Sono previste manifestazioni nei Territori Occupati e in Israele contro
il progetto di "trasferimento" di 40mila beduini palestinesi e la loro
urbanizzazione forzata.
giovedì 1 agosto 2013 08:27
di Emma Mancini
Roma, 1 agosto 2013, Nena News - La Palestina oggi torna in piazza contro il Piano Prawer. Dopo lo sciopero generale del 15 luglio e le manifestazioni a favore dei beduini del Negev, minacciati di trasferimento forzato dal governo israeliano, la rete palestinese ha chiamato di nuovo alla protesta.
Anche oggi sono previste manifestazioni sia nei Territori Occupati che in Israele contro il progetto di confisca di oltre 80mila ettari di terre, l'espulsione di 40mila beduini palestinesi e la loro urbanizzazione forzata, e la demolizione di 45 villaggi non riconosciuti dallo Stato di Israele.
Due settimane fa la protesta, che ha visto la partecipazione di migliaia di persone a Ramallah, Gerusalemme, Haifa, Gaza e Negev, si era conclusa con la repressione da parte delle forze israeliane, con decine di arrestati e feriti. Secondo gli organizzatori, quello di oggi sarà un evento ancora più imponente: "Decine di palestinesi sono stati feriti o arrestati durante le manifestazioni pacifiche del 15 luglio - si legge nel comunicato redatto dagli attivisti - Ma lo sciopero della rabbia è lontano dal fermarsi. Siamo determinati a proseguire con proteste quotidiane e ad attirare l'attenzione internazionale verso i nostri fratelli e sorelle beduini. Il Piano Prawer è la più grande campagna di pulizia etnica contro il popolo palestinese dal 1948 e le nuove generazioni non permetteranno che accada di nuovo".
Nei giorni scorsi peraltro si sono tenute manifestazioni contro il piano a Kafr Kanna, a Nord di Nazareth, e nei villaggi di Rayna e Tarshina, vicino Akka. Manifestazioni che giungono a pochi giorni dalla dura condanna espressa dall'alto commissario per i diritti umani delle Nazioni Unite, Navi Pillay: "In quanto cittadini israeliani, i beduini palestinesi hanno gli stessi diritti alla proprietà e ai servizi pubblici di tutti gli altri. Il governo deve riconoscere e rispettare i diritti delle comunità beduine, compreso il riconoscimento della proprietà delle terre. Israele è colpevole dell'implementazione di una politica discriminatoria di trasferimento forzato".
"Se il disegno di legge sarà approvato - ha proseguito la Pillay - porterà alla demolizione di intere comunità beduine, forzandole a lasciare le loro case e a distruggere il loro tradizionale stile di vita. Il rispetto dei diritti delle minoranze è un elemento fondamentale di una democrazia".
A luglio la Knesset, il Parlamento israeliano ha dato il primo via libera al Piano Prawer che ha come obiettivo ultimo la distruzione di 45 villaggi beduini non riconosciuti dallo Stato e il trasferimento della popolazione residente in "township", città costruire ad hoc dal governo. Il progetto prevede un complesso sistema di rimborsi, confisca di terre e trasferimenti forzati. Il timore delle comunità beduine è che a breve le autorità israeliane ricevano l'ok definitivo e procedano agli sgomberi. Secondo quanto previsto dal piano, 40mila beduini che saranno cacciati dai loro villaggi "non riconosciuti" (e quindi privati finora di ogni tipo di servizio pubblico, acqua, elettricità, scuole, fognature) riceveranno in cambio dei risarcimenti risibili.
Ma a spaventare di più la popolazione beduina è il fondato timore di perdere il tradizionale stile di vita, una quotidianità semplice e fatta di contatto diretto con la natura. Al contrario, finiranno in città totalmente gestite dalle autorità israeliane dove dovranno rinunciare alle greggi e alla terra. Una conseguenza visibile nelle sette "township" che Tel Aviv ha già costruito e dove vivono 135mila beduini: il tasso di disoccupazione è alle stelle, mentre il tasso di educazione scolastica è dieci volte più basso della media israeliana. Nena News
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