Perchè questo nome:

Credo che la verità vada urlata contro ogni indifferenza mediatica e delle coscienze. Perciò questo è uno spazio di controinformazione su tutto ciò che riguarda le lotte sociali. Questo blog è antisionista perchè antifascista. Informatevi per comprendere realmente e per resistere.

Donatella Quattrone


domenica 30 giugno 2013

BASE PLUTO SMONTATA: VICENZA LIBERA DALLE SERVITU' MILITARI


30 giugno 2013
 


300 operai dell’Altrocomune rimuovono tutta la recinzione del sito militare sotto i Colli Berici

Vicenza libera dalle servitù militari: non è un sogno, è una pratica. Quella messa in campo questo pomeriggio da 300 operai dell’Altrocomune che, con caschetto, pettorina e cesoia, si sono presentati alle due del pomeriggio di fronte a Site Pluto - l’installazione militare statunitense sotto i Colli Berici - smontandone completamente la recinzione.

IL VIDEO


All’interno i militari statunitensi non hanno potuto far altro che guardare e insultare; fuori, donne e uomini armati di semplici cesoie hanno lavorato per più di mezzora alla rimozione di centinaia di metri di reti e filo spinato, tra canti e cori.
Base Pluto è un retaggio della Guerra Fredda, con bunker atomici inaccessibili alle autorità italiane di cui gli statunitensi continuano a detenere il controllo. L’anno scorso avevano annunciato un progetto di ammodernamento del sito, ma, dopo le mobilitazioni, hanno deciso di congelarlo. Questo sito, insieme alle altre basi militari statunitensi, deve essere subito riconsegnato ai cittadini di Vicenza.

IL VIDEO DI GLOBALPROJECT




Alla vigilia dell’inaugurazione della nuova base Usa al Dal Molin, dunque, un’altra base militare viene aperta: ma non dalla fanfara militare chiamata a suonare l’arroganza dello scarpone militare sul territorio vicentino, bensì da 300 operai dell’Altrocomune che hanno smontato la base Usa Pluto inseguendo un sogno comune: quello di vedere Vicenza libera dalle servitù militari.
"Le mobilitazioni di questi anni - hanno ricordato i manifestanti al megafono - hanno impedito agli statunitensi di realizzare un aeroporto al Dal Molin, costringendoli a rinunciare a metà dell’area - oggi diventata il Parco della Pace - e realizzando, nell’altra metà, una cattedrale nel deserto. Mobilitarsi significa strappare, metro dopo metro, il territorio alle basi di guerra. E’ con queste premesse che si apre la campagna "Vicenza libera dalle servitù militari": le truppe Usa devono andarsene, a partire dalle basi che essi stessi dicono di non utilizzare".
L’iniziativa arriva alla vigilia dell’inaugurazione della nuova base Usa al Dal Molin, il prossimo 2 luglio: una cerimonia sotto tono dopo che, lo scorso 4 maggio, gli statunitensi hanno dovuto rinunciare ad aprire le porte della struttura militare alla città a causa della mobilitazione della comunità locale.
Per la stessa sera noi torneremo in piazza con una fiaccolata: non rincorreremo gli statunitensi nelle loro scadenze, ma costruiremo la nostra agenda di mobilitazioni, iniziata quest’oggi con l’apertura di site Pluto. Il prossimo 7 settembre, nel pieno del Festival NoDalMolin, torneremo in tanti intorno alle recinzioni del Dal Molin.



Fonte:

sabato 29 giugno 2013

EGITTO NEL CAOS, 7 I MORTI. USA PREOCCUPATI, DOMANI CORTEO ANTI MORSI

 29 giugno 2013 
 
Egitto nel caos, 7 i morti. Usa preoccupati, domani cortei anti Morsi © LaPresse
 
Washington (Usa), 29 giu. (LaPresse/AP) - Torna a infiammarsi l'Egitto. In vista della protesta nazionale contro Mohammed Morsi indetta dall'opposizione per domani, per le strade di diverse città si sono fronteggiati sostenitori e oppositori del presidente e molte sedi dei Fratelli musulmani sono state incendiate. Il bilancio degli scontri di questa settimana è di sette morti e almeno 85 feriti. Due delle vittime sono morte ieri ad Alessandria e una di loro è uno studente americano, che stava fotografando gli scontri in piazza Sidi Gabr. Domani ricorre l'anniversario dell'insediamento di Morsi alla presidenza e l'opposizione scenderà in piazza in tutto il Paese per chiederne le dimissioni, ma anche i sostenitori dei Fratelli musulmani scenderanno possibilmente in piazza. Intanto, mentre l'Egitto si prepara al peggio, gli Stati Uniti hanno diramato un avvertimento in cui invitano i cittadini americani a evitare i viaggi non essenziali in Egitto a causa della situazione di incertezza. Il dipartimento di Stato ha autorizzato "un numero limitato di membri dello staff diplomatico non essenziale" dell'ambasciata Usa al Cairo a lasciare l'Egitto insieme alle loro famiglie. E Obama dal Sudafrica ha fatto sentire la sua voce, dicendo che gli Usa sono preoccupati per le proteste in Egitto e stanno lavorando per proteggere l'ambasciata e i consolati Usa nel Paese.


L'EGITTO SI PREPARA ALLE PROTESTE DI DOMANI. L'opposizione intende portare nelle piazze domani milioni di persone contro Morsi. Ha fatto sapere infatti di avere raccolto 15 milioni di firme a favore delle dimissioni del presidente, cioè circa due milioni in più del numero di cittadini che ha eletto Morsi. Gli alleati del presidente, da parte loro, si sono detti pronti a difenderne il mandato anche "con il sangue" se necessario, dal momento che si tratta del primo presidente eletto liberamente. I cittadini, in un Paese che soffre già di blackout e carenza di carburanti, si stanno preparando al peggio facendo incetta di beni di prima necessità in modo da essere pronti nel caso in cui le manifestazioni dovessero degenerare e protrarsi a lungo. Vicino agli edifici chiave e ad alcune case sono state erette barricate e recinzioni e alcuni gruppi di cittadini si sono già organizzati per pattugliare i quartieri nel caso in cui si verifichino falle nella sicurezza. Al Cairo si prevede che le proteste si concentreranno nella zona del palazzo presidenziale, nel quartiere di Heliopolis. Già ieri gli oppositori si sono radunati davanti all'edificio, oltre che a piazza Tahrir, mentre i sostenitori si sono raccolti nella piazza antistante la moschea di Rabia el-Adawiya, non lontano dal palazzo.


GLI SCONTRI E LE VITTIME, MORTO UN GIOVANE AMERICANO. Violenti scontri si sono verificati ieri ad Alessandria, al Cairo e in diverse località del Delta del Nilo, a nord della capitale, come Samanod, Tanta e Bassioun. Ad Alessandria i disordini, con colpi d'arma da fuoco, sono scoppiati nei pressi della sede dei Fratelli musulmani, cui fa capo Morsi, la cui sede è stata incendiata dai manifestanti. Qui sono morte due persone, una delle quali è un cittadino statunitense, e i feriti sono almeno 85. Il dipartimento di Stato Usa ha identificato la vittima come il 21enne Andrew Pochter, uno studente originario Chevy Chase, in Maryland, che frequentava il Kenyon College di Gambier, in Ohio, e si trovava in Egitto per uno stage in una ong. A comunicare la sua identità è stata la portavoce del dipartimento di Stato, Marie Harf, che è intervenuta dal Medioriente dove si trova al seguito del segretario di Stato John Kerry.


OBAMA: PREOCCUPATI, PROTEGGERE AMBASCIATA USA. Dal Sudafrica, dove si trova in visita insieme alla moglie e le figlie, Barack Obama ha fatto sentire la sua voce. Gli Stati Uniti, ha detto, sono preoccupati per le proteste in Egitto e stanno lavorando per proteggere l'ambasciata e i consolati Usa nel Paese.


USA INVITANO AMERICANI A EVITARE VIAGGI IN EGITTO. L'amministrazione Obama ha lanciato nella notte un avviso ai cittadini americani chiedendo loro di evitare i viaggi non essenziali in Egitto a causa della situazione di incertezza nel Paese. L'avvertimento è stato diffuso poche ore dopo la notizia dell'uccisione del cittadino Usa ad Alessandria. Il dipartimento ha anche autorizzato "un numero limitato di membri dello staff diplomatico non essenziale" dell'ambasciata Usa al Cairo a lasciare l'Egitto insieme alle loro famiglie finché le condizioni non miglioreranno. Questo provvedimento non richiede a nessuno di partire, ma incoraggia il personale a farlo permettendo di muoversi a spese del governo.


© Copyright LaPresse

 http://www.lapresse.it/mondo/europa/egitto-nel-caos-7-i-morti-usa-preoccupati-domani-cortei-anti-morsi-1.355429

UN ALTRO MORTO E ALMENO DIECI FERITI NEGLI SCONTRI CON I MILITARI TURCHI

28.06.2013 Giornata ancora all'insegna degli scontri, ma in un'altra regione della Turchia.
A sud est, infatti, nella città di Lice, vicina alla più conosciuta Diyarbakir, una persona ha perso la vita. Si tratta di Medeni Yıldırım, ragazzo di 18 anni, ucciso durante una manifestazione con i compagni contro la costruzione di una nuova caserma militare nella città. 
Gli slogan erano forti ma assolutamente pacifici: "non vogliamo la guerra, vogliamo la pace".
Si parla di almeno 10 feriti negli scontri con i militari turchi.
E' la quinta vittima durante le manifestazioni in questo mese di giugno che sembra non finire mai...

Il gruppo hacker "RedHack" ha appena hackerato il sito dell'amministrazione di Lice per condannare l'accaduto:


http://www.lice.gov.tr/

Se in questo momento provate ad accedere vi comparirà la pagina seguente:
 
 Che il ragazzo possa riposare in pace.

 

Andrea Mazzone
 
 
Fonte:
 http://andreamazzone.blogspot.it/2013/06/shock-una-nuova-vittima.html

venerdì 28 giugno 2013

Monza, morire di prigione a ventidue anni

39 giorni di carcere sono costati a Francesco prima sedici chili poi la morte. La madre chiama Acad e dice: «Così non può essere naturale» [Checchino Antonini] 

giovedì 27 giugno 2013 13:40

di Checchino Antonini

Francesco Smeragliuolo, 22 anni, arrestato il 1° maggio scorso per una rapina. 39 giorni di carcere gli sono costati prima sedici chili e poi la vita stessa. E' morto nel carcere di Monza sabato 8 giugno e sua madre, Giovanna D'Aiello, vorrebbe vederci chiaro. Per questo s'è rivolta ad alcune associazioni come Antigone, A buon diritto e Acad, l'associazione contro gli abusi in divisa, appena costituita con l'obiettivo di fornire un numero verde per le denunce di malapolizia.

Alcuni attivisti di Acad avranno oggi stesso un colloquio con la donna.

«Sono sicura che non è morto di morte naturale, i suoi organi erano sani. Dopo averlo visto a colloquio in carcere, il lunedì prima della sua morte (3 giugno, ndr) avevo fatto presente che mio figlio stava male. Ha perso sedici chili in un mese. Avevo chiesto lo mettessero in una struttura adeguata, che lo aiutassero. Lui non aveva problemi di salute. Se aveva sbagliato, doveva rispondere per quello che aveva fatto, ma non è giusto che sia morto così. Voglio sapere cosa è successo, voglio la verità».

«Io mi rivolgerò a tutti, non mi fermo qui - ha proseguito - perché la morte di Francesco deve servire da monito per tanti ragazzi. Avrei voluto che morisse tenendo la sua mano nella mia. E invece è andata in questo modo atroce».

Esclusa l'ipotesi del suicidio. In una lettera recente alla fidanzata Francesco pensava "ai tanti progetti insieme". L'autopsia, disposta dal magistrato, avrebbe escluso che la morte sia avvenuta per cause violente o per intossicazione da farmaci o droghe. Il responso è stato il solito: "decesso causato da arresto cardiocircolatorio".

Dalla Casa circondariale nessuna spiegazione sul decesso, avvenuto nel pomeriggio di sabato 8 giugno. Il giovane si sarebbe sentito male ed è stato attivato il 118 in codice rosso. La direttrice si è limitata a dire: «C'è un'indagine in corso, bisogna attendere l'esito». Il 22enne di Cesano era stato tratto in arresto il primo maggio per una rapina avvenuta in una farmacia di Binzago, e dopo un inseguimento dei carabinieri fino a Cormano, dove si era schiantato contro un muro.

Le domande si rincorrono: fu pestato al momento dell'arresto? E che tipo di attenzioni ha potuto ricevere mentre si trovava in cella? Francesco ne avrebbe parlato con sua madre.

Sovraffollamento, scarsa applicazione della legge Smuraglia sul lavoro per i detenuti, scarso personale di polizia penitenziaria: la casa circondariale di Monza è una delle "carceri d'oro" degli anni '80, costruita con materiali scadenti a prezzi gonfiati. E ci piove dentro. Il teatro e la cappella sono inagibili. In molti laboratori e spazi ci sono infiltrazioni. Ha riferito un esponente grillino che l'ha visitato in aprile che: «Dentro l'istituto sono vietati cellulari, tablet, computer, chiavette USB, radio, qualunque mezzo per comunicare con l'esterno non solo per gli ospiti, ma anche per agenti, operatori, medici, insegnanti, educatori e visitatori. Anche la struttura del carcere è isolata dal resto della città».

In nessun caso potrà dirsi naturale la morte di un ventiduenne che perde sedici chili in 39 giorni di prigione. 




Fonte:


mercoledì 26 giugno 2013

71 DETENUTI MORTI PER TORTURE SUBITE NELLE CARCERI ISRAELIANE


 26/6/2013

palestinianprisoners 

Al-Khalil (Hebron) – InfoPal. “Israele pratica la tortura sistematicamente e deliberatamente contro i prigionieri palestinesi, e con il benestare della magistratura. Qui non si tratta di comportamenti individuali, come invece dichiarano i leader israeliani”. Lo rende noto il Centro di studi Asra Filastin (Prigionieri della Palestina), in un comunicato diramato in occasione della Giornata internazionale contro la tortura, che cade oggi, 26 giugno.
Il centro ha sostenuto le sue accuse citando le relazioni del Comitato pubblico contro la Tortura, che a loro volta, confermano che più di 900 denunce sono state mosse da ex detenuti palestinesi, liberati negli ultimi anni, che affermano di aver subito torture durante la detenzione. Il centro ha aggiunto che nessun caso è stato indagato e i responsabili sono tuttora liberi, il che prova la complicità delle istituzione giudiziarie con gli apparati di sicurezza, con il via libera, dato ai responsabili degli interrogatori, all’uso di metodi proibiti di tortura contro i palestinesi, per ottenere informazioni.
Il rapporto ha affermato che Israele legittima la tortura in nome della legge, “permettendo ai criminali della sicurezza interna, lo Shabak, di seviziare i prigionieri, senza alcun rispetto per la dignità umana, il tutto con la copertura dei tribunali israeliani, che garantiscono l’immunità ai responsabili degli interrogatori, nel caso venissero denunciati”. “Ciò rappresenta un esplicito invito a perpetrare l’uso delle torture, vietate a livello internazionale, contro i prigionieri palestinesi nelle carceri israeliane”, ha aggiunto il centro. Il rapporto si è concluso affermando che la politica in questione  ha portato alla morte di 71 prigionieri, l’ultimo dei quali è stato Arafat Jaradat, da Hebron, la cui principale causa di morte è stata la tortura.

 
© Agenzia stampa Infopal - www.infopal.it

martedì 25 giugno 2013

Sfratto selvaggio

Martedì 25 Giugno 2013 08:50 



Polizia e ufficiali giudiziari sfrattano senza preavviso per evitare i picchetti e la resistenza popolare organizzata. E' accaduto a Milano, sta accadendo oggi a Roma.
Ieri a Milano, per la prima volta, in via Sella Nuova, è stato eseguito uno sfratto senza preavviso che la settimana scorsa, di fronte ad un presidio numeroso, era stato rinviato  fino a settembre. A Roma stamattina è in corso uno sfratto senza preavviso in via dei Pioppi 18 a Centocelle dopo che nei giorni scorsi i picchetti antisfratto ne avevano impedito l'esecuzione. Gli attivisti dei movimenti di lotta per la casa stanno convergendo sul posto.

Una modalità simile sta avvenendo anche in altre città come Torino dove gli ufficiali giudiziari e la questura stanno mettendo in essere per eludere i presidi di difesa autorganizzati dai comitati di lotta per il diritto all'abitare e dai sindacati di lotta.
Questo sfratto si inserisce nell'emergenza abitativa che sta dilagando in tutta Italia e che a Milano ha visto nel 2012 4924 sfratti esecutivi.
Il comune di Milano per l' ennesima volta ha voltato le spalle, non inviando né assistenti sociali né un delegato del Comune che desse una sistemazione alternativa anche temporanea alla persona sfrattata, un uomo di 56 anni cardiopatico e con invalidità al 50%.
A partire dagli sgomberi delle case popolari alle migliaia di sfratti e pignoramenti, che vengono eseguiti per morosità incolpevole, Pisapia e la sua giunta è responsabile di questi anni di governo della città, in cui non esiste nessuna volontà politica che vada a risolvere questo emergenza o quantomeno ad arginarla, ad iniziare da un blocco immediato di sgomberi e sfratti .
Ieri mattina oltre a svolgere questo sfratto, hanno voluto fare di più: hanno portato in questura un delegato del sindacato ASIA USB riconosciuto per il suo ruolo di attivista a difesa del diritto alla casa. La scusa era la mancanza di documenti ma il fine era quello intimidatorio, non è accettabile che le istituzioni non riconoscano il ruolo dei sindacati  che difendono diritti essenziali come la casa ma che non sono disposti ad essere concertativi, al servizio  dei poteri forti.
"Evidentemente hanno paura delle forme organizzate di difesa della casa che stanno nascendo in tutta Italia, sfrattati, sgomberati e solidali che si mettono in gioco per difendere il proprio e l'altrui diritto di avere una casa, sindacati metropolitani che si organizzano dal basso per lottare difendere e conquistare diritti" scrivono in un comunicato comune la Usb di Milano, il Comitato Abitanti di San Siro e l'Asia.



Caso Rasman, l’ipotesi del cordino attorno al collo

25 giugno 2013

Riccardo Rasman, il giovane morto nella sua casa di via Grego 38 a Borgo San Sergio nel 2006, per la cui tragica vicenda i tre poliziotti Mauro Miraz, Maurizio Mis e Giovanni De Biasi sono stati condannati in appello a sei mesi per omicidio colposo, sarebbe stato strangolato con un cordino stretto attorno al collo e alla bocca.

Per questa ipotesi - che lascia intravvedere anche l’accusa possibile di omicidio preterintenzionale e che è suffragata da alcune perizie medico legali - ieri il giudice Luigi Dainotti ha disposto un supplemento dell’indagine a carico dei vigili del fuoco Marino Sisti e Vanni Sadocco, che parteciparono all’intervento degli agenti della squadra volante. In pratica il giudice Dainotti, nell’accogliere parzialmente l’opposizione alla richiesta di archiviazione degli avvocati Giovanni Di Lullo e Claudio Defilippi che assistono la famiglia Rasman nella sua battaglia, ha ordinato al pm Pietro Montrone di disporre un accertamento tecnico su un pezzo di corda trovato nella casa di Rasman. Questo per verificare se vi siano tracce del dna dell’uomo. In questo caso sarebbe confermato che Rasman era stato non solo legato ai piedi e alle mani come emerso nel processo a carico dei poliziotti, ma anche da una corda che appunto lo ha stretto mortalmente al collo e al volto impedendogli di respirare.

Le perizie effettuate sulle immagini del cadavere scattate subito dopo il fatto hanno evidenziato un ematoma di forma rettilinea e a livello delle guance una ecchimosi continua e netta che partiva dalle labbra senza interruzione fino a livello dei lobi auricolari. Questo cordino (conservato in una busta di nylon all’ufficio reperti del tribunale) avrebbe insomma contribuito in maniera determinante alla morte di Rasman causando il decesso per asfissia.

Ma c’è di più. Un altro elemento che sarà oggetto degli accertamenti disposti dal giudice potrebbe raccontare altri particolari sull’agonia del giovane. Rasman non solo era stato legato mani e piedi e poi forse al volto con il cordino. Ma per tenerlo fermo sarebbe stata utilizzata una sedia che gli era stata piazzata praticamente sopra allo scopo di ulteriormente immobilizzarlo. Sulla sua schiena infatti - così hanno raccontato le fotografie - sono state trovate alcune ferite da oggetto tondeggiante. E proprio in quella casa era stata segnalata negli atti la mancanza di una sedia. «È evidente che non ci si possa esimere dall’effettuare ulteriori indagini riguardo la responsabilità dei due vigili del fuoco che sicuramente si trovavano sul luogo del delitto ed hanno contribuito pacificamente all’ammanettamento», si legge nell’istanza accolta parzialmente dal giudice Dainotti. E poi ancora: «I vigili spontaneamente hanno preso l’iniziativa di utilizzare un cordino per legare le caviglie ed avrebbero pertanto potuto prendere ogni altra iniziativa esorbitando dalla propria funzione».


fonte: il piccolo 
 
 

lunedì 24 giugno 2013

ISRAELE APPROVA UN PIANO PER DEPORTARE I PALESTINESI DAI DINTORNI DI GERUSALEMME

24/6/2013

palinfo 

Al-Quds (Gerusalemme) – InfoPal. L’Amministrazione civile israeliana ha approvato un piano per la costruzione di nuove unità abitative, da destinare al reinsediamento dei profughi palestinesi della comunità beduina, che l’occupazione intende deportare dai dintorni di Gerusalemme. Lo ha rivelato, in un comunicato stampa diramato domenica 23 giugno, l’avvocato Bassam Bahr, presidente del Comitato della cittadina di Abu Dis per la difesa della terra e resistere agli insediamenti.
Bahr ha spiegato che “inizialmente, il progetto porterà alla deportazione di migliaia di beduini, sfollati dalle loro terre nel 1948, con l’obiettivo finale di deportare tutte le comunità beduine residenti nei dintorni della città di Gerusalemme, raggruppando loro in un nuovo campo, che sorgerà nell’area di Gerusalemme”.
L’avvocato ha aggiunto che il piano di costruzione “è la continuazione della politica di espansione coloniale e confisca delle terre palestinesi”. Ha sottolineato che l’occupazione considera la presenza dei beduini in quelle aree “un fattore che ostacola la sua politica in materia di insediamenti”.
Infine, Bahr ha assicurato che quest’ultima mossa israeliana cambierà radicalmente la vita dei beduini, aggiungendo che essi saranno rinchiusi in piccoli cantoni in condizioni invivibili. Ha continuato: “Il progetto sarà realizzato in prossimità della discarica di Abu Dis, un’area inadatta all’uso abitativo, secondo molte istituzioni internazionali”.
Circa un mese fa, uno studio condotto congiuntamente dall’Unrwa e dalla Ngo israeliana, Bimkom, ha rivelato che le politiche di deportazione dei beduini, avviate da Israele, hanno avuto un esito devastante sulla comunità in questione.

 © Agenzia stampa Infopal - www.infopal.it

Giuliano Giuliani: «Nuovo processo per mio figlio»

23 giugno 2013

Giuliano Giuliani, il papà di Carlo ucciso il 20 luglio 2001 durante il vertice del G8 a Genova, chiederà al tribunale civile di Genova di stabilire quello che la corte penale non ha saputo dimostrare: la vera dinamica della morte del figlio.


Nei giorni scorsi, Giuliano Giuliani ha depositato una citazione civile contro l'ex carabiniere Mario Placanica che esplose il proiettile che uccise Carlo. Assieme a Placanica è citato anche l'allora vice questore Adriano Lauro che coordinava le forze dell'ordine in piazza Alimonda.

"Morì ucciso, ufficialmente, da un colpo di pistola sparato in aria da un carabiniere ausiliario - racconta il padre - Ufficialmente, il proiettile intercettò un sasso lanciato dai manifestanti verso le forze dell'ordine e - destino volle - che quel sasso modificasse la traiettoria del proiettile in modo da farlo arrivare proprio in faccia a Carlo. Nemmeno nei cartoni animati".

Secondo le analisi che lui stesso ha fatto di video, fotografie, registrazioni telefoniche nella ricostruzione ufficiale della vicenda ci sono molti punti che non quadrano a cominciare dal fatto che Giuliani non sarebbe morto quando ha ricevuto i colpi di pistola: "C'è una foto in particolare. Accanto al viso insanguinato di Carlo c'è un sasso anch'esso insanguinato. E appuntito. Quando a Carlo toglieranno il passamontagna scopriranno che in mezzo alla fronte aveva una ferita mortale. E scopriranno che sul passamontagna, all'altezza della fronte, non c'è traccia di lacerazione".

 
 
 
Fonte:
 

domenica 23 giugno 2013

PIAZZA TAKSIM, GIORNATA DEL GAROFANO

Da Taksim Gezi Parki Italy
 
23.06.2013 02.25

Giornata del garofano.

Migliaia di persone si sono ritrovate oggi in piazza Taksim ad Istanbul per ricordare insieme le vittime di queste 3 settimane di scontri con la polizia. Garofani alle mani, chi arrivato da altre città della Turchia, tutti si sono uniti nello stesso ricordo. Hanno preso a marciare in tardo pomeriggio e si sono recati a Taksim.
Tempo di slogan e di manifestazione quando un toma in İstiklal street inizia ad attaccare i manifestanti. La gente tenta di disperdersi. Chi corre. Chi cerca riparo. Un nuovo scontro comincia dopo una pausa di quasi 1 settimana nella metropoli turca. 100 mila persone i numeri di questa serata, che rimarrà nel segno del fiore rosso. Il garofano.
In questo momento, dopo una lunga serata di nuovi scontri, la polizia cerca ancora di disperdere e convincere tramite annunci la gente ad andare a casa. Mentre in piazza Taksim, lo vedete dalla foto, lo scenario sembra surreale. Migliaia di fiori giacciono a terra, ricoprendo di rosso le mattonelle e l'asfalto di una piazza che ha subito davvero troppo in queste 3 settimane di duri scontri...

Che la quiete possa tornare al più presto, anche su Piazza Taksim...

Andrea Mazzone
 
 
 
 

sabato 22 giugno 2013

DOVE SONO I DESAPARECIDOS DI GEZI PARK?


Dal blog di Bob Fabianihttp://bob-fabiani.blogspot.it/


venerdì 21 giugno 2013


Negli ultimi giorni il "pugno di ferro" di Erdogan si è trasformato in una caccia indecorosa all'uomo, sistematica e scientifica.
A certificare la drammatica evoluzione della situazione sono le parole  usate da Hatice Odemis: "Allo stato attuale ci sono 137 persone tecnicamente disperse". Le drammatiche parole sono pronunciate all'interno degli uffici Tohav (Toplum ve hukuk arastirmalari vakfi) organismo che fornisce assistenza legale e medica agli arrestati di Gezi Park.
Che cosa sta accadendo in Turchia?
La situazione è ormai ben delineata: il governo Erdogan ha fatto una scelta di campo ben precisa ricorrendo al "pugno di ferro" di fatto, ha instaurato un regime tipico dei sistemi dittatoriali. A mano a mano che passano i giorni dalla violenta "giornata di guerra" dello scvorso fine settimana, la polizia procede con durissime irruzioni nelle case, nelle sedi di partito dell'opposizione al governo Erdogan e, persino negli ospedali e nei tribunali oppure, nelle redazioni degli organi di stampa. Lo stesso governo ha già annunciato, nei giorni scorsi, una "legge punitiva" nei confronti dei social media.
E' storia di ieri.
La polizia governativa di concerto con il ministro dell'interno sta setacciando migliaia di pagine sui siti internet - senza tralasciare Twitter e facebook - con l'intento di risalire a quanti, in questo periodo di rivolta, stanno veicolando l'opposizione al governo.
Hatice Odemis passa le sue giornate praticamente "a stretto contatto" con il telefono e, con ammirevole impegno spiega i fatti di sabato scorso.
Passate le ore drammatiche del blitz di sette giorni fa a Gezi Park, dove la polizia turca, ha mostrato la sua violenza becera, ora, è possibile - spiega Odemis con voce ferma ma calma - fare la conta degli arrestati".
Tra sabato e domenica della settimana appena trascorsa, la polizia ha effettuato 400 arresti, dall'inizio della rivolta sono 883. I minori sono 35. A questo punto Odemis incrina - per un breve attimo - la voce e abbassando ancora il tono vocale pronuncia una derammatica verità. "140 persone non rispondono all'appello".
Nella sala degli uffici Tohav scende un silenzio carico di angoscia e paura.
"Si tratta di pèersone arrestata - torna a spiegare Hatice - ma non ancora identificate. Abbiamo raccolto testimonianze degli avvocati che stanno cercando di sbrogliare la matassa. Ci sono manifestanti che si trovano ancora stipati all'interno degli autobus con i quali sono stati accompagnati ai commissariati, sabato scorso. Da allora sono chiusi là dentro, con le manette ai polsi, senza possibilità di uscire e comunicare con l'esterno. Mangiano, dormono e aspettano dentro le vetture. Una sorta di tortura psicologica."
Con estrema difficoltà gli stessi avvocati sono riusciti a ricostruire la dinamica degli eventi e, a seguire 24 ore su 24, i manifestanti. Questo lavoro è stato fondamentale per dare una collocazione a coloro di cui si sono perse le tracce.
-DOVE SONO E QUANTI SONO I DESAPARECIDOS TURCHI?
Che cosa è realmente accaduto a questi manifestanti?
E' la stessa Hatice, in un'altra drammatica e intensa telefonata, a rispondere all'inquietante quesito. 
"In tutto sono 11 i manifestanti di cui non si ha alcuna notizia".
Il racconto seguente riporta alla mente "certe drammatiche giornate argentine" dove, i familiari erano sballottati di ufficio in ufficio, di commissariato in commissariato, senza certezze, lasciati completamente soli e privi del conforto delle Istituzioni.
Inizia uno stillicidio tra la voce di Hatice - che ormai diventa roca e cupa - e quella di parenti, amici e genitori che, dall'altra parte del contatto telefonico, confermano nomi e generalità di giovani attivisti senza però dare l'assenso per finire sul giornale, anche se straniero. Sono nomi di ragazze, studenti  e anche di un docente: tutti campeggiavano a Gezi Park. Non si tratta di cattiva fiducia nel Thav ma solo di paura, paura di compiere passi falsi dannosi per la sorte dei propri cari.
Anche l'altra associazione l'Ihd (Inslan Hakkari Dernegi) che sta monitorando la questione denucia lo "stallo della situazione". A parlare è  Umit  Efe: "Stiamo facendo il possibile per capire  dove siano finiti questi ragazzi ma la polizia e le Istituzioni non ci aiutano affatto". L'unica certezza è la "storia degli autobus". Efe aggiunge un dettaglio: quegli autobus sono di colore nero. Non è l'unico dettaglio. Umit Efe usa toni pacati ma, le sue parole, riescono a dare una ulteriore connotazione alla repressione governativa. 
"Chi è ancora là dentro (si riferisce ai bus neri;n.d.r) appartiene sopratutto a movimenti e partiti di sinistra radicale, i più invisi a Erdogan: il partito social-democratico (Spd) e L'unione socialista dei lavoratori (Isp)". L'esponente dell'Ihd aggiunge un'ultima informazione utile a inquadrare meglio ciò che il governo Erdogan sta portando avanti:"In  questi giorni, ai loro danni, è stata condotta una oiperazione speciale. Molti attivisti sono stati prelevati all'alba, nelle proprie case. Hanno perquisito la redazion e del magazine antagonista Barikat, sequestrando tutto. Temo sia solo l'inizio di una operazione in grande stile".
Stando così le cose è stato necessario far nascere una piattaforma che coordinasse tutta la mole di lavoro per seguire l'assistenza legale e medica dei manifestanti. Oltre alla Tohav e al Ihd, ha aderito l'associazione degli avvocati Chd (çagdas hukukçuloar dernegi) e quella degli attivisti per i diritti umani della Tihav (Turkiye Insan Haklari vakfi).
Parla l'avvocato Ramazan Nemir: "Stiamo raddoppiando l'impegno per non lasciare nessuno indietro - spiega Nemir, colui che ha fornito assistenza legale al fotografo livornese Daniele Stefanini dopo l'arresto avvenuto immediatamente dopo lo sgombero di Gezi Park. E' stato arrestato perché, come gli altri, fotografava gli agenti in tenuta antisommossa, nell'atto di sparare candelotti di gas e proiettili di gomma. Un'accusa assolutamente priva di fondamento - Ricordo che portava sul volto e ad una gamba i postumi di un'aggressione feroce da parte della polizia".
-LE DIFFICOLTA' DELLE AZIONI DEGLI AVVOCATI.
A mano a mano che passano i giorni l'azione degli avvocati si fa sempre più difficile. Si ripetono scientificamente le violazioni.   
 Una di queste resta la più eclatante. Istanbul, 12 giugno, le forze di polizia effettuano il blitz dell'irruzione all'interno della çaglayan courthouse, il tribunale della città sul Bosforo, arrestando 47 avvocati. Qual'era il motivo? Inscenavano una protesta contro le violenze avvenute a Piazza Taksim.
-LA TESTIMONIANZA DELL'AVVOCATO HUSSEYIN BOGATEKIN.
L'avvocato bogatekin al momento delle violenze della polizia si trovava in  piazza: " Ci eravamo riuniti nel cortile del palazzo di giustizia, dopo qualche minuto i poliziotti sono entrati nell'edificio con caschi, scudi e manganelli. Hanno strattanato e insultato me e gli altri colleghi, molti dei quali indossavano la tonaca. Ci hanno legato le mani dietro la schiena, schiacciandoci il volto al suolo, come fossimo criminali comuni. Quindi ci hanno condotti in commissariato. Erano in gran numero, molti di più degli avvocati presenti."
Anche l'avvocato Bogatekin ha aderito alla rete costituita per aiutare le famiglie dei ragazzi uccisi, dispersi e dei migliaia che sono feriti, spesso in maniera grave  e invalidante, durante il corso della protesta. Secondo il suo parere, proprio questo impegno è stato punito con la violenta azione poliziesca del 12 giugno: "è una palese violazione della libertà di espressione - e aggiunge - inoltre la polizia si è permessa di entrare all'interno di un palazzo di giustizia e di arrestare degli avvocati, solo perchè osavano manifestare. Quando hanno iniziato a portar via i colleghi, in molti si sono affacciati dalle finestre, protestando. A quel punto un ufficiale, con un megafono, ha minacciato l'intero tribunale...Se continuate a gridare, verrete arrestati anche voi! Appena appresa la notizia centinaia di colleghi da ogni parte della città hanno raggiunto il tribunale. Il risultato è che, appena qualche ora dopo il sit-in di quelle poche decine di avvocati, è andata in scena una manifestazione spontanea di almeno un migliaio di persone".
-L'AZIONE REPRESSIVA SI SNODA SU PIU' FRONTI.
La polizia turca ormai orienta la repressione su vari fronti.
I primi a cadere sotto la "tela del ragno" e del "pugno di ferro" dei zelanti poliziotti sono stati i giornalisti e subito dopo, come abbiamno visto, gli avvocati ora, negli ultimi giorni, è la volta dei medici  e il personale paramedico. Motivo: la scorsa settimana hanno prestato soccorsi ai feriti mentre infuriava la "guera repressiva" scatenata dai "precisi ordini del Sultano".
Addirittura a finire sotto inchiesta è la Chamber of Medics, la corporazione dei sanitari. La dottoressa Hardan Toprak non usa giri di parole: "Siamo sotto attacco" afferma mentre racconta lo scenario che si è trovata difronte nella "Guerra di piazza".
"Molti ragazzi sono stati colpiti agli occhi dai proiettili di gommasparati dagli agenti. Molti hanno perso la visione binoculare. Troppi ragazzi. Il che lascia pensare ad una sorta di tiro al bersaglio".
Un'infinita lista di nomi di ragazzi feriti agli occhi dall'inizio della protesta:
Mahir Gur
Sepher Wahabbi
Muharram Dalsuren
Burak Unveren
Yusuf Murat Ozdemir
Vedat Alex
Selim Polat
Erdal Sarikaya 
Necati Testo.
Non è tutto. La dottoressa Toprak racconta un caso che ha indignato l'intera Turchia. Si tratta di un bambino di 4 anni colpito ai testicoli da un proiettile.
Un ferimmagine eloquente della brutalità della repressione di Erdogan. Malgrado questo, la protesta non si arresta e va avanti: i turchi non vogliono nè tornare indietro nè rinunciare alla laicità dello stato, l'unica garanzia democratica contro l'autoritarismo che è già diventato qualcosa di altro. Un regime che, al primo posto mette la repressione e la sparizione di decine di manifestanti.
Dove sono?
(Fonte.:barikat;ohav;ihd;chd;tihav;ilmanifesto)
Bob Fabiani
Link
-www.barikat.tr;
-www.presseurope.eu/it;
-www.acikradio.com.tr;
-www.atilim.com.tr;
-www.milliyet.tr        



http://bob-fabiani.blogspot.it/2013/06/dove-sono-i-desaparecidos-di-gezi-park.html

mercoledì 19 giugno 2013

La longa manus della Turchia contro i militanti della sinistra

Mercoledì 19 Giugno 2013 20:15 


La longa manus della Turchia contro i militanti della sinistra

Arrestato in Spagna un rifugiato politico turco su richiesta del regime di Erdogan. Oggi stesso c'è stata l'udienza. La Turchia ha 45 giorni per motivare la sua richiesta, ma Bahar Kimyongur rimane in carcere perchè non ha i soldi per la cauzione.
Un compagno turco molto conosciuto, Bahar Kimyongür, è stato arrestato in Spagna su richiesta del governo Turco Erdogan.
Militante comunista turco residente in Belgio, è conosciuto da molti di noi anche in Italia per il suo impegno politico e  la sua coerenza: Bahar era in Spagna con la sua famiglia.
Alcuni fonti di informazione parlano di incontri nei giorni scorsi tra il ministro dell'interno belga e il direttore dell'intelligence turca, riguardo la presenza di cittadini belgi in Siria e il monitoraggio dei "gruppi terroristici".
Il 22 maggio scorso infatti un comunicato della ministra dell'Interno del Belgio Joelle Milquetha riferisce di un lungo incontro, durante una colazione, con il direttore dei servizi segreti turco, Hakan Fidan. "Durante questo scambio molto costruttivo, diverse modalità di collaborazione e di scambio di informazioni nei diversi dossier evocati sono stati precisati e rafforzati,in ciò che concerne segnatamente la presenza di diversi fuoriusciti belgi in Siria ma anche il seguito e il controllo di diversi gruppi terroristi" dice il comunicato.
Sei giorni dopo, il 28 maggio, la Turchia emette in segreto un mandato di arresto internazionale contro Bahar (che era stato liberato 10 anni fa dalla giustizia belga per le sue accuse arbitrarie).
Il 13 giugno: alla radio belga  RTBF, la ministra Milquet sostiene il "democratico" premier turco Erdogan.
Il 17 giugno Bahar viene arrestato da agenti in borghese mentre visitava con sua moglie Deniz e i suoi due figli la cattedrale di Cordoba.
Oggi c'è stata un udienza in cui il tribunale ha rinviato l'estradizione dando al governo turco 45 giorni di tempo per presentare le sue motivazioni sulla richiesta di arresto. Bahar sarebbe potuto uscire dal carcere ma è stata imposta una cauzione di 10mila euro di cui Bahar non dispone. I familiari e i compagni stanno attivando un conto corrente sul quale far pervenire urgentemente i fondi necessari.
Michel Collon e il sito di contrinchiesta belga "Investig'ation" ha lanciato un appello internazionale: "Noi facciamo appello a ciascuno perchè denunci questa violazione del diritto ad esprimersi, questa bassa vendetta dei politici che si allineano con gli Stati Uniti, Israele e la Turchia!
A Bahar va tutta la nostra solidarietà militante.


MOBILITIAMOCI PER LA SUA IMMEDIATA LIBERAZIONE
NO ALL'ESTRADIZIONE 

Ultima modifica Mercoledì 19 Giugno 2013 21:44 


Fonte:

 

Ucciso Anonymous svedese del gruppo che ha fornito la diretta streaming dalla Turchia

 

Arriva una brutta notizia dalla Rete, per tutti i cittadini liberi, e quelli che ammirano e seguono il mondo Anonymous. La mattina del  17/06/2013 è stato ucciso in un incidente d’auto l’Anon FSCKzine, aka CryptNode, Doa. Faceva parte del gruppo degli Anonymous svedesi che ha permesso la diretta streaming dalla Turchia, e che ogni giorno permette a tutto il mondo di seguire gli eventi. Un pezzo di libertà che abbiamo perso,  e un amico di tutti gli Anon del Mondo. La redazione tutta, porge le più sentite condoglianze alla sua famiglia e ai suoi amici stretti, “ciao brothers ci rivedremo in paradiso”.


Ecco la lettera postata dal suo amico:
Il mio amico e collega Anon FSCKzine, aka CryptNode, è stato ucciso in un incidente stradale questa mattina. Era DOA.
Fsck, sopra ogni altra cosa, era un d0xer, che era forse più noto per la fuoriuscita CISPA e NSA, e la sua ossessione con pr0n ascii. Egli era un fiero sostenitore della OpSafeKids, OpLiberation, FreeAnons, e altro ancora, e il suo unico senso dell’umorismo mancherà a tutti quelli che lo conoscevano.
La sua famiglia ha chiesto di non rivelare la loro ubicazione o Pubblicità che, una volta che essi sono fatti, la visione e il funerale dettagli, nell’interesse di anonimato e la sicurezza dei suoi amici. Noi non chiediamo donazioni. Chi volesse lasciare la sua famiglia / amici possono Tweet un messaggio a @FSCKzine. Io trasmetterle.
Era LEGION. Noi non dimentichiamo. ”Quando l’angelo della morte viene a cercarmi, mi auguro che ero tutto ciò che avrei dovuto essere.” Ti voglio bene, fratello. Mi dispiace tanto. =, (
(traduzione di google)



Fonte:

ARRIVATO IL VERDETTO-FARSA DELL'ISS: VIA LIBERA AL MUOS

Mercoledì 19 Giugno 2013 15:19 


Vergognosa ma non inattesa "sentenza" dell'Istituto superiore della sanità. Contro ogni evidenza scientifica ed empirica, il radarone statunitense di Niscemi non nuocerebbe alla salute... Arriva oggi, completamente in sordina, il via libera al MUOS da parte dell'Istituto Superiore di Sanità, ente al quale il governatore siciliano Crocetta, dopo la sua blanda opposizione all'opera e dopo le pressioni USA e le conseguenti ritorsioni del governo italiano (si veda la citazione in giudizio davanti al Tar per la richiesta di 25mila euro al giorno di "danni" per ritardi nella costruzione), aveva accettato di affidare lo studio che avrebbe dovuto stabilire se il MUOS fosse pericoloso o meno, e che - com'era ampiamente prevedibile - oggi ha dichiarato il progetto "non pericoloso".
Almeno in linea teroica (lo dice l'ISS stesso). L'esito, ai "piani alti" del governo, lo davano tutti per scontato. Il ministro della Difesa Mario Mauro si era sperticato nel tessere le lodi al MUOS, dichiarandolo strategico e indispensabile, tralasciando volutamente il rischio ambientale e sulla salute dei cittadini, che evidentemente non importa. Sicuramente non si sarebbe permesso all'ISS di pronunciarsi se non si fossero avute preventive rassicurazioni sull'esito dello studio, che con alte probabilità si basa su quei dati approssimativi e in certi punti fuorvianti già in possesso delle autorità, e contestati fortemente dal prof. Massimo Zucchetti del Politecnico di Torino, che aveva dimostrato la pericolosità del MUOS.
La lacunosa pronunciazione dell'ISS non tiene conto infatti della presenza delle 46 antenne NRTF, le cui emissioni sono già in violazione delle normative italiane (rilevazioni ARPA del 2013, peraltro effettuate con strumenti dalla potenza ridotta rispetto a quella necessaria), non tiene conto dell'alto tasso di leucemie e tumori nell'area di Niscemi (al di sopra della media nazionale) e non tiene conto della violazione della riserva ambientale insistente sulla sughereta di Niscemi. Quindi la "sentenza" dell'ISS è in partenza falsata, ma in tantissimi erano già preparati a questo esito, visto che in gioco ci sono gli interessi strategici, bellici ed economici della superpotenza USA. Il Governo USA con i suoi vertici militari e diplomatici ha più volte fatto esplicite pressioni sui vertici italiani per sbloccare il MUOS (rivelazioni di Anonymous di documenti riservati), che si inserice nell'ambito di una regione come base di guerra ad uso e consumo indiscriminato degli americani, definita dallo stesso Mauro e da altri esponenti delle forze armate USA e italiane "la portaerei del Mediterraneo". E adesso cosa succede? - Il blocco "istituzionale" della Regione Sicilia si fondava proprio su questo studio. Crocetta non potrà opporsi più al progetto, perché aveva accettato il gioco al ribasso proposto dal governo Italiano, spegnendo sempre di più la sua opposizione al MUOS. Stessa cosa formalmente accettata anche dal M5S che sull'opera ha lavorato solo in Sicilia senza mai portare il problema in parlamento. Il Movimento No MUOS adesso è messo in pericolo sia a livello repressivo che mediatico: questa novità "annunciata" contribuirà enormemente ad isolarlo, persino da quella buona parte dell'opinione pubblica che in un primo momento aveva preso in simpatia la vicenda delle "mamme" No Muos ma che adesso crederà alle rassicurazioni dell'ISS. E se prima la repressione della polizia (perquisizioni a vuoto, arresti preventivi e denunce) comunque ignorava il blocco temporaneo imposto dalla Regione, adesso troverà manforte e legittimazione "ufficiali".

Fonte: