“L’autunno
caldo”
E’ passato alla storia come
“l’autunno caldo,” la più
grande azione collettiva della storia
della Repubblica, un periodo di
straordinario fermento sociale che va dal
1968 al 1973, attraverso il quale
l’organizzazione della società
italiana fu messa in discussione a tutti
i livelli. Il disagio della condizione
studentesca e operaia si trasformò in
speranza e nell’aspirazione di
compiere una trasformazione
rivoluzionaria nella politica e nella
società. L’attenzione era rivolta,
assi più che nel passato, alla
necessità di una questione sociale e
alle formule di una comunità di base
fondata su un forte senso di
collettività e solidarietà.
Nell’Italia del miracolo economico,
consumismo e individualismo erano
considerati valori tutt’altro che
positivi, la lotta ai pregiudizi di
classe trovarono terreno fertile.
(Ginsborg).
Furono anni di grandi conquiste per la
società italiana. A livello
internazionale erano gli anni della
ripresa del pensiero marxista, delle
lezioni affollate di Marcuse, del Black
Power, della Guerra del Vietnam, del
napalm, degli ideali di Mao e poi,
soprattutto, la morte di Che Guevara in
Bolivia. Anche in Italia era maturo il
movimento per iniziare una
“rivoluzione culturale”,
l’obiettivo era quello di andare
verso il popolo per realizzare un grande
mutamento sociale. Era il periodo della
debolezza dei sindacati nelle fabbriche,
dei picchettaggi, delle lotte alla
Pirelli di Milano, del salario come
“variabile indipendente.” Anni
di conquista, del movimento operaio, del
miglioramento delle condizioni di lavoro,
del diritto di assemblea nell’orario
di lavoro, dei consigli di fabbrica,
delle lotte per la casa, delle conquiste
della sanità, delle pensioni, del
femminismo, della legge sul divorzio e
dell’approvazione dello statuto dei
lavoratori, della nascita di Magistratura
Democratica e della Triplice sindacale.
Ma furono anche gli anni dello
spostamento a destra, degli scontri con
la polizia, dell’inizio della
“strategia della tensione”,
della “risposta”
all’autunno caldo, la stessa
impiegata con successo dai Colonnelli in
Grecia, riproposta ad opera di
neofascisti e di servizi deviati.
Dall’esperienza del ’68 molti
gruppi si sciolsero altri ne confluirono
in altri ancora, un 20 ottobre del 1970
le Brigate Rosse annunciarono la loro
costituzione. Molta mistificazione si fa
di quegli anni confondendo le conquiste
con gli “anni di piombo” che è
esattamente il periodo immediatamente
successivo, un misto di stragi terrorismo
neofascista e brigatismo; “la notte
della Repubblica” come l’ha
definito lo scrittore Sergio Zavoli che
nulla ha a che vedere con l’epoca
dell’azione collettiva
dell’autunno caldo. Stragi
certamente “contro” anche se
non si sa esattamente contro chi e contro
che cosa: questo è il mistero tuttora
irrisolto che accompagna questo periodo.
Adelchi,
memoria del presente
“Lamezia non era
distante da tutto questo…fino a
diventare uno dei punti di riferimento
per l’intera regione. Sono anni in
cui personaggi legati al neofascismo
organizzano nella nostra regione summit
con esponenti della ‘ndrangheta e
dei servizi’deviati.’ (Rimini)
I camerati di Junio Valerio Borghese e
quelli di S. d. C.
(trent’anni dopo quest’ultimo
vive e lavora proprio a Lamezia Terme)
fanno proselitismo e attività
sovversive. (Leporace)
…vengono rinvenuti un arsenale e i
resti di un campo paramilitare fascista e
una bomba, sul tratto ferroviario tra
Sambiase e Nicastro. (R)
Il “Giornale di Calabria” ha
riproposto all’attenzione pubblica
la bomba esplosa nell’atrio del
Palazzo della Provincia di Catanzaro la
notte tra il 3 e 4 febbraio 1971, ad
opera – si disse allora - di un
commando (neofascista)
di Lametia Terme, poche ore prima
dell’esplosione che uccise (l’operaio
socialista)
Malacaria. (Malvedi)
In questo contesto matura la morte di
Argada. Adelchi che nell’omonima
tragedia manzoniana è il figlio di
Desiderio, re dei Longobardi, l’eroe
che preferisce battersi fino in fondo
fedele al suo dovere. Il desiderio di
Argada, come tanti giovani rivoluzionari
di quel periodo, era quello di battersi
per una società più giusta fondata su
un forte senso di collettività e
solidarietà. Anche Adelchi Argada si
batterà fino in fondo, senza tirarsi
indietro, per i valori in cui credeva.
Milita in un gruppo extraparlamentare di
estrema sinistra che a Lamezia prende il
nome di Fronte Popolare Comunista
Rivoluzionario FPCR, un gruppo di lotta
sociale, impegno politico e valori
antifascisti.
Lamezia era la città delle scuole
occupate, dei circoli culturali, dei
collettivi femministi, insomma della
sinistra molto a sinistra e del vecchio
PCI.
Era anche però la Lamezia democristiana
e perbenista, del campanile agitato nelle
lotte per l’università, della SIR e
delle sue promesse mancate di sviluppo,
la Lamezia dei fascisti catalizzatori e
simbolo dell’intolleranza e
dell’odio verso chi come Adelchi
esprimeva una volontà di riscatto, uno
sguardo generoso e aperto nei confronti
del mondo. (Tavella)
La sera di sabato 19 ottobre, Sergio
Adelchi Argada aveva assistito allo
spettacolo che il “Canzoniere
Popolare Calabrese” di Cosenza aveva
dato nella piazza del Municipio verso le
19. Assieme ad altri giovani del suo
gruppo formava il pubblico che
accompagnava con la voce i canti popolari
della resistenza. (M)
Una mattina mi son svegliato…
20 ottobre1974, Lametia Terme
Quella mattina, di fronte al Comune a
Lamezia, c’era stata una
manifestazione nell’ambito del
Festival Provinciale dell’Avanti.
Nella notte scritte fasciste ingiuriose
sui muri avevano provocato tensione tra
gli opposti estremismi, "avevano
avuto parole" - fino ad arrivare
alle mani, spinte, minacce: la questione
era destinata, purtroppo, a non finire
li.
Alle 15.30 Adelchi in compagnia del
fratello Otello e dei fratelli Morelli
tornano dallo stadio quando incrociano
cinque camerati. (L)
Spari, molti spari, si udirono provenire
dalla zona dietro la Madonnina, a lato
della Chiesa di San Domenico.
“Hanno ammazzato Argada” fu la
voce che correva velocemente per le vie
di Lamezia, da Corso Numistrano poi su
per il centro storico, fino ad echeggiare
stridula e struggente per tutta la piana
lametina in quella, apparente, tranquilla
domenica d’autunno.
Si è appreso che i colpi sparati contro
il morto ed i feriti sono stati 14 …
Le pistole che li hanno esplosi …
sono due: una di O.P.,
l’altra di M.d.F.. Sembra
confermato che il primo a sparare sia
stato P.. Egli avrebbe sparato
contro Giovanni Morello che gli si era
avvicinato per chiedergli i motivi per i
quali domenica mattina P. stesso
avrebbe picchiato un suo fratello di 14
anni.
P., invece di rispondere, ha
esploso un proiettile che ha ferito alla
coscia Morello.
E, in questa fase, per proteggere il
ferito dall’aggressione neofascista,
che sarebbe intervenuto Adelchi Argada,
giovane generoso e pieno di coraggio. Ma
le pistole hanno continuato a sparare e
Adelchi è stato colpito una prima volta
al ventre, mentre cadeva a terra, con
cinismo inaudito, i fascisti lo hanno
finito. Sul suo corpo sarebbero stati
accertati quattro fori di proiettile, due
ritenuti e a due fuoriusciti, e uno dei
quali - il secondo - è stato quello
mortale avendo attraversato il cuore.
(Saccà)
Il rifiuto, per il vile gesto, fu
immediato, P. scappa, d. F.
fu assalito dalla folla, salvato
dall’intervento dei Vigili Urbani,
la sede dell’MSI bruciata.
Chi sono? Uno, M. d. F., è
studente universitario a Firenze, figlio
di famiglia che intrattiene rapporti con
fascisti del posto e della città in cui
frequenta la facoltà di legge. …
L’altro, O. P., è iscritto
al MSI della cui organizzazione giovanile
lametina è stato segretario per un paio
di anni. (M)
Al processo, spostato a Napoli per motivi
di ordine pubblico, riconosciute le
attenuanti generiche, furono condannati
rispettivamente a 15 e 8 anni di
reclusione.
La reazione che suscitò in città la
morte di Adelchi fu dapprima di generale
incredulità, certo il clima di quegli
anni a Lamezia era si di lotta, ma di
‘lotta politica’, nessuno mai
avrebbe pensato che si potesse arrivare
all’omicidio, poi commozione e
pianto, soprattutto per le persone che
avevano avuto modo di conoscere il
ragazzo. Ci fu una partecipazione enorme
della città ai funerali, come grande fu
la partecipazione da ogni parte della
regione, arrivarono anche da fuori.
L’Italia rossa guardò a Lamezia per
la morte di un compagno che incarnava
quelle qualità che non tutti i militanti
rivoluzionari possedevano. (L)
22 ottobre 1974
Studenti, operai, militanti ed anche
rappresentanze istituzionali. Ci fu il
Presidente della Giunta regionale Aldo
Ferrara e Francesco Caruso per la
Federazione CGIL. Una folla immensa, più
di trentamila persone, di tutte le
estrazioni sociali, si era riversata,
dopo due giorni di lungo lutto, su Corso
Numistrano. La gente già dalla prima
mattina a fare la fila, in processione di
fronte alla bara, di fronte alla mamma
piangente, ai fratelli disperati, ai
familiari e agli affetti lasciati,
distrutti dal dolore, a manifestare
solidarietà e cordoglio. Stretta attorno
al Palazzo Municipale la casa lametina e
la città oggi piange il suo figlio,
figlio del suo popolo: Adelchi Sergio
Argada, figlio del Sud, costretto ad
emigrare negli anni della sua
‘meglio gioventù’.
Un ragazzo di vent’anni. Un
proletario ucciso dai fascisti. Da
ragazzo la mattina va a scuola, il
pomeriggio in segheria per aiutare la
famiglia. (L)
Proprio il giorno del suo funerale,
martedì 22 ottobre, il giovane compagno,
operaio edile lametino, sarebbe dovuto
partire per Modena e lavorare in un
cantiere di quella città come altre
migliaia di calabresi emigrati. (M)
Argada è il frutto di un Sud
sottosviluppato, clientelare, familista e
notabil-politico, incarna
l’archetipo dell’operaio di
massa e il luogo comune, diffuso nella
letteratura marxista, della connessione
tra emigrazione e proletarizzazione. Ma
nel meridione l’utopia si scontrerà
con una realtà di sradicamento,
stravolgimento sociale e pervasività
mafiosa.
Nella Cattedrale dei S.S. Pietro e Paolo,
di Papa Marcello II e Innocenzo IX, il
rito funebre celebrato dal Vescovo della
città Mons. Ferdinando Palatucci. A
lato, davanti al Palazzo di Città,
c’è ancora il palco messo su per il
Festival dell’Avanti, sarà luogo da
dove si terranno le orazioni funebri. A
chiudere gli interventi è lo
…studente di sinistra Jovine il
quale ha detto: “Conoscevamo Adelchi
Argada come uno dei nostri migliori
militanti, sempre schierato dalla parte
degli oppressi. Bisogna capire perché è
morto; era un operaio, uno dei tanti
giovani costretto ad una certa età a
lavorare perché per i proletari, per i
figli dei lavoratori non esistono privilegi
che sono di altri. Argada ha
fatto una scelta, si è messo dalla parte
di chi vuole una società diversa, non a
parole, in cui lo sfruttamento sia
abolito e il fascismo non possa trovare
spazio…” (M)
Infine il corteo ha accompagnato la bara
lungo le vie della città, fino al
cimitero. Di fronte al luogo del delitto
il feretro, portato a spalle dei giovani
compagni del morto, si e fermato.---------Migliaia
di braccia alzate a pugno chiuso hanno
reso omaggio in silenzio. (S)
Nel punto in cui il giovane è caduto
colpito a morte, c’è una scritta:
«Qui è stato assassinato il compagno
Argada». Sul muro una gigantografia ne
mostra il volto aperto, leale, di
lavoratore … (S)
Il cronista locale sostiene la tesi della
legittima difesa e non è tenero con la
figura dell’ucciso. (L)
Un giornale, di “certa stampa
siciliana” molto vicina ad ambienti
neofascisti (S) bruciato a in migliaia di
copie sulla piazza del delitto il giorno
dei funerali (M) dai giovani compagni di
Adelchi Argada. (S)
“Tutti devono morire, ma non tutte
le morti hanno eguale valore. La morte di
chi si sacrifica per gli interessi del
popolo ha più peso del Monte Taj”;
era scritto su un manifesto scritto a
mano ed affisso sul muro di un edificio
accanto al Municipio di Lametia. (M)
Memoria / non è peccato fin che
giova.
Dopo / è letargo di talpe, abiezione /
che funghisce su sé …
Eugenio MONTALE
Adelchi è uno dei morti della non
memoria, della memoria mancata…Tra
gli smemorati non vi sono solo
i semplici voltagabbana del personale
politico, di cui Lamezia abbonda…
Coltivare la memoria è compito di una
classe politica, disposta ad assumersi le
proprie responsabilità. Comprendere le
cause che hanno portato
all’assassinio di Adelchi …
significa abbandonare l’omertà
sulle pesanti condizioni di vita
in cui sono costretti tanti nostri
concittadini e i tanti migranti che la
abitano… quella di Adelchi, non è
una storia del passato…ma del
presente. (R)
A Milano, nel ’78, dopo quattro anni
di iniziative e lotte gli dedicano una
scuola. Istituto Tecnico per Geometri
“Adelchi Argada.”
Il 18 ottobre 1994, a Lamezia, nel corso
delle celebrazioni del ventennale, con
una lettera ex studenti ed ex professori
comunicano che, nel frattempo, una nuova
docenza aveva cambiato idea intitolando
l’istituto ad un ex sindaco di
Milano (che già dava il nome ad altre
quattro scuole milanesi) ma testimoniano
anche ai lametini che il ricordo di
Adelchi era ancora vivo, non conosceva
né distanze, né tempo. (E)
20 ottobre 1974. Una data che resta nella
storia di Lamezia e che alcuni compagni
di Aldelchi, come Luciano Rimini e Rosa
Tavella non hanno mai fatto disperdere.
(L)
…in difficoltà sui problemi
dell’oggi, impigliati in
contraddizioni dalle quali non abbiamo
saputo più districarci e che ci hanno
reso incapaci di comunicare, di vedere
oltre, di dare valore ai tanti
giovani e non
che vivono nelle pieghe di questa città.
(T)
Non ho mai conosciuto Adelchi Argada, e
questo oggi mi dispiace. Infatti se le
nostre strade si fossero incrociate, mi
avrebbe sicuramente arricchito -e non
poco- conoscerlo, frequentarlo,
confrontarmi con uno come lui. Con le sue
speranze dei vent’anni; la sua ansia
d’un futuro migliore; il suo impegno
per il riscatto di una terra -la sua- che
di speranze e riscatti non ne avrà mai
abbastanza, per quanto sono stati -troppo
spesso, e più o meno volutamente-
dimenticati, soffocati,
sottovalutati…
Stasera a mio figlio ho raccontato di
Adelchi. Di Adechi, che io non ho mai
conosciuto. Gli ho raccontato di come
un’intera città lo salutò, fino a
commuovere anche qualcuno che i
calli non li ha soltanto sui polpastrelli;
di come in tanti, in quei giorni e spero
anche dopo, lo abbiano onorato; di come,
davanti a lui per l’ultima volta, un
vescovo gridasse che la violenza é
davvero - l’arma arma dei
deboli”. Di come le indagini -una
volta tanto, perché non capita sempre-
abbiano avuto un corso sollecito e un
esito chiaro: tale da non lasciarci
l’angoscia del dubbio, o la rabbia
dell’insoluto. L’ho raccontato
a mio figlio, e mio figlio l’ha
capito. Adesso anche lui, conosce un
pochino Adelchi: perché è giusto,
perché quelli come lui nessuno deve
dimenticarli. Mai. (Isman)
Compagno Argada Presente,
DOVE SON FINITI
TUTTI?
Lamezia Terme, lì 20 ottobre 2005
FONTI
(R)
RIMINI Luciano, 2005, Il dovere di
avere memoria, ne “il
Lametino”, Anno II, n.34 p.37.
(L) LEPORACE Paride,
2004, Trent’anni fa a Lamezia,
ne “il Quotidiano” della
Calabria, p.44, 20 ottobre.
(T) TAVELLA Rosa, 1994,
Intervento all’assemblea pubblica al
Cinema Astra, doc., 20 ottobre.
(I) ISMAN Fabio, 1994,
Inviato de “Il Messaggero” a
Lamezia nei giorni successivi
l’assassinio, doc., 19 ottobre.
(E) Ex studenti e
docenti, 1994, “La scuola
dedicata ad Adelchi Argada a Milano",
lettera, 18 ottobre.
(P) GINSBORG Paul, 1989,
Storia d’Italia dal dopoguerra a
oggi, Società e politica 1943-1988,
Einaudi, Torino.
(M) MALVEDI Giorgio,
1974, Uno, due, molti assassini,
in “Calabria Oggi”, 31 ottobre.
(S) SACCA’ Mario,
1974, Una folla immensa (30.000) ai
funerali del giovane assassinato dai
fascisti di Lamezia Terme, ne
“l’Avanti”, 23 ottobre.
Tutti i fatti, personaggi luoghi e
circostanze riportate nel presente
scritto si basano esclusivamente sulle
fonti citate. Alcuni nomi puntati per
scelta, nella fonte sono riportati per
esteso. Un particolare ringraziamento a
tutti coloro che direttamente o
indirettamente con documenti, immagini e
suggerimenti hanno contribuito alla
realizzazione, come Luciano Rimini,
segretario di Rifondazione Comunista,
circolo "Adelchi Argada," di
Lamezia Terme.