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Donatella Quattrone


martedì 20 marzo 2012

L'omicidio di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin



Di Francesco "baro" Barilli
24 settembre 2003
(n.d.a.: l'articolo è precedente l'inizio dei lavori della Commissione parlamentare di inchiesta sulla morte di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin, presieduta dall'on. Taormina. I contenuti dell'articolo, conseguentemente, prescindono dalle conclusioni di tale Commissione).

20 marzo 1994. L'Italia sta vivendo ancora il "ciclone tangentopoli". Già da un paio d'anni le cronache denunciano un sistema "sotterraneo" (ma non troppo...) che inquina la vita politica ed economica italiana. Il Paese ha seguito quelle cronache con vivo interesse, scoprendosi indignato di fronte alla realtà di un apparato politco-burocratico che vive e prospera fuori dalla legalità. Ma quel giorno l'Italia è scossa da un altro avvenimento, solo apparentemente legato alla semplice cronaca nera: la giornalista del TG3 ILARIA ALPI e l'operatore MIRAN HROVATIN vengono uccisi a Mogadiscio, in Somalia.
Perché ho deciso di accostare due argomenti così distinti in apparenza, come tangentopoli ed il duplice omicidio di Mogadiscio? Perché in realtà anni di indagini e di ricerche (dovute soprattutto al coraggio dei genitori di Ilaria e alla professionalità di alcuni giornalisti) hanno dimostrato che l'omicidio Alpi/Hrovatin maturò in uno scenario sinistramente vicino a quello di tangentopoli. Ma su questo parallelo torneremo più avanti; per ora vediamo di ricostruire i fatti.

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L'AGGUATO

Già i primi "lanci" ANSA furono chiari su quanto avvenuto a Mogadiscio: un agguato in piena regola. Un commando di 7 persone armate a bordo di una Land Rover seguì, sorpassò e bloccò l'auto con a bordo i due giornalisti italiani (accompagnati da un uomo di scorta e da un autista). L'uomo di scorta e l'autista riuscirono a scendere e ad allontanarsi; Ilaria e Miran furono freddati da due colpi sparati a distanza ravvicinata (nel caso di Ilaria quasi a contatto), entrambi al capo. L'agguato avvenne poco distante dall'Hotel dove i due giornalisti erano diretti. Ricordiamo che proprio per quei giorni era previsto il ritorno in Patria del contingente italiano impegnato nella missione di pace "Restore Hope" in Somalia: da lì a pochi giorni anche la Alpi e Hrovatin avrebbero lasciato la Somalia.
Per una volta sembra che proprio la prima ricostruzione sia quella più aderente alla realtà e che, conseguentemente, la speranza di vedere individuati i colpevoli sia concreta: abbiamo un gruppo di uomini armati appostati nell'attesa dell'auto con i due giornalisti; un inseguimento; un'aggressione mirata (ripeto che le persone che accompagnavano i due giornalisti scendono illese); non esistono prove di furti o altro che sottendessero l'azione criminale; al momento dell'omicidio pressochè tutto il contingente militare italiano era già imbarcato sulla nave "Garibaldi" in vista del ritorno in Italia, ed anche questo fa pensare ad un'accuratezza nella scelta dei tempi dell'agguato. Si tratta di un'esecuzione in piena regola, insomma, eseguita con dispendio di uomini e mezzi... E ogni esecuzione ha, di norma, dei mandanti... Ma nonostante questa iniziale chiarezza la vicenda del duplice omicidio sarà destinata ad essere inquinata dalle solite "stranezze" tutte italiane, compresi i soliti tentativi di depistaggio, silenzi, errori ed omissioni.
Si arriverà alle ipotesi più disparate: un tentativo di rapimento o di rapina finito in tragedia; oppure un atto di ostilità anti-italiano (o anti occidentale) da parte di fondamentalisti islamici.
Un capitolo a parte lo merita la cosiddetta "ipotesi Aloi". Questa ipotesi rischia però di portarci fuori strada, allargando il discorso alle azioni non proprio edificanti di cui si rese protagonista il contingente militare italiano in Somalia. La affronterò quindi in seguito, nella parte in cui tenterò di ricostruire il contesto ambientale della Somalia di quegli anni.

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I DEPISTAGGI

Ma torniamo ora alle "stranezze" cui accennavo in precedenza... Queste cominciano subito dopo l'omicidio: il 22 marzo vengono consegnati ai genitori di Ilaria gli effetti personali della figlia, ma la borsa e la valigia di Ilaria non presentano tracce di sigilli, come avrebbe dovuto essere naturale. In quel momento i coniugi Alpi non possono avere la certezza che qualcosa sia stato prelevato da quei bagagli (o che qualcuno possa averli manipolati DOPO la loro sigillatura), ma già pochi giorni più tardi, consultando i colleghi di Ilaria che avevano ricomposto gli effetti personali, quella certezza si materializza: dei 5 block-notes stilati da Ilaria durante la permanenza in Somalia 3 sono spariti; così pure "spariscono" 2 fogli in cui la giornalista aveva annotato numeri telefonici, il referto medico e alcune foto delle salme scattate sulla "Garibaldi", e pure la macchina fotografica di Ilaria... E tutte queste sparizioni avvengono sull'aereo che riporta in Italia i corpi dei due giornalisti (quindi in un contesto che avrebbe dovuto garantire la massima discrezione e sicurezza). Alcuni di questi documenti non verranno mai rintracciati; altri verranno consegnati ai coniugi Alpi con mesi di ritardo, a volte adducendo scuse poco credibili (per usare un eufemismo) per la loro sparizione: è il caso dei due fogli contenenti i numeri telefonici, che vennero trattenuti dall'ambasciatore Umberto Plaja e restituiti all'allora Presidente della RAI Demattè con strascico (dopo altri mesi) di una lettera del ministro degli Esteri, Antonio Martino, che adduceva "motivi umanitari" che avrebbero portato alla decisione di trattenere momentaneamente quei documenti.
Ma questo è solo l'inizio...
Quante volte ho dovuto usare parole come quelle usate in precedenza (silenzi, errori ed omissioni), parlando di Ustica o della strage di Bologna, di Peppino Impastato come di Carlo Giuliani... Devo farlo anche stavolta, cominciando con il Gen. Carmine Fiore, il quale (probabilmente nel tentativo di difendere il comportamento proprio ed in generale del contingente italiano nell'immediatezza del fatto) giunse a fornire, in una lettera ai coniugi Alpi, una ricostruzione dell'evento non rispondente a verità e in contraddizione con il contenuto che lo stesso generale fornì allo Stato Maggiore dell'esercito con relazione del 1° giugno 94. La questione ebbe anche uno strascico spiacevole: Luciana Alpi contestò quelle falsità e quelle contraddizioni pubblicamente, ed il Gen. Fiore querelò la madre di Ilaria, generando così una situazione a dir poco paradossale: per molti mesi la sig.a Alpi divenne l'unica indagata (per diffamazione) in relazione all'omicidio della figlia, mentre ancora restavano senza un nome i protagonisti dell'omicidio. Per fortuna il tribunale decretò il "non luogo a procedere" in quanto il fatto non costituiva reato, riconoscendo esplicitamente la non correttezza delle affermazioni del gen. Fiore.
Ma l'inchiesta arriverà ad altre "stranezze". Si arriverà persino a parlare di un unico colpo vagante che avrebbe ucciso sia Hrovatin che Ilaria, con un'ipotesi che non aveva neppure il pregio dell'originalità (ricordate la teoria della pallottola impazzita nel caso Kennedy?) e soprattutto cozzava con una ricostruzione dei fatti che, per una volta, già nell'immediatezza dell'evento era apparsa chiaramente: un'esecuzione verso un bersaglio preciso e non una tragica fatalità; un'esecuzione per scopi magari ancora non del tutto chiari, ma pianificata ed eseguita con freddezza.