Perchè questo nome:

Credo che la verità vada urlata contro ogni indifferenza mediatica e delle coscienze. Perciò questo è uno spazio di controinformazione su tutto ciò che riguarda le lotte sociali. Questo blog è antisionista perchè antifascista. Informatevi per comprendere realmente e per resistere.

Donatella Quattrone


domenica 29 luglio 2012

CONTRO IL CARCERE PER L'AMNISTIA

 
Lettera di Fagiolino da Rebibbia. In decine e decine di carceri i detenuti e le detenute protestano per riconquistare la libertà. Urlano AMNISTIA! Indulto, Misure alternative, qualunque cosa li faccia uscire dal carcere. A questo problema di base si aggiungono i problemi locali: l'acqua che manca, le docce che non funzionano, il vitto immangiabile, i generi del "sopravvitto" dai prezzi troppo alti, e tanto altro. Le proteste si articolano con battiture delle sbarre più volte al giorno, con scioperi del vitto (sciopero del carrelllo), fino a veri scioperi della fame. E' necessario che il movimento sia al loro fianco per comunicare alla società questa lotta che i media silenziano, per imporre al governo provvedimenti urgenti necessari a far uscire dal carcere molti detenuti e attenuare il sovraffollamento.

Fonte:

giovedì 19 luglio 2012

Liberati Rossella Urru e i suoi collaboratori

Le prime immagini di Rossella Urru (al centro) dopo la liberazione. Con lei anche i due cooperanti Enric Gonyalons e Ainhoa Fernandez Rincon subito dopo l'arrivo all'aeroporto di Ouagadougou, in Burkina Faso, da dove ripartiranno alla volta dell'Europa

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Fonte:

http://www.cadoinpiedi.it/2012/07/19/le_prime_immagini_di_rossella_urru_dopo_la_liberazione_-_foto.html

venerdì 13 luglio 2012

G8, CONDANNATI I MANIFESTANTI DI GENOVA


La Cassazione riduce di poco le pene, ma conferma le accuse di devastazione e saccheggio per il G8 del 2001.

 
venerdì 13 luglio 2012 21:02


 

di Checchino Antonini

Prendere a calci un vetro già andato in frantumi è più grave di uccidere un diciottenne che torna a casa senza commettere alcun reato. Solo ritocchi dalla Cassazione alle sentenze genovesi per i dieci manifestanti scelti a casaccio tra i trecentomila che contestarono il G8 del 2001. Al di là del maquillage resta - agghiacciante - la condanna a un secolo di galera complessivo per devastazione e saccheggio, reati gravissimi pensati da quel Rocco che scrisse per il duce un codice di leggi di polizia negli anni '30 ancora in voga nei palazzi di giustizia italiani.

Occhi rossi nell'aula del secondo piano del Palazzaccio, sede della Cassazione, quando il presidente della Prima sezione sciorina il dispositivo della sentenza definitiva per uno dei tre grandi processi scaturiti da quelle tre giornate genovesi del luglio di undici anni fa. Nello stesso contesto, solo otto giorni prima, era stata pronunciata una sentenza di segno opposto contro i vertici della polizia di stato e alcuni agenti colpevoli a vario titolo del massacro di 92 cittadini europei alla scuola Diaz e del loro arresto illegittimo.

Stavolta, invece, la corte ha pressoché assecondato le richieste del procuratore generale. Ha solo reso più miti 8 condanne ad altrettanti manifestanti rigettando in toto i ricorsi di altri due. Dopo tre ore di camera di consiglio, infatti, ha annullato con rinvio la sentenza della Corte d'Appello di Genova del 9 ottobre 2010 limitatamente alla mancata concessione delle attenuanti generiche nei confronti di Carlo Arculeo (in appello 8 anni), per Carlo Cuccomarino (8 anni) per Antonino Valguarnera (8 anni).

La Suprema Corte ha inoltre annullato senza rinvio limitatamente al reato di detenzione di bottiglie incendiarie nei confronti di Luca Finotti (10 anni e 9 mesi in appello), Vincenzo Vecchi (13 anni); Marina Cugnaschi (12 anni e 3 mesi) e Francesco Puglisi (in appello 15 anni). Di conseguenza la Suprema Corte ha ridotto la pena per Puglisi a 14 anni e nei confronti degli altri 3 ha operato una riduzione delle pene pari a 9 mesi.

Una decisione che va a determinare le condanne di appello che due anni fa erano state pari ad un secolo per i 10 imputati. In pratica, per cinque persone verranno rideterminate le pene se il tribunale di Genova riconoscerà l'attenuante di aver agito suggestionati da una folla in tumulto. La pubblica accusa di piazza Cavour rappresentata da Piero Gaeta aveva chiesto, invece, di confermare completamente la sentenza di secondo grado, nella convinzione che, «durante il G8 di Genova fu messa in discussione, dal profondo devastamento subito dalla città, la vita pacifica dei genovesi».

«Ma l'ordine pubblico - e tantomeno il vivere sociale dei genovesi non è stato assolutamente violato», spiega a Globalist Simonetta Crisci, una dei difensiori dei manifestanti citando la memoria di Dario Rossi, genovese del legal forum, consegnata in appello per spiegare come la città fosse desertificata e l'ordine pubblico in balìa di quindicimila armati di ogni corpo che decisero dove agire e dove non farlo. Di genovesi nemmeno l'ombra. «Non ci furono scorribande ma solo un passaggio in spazi consentiti da quei 15mila - dice ancora Crisci - la devastazione implica che i danneggiamenti costituiscano un impedimento concreto, cosa che a Genova non avvenne».

Ma l'argomentazione non ha convinto chi avrebbe potuto smontare un teorema e, invece, s'è dimostrato «timido» di fronte a una sentenza piena di incoerenze e sena adeguate motivazioni a condanne pesantissime. Si apriranno le porte della galera per punire comportamenti simbolici e con largo uso di quel concetto di concorso morale che invece non è stato applicato a De Gennaro dalla Cassazione di fronte a prove ben più concrete di quelle a carico di persone che, senza mai conoscersi, hanno condiviso solo la presenza a Genova quel 20 luglio di undici anni fa.

«Lo stesso gesto - ricorda anche l'avvocato Francesco Romeo - per alcuni tra i dieci ha fruttato una condanna per altri non è stato considerato. Adesso cinque persone devono entrare in carcere e altre cinque devono rifare il processo per la rivalutazione delle attenuanti ma ingiustizia è fatta per la sproporzione abissale delle pene, per danni solo a cose, merci, edifici, rispetto ai funzionari e agenti della Polizia che, pochi giorni fa, hanno chiuso un percorso processuale per sevizie senza pagare alcun prezzo alla giustizia. Perchè le loro dimissioni dalla Polizia sono solo una sanzione amministrativa».
 
Fonte:
 
 
 

mercoledì 11 luglio 2012

MAHMOUD AS-SARSAK E' LIBERO



Gaza – InfoPal. Dopo 3 anni di detenzione in Israele, sotto lo status di combattente illegale, le autorità d’occupazione hanno liberato Mahmoud as-Sarsak, giocatore della nazionale di calcio palestinese.
As-Sarsak aveva sopportato uno sciopero della fame lungo più di tre mesi, 96 giorni per l’esattezza, e aveva segnato un triste record nella storia delle proteste per mezzo della privazione dell’alimentazione.


Il palestinese, 28 anni, risiede a Rafah (Gaza Sud). Il giorno dell’arresto avrebbe dovuto raggiungere la sua squadra nel campo profughi di Balata (Nablus). Al valico di Beit Hanoun (Erez) fu fermato dai soldati israeliani – era il 25 luglio 2009 -, e fu posto dapprima in detenzione amministrativa (senz’accusa e prorogabile ad oltranza, ndr) e poi sotto lo status di combattente illegale.
Il suo rilascio avviene in base a un’intesa raggiunta da as-Sarsak e le autorità carcerarie contro la fine dello sciopero.
Trasportato al valico di Erez, Mahmoud è stato accolto da migliaia di concittadini di Gaza. Ora si trova all’ospedale ash-Shifa, a Gaza.

 

Le parole della madre di Mahmoud, Umm al-’Abd: “Grazie a Dio per la pazienza e per questa vittoria. Sono orgogliosa di mio figlio per questa sfida, per la Palestina e per il suo ruolo nello sport palestinese. Egli ha onorato la sua famiglia, la nazione palestinese tutta e ci ha fatto più eroi liberi e dignitosi nella nostra lotta verso la vittoria e la liberazione”.

Fonte:

© "Agenzia stampa Infopal - www.infopal.it" 



domenica 8 luglio 2012

10x100: LE RAGIONI PER CUI GENOVA NON E' FINITA

A pochi giorni dalla sentenza di Cassazione per i dieci manifestanti del g8 di Genova ricordo qui la campagna "10x100":



10×100: le ragioni della campagna

http://www.10x100.it/


Qui altri siti sul g8, per non dimenticare:









Comitato Verità e giustizia per Genova:
 


La rivolta di Reggio Calabria


Di Fabio Cuzzola 


13 luglio 2008

Il tempo in provincia non ha peso. La storia, quella ufficiale, dei libri, delle celebrazioni, scorre altrove. L'orizzonte a Reggio sembra diventato un eterno presente, frutto di una vita ormai americanizzata nello stile e nei costumi; se non fosse per la "sacra pedata" ed il lungomare, la nostra città potrebbe essere uguale a quella di altre centinaia di piccole città di provincia, pronte a vedere la storia passargli davanti senza neanche accorgersene.
E stato così per il terremoto del 1908, che a pochi mesi dal suo centenario non ha ancora trovato un degno progetto memoria, e rischia di essere così per la storia della Rivolta, la cui vicinanza cronologica non deve ingannare sul rischio dell'oblio.
Mentre stavo svolgendo le mie ricerche, finalizzate alla pubblicazione di "Reggio 1970", ho condotto insieme a Lillo Pontari, un collega del Liceo Campanella che mi ha trasmesso l'amore per l'insegnamento, un laboratorio storico per capire cosa era rimasto nei giovani di quelle giornate reggine.
I risultati sono stati sconfortanti. Pochi giovani accostavano il 14 luglio alla nostra città, meno ancora avevano ancora sentito parlare di capoluogo o barricate, e le notizie erano confuse e frammentarie.
Tuttavia la colpa di questa memoria cancellata non è attribuibile ai giovani.
La nostra storia, intendo la storia locale, non ha mai trovato spazio nei programmi scolastici, se non nell'ardimento di qualche docente coraggioso nel rompere le assurdità di programmi datati regio decreto.
Gli studiosi della nostra Terra, ad esclusione dei grandi Cingari e Placanica, hanno trattato gli avvenimenti storici da ottiche localistiche, restringendole ad una cronologia evenemenziale, senza inquadrarle in un rapporto causa-effetto.
Anche il "nostro 14 luglio" non può pertanto essere solo una bega Reggio-Catanzaro, ma deve essere riletto con un triplice sguardo che vi propongo.
Uno sguardo meridionalista, ovvero capire che quella di Reggio, come sosteneva Fortunato Seminara, fu "la somma di collera antica", l'ultima occasione per risolvere una questione meridionale, che da quel momento in poi sparì dall'agenda politica nazionale.
Un secondo sguardo legato alla macrostoria. Reggio è stata un laboratorio per la destra eversiva nell'ambito della strategia della tensione, e questa non è un'invenzione romanzesca, ma testimonianza viva di migliaia di pagine di atti, processi, sentenze e deposizioni documentati dalla Commissione stragi e dalle operazioni Olimpia. Non fare i conti con questo approccio significa relegare la Rivolta ad esperienza da Via Pal e quindi consegnarla all'oblio richiudendola fra i confini dell'Annunziata e del Calopinace.
L'ultimo sguardo è quello delle vittime. Tutte! Da Labate fino a Malacaria, cittadino di Catanzaro ucciso durante una manifestazione contro la Rivolta nel febbraio del '71, come giustamente sottolineato dalla giunta Scopelliti in un ordine del giorno votato nel 2005 a difendere la memoria della Rivolta.
Tutte le vittime, comprese i cinque anarchici, i morti della strage di Gioia Tauro, tutte vittime senza giustizia.
Ripenso alla famiglia di Angelo Campanella, onesto lavoratore, ucciso mentre si riposa sulla veranda di casa, da un colpo di moschetto esploso da un carabiniere. [...]
A mio avviso, invece che litigare su nomi di vie o piazze, la giunta, il consiglio comunale dovrebbero sostenere questa lotta, dichiarandosi parte civile nel processo e patrocinare con i propri avvocati la causa di Angelo Campanella, perché la memoria non sia solo una corona posta in un angolo del rione Pescatori, ma storia viva di persone umili che in un caldo giorno di luglio decisero di fare la storia e non subirla. 

Note:


giovedì 5 luglio 2012

SENTENZA CORTE CASSAZIONE DIAZ IMPORTANTE MA INCOMPLETA E TARDIVA

Sentenza della Corte di Cassazione per i fatti della scuola Diaz: importante ma incompleta e tardiva secondo Amnesty International

 

 05/07/2012

Quella emessa oggi dalla Corte di Cassazione su quanto accaduto alla scuola Diaz di Genova nel luglio 2001 è, per Amnesty International, una sentenza importante, che finalmente e definitivamente, anche se molto tardi, riconosce che agenti e funzionari dello stato si resero colpevoli di gravi violazioni dei diritti umani di persone che avrebbero dovuto proteggere.

Tuttavia, Amnesty International ricorda che i fallimenti e le omissioni dello stato nel rendere pienamente giustizia alle vittime delle violenze del G8 di Genova sono di tale entità che queste condanne lasciano comunque l'amaro in bocca: arrivano tardi, con pene che non riflettono la gravità dei crimini accertati - e che in buona parte non verranno eseguite a causa della prescrizione - e a seguito di attività investigative difficili ed ostacolate da agenti e dirigenti di polizia che avrebbero dovuto sentire il dovere di contribuire all'accertamento di fatti tanto gravi. Soprattutto, queste condanne coinvolgono un numero molto piccolo di coloro che parteciparono alle violenze ed alle attività criminali volte a nascondere i reati compiuti.

Per Amnesty International, la conclusione di questo difficile processo non può rappresentare la fine del tentativo di dare piena giustizia alle vittime del G8 di Genova. Terminata la fase degli accertamenti delle responsabilità individuali, resta infatti tutta da fare un'analisi che porti a conclusioni condivise su cosa non funzionò a Genova nel 2001 a livello di sistema e su come fare in modo che ciò non si ripeta più.


Amnesty International continuerà a chiedere alle istituzioni italiane di:

· condannare pubblicamente le violazioni dei diritti umani commesse dalle forze di polizia 11 anni fa e fornire scuse alle vittime;

· impegnarsi ad assicurare che violazioni quali quelle accadute a Genova nel 2001 non si verifichino di nuovo attraverso l'attuazione di misure concrete per garantire l'accertamento delle responsabilità per tutte le violazioni dei diritti umani commesse dalle forze di polizia;

· introdurre nel codice penale il reato di tortura e adottare una definizione di tortura che includa tutte le caratteristiche descritte nell'articolo 1 della Convenzione Onu contro la tortura;

· creare un'Istituzione nazionale sui diritti umani in linea coi "Principi riguardanti lo statuto delle istituzioni nazionali" (Principi di Parigi);

· ratificare il Protocollo opzionale alla Convenzione Onu contro la tortura e istituire un meccanismo indipendente nazionale per prevenire torture e maltrattamenti;

· condurre una revisione approfondita delle disposizioni in vigore nelle operazioni di ordine pubblico, incluse quelle in materia di addestramento e dispiegamento delle forze di polizia impiegate nelle manifestazioni, di uso della forza e delle armi da fuoco e che tenga conto della necessità di introdurre elementi di identificazione individuale degli appartenenti alle forze di polizia nelle operazioni di ordine pubblico.



FINE DEL COMUNICATO                                                                                   Roma, 5 luglio 2012



Diaz: condanne confermate. Ma non paga nessuno


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Intervista a Lorenzo Guadagnucci, che quella notte si trovava alla Diaz:

http://video.sky.it/news/cronaca/condanne_diaz_intervista_a_lorenzo_guadagnucci/v127038.vid