«Certo, navigando non è che si incontrino soltanto Jamine o
tavole imbandite con gatti in salmì spacciati per conigli selvatici, come si
dice nella canzone Creuza de mä. Ci si può trovare anche di fronte alla
tragedia, magari alla tragedia altrui, anche se condivisa, in quanto fratelli o
figli della stessa cultura.
È il caso di Sidone, Sidùn in genovese. Sidone è la città libanese che ci ha regalato oltre all’uso delle lettere dell’alfabeto anche l’invenzione del vetro. Me la sono immaginata, dopo l’attacco subito dalle truppe del generale Sharon del 1982, come un uomo arabo di mezz’età, sporco, disperato, sicuramente povero, che tiene in braccio il proprio figlio macinato dai cingoli di un carro armato. Un grumo di sangue, orecchie e denti di latte, ancora poco prima labbra grasse al sole, tumore dolce e benigno di sua madre, forse sua unica e insostenibile ricchezza.
La piccola morte a cui accenno nel finale di questo canto, non va semplicisticamente confusa con la morte di un bambino piccolo. Bensì va metaforicamente intesa come la fine civile e culturale di un piccolo paese: il Libano, la Fenicia, che nella sua discrezione è stata forse la più grande nutrice della civiltà mediterranea.»
È il caso di Sidone, Sidùn in genovese. Sidone è la città libanese che ci ha regalato oltre all’uso delle lettere dell’alfabeto anche l’invenzione del vetro. Me la sono immaginata, dopo l’attacco subito dalle truppe del generale Sharon del 1982, come un uomo arabo di mezz’età, sporco, disperato, sicuramente povero, che tiene in braccio il proprio figlio macinato dai cingoli di un carro armato. Un grumo di sangue, orecchie e denti di latte, ancora poco prima labbra grasse al sole, tumore dolce e benigno di sua madre, forse sua unica e insostenibile ricchezza.
La piccola morte a cui accenno nel finale di questo canto, non va semplicisticamente confusa con la morte di un bambino piccolo. Bensì va metaforicamente intesa come la fine civile e culturale di un piccolo paese: il Libano, la Fenicia, che nella sua discrezione è stata forse la più grande nutrice della civiltà mediterranea.»
Fabrizio De André, intervista alla trasmissione "Mixer" (1984)
Fonte:
Qui la vergognosa CasaPound:
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