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Donatella Quattrone


giovedì 23 maggio 2013

È morto Don Gallo, il prete degli ultimi

È morto nella sua Comunità San Benedetto del Porto don Andrea Gallo. Il prete di strada, amico e vicino agli umili, aveva 85 anni.


redazione
mercoledì 22 maggio 2013 19:04
 

Genova è in lutto per la scomparsa di Don Andrea Gallo, fondatore della Comunità di San Benedetto al porto, "prete di strada" da sempre al fianco dei più deboli, degli emarginati, degli ultimi. È morto nella sua comunità. Ieri si erano aggravate le condizioni del sacerdote genovese, che si è spento, circondato dall'affetto dei suoi più stretti collaboratori, all'età di 84 anni.

La notizia della morte dell'anziano sacerdote, che avrebbe compiuto 85 anni il 18 luglio, è stata pubblicata sul suo profilo twitter. "Alle ore 17.45 il cuore di Don Andrea Gallo - si legge - ha cessato di battere, la comunità S.Benedetto e idealmente voi tutti siamo stretti intorno a lui".

Nato a Genova il 18 luglio del 1928, il giovane Andrea inizia il noviziato nel 1948 con i salesiani, a Varazze, proseguendo poi a Roma il liceo e gli studi filosofici. Nel 1953 chiede di partire per le missioni e viene mandato in Brasile, ma la dittatura lo costringe a tornare in Italia l'anno successivo. Prosegue gli studi ad Ivrea e viene ordinato sacerdote il 1 luglio 1959. Nominato cappellano alla nave scuola della Garaventa, riformatorio per minori, cerca di introdurre un metodo educativo basato sulla fiducia e sulla libertà, lontano dalla repressione fino ad allora persequita.

Tre anni dopo i superiori salesiani lo rimuovono dall'incarico, senza fornirgli spiegazioni. Nel 1964 Don Andrea lascia la congregazione, chiedendo di entrare nella diocesi genovese. Viene nominato vice parroco alla chiesa del Carmine, nel centro storico di Genova, dove rimane fino al 1970, anno in cui viene trasferito per ordine del Cardinale Giuseppe Siri, arcivescovo della città.

Per Don Gallo non si tratta di un semplice avvicendamento tra parroci: la sua predicazione irrita una parte di fedeli e preoccupa i teologi della Curia, a cominciare dallo stesso Cardinale perche', si dice, i suoi contenuti "non sono religiosi ma politici, non cristiani ma comunisti".

Don Gallo obbedisce ma l'allontanamento materialmente dalla parrocchia non significa per lui abbandonare quell'impegno che aveva provocato l'atteggiamento repressivo nei suoi confronti: i suoi ultimi incontri con la popolazione, scesa in piazza per esprimergli solidarietà, sono una decisa riaffermazione di fedeltà ai suoi ideali ed alla sua battaglia per dare voce ai più poveri e agli emarginati.

Qualche tempo dopo viene accolto dal parroco di S. Benedetto, Don Federico Rebora, e insieme ad un piccolo gruppo, nel 1975 avvia l'attività della Comunità di S. Benedetto al Porto. L'associazione Comunità San Benedetto al Porto verrà costituita con atto notarile il 2 marzo del 1983.


Fonte:

Parole di Hebe de Bonafini, madre di Plaza de Mayo, sulla morte di Videla

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il manifesto 2013.05.22

È morto Videla. La notizia mi ha paralizzata. Ho pensato subito ai miei figli. Come facevo a pensare ad altro? La testa mi girava, volevo pensare a qualcosa ma niente. Pensavo a loro e alle torture che hanno subito. Vedevo i loro visi che gridavano, mentre mi chiedevano e chiamavano tutti, come hanno fatto tutti nei momenti terribili, quando erano soli, nei momenti di peggior tortura.
I media hanno iniziato a chiamarmi ma non avevo niente da dire. Ho sentito un'angoscia grande, un profondo dolore che mi prendeva tutto il corpo. Non potevo pensare ad altro. Non ero contenta che fosse morto. Non potevo esserne contenta se pensavo a tutto quello che ci aveva fatto. Ho pensato a tutte le «Madres», a tutto il dolore, a tutte le famiglie distrutte. Mi è crollato il mondo e ogni volta che qualcuno chiamava sentivo sempre più l'angoscia perché la maggior parte di quelli che hanno appoggiato la dittatura, i giornali, soprattutto il «Clarín», adesso lo chiamano dittatore, lo denominano genocida, che vergogna! Ma io pensavo ancora a loro, ai nostri figli. Hanno tanto amato questo paese, hanno dato tanto per esso, ed io dovevo ascoltare questi che hanno appoggiato la dittatura, che oggi parlano di genocida? Quanta ipocrisia! Il nostro popolo deve capire che tutta quella ipocrisia ha fatto sì che i nostri figli fossero segnalati come terroristi quando tutti questi, che oggi si levano gli abiti sporchi di dosso, hanno guardato da un'altra parte. Alcuni si sono arricchiti e altri si sono riempiti di obbrobri. Volevo parlare ma non riuscivo. Oggi ho deciso di scrivere qualcosa affinché tutti quelli che erano in attesa della mia voce potessero sapere quello che penso. Sono stata soffocata dal dolore, dall'angoscia, dalla rabbia e dalla tristezza ma di colpo mi è scoppiato il cuore e ho detto: che fortuna aver avuto figli così valorosi! Questa è l'unica felicità che ho provato alla fine: il coraggio dei nostri figli nel dare le loro vite per far vivere altri.

Hebe de Bonafini presidenta Asociación Madres de Plaza de Mayo


Fonte: