Il neonato movimento Tamarod, gemello di quello egiziano, chiede alla
popolazione di scendere in massa in strada contro la monarchia il 14
agosto.
martedì 23 luglio 2013 11:14
di Michele Giorgio
Roma, 23 luglio 2013, Nena News - Si radicalizza la lotta dei
bahraniti. Cresce di intensità anche la repressione attuata dalla
monarchia assoluta. Ieri il raggruppamento che include i principali
partiti dell'opposizione - Al Wefaq, Waad, Al Qawmi e Wahdawy - ha
diffuso un comunicato di forte condanna delle nuove gravi restrizioni
alla libertà di manifestazione pubblica del dissenso contro re Hamad bin
Isa al Khalifa. «Non ci viene più consentito di scendere in strada a
Manama. Il 19 luglio il regime ha vietato due raduni pacifici nella
capitale senza alcun motivo. Il diritto a protestare è garantito dalle
leggi internazionali e non può essere vietato da qualsiasi autorità»,
denunciano le principali formazioni dell'opposizione.
Tuttavia questo linguaggio morbido non soddisfa più il movimento giovanile bahranita, deluso dai leader dell'opposizione che hanno creduto alle promesse di riforme o fatte dalla monarchia di fronte all'accampamento di protesta a Piazza della Perla, nel febbraio-marzo 2011 (simile a quello di Piazza Tahrir al Cairo), spazzato via dalla polizia con l'aiuto delle unità speciali inviate dall'Arabia saudita.
Lo scontro, comunque, si fa più acceso, assumendo sempre più il carattere di un conflitto settario tra la minoranza sunnita al potere e la maggioranza sciita, da sempre discriminata in economia e in politica. Ad alimentare il settarismo è proprio re Hamad che descrive le manifestazioni come «un progetto di Tehran volto ad espandere lo sciismo iraniano nella regione». Tesi che convince gli altri petromonarchi del Golfo schierati contro l'Iran e offre un appiglio agli Stati Uniti che si guardano dal fare pressioni sul fedele alleato re Hamad che in Bahrain ospita l'importante base della V Flotta americana.
Domenica la polizia ha arrestato i tre presunti responsabili del lancio (senza danno) di una bomba contro una moschea sunnita, l'ultimo di una serie di attacchi con bottiglie molotov e ordigni rudimentali che prendono di mira soprattutto i commissariati e le forze di sicurezza nei centri abitati sciiti. Qualche giorno fa è stata colpita per la seconda volta in pochi giorni la casa dell'influente deputato Abbas Isa al-Madi. Non ci sono state vittime ma i segnali sono inequivocabili. «È sempre più arduo tenere sotto controllo giovani che non vogliono vivere come i loro padri e nonni, discriminati e privati di diritti fondamentali. La repressione sta aggravando il clima», spiega al manifesto la giornalista e attivista dei diritti umani Reem Khalifa.
Tutti ora attendono il 14 agosto, data della «chiamata» alla sollevazione popolare da parte del neonato movimento «Tamarod», analogo a quello egiziano che il 30 giugno ha organizzato al Cairo e in altre città gigantesche manifestazioni contro il presidente islamista Mohammed Morsi, sfociate poco dopo nel colpo di stato militare. Il 14 agosto è anche l'anniversario della partenza dei britannici dal Bahrain, nel 1971, ma i sovrani al Khalifa, in omaggio ai colonizzatori loro storici protettori, hanno invece scelto come data del Giorno dell'Indipendenza il 16 dicembre.
Il Bahrain però non è l'Egitto. Nel piccolo arcipelago le forze armate e di sicurezza sono composte in buona parte da mercenari sunniti di vari Paesi (persino del Pakistan) pagate per servire la monarchia. Senza contare che l'Arabia saudita è pronta ad intervenire di nuovo per spazzare via qualsiasi sogno di libertà e uguaglianza. Governo e polizia hanno ammonito la popolazione dal prendere parte alla sollevazione chiesta da Tamarod-Bahrain. «Reagiremo nella maniera idonea a qualsiasi piano volto a mettere a rischio la sicurezza e la stabilità del Paese», ha avvertito il ministero dell'interno. Ma il sostegno a Tamarod-Bahrain cresce sia tra le forze di opposizione moderate, come al Wefaq, che tra quelle più radicali che chiedono l'instaurazione della Repubblica, come sostiene al Haq di Hassan Mushaimeh (arrestato due anni fa e condannato all'ergastolo). Nena News
Tuttavia questo linguaggio morbido non soddisfa più il movimento giovanile bahranita, deluso dai leader dell'opposizione che hanno creduto alle promesse di riforme o fatte dalla monarchia di fronte all'accampamento di protesta a Piazza della Perla, nel febbraio-marzo 2011 (simile a quello di Piazza Tahrir al Cairo), spazzato via dalla polizia con l'aiuto delle unità speciali inviate dall'Arabia saudita.
Lo scontro, comunque, si fa più acceso, assumendo sempre più il carattere di un conflitto settario tra la minoranza sunnita al potere e la maggioranza sciita, da sempre discriminata in economia e in politica. Ad alimentare il settarismo è proprio re Hamad che descrive le manifestazioni come «un progetto di Tehran volto ad espandere lo sciismo iraniano nella regione». Tesi che convince gli altri petromonarchi del Golfo schierati contro l'Iran e offre un appiglio agli Stati Uniti che si guardano dal fare pressioni sul fedele alleato re Hamad che in Bahrain ospita l'importante base della V Flotta americana.
Domenica la polizia ha arrestato i tre presunti responsabili del lancio (senza danno) di una bomba contro una moschea sunnita, l'ultimo di una serie di attacchi con bottiglie molotov e ordigni rudimentali che prendono di mira soprattutto i commissariati e le forze di sicurezza nei centri abitati sciiti. Qualche giorno fa è stata colpita per la seconda volta in pochi giorni la casa dell'influente deputato Abbas Isa al-Madi. Non ci sono state vittime ma i segnali sono inequivocabili. «È sempre più arduo tenere sotto controllo giovani che non vogliono vivere come i loro padri e nonni, discriminati e privati di diritti fondamentali. La repressione sta aggravando il clima», spiega al manifesto la giornalista e attivista dei diritti umani Reem Khalifa.
Tutti ora attendono il 14 agosto, data della «chiamata» alla sollevazione popolare da parte del neonato movimento «Tamarod», analogo a quello egiziano che il 30 giugno ha organizzato al Cairo e in altre città gigantesche manifestazioni contro il presidente islamista Mohammed Morsi, sfociate poco dopo nel colpo di stato militare. Il 14 agosto è anche l'anniversario della partenza dei britannici dal Bahrain, nel 1971, ma i sovrani al Khalifa, in omaggio ai colonizzatori loro storici protettori, hanno invece scelto come data del Giorno dell'Indipendenza il 16 dicembre.
Il Bahrain però non è l'Egitto. Nel piccolo arcipelago le forze armate e di sicurezza sono composte in buona parte da mercenari sunniti di vari Paesi (persino del Pakistan) pagate per servire la monarchia. Senza contare che l'Arabia saudita è pronta ad intervenire di nuovo per spazzare via qualsiasi sogno di libertà e uguaglianza. Governo e polizia hanno ammonito la popolazione dal prendere parte alla sollevazione chiesta da Tamarod-Bahrain. «Reagiremo nella maniera idonea a qualsiasi piano volto a mettere a rischio la sicurezza e la stabilità del Paese», ha avvertito il ministero dell'interno. Ma il sostegno a Tamarod-Bahrain cresce sia tra le forze di opposizione moderate, come al Wefaq, che tra quelle più radicali che chiedono l'instaurazione della Repubblica, come sostiene al Haq di Hassan Mushaimeh (arrestato due anni fa e condannato all'ergastolo). Nena News
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