22 ottobre 2012
“Comunque siano
andate le cose, niente e nessuno riporterà in vita il padre dei miei
tre bambini né colmerà il vuoto che si respira a casa, ma è certo che
abbiamo bisogno di spiegazioni, chiarimenti, di far luce sulle dinamiche
per sapere la verità che altri stanno cercando di depistare.”
Con queste
parole Mariella Zotti si è appellata al Presidente della Repubblica per
sapere come è morto suo marito Vito Daniele il 9 giugno 2008. L’uomo
come tutti i venerdì, da Roma tornava a Bari dalla sua famiglia. Verso
le 13 chiamò sua figlia che era in gita, poi sua moglie. Stava
percorrendo il solito tratto di autostrada. Al confine fra la provincia
di Avellino e Benevento, verso le 14, si vide inseguito da una macchina
della Guardia di finanza. Lo fermarono. Gli si fece incontro un agente
in borghese, gli chiese i documenti per fare i dovuti controlli. Vito
scese dalla sua macchina e fu travolto da una bisarca in transito.
Il motivo del
fermo, si legge nel comunicato stampa della Guardia di finanza, era per
eccesso di velocità. Il finanziere dichiara: 180 km/h.
Chi ha percorso
quel tratto di strada asserisce che è impossibile andare a quella
velocità per via delle curve e presenza di tir. Comunque l’eccesso di
velocità non è un reato che presuppone l’arresto immediato oppure una
tale emergenza da fermare l’uomo lì dov’è: nei pressi di una galleria in
curva. L’agente avrebbe dovuto portare l’uomo in sicurezza: in una
piazzola di sosta o meglio in un’area di servizio. Comunque quell’agente
non sarebbe dovuto essere da solo, i controlli si fanno almeno in due e
poi la Guardia di finanza può effettuare posti di blocco solo fuori
dall’autostrada.
Il biglietto
d’ingresso, l’unica prova che avrebbe potuto confermare se Vito
effettivamente avesse superato i limiti di velocità, è scomparso. Un
processo con una serie di rinvii, e pochi testimoni. Esiste un video,
che Mariella è riuscita a farsi dare da alcuni giornalisti di Avellino,
dove si vedono perfettamente delle persone, ma non è stato preso il nome
di nessun testimone dell’incidente, o di coloro che accorsero
immediatamente dopo da una rete vicina all’autostrada.
Per la stampa
il giorno dopo Vito era un pazzo che passeggiava sull’autostrada. Sua
moglie non ebbe il tempo nemmeno di piangerlo perché doveva difendersi.
Suo marito non aveva nulla nell’auto, solo i panni sporchi. Dai
risultati tossicologici non risultò niente, sebbene l’autopsia non sia
stata disposta. L’unica cosa certa è che intimarono alla moglie di non
sollevare polveroni per chiedere verità e giustizia.
Ma Mariella ha tre figli; adesso sono senza padre ed hanno diritto a sapere cosa accadde.
Nel video si distinguono chiaramente delle persone che non sono mai state chiamate a testimoniare.