Fonte: https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiDNIWvZmBvVJ1482Fn5FF6tul-7u4qySc24A8WDOSWj4JYZRw3iQiwW4psM7xJZY3nWBQ4cZKC6SlCw1kyI4QHEXZEUiyfCNCYNI3odteSUIE3Elj7AS1V8gTlvOPdr57uS1Id5EggDt5e/s400/frapp01.
Dal blog http://frapportistefano.blogspot.it/
sabato 12 dicembre 2009
I FAMILIARI DI STEFANO CONTESTANO LA RICHIESTA DI ARCHIVIAZIONE DA PARTE DEL PROCURATORE DOTT. DE ANGELIS
Sin dall’inizio di questa
tragica vicenda noi abbiamo espresso pubblicamente la nostra dubbiosità
sull’operato della giustizia, ma in fondo un filo di speranza rimaneva
comunque.
Ora anche quel filo è
svanito.
Leggendo le motivazioni
con le quali è stata richiesta l’archiviazione al caso da parte del dott. De
Angelis ci sentiamo veramente delusi, sfiduciati, ma soprattutto offesi per
quello che ci è stato accreditato. Così scrive il procuratore: “le
considerazioni elencate nella memoria depositata nell’interesse dei fratelli di
Frapporti Stefano in cui per un verso si sostiene in punto di diritto
l’illegittimità dell’arresto e per altro verso, addirittura, si insinua, in
punto di fatto la commissione di gravi delitti ad opera dei carabinieri, con
allusioni che rasentano i limiti della calunnia”.
Riguardo a queste
considerazioni, ci teniamo a precisare che il nostro comportamento è stato
dall’inizio fin troppo corretto, ma rimane evidente che colpiti da un simile
dolore nessuno potrà mai vietarci di pensare, dubitare, porci delle domande e
di esprimere le nostre perplessità sui tanti lati oscuri che avvolgono questa
tragedia.
Per noi la vita ha un valore inestimabile e la morte lascia un grande
vuoto incolmabile.
Per questo motivo
riteniamo incomprensibile che il dott. De Angelis chieda l’archiviazione, senza
aver svolto alcuna indagine sulla parte iniziale di questa vicenda, ossia la
più importante: l’arresto di Stefano, sentendo almeno la versione dei testimoni
oculari che peraltro danno una versione, sull’operato dei carabinieri,
completamente diversa da quella che gli stessi hanno stilato nei verbali.
E’ invece documentato che
le uniche indagini sono state effettuate sull’operato delle guardie carcerarie.
Ed anche qui apprendiamo versioni che si contraddicono con quelle dichiarateci
verbalmente dalle stesse il giorno seguente l’accaduto.
Sarebbero ancora tante le domande senza
risposta e non certo di meno importanza ma per il momento ci sembra che
bastino…
I fratelli: Ida, Marco e Claudio
Fonte:
sabato 5 settembre 2009
Giustizia:
morte in carcere di un incensurato, nessuno ne parla
Stefano
Frapporti era un muratore di 48 anni di Rovereto. È morto circa un mese fa, nel
carcere di quella città, suicidatosi tramite impiccagione con il cordino elastico
del pantalone di una tuta. Era stato fermato, al ritorno dal lavoro, da due
agenti in borghese con il pretesto di una sua infrazione in bicicletta; pare
che i due, invero, stessero indagando sul presunto spaccio di hashish in un bar
lì vicino.Frapporti, perquisito senza esito, avrebbe confessato spontaneamente
di detenere nella sua abitazione una certa quantità della stessa sostanza; e
dunque sarebbe stato lì condotto, senza testimoni e, con tutta probabilità,
senza un mandato di perquisizione. La casa, poi, non sarebbe stata
"perquisita" dal momento che al mattino seguente non vi era segno
alcuno della ricerca che gli agenti vi avrebbero svolto, come se Frapporti
avesse indicato loro dove fossero i 99 grammi di hashish ritrovati.Egli avrebbe
firmato un modulo con cui rinunciava ad avvertire i suoi famigliari
dell’arresto; in seguito la sua richiesta di un contatto con sua sorella
sarebbe stata rifiutata a causa di quel brogliaccio. Alcuni poliziotti
penitenziari lo descrivono ancora tranquillo e pronto alla battuta alle 23.30,
l’ora in cui avrebbe fatto ingresso in cella. Poco dopo veniva rinvenuto
cadavere. I familiari, avvertiti il giorno seguente, hanno potuto vedere il suo
corpo solo 48 ore dopo.Di questa storia si sono occupate le "solite"
testate giornalistiche e i "soliti" ambienti: ovvero è stata
raccontata nel mondo antiproibizionista e tra chi si occupa di carcere. Questa
storia, che pure ha suscitato molta emozione tra i concittadini del Frapporti,
è rimbalzata in questo microcosmo e non più oltre: ovvero non la conosce quasi
nessuno.Non è la prima volta che ci occupiamo di morti in carcere avvenute in
circostanze poco chiare. Ma questa vicenda chiama in causa, ancor prima, una
legge (la Fini-Giovanardi) irrazionale e criminogena, ottusa e crudele, che
finisce col penalizzare indiscriminatamente comportamenti diversi, assimilando
consumo e spaccio.E chiama in causa, poi, una amministrazione penitenziaria
sempre più incapace di custodire in sicurezza i detenuti, specie chi varca la
soglia del carcere per la prima volta (è qui che è maggiore la percentuale dei
suicidi). Infine. Se la ricostruzione dei fatti fosse davvero quella indicata
all’inizio di questo articolo, chiediamo: qualcuno è in grado di motivarne la
totale assurdità? Perché in assenza di una spiegazione diversa, il dubbio di un
carcere incapace di garantire l’incolumità di quanti vi sono reclusi, senza
tutela e senza diritti, si fa sempre più incalzante. E temibile.
di Luigi
Manconi e Andrea Boraschi
L’Unità, 4
settembre 2009
Fonte: