39 giorni di carcere sono costati a Francesco prima sedici chili poi la
morte. La madre chiama Acad e dice: «Così non può essere naturale»
[Checchino Antonini]
giovedì 27 giugno 2013 13:40
di Checchino Antonini
Francesco Smeragliuolo, 22 anni, arrestato il 1° maggio scorso per una rapina. 39 giorni di carcere gli sono costati prima sedici chili e poi la vita stessa. E' morto nel carcere di Monza sabato 8 giugno e sua madre, Giovanna D'Aiello, vorrebbe vederci chiaro. Per questo s'è rivolta ad alcune associazioni come Antigone, A buon diritto e Acad, l'associazione contro gli abusi in divisa, appena costituita con l'obiettivo di fornire un numero verde per le denunce di malapolizia.
Alcuni attivisti di Acad avranno oggi stesso un colloquio con la donna.
«Sono sicura che non è morto di morte naturale, i suoi organi erano sani. Dopo averlo visto a colloquio in carcere, il lunedì prima della sua morte (3 giugno, ndr) avevo fatto presente che mio figlio stava male. Ha perso sedici chili in un mese. Avevo chiesto lo mettessero in una struttura adeguata, che lo aiutassero. Lui non aveva problemi di salute. Se aveva sbagliato, doveva rispondere per quello che aveva fatto, ma non è giusto che sia morto così. Voglio sapere cosa è successo, voglio la verità».
«Io mi rivolgerò a tutti, non mi fermo qui - ha proseguito - perché la morte di Francesco deve servire da monito per tanti ragazzi. Avrei voluto che morisse tenendo la sua mano nella mia. E invece è andata in questo modo atroce».
Esclusa l'ipotesi del suicidio. In una lettera recente alla fidanzata Francesco pensava "ai tanti progetti insieme". L'autopsia, disposta dal magistrato, avrebbe escluso che la morte sia avvenuta per cause violente o per intossicazione da farmaci o droghe. Il responso è stato il solito: "decesso causato da arresto cardiocircolatorio".
Dalla Casa circondariale nessuna spiegazione sul decesso, avvenuto nel pomeriggio di sabato 8 giugno. Il giovane si sarebbe sentito male ed è stato attivato il 118 in codice rosso. La direttrice si è limitata a dire: «C'è un'indagine in corso, bisogna attendere l'esito». Il 22enne di Cesano era stato tratto in arresto il primo maggio per una rapina avvenuta in una farmacia di Binzago, e dopo un inseguimento dei carabinieri fino a Cormano, dove si era schiantato contro un muro.
Le domande si rincorrono: fu pestato al momento dell'arresto? E che tipo di attenzioni ha potuto ricevere mentre si trovava in cella? Francesco ne avrebbe parlato con sua madre.
Sovraffollamento, scarsa applicazione della legge Smuraglia sul lavoro per i detenuti, scarso personale di polizia penitenziaria: la casa circondariale di Monza è una delle "carceri d'oro" degli anni '80, costruita con materiali scadenti a prezzi gonfiati. E ci piove dentro. Il teatro e la cappella sono inagibili. In molti laboratori e spazi ci sono infiltrazioni. Ha riferito un esponente grillino che l'ha visitato in aprile che: «Dentro l'istituto sono vietati cellulari, tablet, computer, chiavette USB, radio, qualunque mezzo per comunicare con l'esterno non solo per gli ospiti, ma anche per agenti, operatori, medici, insegnanti, educatori e visitatori. Anche la struttura del carcere è isolata dal resto della città».
In nessun caso potrà dirsi naturale la morte di un ventiduenne che perde sedici chili in 39 giorni di prigione.
Francesco Smeragliuolo, 22 anni, arrestato il 1° maggio scorso per una rapina. 39 giorni di carcere gli sono costati prima sedici chili e poi la vita stessa. E' morto nel carcere di Monza sabato 8 giugno e sua madre, Giovanna D'Aiello, vorrebbe vederci chiaro. Per questo s'è rivolta ad alcune associazioni come Antigone, A buon diritto e Acad, l'associazione contro gli abusi in divisa, appena costituita con l'obiettivo di fornire un numero verde per le denunce di malapolizia.
Alcuni attivisti di Acad avranno oggi stesso un colloquio con la donna.
«Sono sicura che non è morto di morte naturale, i suoi organi erano sani. Dopo averlo visto a colloquio in carcere, il lunedì prima della sua morte (3 giugno, ndr) avevo fatto presente che mio figlio stava male. Ha perso sedici chili in un mese. Avevo chiesto lo mettessero in una struttura adeguata, che lo aiutassero. Lui non aveva problemi di salute. Se aveva sbagliato, doveva rispondere per quello che aveva fatto, ma non è giusto che sia morto così. Voglio sapere cosa è successo, voglio la verità».
«Io mi rivolgerò a tutti, non mi fermo qui - ha proseguito - perché la morte di Francesco deve servire da monito per tanti ragazzi. Avrei voluto che morisse tenendo la sua mano nella mia. E invece è andata in questo modo atroce».
Esclusa l'ipotesi del suicidio. In una lettera recente alla fidanzata Francesco pensava "ai tanti progetti insieme". L'autopsia, disposta dal magistrato, avrebbe escluso che la morte sia avvenuta per cause violente o per intossicazione da farmaci o droghe. Il responso è stato il solito: "decesso causato da arresto cardiocircolatorio".
Dalla Casa circondariale nessuna spiegazione sul decesso, avvenuto nel pomeriggio di sabato 8 giugno. Il giovane si sarebbe sentito male ed è stato attivato il 118 in codice rosso. La direttrice si è limitata a dire: «C'è un'indagine in corso, bisogna attendere l'esito». Il 22enne di Cesano era stato tratto in arresto il primo maggio per una rapina avvenuta in una farmacia di Binzago, e dopo un inseguimento dei carabinieri fino a Cormano, dove si era schiantato contro un muro.
Le domande si rincorrono: fu pestato al momento dell'arresto? E che tipo di attenzioni ha potuto ricevere mentre si trovava in cella? Francesco ne avrebbe parlato con sua madre.
Sovraffollamento, scarsa applicazione della legge Smuraglia sul lavoro per i detenuti, scarso personale di polizia penitenziaria: la casa circondariale di Monza è una delle "carceri d'oro" degli anni '80, costruita con materiali scadenti a prezzi gonfiati. E ci piove dentro. Il teatro e la cappella sono inagibili. In molti laboratori e spazi ci sono infiltrazioni. Ha riferito un esponente grillino che l'ha visitato in aprile che: «Dentro l'istituto sono vietati cellulari, tablet, computer, chiavette USB, radio, qualunque mezzo per comunicare con l'esterno non solo per gli ospiti, ma anche per agenti, operatori, medici, insegnanti, educatori e visitatori. Anche la struttura del carcere è isolata dal resto della città».
In nessun caso potrà dirsi naturale la morte di un ventiduenne che perde sedici chili in 39 giorni di prigione.
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