Perchè questo nome:

Credo che la verità vada urlata contro ogni indifferenza mediatica e delle coscienze. Perciò questo è uno spazio di controinformazione su tutto ciò che riguarda le lotte sociali. Questo blog è antisionista perchè antifascista. Informatevi per comprendere realmente e per resistere.

Donatella Quattrone


giovedì 1 agosto 2013

Inchiesta sulla strage di Bologna: la vera storia di Mauro di Vittorio


Dal blog di Paolo Persichetti http://insorgenze.wordpress.com:











L'ARCA CHE PORTERA' GAZA NEL MONDO

Per gli organizzatori del viaggio è anche una sfida. La Marina da guerra israeliana farà di tutto per non lasciarli passare e per rafforzare il blocco navale di Gaza.

giovedì 1 agosto 2013 13:14



di Michele Giorgio - Il Manifesto

  Gerusalemme, 1 agosto 2013, Nena News - La partenza dell'Arca di Gaza è prevista nel giro di qualche settimana. O forse salperà ad ottobre, a un anno dall'ultimo tentativo effettuato da un'imbarcazione (la Estelle) della Freedom Flotilla di rompere il blocco navale che Israele attua davanti alle coste di Gaza. Per questo, incuranti del caldo e del digiuno che osservano durante il mese di Ramadan, i manovali palestinesi, con aiuto volontario di attivisti stranieri, stanno ultimando la riparazione e sistemazione dell'Arca, un ex pescherecchio lungo 24 metri, che dovrà trasportare verso l'Europa decine di passeggeri oltre a frutta, mobili, ricami e vari prodotti artigianali palestinesi. Video

Si potrebbe definire una missione della Freedom Flotilla al contrario. Dal 2008 a oggi sono stati effettuati diversi tentativi di raggiungere Gaza via mare, quasi tutti bloccati dalla Marina militare israeliana. In un'occasione, tre anni fa, la nave turca Mavi Marmara fu arrembata in acque internazionali da commando israeliani che aprirono il fuoco e uccisero nove passeggeri. Ora si pensa a un viaggio nell'altra direzione. L'Arca di Gaza dovrebbe prendere il largo con a bordo palestinesi esponenti della società civile, imprenditori locali e alcuni attivisti internazionali per denunciare il blocco navale e portare assieme alle merci il messaggio di tutta la popolazione della Striscia al resto del mondo.

Gli organizzatori sanno che difficilmente la Marina da guerra israeliana lascerà passare la barca. Il limite imposto a chi esce in mare da Gaza è di appena tre miglia nautiche. «Eppure l'Arca è una iniziativa pacifica, una nave civile che intende aprire il mare alla navigazione e al commercio palestinese. Questo è l'unico porto del Mediterraneo ad essere chiuso per un blocco», spiega Mahfouz Kabariti, a capo del progetto, ricordando l'embargo imposto da Israele che da ormai sette anni impedisce lo scambio di beni con la Striscia se non da un unico e controllato varco terrestre.

Kabariti sottolinea che la missione non ha un carattere umanitario. «Ha finalità commerciali oltre che politiche, vuole dimostrare al mondo che Gaza è una terra viva, operosa, che produce, che ha voglia di aprirsi al resto del mondo ma che viene tenuta sotto assedio dagli israeliani».

Lo svedese Charlie Andreasonn l'anno scorso era a bordo della Estelle, ora fa parte del progetto dell'Arca di Gaza. «Abbiamo mandato navi (a Gaza) per provare a rompere l'embargo - dice - questa volta facciamo al contrario e inviamo una barca da Gaza verso l'Europa, ai consumatori europei, con a bordo merci per far terminare questo assedio e mostrarne l'assurdità».

Il progetto ha ottenuto il sostegno di personalità mondiali, premi Nobel e anche di diversi israeliani. Tariq Ali, Desmod Tutu, Noam Chomsky, Shirin Ebadi, Mairead Maguire, la sopravvissuta all'Olocausto Hedy Epstein, Tawakkol Karman, Rigoberta Menchú, Miko Peled, John Pilger, il premio Pulitzer Alice Walker. Solo per citarne alcuni. A questi nomi si è aggiunto di recente quello della pediatra cubana Aleida Guevara, la figlia del «Che», che ha chiesto sostegno per l'Arca, per la Freedom Flotilla, e i palestinesi di Gaza.


Sino a oggi l'Arca ha raccolto 110 mila dei 150 mila dollari necessari per completare i lavori. Fondi necessari anche per pagare i manovali palestinesi, quasi tutti pescatori rimasti senza reddito a causa delle restrizioni israeliane alla pesca nelle acque di Gaza. Come Abu Ammar Bakr, che per 40 anni ha gettato le reti nelle acque del Mediterraneo orientale e che ora non è più in grado di sostenere la sua famiglia. «Lavorare all'Arca sta dando una mano a tante famiglie di pescatori - spiega - speriamo che la missione vada in porto così anche i contadini potranno cominciare a esportare i loro prodotti che Israele non fa uscire da Gaza».

Sogna di esportare i suoi oggetti artigianali anche Mohammed Abu Salmi, che lavora il legno. «I nostri manufatti - ricorda - ci venivano richiesti anche dall'Europa, poi nel 2007 (quando Hamas ha preso il potere a Gaza, ndr) gli israeliani hanno interrotto qualsiasi esportazione». Mona al Farra, vice presidente della Mezzaluna Rossa locale e membro del comitato organizzatore dell'Arca, riferisce che sono stati scelti i primi 13 passeggeri: alcuni attivisti francesi e canadesi e rappresentanti della Camera di Commercio di Gaza. Presto saliranno a bordo. Resta l'incognita della risposta di Israele. Nena News



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OGGI NUOVA MOBILITAZIONE CONTRO IL PIANO PRAWER

Sono previste manifestazioni nei Territori Occupati e in Israele contro il progetto di "trasferimento" di 40mila beduini palestinesi e la loro urbanizzazione forzata.

giovedì 1 agosto 2013 08:27






di Emma Mancini

  Roma, 1 agosto 2013, Nena News - La Palestina oggi torna in piazza contro il Piano Prawer. Dopo lo sciopero generale del 15 luglio e le manifestazioni a favore dei beduini del Negev, minacciati di trasferimento forzato dal governo israeliano, la rete palestinese ha chiamato di nuovo alla protesta.

Anche oggi sono previste manifestazioni sia nei Territori Occupati che in Israele contro il progetto di confisca di oltre 80mila ettari di terre, l'espulsione di 40mila beduini palestinesi e la loro urbanizzazione forzata, e la demolizione di 45 villaggi non riconosciuti dallo Stato di Israele.

Due settimane fa la protesta, che ha visto la partecipazione di migliaia di persone a Ramallah, Gerusalemme, Haifa, Gaza e Negev, si era conclusa con la repressione da parte delle forze israeliane, con decine di arrestati e feriti. Secondo gli organizzatori, quello di oggi sarà un evento ancora più imponente: "Decine di palestinesi sono stati feriti o arrestati durante le manifestazioni pacifiche del 15 luglio - si legge nel comunicato redatto dagli attivisti - Ma lo sciopero della rabbia è lontano dal fermarsi. Siamo determinati a proseguire con proteste quotidiane e ad attirare l'attenzione internazionale verso i nostri fratelli e sorelle beduini. Il Piano Prawer è la più grande campagna di pulizia etnica contro il popolo palestinese dal 1948 e le nuove generazioni non permetteranno che accada di nuovo".

Nei giorni scorsi peraltro si sono tenute manifestazioni contro il piano a Kafr Kanna, a Nord di Nazareth, e nei villaggi di Rayna e Tarshina, vicino Akka. Manifestazioni che giungono a pochi giorni dalla dura condanna espressa dall'alto commissario per i diritti umani delle Nazioni Unite, Navi Pillay: "In quanto cittadini israeliani, i beduini palestinesi hanno gli stessi diritti alla proprietà e ai servizi pubblici di tutti gli altri. Il governo deve riconoscere e rispettare i diritti delle comunità beduine, compreso il riconoscimento della proprietà delle terre. Israele è colpevole dell'implementazione di una politica discriminatoria di trasferimento forzato".

"Se il disegno di legge sarà approvato - ha proseguito la Pillay - porterà alla demolizione di intere comunità beduine, forzandole a lasciare le loro case e a distruggere il loro tradizionale stile di vita. Il rispetto dei diritti delle minoranze è un elemento fondamentale di una democrazia".

A luglio la Knesset, il Parlamento israeliano ha dato il primo via libera al Piano Prawer che ha come obiettivo ultimo la distruzione di 45 villaggi beduini non riconosciuti dallo Stato e il trasferimento della popolazione residente in "township", città costruire ad hoc dal governo. Il progetto prevede un complesso sistema di rimborsi, confisca di terre e trasferimenti forzati. Il timore delle comunità beduine è che a breve le autorità israeliane ricevano l'ok definitivo e procedano agli sgomberi. Secondo quanto previsto dal piano, 40mila beduini che saranno cacciati dai loro villaggi "non riconosciuti" (e quindi privati finora di ogni tipo di servizio pubblico, acqua, elettricità, scuole, fognature) riceveranno in cambio dei risarcimenti risibili.

Ma a spaventare di più la popolazione beduina è il fondato timore di perdere il tradizionale stile di vita, una quotidianità semplice e fatta di contatto diretto con la natura. Al contrario, finiranno in città totalmente gestite dalle autorità israeliane dove dovranno rinunciare alle greggi e alla terra. Una conseguenza visibile nelle sette "township" che Tel Aviv ha già costruito e dove vivono 135mila beduini: il tasso di disoccupazione è alle stelle, mentre il tasso di educazione scolastica è dieci volte più basso della media israeliana. Nena News




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