Perchè questo nome:

Credo che la verità vada urlata contro ogni indifferenza mediatica e delle coscienze. Perciò questo è uno spazio di controinformazione su tutto ciò che riguarda le lotte sociali. Questo blog è antisionista perchè antifascista. Informatevi per comprendere realmente e per resistere.

Donatella Quattrone


sabato 20 ottobre 2012

Cesare Pardini







Fonte: Tratto da "Il Sovversivo", di Corrado Stajano ed. BFS 2002. Le parti in corsivo sono tratte direttamente dall'autore.

Pisa, 1969. Ottobre è un mese di violenze fasciste e di risposte antifasciste.
Il 21, fascisti italiani e greci legati al regime dei colonnelli aggrediscono davanti alla facoltà di lingue alcuni studenti democratici. Proprio quel giorni Pino Rauti e Stefano delle Chiaie, in una villa del Pisano, si incontrano con Costantino Plevris, agente del servizio segreto greco, KYP, responsabile dei gruppi fascisti in Europa.
Pochi giorni dopo i missini aggrediscono due giovani democratici e si rifugiano poi nella sede del MSI. C'è una reazione immediata di un migliaio di manifestanti, che vengono caricati dalla polizia.
Lunedì 27 i sindacati hanno proclamato lo sciopero generale, appoggiati dai partiti esclusa la DC e ovviamente l'MSI. Si svolge una manifestazione unitaria di circa 10.000 persone, senza incidenti. Dopo il breve comizio del sindaco socialista, Fausta Cecchini, "mentre i dimostranti se ne vanno, un gruppetto di Potere Operaio cerca di forzare il blocco della polizia attestata in difesa della sede del MSI, in via San Martino. La polizia carica. Il sindaco e altri testimoni assistono dal palazzo comunale alle aggressioni poliziesche. I feriti sono centinaia. Sul lungarno Gambacorta, vicino alla spalletta dell'Arno - a pochi passi dal luogo dove sarà colpito 3 anni dopo Serantini - un candelotto colpisce a morte un giovane di ventidue anni, CESARE PARDINI. Aveva preso parte alla manifestazione antifascista, senza partecipare agli scontri che l'hanno seguita": sta semplicemente tornando a casa con un amico.
Secondo la questura è morto d'infarto: l'autopsia rivela che Pardini ha una costola spezzata e che è morto dieci minuti dopo "un trauma contusivo alla regione cardiaca".

Tratto da:


Adelchi Argada

 



“L’autunno caldo”

E’ passato alla storia come “l’autunno caldo,” la più grande azione collettiva della storia della Repubblica, un periodo di straordinario fermento sociale che va dal 1968 al 1973, attraverso il quale l’organizzazione della società italiana fu messa in discussione a tutti i livelli. Il disagio della condizione studentesca e operaia si trasformò in speranza e nell’aspirazione di compiere una trasformazione rivoluzionaria nella politica e nella società. L’attenzione era rivolta, assi più che nel passato, alla necessità di una questione sociale e alle formule di una comunità di base fondata su un forte senso di collettività e solidarietà. Nell’Italia del miracolo economico, consumismo e individualismo erano considerati valori tutt’altro che positivi, la lotta ai pregiudizi di classe trovarono terreno fertile. (Ginsborg).

Furono anni di grandi conquiste per la società italiana. A livello internazionale erano gli anni della ripresa del pensiero marxista, delle lezioni affollate di Marcuse, del Black Power, della Guerra del Vietnam, del napalm, degli ideali di Mao e poi, soprattutto, la morte di Che Guevara in Bolivia. Anche in Italia era maturo il movimento per iniziare una “rivoluzione culturale”, l’obiettivo era quello di andare verso il popolo per realizzare un grande mutamento sociale. Era il periodo della debolezza dei sindacati nelle fabbriche, dei picchettaggi, delle lotte alla Pirelli di Milano, del salario come “variabile indipendente.” Anni di conquista, del movimento operaio, del miglioramento delle condizioni di lavoro, del diritto di assemblea nell’orario di lavoro, dei consigli di fabbrica, delle lotte per la casa, delle conquiste della sanità, delle pensioni, del femminismo, della legge sul divorzio e dell’approvazione dello statuto dei lavoratori, della nascita di Magistratura Democratica e della Triplice sindacale.

Ma furono anche gli anni dello spostamento a destra, degli scontri con la polizia, dell’inizio della “strategia della tensione”, della “risposta” all’autunno caldo, la stessa impiegata con successo dai Colonnelli in Grecia, riproposta ad opera di neofascisti e di servizi deviati. Dall’esperienza del ’68 molti gruppi si sciolsero altri ne confluirono in altri ancora, un 20 ottobre del 1970 le Brigate Rosse annunciarono la loro costituzione. Molta mistificazione si fa di quegli anni confondendo le conquiste con gli “anni di piombo” che è esattamente il periodo immediatamente successivo, un misto di stragi terrorismo neofascista e brigatismo; “la notte della Repubblica” come l’ha definito lo scrittore Sergio Zavoli che nulla ha a che vedere con l’epoca dell’azione collettiva dell’autunno caldo. Stragi certamente “contro” anche se non si sa esattamente contro chi e contro che cosa: questo è il mistero tuttora irrisolto che accompagna questo periodo.  

  Adelchi, memoria del presente
 “Lamezia non era distante da tutto questo…fino a diventare uno dei punti di riferimento per l’intera regione. Sono anni in cui personaggi legati al neofascismo organizzano nella nostra regione summit con esponenti della ‘ndrangheta e dei servizi’deviati.’ (Rimini)

I camerati di Junio Valerio Borghese e quelli di S. d. C. (trent’anni dopo quest’ultimo vive e lavora proprio a Lamezia Terme) fanno proselitismo e attività sovversive. (Leporace)

…vengono rinvenuti un arsenale e i resti di un campo paramilitare fascista e una bomba, sul tratto ferroviario tra Sambiase e Nicastro. (R)

Il “Giornale di Calabria” ha riproposto all’attenzione pubblica la bomba esplosa nell’atrio del Palazzo della Provincia di Catanzaro la notte tra il 3 e 4 febbraio 1971, ad opera – si disse allora - di un commando (
neofascista) di Lametia Terme, poche ore prima dell’esplosione che uccise (l’operaio socialista) Malacaria. (Malvedi)

In questo contesto matura la morte di Argada. Adelchi che nell’omonima tragedia manzoniana è il figlio di Desiderio, re dei Longobardi, l’eroe che preferisce battersi fino in fondo fedele al suo dovere. Il desiderio di Argada, come tanti giovani rivoluzionari di quel periodo, era quello di battersi per una società più giusta fondata su un forte senso di collettività e solidarietà. Anche Adelchi Argada si batterà fino in fondo, senza tirarsi indietro, per i valori in cui credeva. Milita in un gruppo extraparlamentare di estrema sinistra che a Lamezia prende il nome di Fronte Popolare Comunista Rivoluzionario FPCR, un gruppo di lotta sociale, impegno politico e valori antifascisti.

Lamezia era la città delle scuole occupate, dei circoli culturali, dei collettivi femministi, insomma della sinistra molto a sinistra e del vecchio PCI.
Era anche però la Lamezia democristiana e perbenista, del campanile agitato nelle lotte per l’università, della SIR e delle sue promesse mancate di sviluppo, la Lamezia dei fascisti catalizzatori e simbolo dell’intolleranza e dell’odio verso chi come Adelchi esprimeva una volontà di riscatto, uno sguardo generoso e aperto nei confronti del mondo. (Tavella)

La sera di sabato 19 ottobre, Sergio Adelchi Argada aveva assistito allo spettacolo che il “Canzoniere Popolare Calabrese” di Cosenza aveva dato nella piazza del Municipio verso le 19. Assieme ad altri giovani del suo gruppo formava il pubblico che accompagnava con la voce i canti popolari della resistenza. (M)

Una mattina mi son svegliato…

20 ottobre1974, Lametia Terme

Quella mattina, di fronte al Comune a Lamezia, c’era stata una manifestazione nell’ambito del Festival Provinciale dell’Avanti. Nella notte scritte fasciste ingiuriose sui muri avevano provocato tensione tra gli opposti estremismi, "avevano avuto parole" - fino ad arrivare alle mani, spinte, minacce: la questione era destinata, purtroppo, a non finire li.

Alle 15.30 Adelchi in compagnia del fratello Otello e dei fratelli Morelli tornano dallo stadio quando incrociano cinque camerati. (L)

Spari, molti spari, si udirono provenire dalla zona dietro la Madonnina, a lato della Chiesa di San Domenico.
“Hanno ammazzato Argada” fu la voce che correva velocemente per le vie di Lamezia, da Corso Numistrano poi su per il centro storico, fino ad echeggiare stridula e struggente per tutta la piana lametina in quella, apparente, tranquilla domenica d’autunno.

Si è appreso che i colpi sparati contro il morto ed i feriti sono stati 14 … Le pistole che li hanno esplosi … sono due: una di O.P., l’altra di M.d.F.. Sembra confermato che il primo a sparare sia stato P.. Egli avrebbe sparato contro Giovanni Morello che gli si era avvicinato per chiedergli i motivi per i quali domenica mattina P. stesso avrebbe picchiato un suo fratello di 14 anni.
P., invece di rispondere, ha esploso un proiettile che ha ferito alla coscia Morello.
E, in questa fase, per proteggere il ferito dall’aggressione neofascista, che sarebbe intervenuto Adelchi Argada, giovane generoso e pieno di coraggio. Ma le pistole hanno continuato a sparare e Adelchi è stato colpito una prima volta al ventre, mentre cadeva a terra, con cinismo inaudito, i fascisti lo hanno finito. Sul suo corpo sarebbero stati accertati quattro fori di proiettile, due ritenuti e a due fuoriusciti, e uno dei quali - il secondo - è stato quello mortale avendo attraversato il cuore. (Saccà)

Il rifiuto, per il vile gesto, fu immediato, P. scappa, d. F. fu assalito dalla folla, salvato dall’intervento dei Vigili Urbani, la sede dell’MSI bruciata.

Chi sono? Uno, M. d. F., è studente universitario a Firenze, figlio di famiglia che intrattiene rapporti con fascisti del posto e della città in cui frequenta la facoltà di legge. … L’altro, O. P., è iscritto al MSI della cui organizzazione giovanile lametina è stato segretario per un paio di anni. (M)

Al processo, spostato a Napoli per motivi di ordine pubblico, riconosciute le attenuanti generiche, furono condannati rispettivamente a 15 e 8 anni di reclusione.

La reazione che suscitò in città la morte di Adelchi fu dapprima di generale incredulità, certo il clima di quegli anni a Lamezia era si di lotta, ma di ‘lotta politica’, nessuno mai avrebbe pensato che si potesse arrivare all’omicidio, poi commozione e pianto, soprattutto per le persone che avevano avuto modo di conoscere il ragazzo. Ci fu una partecipazione enorme della città ai funerali, come grande fu la partecipazione da ogni parte della regione, arrivarono anche da fuori.

L’Italia rossa guardò a Lamezia per la morte di un compagno che incarnava quelle qualità che non tutti i militanti rivoluzionari possedevano. (L)

22 ottobre 1974

Studenti, operai, militanti ed anche rappresentanze istituzionali. Ci fu il Presidente della Giunta regionale Aldo Ferrara e Francesco Caruso per la Federazione CGIL. Una folla immensa, più di trentamila persone, di tutte le estrazioni sociali, si era riversata, dopo due giorni di lungo lutto, su Corso Numistrano. La gente già dalla prima mattina a fare la fila, in processione di fronte alla bara, di fronte alla mamma piangente, ai fratelli disperati, ai familiari e agli affetti lasciati, distrutti dal dolore, a manifestare solidarietà e cordoglio. Stretta attorno al Palazzo Municipale la casa lametina e la città oggi piange il suo figlio, figlio del suo popolo: Adelchi Sergio Argada, figlio del Sud, costretto ad emigrare negli anni della sua ‘meglio gioventù’.

Un ragazzo di vent’anni. Un proletario ucciso dai fascisti. Da ragazzo la mattina va a scuola, il pomeriggio in segheria per aiutare la famiglia. (L)

Proprio il giorno del suo funerale, martedì 22 ottobre, il giovane compagno, operaio edile lametino, sarebbe dovuto partire per Modena e lavorare in un cantiere di quella città come altre migliaia di calabresi emigrati. (M)

Argada è il frutto di un Sud sottosviluppato, clientelare, familista e notabil-politico, incarna l’archetipo dell’operaio di massa e il luogo comune, diffuso nella letteratura marxista, della connessione tra emigrazione e proletarizzazione. Ma nel meridione l’utopia si scontrerà con una realtà di sradicamento, stravolgimento sociale e pervasività mafiosa.

Nella Cattedrale dei S.S. Pietro e Paolo, di Papa Marcello II e Innocenzo IX, il rito funebre celebrato dal Vescovo della città Mons. Ferdinando Palatucci. A lato, davanti al Palazzo di Città, c’è ancora il palco messo su per il Festival dell’Avanti, sarà luogo da dove si terranno le orazioni funebri. A chiudere gli interventi è lo

…studente di sinistra Jovine il quale ha detto: “Conoscevamo Adelchi Argada come uno dei nostri migliori militanti, sempre schierato dalla parte degli oppressi. Bisogna capire perché è morto; era un operaio, uno dei tanti giovani costretto ad una certa età a lavorare perché per i proletari, per i figli dei lavoratori non esistono privilegi che sono di altri. Argada ha fatto una scelta, si è messo dalla parte di chi vuole una società diversa, non a parole, in cui lo sfruttamento sia abolito e il fascismo non possa trovare spazio…” (M)

Infine il corteo ha accompagnato la bara lungo le vie della città, fino al cimitero. Di fronte al luogo del delitto il feretro, portato a spalle dei giovani compagni del morto, si e fermato.
---------Migliaia di braccia alzate a pugno chiuso hanno reso omaggio in silenzio. (S)

Nel punto in cui il giovane è caduto colpito a morte, c’è una scritta: «Qui è stato assassinato il compagno Argada». Sul muro una gigantografia ne mostra il volto aperto, leale, di lavoratore … (S)

Il cronista locale sostiene la tesi della legittima difesa e non è tenero con la figura dell’ucciso. (L)

Un giornale, di “certa stampa siciliana” molto vicina ad ambienti neofascisti (S) bruciato a in migliaia di copie sulla piazza del delitto il giorno dei funerali (M) dai giovani compagni di Adelchi Argada. (S)

“Tutti devono morire, ma non tutte le morti hanno eguale valore. La morte di chi si sacrifica per gli interessi del popolo ha più peso del Monte Taj”; era scritto su un manifesto scritto a mano ed affisso sul muro di un edificio accanto al Municipio di Lametia. (M)

Memoria / non è peccato fin che giova.
Dopo / è letargo di talpe, abiezione / che funghisce su sé …
Eugenio MONTALE

Adelchi è uno dei morti della non memoria, della memoria mancata…Tra gli smemorati non vi sono solo i semplici voltagabbana del personale politico, di cui Lamezia abbonda… Coltivare la memoria è compito di una classe politica, disposta ad assumersi le proprie responsabilità. Comprendere le cause che hanno portato all’assassinio di Adelchi … significa abbandonare l’omertà sulle pesanti condizioni di vita in cui sono costretti tanti nostri concittadini e i tanti migranti che la abitano… quella di Adelchi, non è una storia del passato…ma del presente. (R)

A Milano, nel ’78, dopo quattro anni di iniziative e lotte gli dedicano una scuola. Istituto Tecnico per Geometri “Adelchi Argada.”
Il 18 ottobre 1994, a Lamezia, nel corso delle celebrazioni del ventennale, con una lettera ex studenti ed ex professori comunicano che, nel frattempo, una nuova docenza aveva cambiato idea intitolando l’istituto ad un ex sindaco di Milano (che già dava il nome ad altre quattro scuole milanesi) ma testimoniano anche ai lametini che il ricordo di Adelchi era ancora vivo, non conosceva né distanze, né tempo. (E)

20 ottobre 1974. Una data che resta nella storia di Lamezia e che alcuni compagni di Aldelchi, come Luciano Rimini e Rosa Tavella non hanno mai fatto disperdere. (L)

…in difficoltà sui problemi dell’oggi, impigliati in contraddizioni dalle quali non abbiamo saputo più districarci e che ci hanno reso incapaci di comunicare, di vedere oltre, di dare valore ai tanti giovani e non che vivono nelle pieghe di questa città. (T)

Non ho mai conosciuto Adelchi Argada, e questo oggi mi dispiace. Infatti se le nostre strade si fossero incrociate, mi avrebbe sicuramente arricchito -e non poco- conoscerlo, frequentarlo, confrontarmi con uno come lui. Con le sue speranze dei vent’anni; la sua ansia d’un futuro migliore; il suo impegno per il riscatto di una terra -la sua- che di speranze e riscatti non ne avrà mai abbastanza, per quanto sono stati -troppo spesso, e più o meno volutamente- dimenticati, soffocati, sottovalutati…
Stasera a mio figlio ho raccontato di Adelchi. Di Adechi, che io non ho mai conosciuto. Gli ho raccontato di come un’intera città lo salutò, fino a commuovere anche qualcuno che i calli non li ha soltanto sui polpastrelli; di come in tanti, in quei giorni e spero anche dopo, lo abbiano onorato; di come, davanti a lui per l’ultima volta, un vescovo gridasse che la violenza é davvero - l’arma arma dei deboli”. Di come le indagini -una volta tanto, perché non capita sempre- abbiano avuto un corso sollecito e un esito chiaro: tale da non lasciarci l’angoscia del dubbio, o la rabbia dell’insoluto. L’ho raccontato a mio figlio, e mio figlio l’ha capito. Adesso anche lui, conosce un pochino Adelchi: perché è giusto, perché quelli come lui nessuno deve dimenticarli. Mai. (Isman)


 Compagno Argada Presente,
DOVE SON FINITI TUTTI?

 
Lamezia Terme, lì 20 ottobre 2005


 FONTI

 (R) RIMINI Luciano, 2005, Il dovere di avere memoria, ne “il Lametino”, Anno II, n.34 p.37.

 (L) LEPORACE Paride, 2004, Trent’anni fa a Lamezia, ne “il Quotidiano” della Calabria, p.44, 20 ottobre. 

 (T) TAVELLA Rosa, 1994, Intervento all’assemblea pubblica al Cinema Astra, doc., 20 ottobre.

 (I) ISMAN Fabio, 1994, Inviato de “Il Messaggero” a Lamezia nei giorni successivi l’assassinio, doc., 19 ottobre. 

 (E) Ex studenti e docenti, 1994, “La scuola dedicata ad Adelchi Argada a Milano", lettera, 18 ottobre. 

 (P) GINSBORG Paul, 1989, Storia d’Italia dal dopoguerra a oggi, Società e politica 1943-1988, Einaudi, Torino.

 (M) MALVEDI Giorgio, 1974, Uno, due, molti assassini, in “Calabria Oggi”, 31 ottobre.

 (S) SACCA’ Mario, 1974, Una folla immensa (30.000) ai funerali del giovane assassinato dai fascisti di Lamezia Terme, ne “l’Avanti”, 23 ottobre.


 Tutti i fatti, personaggi luoghi e circostanze riportate nel presente scritto si basano esclusivamente sulle fonti citate. Alcuni nomi puntati per scelta, nella fonte sono riportati per esteso. Un particolare ringraziamento a tutti coloro che direttamente o indirettamente con documenti, immagini e suggerimenti hanno contribuito alla realizzazione, come Luciano Rimini, segretario di Rifondazione Comunista, circolo "Adelchi Argada," di Lamezia Terme.