Perchè questo nome:

Credo che la verità vada urlata contro ogni indifferenza mediatica e delle coscienze. Perciò questo è uno spazio di controinformazione su tutto ciò che riguarda le lotte sociali. Questo blog è antisionista perchè antifascista. Informatevi per comprendere realmente e per resistere.

Donatella Quattrone


mercoledì 2 gennaio 2013

Obama peggio di Bush: “extraordinary rendition” e omicidi mirati coi droni

Mercoledì 02 Gennaio 2013 20:43 




Barack Obama continua i rapimenti e i trasferimenti di sospetti nemici negli Stati Uniti. Sempre più spesso  eliminati attraverso i droni che bombardano indisturbati in Yemen, Somalia, Pakistan. L’ultimo caso: due svedesi e un britannico rapiti a Gibuti.
L'Fbi continua a portare avanti la pratica delle "rendition", ovvero l'arresto-rapimento all'estero di “sospetti terroristi” con trasferimento forzoso all’interno dei confini statunitensi senza regolare processo e in violazione delle stesse leggi di Washington.
A denunciarlo è il quotidiano Washington Post, rivelando l'ultimo caso che ha coinvolto tre cittadini europei, due svedesi e un britannico, rapiti illegalmente nella piccola repubblica africana di Gibuti perché sospettati di essere membri di al-Shabab, formazione armata islamista attiva nella vicina Somalia. Il ministero degli Esteri svedese ha confermato l'arresto, in agosto, e la successiva estradizione clandestina, di Ali Yashin Ahmed, 23 anni, e Mohamed Yusuf, 29, poi trattenuti dall'Fbi per oltre due mesi e a lungo interrogati.
I due imputati sarebbero stati portati in un tribunale di Brooklyn lo scorso 21 dicembre. La polizia federale statunitense ha annunciato in un comunicato la comparsa dei due svedesi e del britannico - Mahdi Hashi, 23 anni - davanti ai giudici della corte newyorkese, ma non ha rivelato il luogo e le condizioni della loro detenzione. Secondo il legale di Yusuf non esiste una motivazione valida per processare l'assistito negli Stati Uniti e le autorità svedesi e britanniche non hanno riscontrato alcuna attività criminale negli spostamenti degli imputati tra Yemen, Gibuti e Somalia. I tre protagonisti dell’ultimo caso venuto alla luce erano stati fermati per un motivo apparentemente futile lo scorso agosto a Gibuti ma una volta in cella sono stati interrogati da agenti speciali statunitensi. Due mesi dopo il loro arresto i tre sono stati incriminati durante un'udienza segreta di un grand jury federale a New York e poi trasferiti in un carcere segreto sempre negli Stati Uniti.

Gibuti, il piccolo paese del Corno d'Africa controllato politicamente e militarmente dagli Stati Uniti, ospita la grande base di Camp Lemonnier, snodo strategico da cui partono i droni spia statunitensi e le cosiddette “operazioni antiterrorismo”.
"In un certo senso ora le rendition sono ancora più importanti di prima" afferma alla stampa statunitense Clara Gutteridge, attivista del gruppo per la difesa dei diritti umani “Equal Justice Forum”, spiegando che queste detenzioni segrete vengono utilizzate dagli Stati Uniti in maniera complementare rispetto ai sempre più frequenti e sanguinosi raid in Medio Oriente, in Asia Centrale e in diversi territori africani. Del resto Obama si è ben guardato dal chiudere il lager di Guantanamo, all’interno della base USA a Cuba, dove da anni i ‘sospetti’ rapiti in diverse parti del mondo vengono portati e poi interrogati e torturati. Nonostante gli sforzi dei giuristi agli ordini della Casa Bianca, non è stato trovato nessun cavillo che permetta, rispettando le leggi statunitensi, di elaborare un percorso legale che arrestare ‘sospetti terroristi’ all'estero e portarli davanti alla giustizia negli Stati Uniti. Tanto da far rivalutare i rapimenti e i trasferimenti illegali e da far ritenere spesso più breve e rapida la soluzione degli omicidi mirati o dei veri e propri bombardamenti indiscriminati attraverso i droni utilizzati per attacchi molto frequenti in Pakistan, Yemen, Somalia. Una opzione non disponibile ai tempi di Bush, che per il lavoro sporco era costretto a utilizzare squadre di agenti o militari.

Non è noto quante siano le extraordinary rendition che sono state portate a termine nel primo mandato di Obama. Nel 2009, nonostante le dichiarazioni di condanna rispetto all’operato dell’amministrazione precedente repubblicana, Obama ha autorizzato la prosecuzione dei rapimenti illegali di ‘sospetti’ al di fuori dei confini degli Stati Uniti e il loro trasferimento e interrogatorio negli USA, anche se con la ‘raccomandazione’ di evitare le torture come il waterboarding o la deprivazione sensoriale. 

 

Il negozio griffato di Zorzi a due passi da piazza Fontana

Dopo il fallimento l'ex latitante risulta proprietario. Il neofascista è stato coinvolto nelle stragi e poi assolto

La vetrina del negozio «Oxus» in via Ugo Foscolo 3 (Fotogramma) 
 
 
 
 
 
 
  La vetrina del negozio «Oxus» in via Ugo Foscolo 3 (Fotogramma)
 
MILANO - Da piazza Fontana alla Galleria Vittorio Emanuele sono pochi passi. Eppure tra la strage neofascista del 1969 nella Banca Nazionale dell'Agricoltura e un negozio alla moda di borse e accessori che sta in via Ugo Foscolo 3 in forza di una concessione del Comune di Milano, non si immaginerebbe alcun nesso. E invece ora gli interrogatori di un amministratore, rimasto invischiato in una causa civile al tribunale di Milano e in una inchiesta per bancarotta in Procura, svelano che questo negozio monomarca «Oxus», tuttora attivo nel «salotto» del centro città, nell'estate 2010 è passato di mano insieme all'avviamento del marchio e a tutta la merce in magazzino, ma depurato dei debiti lasciati a zavorrare la società venditrice già in insolvenza per perdite apparenti di 15 milioni di euro: 3 mesi prima del fallimento di questo «Grup.P. Gruppo Pelle Italiana spa», teoricamente appartenente alla società di diritto cipriota «Meadcraft Holdings Limited», il 30 giugno 2010 il negozio in Galleria è stato infatti sfilato e venduto per un prezzo stracciato (quasi quattro volte inferiore ai soldi offerti poco prima da una grande casa di moda) a una società amministrata da uno svedese «di cui azionista - scrive il tribunale civile - era la stessa persona azionista del gruppo fallito e menzionata dall'amministratore al pm negli interrogatori, e cioè Hagen Roi, in italiano Delfo Zorzi».
Delfo Zorzi, alias Hagen Roi (Ap)
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Delfo Zorzi, alias Hagen Roi (Ap)
 
Ovvero il neofascista riparato da molti anni in Giappone (dove ha avuto la cittadinanza) quand'era latitante per i processi per la strage di piazza Fontana, dai quali è stato assolto in Cassazione dopo una condanna in primo grado all'ergastolo, e per la strage di piazza della Loggia a Brescia nel 1974, dai quali è stato assolto anche in primo e secondo grado. È nel 2005 che voci nel settore della moda, ma soprattutto un articolo dell' Espresso , cominciano a ipotizzare legami tra il marchio «Oxus» e la seconda vita di Zorzi in Giappone, quella da imprenditore della pelletteria. Poi alla fine del 2010 è la Guardia di Finanza di Venezia, in un'operazione antievasione partita da una verifica fiscale alla società veneta «Svalduz srl», a comunicare di aver «scoperto, nel server di posta elettronica, un raffinato sistema di comunicazione criptata, fatta di acronimi, sigle e codici identificativi, attraverso il quale Delfo Zorzi, dal Giappone, disponeva dettagliatamente alle varie società tutte le operazioni da svolgere».

Eppure il fruttuoso negozio in Galleria Vittorio Emanuele sembra, nonostante tutto, essere rimasto nel portafoglio dell'ex latitante, e con modalità ora finite nel mirino della magistratura. Il tribunale civile, infatti, ha autorizzato il sequestro almeno di 700.000 euro sui beni dell'ultimo amministratore subentrato nel febbraio 2010 a un'amica di gioventù di Zorzi d'improvviso destituita dalla proprietà. In Procura il pm Laura Pedio indaga in un fascicolo per l'ipotesi di bancarotta. E «B&A srl» e «Euroteam», due società che dal 2003 e dal 2007 pianificavano le campagne pubblicitarie da centinaia di migliaia di euro l'anno commissionate dal «Grup.P. Italia», hanno ottenuto sequestri conservativi.

Il nodo è la lettura dei fatti del 30 giugno 2010, quando il «Grup.P.», tenendosi i debiti, decide di cedere per teorici 700.000 euro (che nemmeno si sa se davvero pagati e finiti dove) il ramo d'azienda rappresentato dall'avviamento del marchio «Oxus» e del negozio (più merce in magazzino) in Galleria Vittorio Emanuele, per il quale una casa di moda sette giorni prima aveva offerto 1,8 milioni sentendosi rispondere che ne valeva almeno 2 e mezzo, a una società in provincia di Venezia (appunto la «Svalduz srl») rappresentata dallo svedese Etrik Patrik Vistebrandt, nipote di Zorzi. «In questo modo - ha scritto il giudice Enrico Consolandi - è stato sottratto al fallimento un bene di rilevante valore, e non è chiarissimo dove siano finiti i denari costituenti il prezzo. Il contratto è di una povertà sconsolante, senza alcuna descrizione o valutazione del magazzino che già da solo poteva valere quella somma». E per il giudice è lampante che, «tenuto conto della prossimità al fallimento» e «della coscienza dello stato di insolvenza in cui versava la società a dire delle dichiarazioni al pm dello stesso amministratore, si tratta di una operazione assolutamente avventata», che ha depauperato i creditori del gruppo venditore di lì a poco fallito in ottobre.
 

INDIA. NUOVI STUPRI, VIOLENTATA UNA BAMBINA DI 7 ANNI.

















Martedì 01 Gennaio 2013 20:30 


C'è anche una bambina di soli 7 anni tra le vittime dei nuovi stupri registrati in India. Disperse nel fiume Gange le ceneri di 'Amanat', la 23enne morta in seguito a uno stupro di gruppo. Cancellato lo show di un rapper che inneggia alla violenza contro le donne.
Nuovi casi di stupro in India, ancora sotto shock per il dramma della giovane di 23 anni morta in ospedale di Singapore dopo una violenza di gruppo a New Delhi, e le cui ceneri sono state oggi disperse nel Gange. Tra questi emerge quello particolarmente scioccante di una bambina di sette anni, violentata la notte scorsa a Bangalore (India meridionale) da uno sconosciuto che l'ha portata via da una festa di Capodanno promettendole di darle del cioccolato. Il vice capo della polizia di Bangalore, Krishna Bhat, ha detto ai giornalisti che lo stupratore, ora naturalmente ricercato, ha avvicinato la bimba mentre stava giocando davanti alla casa del nonno e l'ha quindi portata via. Da parte sua il padre ha detto che conoscenti hanno ritrovato la piccola, abbandonata sul bordo di una strada, durante la notte. Una volta a casa, scrive l'agenzia di stampa Ians, la bambina ha detto di avere dolori all'addome e a questo punto la nonna ha scoperto che i suoi indumenti erano macchiati di sangue. Ricoverata in ospedale per ulteriori accertamenti, la bimba non sembra in pericolo di vita.
Le ceneri della giovane brutalmente stuprata su un autobus il 16 dicembre a New Delhi sono state disperse nel fiume Gange a Ballia, nello Stato indiano dell'Uttar Pradesh, citta' di dove e' originaria la famiglia. Alle 8 del mattino un piccolo corteo guidato dal padre e dal fratello della ragazza e' uscito di casa, andando via via infoltendosi con la partecipazione di donne e bambini, tanto da richiedere oltre tre ore per percorrere gli otto chilometri previsti fino al Bharauli Ghat dove e' avvenuta la cerimonia. Dopo aver immerso le ceneri nelle acque del fiume in presenza di centinaia di persone, i famigliari della giovane sono scoppiati in lacrime. Intanto l'identità della vittima continua ad essere un segreto. La legge prevede una pena fino a due anni di carcere per chi riveli l'identita' di una donna stuprata senza il consenso dei famigliari. Finora la giovane e' stata chiamata dai media ''Braveheart'', Nirbhaya (in hindi ''colei che non ha paura''), Jagruti (''risveglio''), Amanat (''colei che ha ricevuto la fiducia'') o Damini (''illuminata'') che è anche il nome di una eroina di un vecchio film di Bollywood, in cui la protagonista si prodiga per aiutare una vittima di stupro.
Le associazioni in difesa dei diritti delle donne indiane hanno chiesto e ottenuto la cancellazione di un concerto di un noto rapper locale perché le sue canzoni ''fanno l'apologia del sesso violento''. Le canzoni di Honey Singh, 28 anni, che ha scalato quest'anno le hit parade locali, e soprattutto una in particolare dal titolo ''Prostituta'', hanno dei testi ''estremamente volgari e indecenti'' e inneggiano ai crimini contro le donne. Un ufficiale di polizia ha spiegato alla stampa, giustificando l'annullamento del concerto, che le sue ''canzoni misogine'' descrivono i ''modi in cui una donna puo' essere colpita e violentata'' e cio ''non puo' essere per nulla accettato in India in particolare in un momento in cui si celebrano i funerali dello stupro collettivo di Delhi''.Il concerto del rapper si sarebbe dovuto tenere ieri, durante la notte di San Silvestro.


Fonte:

http://www.contropiano.org/it/esteri/item/13566-india-nuovi-stupri-violentata-una-bambina-di-7-anni

Gaza, 2 gennaio 2009

Dal blog http://guerrillaradio.iobloggo.com di Vittorio Arrigoni:


02/01/2009
 Il mio articolo per Il Manifesto di oggi:

angeli a pezzi

Il nuovo anno è subentrato a quello vecchio con gli stessi auspici di morte e desolazione, elevati alla massima potenza distruttiva. Mai viste così tante bombe crollare attorno a casa mia, dinnanzi al porto. Un'esplosione a meno di 100 metri, ha scosso violentemente i 7 piani del mio palazzo, facendolo oscillare come un pendolo impazzito. Per un momento abbiamo temuto venisse giù, i vetri delle finestre sono scoppiati tutti. Momenti di panico, ho pregato iddio che il nostro edificio fosse stato costruito con criteri antisismici, ben conscio della mia effimera illusione, Gaza poggia su di una striscia di terra che non trema. Il terremoto qui è innaturale, si chiama Israele. Sarà per questo che i governanti occidentali, così compassionevoli e caritatevoli, lesti nel mettersi una mano sul cuore e l'altra nel portafoglio, spesso per propaganda personale, quando si tratta di versare parole e fondi in soccorso delle popolazioni colpite da catastrofe naturali, dinnanzi a questa di catastrofe innaturale, progettata  a tavolino in ogni suo minimo dettaglio a Tel Aviv mesi fa, si mettono una mano dinnanzi agli occhi e all'altra a pararsi l'orecchio, e sembrano non prestare attenzione alle strazianti urla di dolore di corpi innocenti fatti a brandelli senza pietà. Disinteressarsi della costante  e progressiva distruzione di moschee (e siamo già ad 8), scuole, università, ospedali, decine e decine di edifici di civili. Proseguo nella mia disperata ricerca, di quegli amici che non rispondono più al mio telefono. Ahmed l'ho rintracciato a casa sua, una delle poche ancora in piedi, nel centro del quartiere Tal Alhawa di Gaza city, attorniata da uno scenario apocalittico che ricorda tanto il quartiere sciita di Beirut, dopo la pioggia di bombe del 2006, bombe di stessa fabbricazione e provenienza di quelle ci stanno cadendo addosso in questi giorni. Ahmed sta bene, i suoi familiari pure, ma sua madre se l'è vista davvero brutta sabato. E' un insegnante della scuola Balqees  delle Nazioni Unite, quel giorno si è trattenuta in aula più del consueto, è stata la sua salvezza. Molti suoi studenti in attesa alla fermata dei bus, sono rimasti seppelliti dalle macerie prodotte dalle esplosioni. Una bomba è caduta sull'auto di Ahmed, una utilitaria verde pistacchio, la stessa con cui giusto la sera prima scorazzavamo in cerca di pane in una città in cui la farina viene venduta a peso d'oro. Rafiq invece alla fine l'ho rintracciato al telefono, la sua voce cavernosa sembra provenire da un pozzo senza fondo, un cunicolo di tristezza e disperazione per aver appena appreso della morte di tre dei suoi migliori amici, durante l'attacco al porto.
In uno degli ultimi caffè aperti a Gaza, che riforniscono di caffeina e connessione internet, bombe ed energia elettrica permettendo, ho mostrato dallo schermo del mio laptop ad un paio di amici, amaramente sorridendo, la notizia di un morto e 382 feriti.
Non il computo delle vittime dei lanci di "razzi" Qassam su Israele di ieri, che fortunatamente non hanno fatto registrare alcun morto, ma i numeri della strage compiuta dai nostri botti di fine anno in Italia. Quelli di Hamas sono dei pivelli, ho detto ai miei amici, se credono di guerreggiare contro Israele con i loro giocattolini artigianali. Dovrebbero andare a scuola a Napoli per confezionare dei razzi veramente mortiferi, nei quartieri spagnoli si assemblano fuochi d'artificio ben più esplosivi dei qassam gazawi.
Intendiamoci, come pacifista e non violento aborro in maniera più totale e convinta qualsiasi attacco di palestinesi contro israeliani,
ma quaggiù siamo stanchi di sentire la cantilena che questa strage di civili è stata innescata di Israele in risposta ai lanci dei modesti "razzi" artigianali palestinesi. Per inciso, dal 2002 sino ad oggi i  qassam su Israele hanno prodotto 18 morti, qui sabato in una manciata di ore di civili morti negli ospedali ne abbiamo contati più di 250.
Chiedo conto agli avventori del caffè della tregua proposta dall'unione europea e cassata da Israele, che evidentemente possiede ampie scorte di materiale bellico nei magazzini militari da smaltire, scuotono tutti la testa.
Tregua c'è mai davvero stata, prima di questo feroce attacco su una popolazione inerme?
Solo nel mese di novembre, l'esercito israeliano ha fatto fuori ben 17 palestinesi (43 in tutto dall'inizio della..."tregua")
E ancora prima di allora, l'assedio criminale imposto a Gaza aveva prodotto più di duecento vittime fra i malati palestinesi. Malati con le carte in regola per essere ricoverati in ospedali all'estero ma impossibilitati a muoversi per la chiusura dei confini. L'assedio criminale israeliano aveva distrutto l'economia già precaria, provocando più del 60% di disoccupazione, costringendo l'80% delle famiglie palestinesi a vivere di aiuti umanitari. Aiuti che stentavano a filtrare oltre la cortina di ferro tesa da Israele attorno alla più grande prigione a cielo aperto del mondo: Gaza.
Da quel caffè alla fine abbiamo poi dovuto evacuare, e a gambe levate.
E' giunta l'ennesima  telefonata di minaccia: il locale sarebbe stato bombardato entro pochi minuti.
I crimini contro l'umanità di cui si macchia Israele in queste ore non conoscono limiti, e davvero pochi paragoni.
Ieri al campo profughi di Jabalia caccia F16 hanno lanciato missili contro un'ambulanza, sono morti un dottore, Ihab El Madhoun, e il suo infermiere di fiducia, Mohamed abu Hasira.
Per questa ragione oggi, noi, internazionali dell'ISM, abbiamo indetto una conferenza stampa dinnanzi alle telecamere di una delle televisioni palestinesi più popolari. Per informare Israele che da stanotte salteremo sulle ambulanze per dare una mano nei soccorsi, sperando che la nostra presenza, in quanto internazionali, funga da minimo deterrente a questi sanguinari crimini.
Anche se Israele mostra di non aver alcuna remora in questi giorni a massacrare civili, semmai una remora l'abbia mai avuta.
A volte quando ci troviamo fra di noi i discorsi si fanno molti cupi, è probabile che alla fine di questa massiccia terrificante offensiva,
qualcuno di noi andrà ad annoverare il drammatico conto dei morti, degli scomparsi.
Non ci pensiamo, andiamo avanti. 
Se il mondo "civile" tace e volta ignobilmente le spalle dinnanzi a questa tragedia, noi che ci consideriamo ancora umani, membri di una sola stessa famiglia che è l'umanità intera, faremo di tutto per fermare questa emorragia, occorre far presto, è un'emergenza.
restiamo umani
Vik
Vittorio Arrigoni


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