<<L’operazione
Ramazza fornì l’occasione, il 2 maggio 1948, all’unità d’élite dell’Haganà, il
Palmach, non solo di epurare il villaggio in conformità con il Piano Dalet, ma
anche di sistemare “vecchi conti”, cioè l’ostilità con cui gli abitanti
palestinesi del villaggio avevano guardato e accolto i coloni.
L’operazione
fu affidata a Moshe Kalman che nello stesso distretto aveva già diretto gli
attacchi selvaggi a Khisas, Sa’sa e Husayniyya. Le sue truppe incontrarono ben
poca resistenza perché i volontari siriani di stanza avevano abbandonato in
fretta e furia il villaggio quando all’alba era iniziato il bombardamento: al
fuoco pesante dei mortai seguì il lancio sistematico di granate . Le forze di
Kalman entrarono nel villaggio verso mezzogiorno. Le donne, i vecchi e i
bambini e alcuni dei ragazzi più giovani che non se ne erano andato con i
volontari siriani uscirono dai loro nascondigli sventolando bandiera bianca.
Furono immediatamente ammassati al centro del villaggio. […]
Cominciavano
col portare un informatore incappucciato che esaminava gli uomini allineati
sulla piazza del villaggio; venivano identificati quelli il cui nome era
segnato sulla lista già pronta degli ufficiali dei servizi segreti. Poi gli
uomini così selezionati venivano portati in un altro posto e fucilati. Se altri
si ribellavano o protestavano venivano uccisi anche loro. […]
Secondo
i documenti militari furono fucilate in tutto, incluse le esecuzioni, settanta
persone; altre fonti forniscono una cifra molto più alta.>>
Fonte:
I.
Pappe. La pulizia etnica della Palestina,
Fazi Editore, Roma 2008, pp. 141-143.
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