assedio che sono usciti dai rifugi per organizzare il trasporto dei feriti. Nelle stradine di terra c’è una caccia all’uomo feroce, anche con i coltelli. Gli uomini del campo dai 15 ai 40 anni sono tutti eliminati a freddo. Lo stesso destino capita a donne e ai loro bambini. Vengono assassinati 60 infermieri. Più tardi, in due riprese, il convoglio della Croce Rossa raccoglie direttamente dalle mani delle milizie cristiane alcune migliaia di persone. Sono contro il muro, un’immagine di vergogna. Un testimone afferma che l’entrata nord del campo, a Dekuaneh, è una visione terribile, di orrore. Per muoversi tra le stradine, dove regna l’odore del putrido, dove decine e decine di cadaveri giacciono al suolo tanto che è impossibile contarli, bisogna usare la maschera. C’è chi alla resa preferisce la morte combattendo. Chi, fatto prigioniero, è ferocemente torturato prima di essere eliminato. Alla fine i morti saranno circa 3000.
[da “La diaspora palestinese in Libano e i tempi della guerra civile”, di Mariano Mingarelli]
Il 22 giugno 1976 i cristiani piazzarono intorno alla “città dei palestinesi” cannoni, razzi, mortai e seimila uomini. Cominciò l’assedio. I palestinesi non potevano arrendersi, perchè la resa avrebbe significato morte sicura. Resistettero, ma era una resistenza senza speranza: i siriani vigilavano che nessun aiuto fosse portato ai trentamila assediati, i cristiani avevano provveduto a interrompere le forniture d’acqua.
Dentro Tall El Zaatar la gente prese a morire di sete, di fame e per le ferite. Le ferite si sarebbero potuto curare ma i cristiani non permettevano l’invio di soccorsi. Il 17 luglio due medici e un infermiera svedesi lanciarono un appello alla Croce Rossa perchè fossero evaquati quattromila feriti gravi. Giunsero le ambulanze ma i cristiani le mitragliarono. Il 25 luglio crollò un palazzo e 500 civili restarono sotto le macerie. Morirono tutti soffocati, perchè i cristiani si esercitarono al tiro a segno sui soccorritori. Dal 3 al 6 agosto la Croce Rossa riuscì ad evacuare 407 civili. Ma il 7 l’organizzazione dovette desistere a causa del fuoco ininterrotto degli assedianti. All’alba del 12 agosto 1976, i miliziani fascisti della Falange, delle Tigri del Libano e i kataebisti cristiano-maroniti, penetrati a Tall El Zaatar trucidano senza misericordia gli scampati all’assedio che sono usciti dai rifugi per organizzare il trasporto dei feriti. Nelle stradine di terra c’è una caccia all’uomo feroce, anche con i coltelli. Gli uomini del campo dai 15 ai 40 anni sono tutti eliminati a freddo. Lo stesso destino capita a donne e ai loro bambini. Vengono assassinati 60 infermieri. Più tardi, in due riprese, il convoglio della Croce Rossa raccoglie direttamente dalle mani delle milizie cristiane alcune migliaia di persone. Sono contro il muro, un’immagine di vergogna. Un testimone afferma che l’entrata nord del campo, a Dekuaneh, è una visione terribile, di orrore. Per muoversi tra le stradine, dove regna l’odore del putrido, dove decine e decine di cadaveri giacciono al suolo tanto che è impossibile contarli, bisogna usare la maschera. C’è chi alla resa preferisce la morte combattendo. Chi, fatto prigioniero, è ferocemente torturato prima di essere eliminato. Alla fine i morti saranno circa 3000.
[da “La diaspora palestinese in Libano e i tempi della guerra civile”, di Mariano Mingarelli]
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