Il procuratore generale dell'esercito chiude le indagini sull'omicidio
del giovane attivista di Bi'lin, ucciso nel 2009 da un candelotto
lacrimogeno.
Bassem Abu Rahmeh ad una manifestazione a sostegno dei prigionieri politici
dalla redazione
Gerusalemme, 11 settembre 2013, Nena News - La sua morte è
arrivata fino alla Notte degli Oscar. Ad immortalare su camera il
momento esatto in cui cadde a terra colpito da un candelotto lacrimogeno
israeliano era stato Emad Burnat, suo concittadino e compagno di
manifestazioni nel villaggio di Bi'lin, nel documentario "Five Broken
Cameras".
Bassem Abu Rahmeh, 30 anni, è stato ucciso il 17 aprile 2009. Oggi
l'esercito israeliano ha deciso di chiudere le indagini per mancanza di
prove. Lo rende noto l'associazione israeliana per i diritti umani B'Tselem, secondo la quale il procuratore generale militare ha archiviato l'inchiesta sull'uccisione di Bassem.
Le indagini erano state aperte nel 2010 dopo che un gruppo di esperti internazionali aveva dimostrato che l'utilizzo dei gas lacrimogeni da parte dell'esercito israeliano violava i regolamenti interni: i gas vanno usati per disperdere la folla, ma diventano letali se colpiscono direttamente un individuo, perché sparati ad alta velocità. Quello che successe a Bassem, centrato al petto da un candelotto sparato da breve distanza.
A marzo la famiglia Abu Rahmeh, con a capo la madre Subhiya, aveva presentato una petizione alla Corte Suprema israeliana perché imponesse al procuratore generale militare, il maggiore Danny Efroni, di riaprire le indagini sulla morte di Bassem. La petizione, a cui avevano lavorato gli esperti di B'Tselem, conteneva alcune prove video che mostravano senza ombra di dubbio che Bassem non rappresentava affatto una minaccia per i soldati: il giovane si trovava al di là della rete difensiva a mezzo chilometro dai soldati. Nei video si vedono altri soldati sparare lacrimogeni direttamente contro i manifestanti, violando gravemente le regole di ingaggio israeliane per la dispersione delle folle. Alla petizione della madre di Bassem erano state allegate le opinioni di esperti americani e inglesi che, dopo aver visionato i video a disposizione, hanno riferito che il lancio del candelotto lacrimogeno era volontariamente diretto a colpire il giovane palestinese, atto considerato un crimine perché chiaramente volto a provocarne la morte.
Le prove erano già state presentate in precedenza, ma l'allora procuratore militare Avichai Manfelblit aveva rigettato la richiesta di aprire un'inchiesta, per poi essere costretto a tornare sul caso dopo la minaccia di rivolgersi alla Corte Suprema. L'indagine era stata quindi aperta nel luglio 2010. E oggi definitivamente chiusa. Nessuna giustizia per Bassem. Nena News
Le indagini erano state aperte nel 2010 dopo che un gruppo di esperti internazionali aveva dimostrato che l'utilizzo dei gas lacrimogeni da parte dell'esercito israeliano violava i regolamenti interni: i gas vanno usati per disperdere la folla, ma diventano letali se colpiscono direttamente un individuo, perché sparati ad alta velocità. Quello che successe a Bassem, centrato al petto da un candelotto sparato da breve distanza.
A marzo la famiglia Abu Rahmeh, con a capo la madre Subhiya, aveva presentato una petizione alla Corte Suprema israeliana perché imponesse al procuratore generale militare, il maggiore Danny Efroni, di riaprire le indagini sulla morte di Bassem. La petizione, a cui avevano lavorato gli esperti di B'Tselem, conteneva alcune prove video che mostravano senza ombra di dubbio che Bassem non rappresentava affatto una minaccia per i soldati: il giovane si trovava al di là della rete difensiva a mezzo chilometro dai soldati. Nei video si vedono altri soldati sparare lacrimogeni direttamente contro i manifestanti, violando gravemente le regole di ingaggio israeliane per la dispersione delle folle. Alla petizione della madre di Bassem erano state allegate le opinioni di esperti americani e inglesi che, dopo aver visionato i video a disposizione, hanno riferito che il lancio del candelotto lacrimogeno era volontariamente diretto a colpire il giovane palestinese, atto considerato un crimine perché chiaramente volto a provocarne la morte.
Le prove erano già state presentate in precedenza, ma l'allora procuratore militare Avichai Manfelblit aveva rigettato la richiesta di aprire un'inchiesta, per poi essere costretto a tornare sul caso dopo la minaccia di rivolgersi alla Corte Suprema. L'indagine era stata quindi aperta nel luglio 2010. E oggi definitivamente chiusa. Nessuna giustizia per Bassem. Nena News
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