Ieri 100 attivisti palestinesi sono tornati nel villaggio in area E1.
Raid di polizia ed esercito: decine i feriti, tutti arrestati. Ma in
Israele l'imbarazzo è palpabile.
mercoledì 16 gennaio 2013 11:38
dalla redazione
Betlemme, 16 gennaio 2013, Nena News - Seconda evacuazione forzata per gli attivisti palestinesi del villaggio di Bab al-Shams.
Che però non si arrendono e continuano a lottare per difendere
l'esistenza del nuovo villaggio palestinese sorto in piena area E1.
Ieri le forze militari israeliane, oltre 200 tra soldati e poliziotti
di frontiera, hanno attaccato con granate stordenti e gas lacrimogeni i
circa cento palestinesi tornati nella collina vicino a At-Tur, dalla quale erano stati espulsi sabato notte.
Nella mattina di ieri, fingendosi diretti ad un matrimonio, il gruppo di attivisti ha raggiunto la collina dove venerdì mattina erano state montate 23 tende, il villaggio di Bab al-Shams. Immediata la reazione israeliana che ha di nuovo utilizzato la violenza per disperdere il gruppo: molti i feriti, picchiati da soldati e poliziotti, dieci ricoverati in ospedale e tutti arrestati. Dopo qualche ora dall'inizio dell'azione, l'esercito ha fermato tutti i presenti, li ha costretti a salire su degli autobus e li ha rilasciati poco dopo al checkpoint di Hizma, tra Gerusalemme e Ramallah.
Duro l'attacco israeliano: tra i feriti alcuni giornalisti e cameraman, mentre la polizia bloccava per ore l'arrivo delle ambulanze. "Il nostro piano è tornare di nuovo - ha detto Lina Tamimi, una delle attiviste presenti intervistata da Al-Akhbar - Non diremo quando perché altrimenti gli israeliani arriveranno e ci arresteranno, ma continueremo a provare. Non ci fermeranno mai".
L'imbarazzo in casa israeliana è palpabile: sabato è stato lo stesso premier Netanyahu a ordinare l'evacuazione di Bab al-Shams, nonostante una decisione della Corte Suprema che vietava lo sgombero per i successivi sei giorni. Un imbarazzo dovuto alla visibilità e la notorietà che in poche ore il villaggio ha saputo conquistare a livello mondiale: l'area E1 rientra nel progetto di espansione coloniale israeliana, un corridoio sensibile perché se chiuso impedirebbe il collegamento tra Nord e Sud della Cisgiordania, e quindi cancellerebbe dalle mappe la continuità territoriale di un eventuale Stato di Palestina. Nena News
Nella mattina di ieri, fingendosi diretti ad un matrimonio, il gruppo di attivisti ha raggiunto la collina dove venerdì mattina erano state montate 23 tende, il villaggio di Bab al-Shams. Immediata la reazione israeliana che ha di nuovo utilizzato la violenza per disperdere il gruppo: molti i feriti, picchiati da soldati e poliziotti, dieci ricoverati in ospedale e tutti arrestati. Dopo qualche ora dall'inizio dell'azione, l'esercito ha fermato tutti i presenti, li ha costretti a salire su degli autobus e li ha rilasciati poco dopo al checkpoint di Hizma, tra Gerusalemme e Ramallah.
Duro l'attacco israeliano: tra i feriti alcuni giornalisti e cameraman, mentre la polizia bloccava per ore l'arrivo delle ambulanze. "Il nostro piano è tornare di nuovo - ha detto Lina Tamimi, una delle attiviste presenti intervistata da Al-Akhbar - Non diremo quando perché altrimenti gli israeliani arriveranno e ci arresteranno, ma continueremo a provare. Non ci fermeranno mai".
L'imbarazzo in casa israeliana è palpabile: sabato è stato lo stesso premier Netanyahu a ordinare l'evacuazione di Bab al-Shams, nonostante una decisione della Corte Suprema che vietava lo sgombero per i successivi sei giorni. Un imbarazzo dovuto alla visibilità e la notorietà che in poche ore il villaggio ha saputo conquistare a livello mondiale: l'area E1 rientra nel progetto di espansione coloniale israeliana, un corridoio sensibile perché se chiuso impedirebbe il collegamento tra Nord e Sud della Cisgiordania, e quindi cancellerebbe dalle mappe la continuità territoriale di un eventuale Stato di Palestina. Nena News
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