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Credo che la verità vada urlata contro ogni indifferenza mediatica e delle coscienze. Perciò questo è uno spazio di controinformazione su tutto ciò che riguarda le lotte sociali. Questo blog è antisionista perchè antifascista. Informatevi per comprendere realmente e per resistere.

Donatella Quattrone


domenica 17 novembre 2013

#STOP BIOCIDIO, #FIUMEINPIENA


 Foto: Dinamo Press



domenica 17 novembre 2013 - 00:05


di Giuliana Caso

Centomila o meno, questa volta, i numeri non contano. Perché il consueto balletto di cifre tra gli organizzatori e la questura, con la media data per accettabile, nella manifestazione di questa sera non si può applicare. Non si possono contare la rabbia, il dolore, l’entusiasmo e la passione di chi ha dato vita questa sera a #fiumeinpiena. Noi l’abbiamo vista, l’abbiamo ascoltata e respirata questa manifestazione oceanica di cui, mente la testa arrivava a piazza Plebiscito, la coda sfilava ancora a piazza Nicola Amore. Abbiamo visto che c’erano tutti, ma proprio tutti. Il dissenso coagulato attorno ad una nuova idea di partecipazione. Senza simboli, senza partiti, senza targhe. Qualche gonfalone delle città di Pozzuoli, di Caivano, di Casoria, di Frattamaggiore, Frattaminore. Quello del Comune di Napoli, che chissà perché si apprestava alla testa del corteo, è stato invitato a confondersi nel mezzo, come gli altri, insieme agli altri.
C’erano don Patriciello e il professore Marfella, ma c’era anche padre Alex Zanotelli, c’erano tutti i comitati, e c’erano le mamme, che hanno sfilato con le foto dei loro figli morti, protette da un cordone di silenzio; c’erano i Medici per l’Ambiente in camice bianco e mascherina. Marciare per non morire, era il loro slogan. C’era una delegazione di No Tav e una di Taranto, c’erano i comitati contro l’inceneritore di Giugliano, c’erano tanti, tantissimi studenti dei licei e delle scuole della Terra dei Fuochi. C’erano i sindacati, i boy scout, la chiesa evangelista e i frati francescani.
Ma più di tutto, c’era la voglia fortissima di urlare forte questa lotta è nostra, la vita è nostra, non riuscirete ad ammazzarci tutti. La testa del corteo procedeva in un silenzio surreale, lungo un corso Umberto deserto e con i negozi chiusi. Procedeva in una pioggerellina che non ha mai smesso di cadere, ma che non ha spento il fuoco di chi ha deciso, organizzato, di chi ha preso la macchina, l’autobus, il treno, pur di fare parte di #fiumeinpiena. C’era il silenzio ma c’era anche la musica, quelle delle lotte, c’era bella ciao e c’erano i Modena City Ramblers, la musica che accompagna sempre i passi di chi scende in piazza per rivendicare un diritto.
C’erano i colori e l’ardore di chi non è uso a tenere in mano uno striscione, di chi non è mai appartenuto a una bandiera. C’erano le foto dei presunti colpevoli del biocidio, alti cartelli come le facce dei vari commissari per i rifiuti. C’erano le tragedie, le morti e le speranze di chi ha visto devastare la propria terra, di chi oggi è sconcertato e disorientato, e chiede la verità. Ecco, le centomila o poco meno persone che questa sera hanno invaso la città di Napoli hanno chiesto la verità; non vendette o ritorsioni, ma una verità che se anche fosse troppo dura da dire, loro hanno tutto il diritto di ascoltare. “Vogliamo risposte certe”, ha detto don Patriciello.
Il corteo di #fiumeinpiena si è svolto in un disordinato ordine; non c’erano i professionisti delle manifestazioni che dettano slogan, stabiliscono il ritmo della camminata e l’ordine degli striscioni. Non c’erano politici, o se c’erano erano defilati, quasi in incognito. Maurizio Landini, e poco più in là Nino D’Angelo. Il sindaco di Napoli Luigi de Magistris si è unito al corteo quando è passato sotto le sue finestre, a piazza Municipio.
A Piazza Plebiscito i ragazzi di #fiumeinpiena hanno letto il documento collettivo con le dieci proposte per salvare la Terra dei Fuochi, padre Alex Zanotelli ha spezzato il pane della legalità, prodotto nella Terra dei Fuochi, e don Patriciello ha ricordato che in questa terra si muore, si muore troppo; lo ha fatto chiamando sul palco le mamme dei bambini uccisi dal cancro, e chiedendo al presidente Napolitano di intervenire. Ma il popolo della Terra dei Fuochi ha fischiato, dal presidente si sente tradito, del cardinale Sepe non sente la vicinanza. E ha fischiato.
“Voi giovani – ha detto ancora don Patriciello – ci state dando un insegnamento incredibile. La mia generazione passerà alla storia come quella degli stolti. Mi sento come un padre a cui hanno violentato un figlio sotto gli occhi e non se n’è accorto. Io facevo il prete e dicevo a tutti di avere fiducia nelle istituzioni ma ora non lo dico più, perdonatemi, vi dico di avere fiducia nei buoni. La chiesa campana è con noi. Il cardinale Sepe non è potuto venire ma è con noi. Stasera mettiamo un punto e andiamo a capo. Qualcosa succederà”.
Questa sera, nel corteo e in piazza non c’erano i disturbatori violenti che pure si temevano, quelli che abitualmente vengono chiamati anarchici; se anarchici c’erano, erano decisamente pacifici. Quello che c’era, una splendida coscienza civica, che rifiuta etichette e padroni, che ha un obiettivo e lo persegue. Le istanze di una cittadinanza che non si rassegna, a cui non stanno più bene tante cose, e non solo l’avvelenamento della terra. Una cittadinanza che non ha bisogno di bandiere, ma che adesso è protagonista; che, decisamente, si è stancata di a delegare, e che questa sera, qui a Napoli, ha urlato forte, come ha ripetuto don Patriciello “noi siamo qui, siamo questo, dovete avere a che fare con noi, ci dovete delle risposte, delle azioni. Eccoci”.


Fonte:


http://www.paralleloquarantuno.com/2013/11/17/in-piazza-la-voglia-di-urlare-la-vita-e-nostra-e-ce-la-riprendiamo/