Perchè questo nome:

Credo che la verità vada urlata contro ogni indifferenza mediatica e delle coscienze. Perciò questo è uno spazio di controinformazione su tutto ciò che riguarda le lotte sociali. Questo blog è antisionista perchè antifascista. Informatevi per comprendere realmente e per resistere.

Donatella Quattrone


lunedì 21 gennaio 2013

Impastato-Saviano-Persichetti

21 gennaio 2013

Dal blog  http://primadellapioggia.blogspot.it/  di Marco Clementi:

Persichetti scortato dalla Polizia dopo l'estradizione dalla Francia


Saviano non ha mai parlato con la madre di Peppino Impastato nei termini da lui descritti in un libro. La donna non gli avrebbe mai detto: "Come madre ti dico di smettere, come donna di andare avanti".
Così ha deciso il Gip di Roma, che ha archiviato la querela presentata da Saviano contro Paolo Persichetti per un articolo in cui il giornalista, sentita la famiglia Impastato, aveva contraddetto quanto assunto come proprio dallo scrittore più scortato d'Italia.

Su questo Blog si è già parlato delle "inesattezze" di Saviano, per esempio riguardanti la Politkovskaja.

Se ne aggiunge ora un'altra, certificata.

Paolo Persichetti, lo ricordo, era rifugiato in Francia e fu riportato in Italia perché sospettato di aver preso parte al delitto di Marco Biagi, sospetti rivelatisi poi infondati. Sta finendo di scontare una condanna per fatti risalenti agli anni Ottanta. Dunque, Saviano, il difensore dei deboli, ha querelato un uomo di sinistra che si trova in una condizione oggettivamente difficile, in quanto detenuto.
E ha perso.

Per la documentazione si veda http://insorgenze.wordpress.com/2012/12/06/non-ce-diffamazione-per-la-procura-la-querela-di-saviano-contro-lex-brigatista-in-semiliberta-va-archiviata/
Fonte:




GERUSALEMME, EVACUATO IL VILLAGGIO AL-KARAMAH

Le forze israeliane sono entrate all'alba nel villaggio palestinese di Beit Iksa che resisteva alla confisca illegale, presidiando il fratello di Bab Al-Shams.

lunedì 21 gennaio 2013 08:58

Una delle tende di Al Karamah (Foto: Gabriele Benvenuti/Nena News)
Una delle tende di Al Karamah (Foto: Gabriele Benvenuti/Nena News) 
 
 
di Gabriele Benvenuti

Beit Iksa, 21 Gennaio 2013, Nena News - All'alba di questa mattina, intorno alle 4 del mattino, il neonato villaggio palestinese di Al Karamah, a Beit Iksa (Gerusalemme), è stato sgomberato dalle forze militari israeliane. Bulldozer dell'esercito hanno demolito le tende e evacuato tutti gli attivisti presenti. Poco prima l'esercito aveva chiuso il checkpoint d'accesso al villaggio, impedendo a chiunque di avvicinarsi.

Le forze israeliane erano già attese nella notte di sabato, dopo che dalla radio della Mezzaluna Rossa avevano comunicato l'imminente raid per procedere allo sgombero di al-Karamah. La situazione è rimasta tranquilla fino alle sette del mattino di ieri, quando la polizia di frontiera si è presentata con la stessa ordinaria disinvoltura con la quale tecnici ed ingegneri effettuano un sopralluogo di un cantiere qualsiasi.

Si trattava della fase preparatoria della demolizione del villaggio palestinese di al-Karamah. Infatti, come per Bab al-Shams, i militari israeliani hanno preventivamente acquisito informazioni sulle strutture ed il numero di civili presenti, per consentire alla Corte Suprema di dichiarare l'area "zona di interesse militare" e rilasciare un ordine di evacuazione.

Al-Karamah (in arabo "dignità") è il villaggio gemello di Beit Iksa, che si estende per circa 14.000 dunam (1 dunam equivale a mille metri quadrati) su di un territorio già fisicamente oppresso dall'occupazione. Beit Iksa si trova, infatti, a soli dieci minuti da Gerusalemme, ma è isolato: un checkpoint regola gli accessi al villaggio dall'unica strada di collegamento con Ramallah (e quindi Gerusalemme), la colonia di Ramot - costruita sul territorio occupato nel 1967 - lo circonda insieme al cantiere per l'alta velocità Gerusalemme-Tel Aviv, in appalto all'italiana Pizzarotti, il cui tracciato passerà anche attraverso i Territori Occupati senza, però, prevedere stazioni di fermata a beneficio dei palestinesi. Beit Iksa è stato oggetto, nel mese dicembre 2012, dell'ordine di esproprio delle terre destinate alla costruzione della barriera di "sicurezza", che lascerà agli abitanti del villaggio solamente 400 dunam.

Sulla scia di quanto avvenuto a Bab al-Shams, gli abitanti di Beit Iksa hanno, quindi, deciso di costruire un villaggio gemello con il supporto di Fatah. Come dichiarato da Abdallah Abdallah (membro del Comitato Esecutivo di Fatah) durante un meeting con il sindaco Kamal Habbab, la fazione leader dell'Autorità Palestinese ha fornito le prime strutture abitative e (con la visita di Abdallah) sancito la primacy nel supporto alla lotta di Beit Iksa.

Mazin Qumsiyeh, professore ed attivista palestinese, è scettico: "Il fenomeno del coinvolgimento della leadership nelle azioni di resistenza popolare siinserisce in una logica di ricerca del consenso (politico) che vuole sfruttare l'alto impatto mediatico ed emotivo che tali situazioni comportano", spiega a Nena News.

Contrariamente alla solidarietà di circostanza, "la popolazione è determinata a resistere fino alla revoca definitiva dell'ordine di esproprio, perché le terre che Israele vuole annettere sono la principale fonte di sostentamento per il villaggio", spiega a Nena News Mahmoud, studente universitario di Beit Iksa. Secondo Shadi, nata a Beit Iksa ma residente ad Abu Dis (Gerusalemme Est), "le restrizioni imposte dall'installazione del checkpoint, che da tre anni limitano il transito ai soli residenti del villaggio, hanno de facto creato le condizioni per un trasferimento forzato della popolazione e l'isolamento di Beit Iksa".

Al-Karamah ha accolto da sabato palestinesi ed internazionali. E dopo l'esperienza di Bab al-Shams e Beit Iksa, c'è da aspettarsi qualche altra sorpresa. Nena News



Fonte:

http://nena-news.globalist.it/Detail_News_Display?ID=48288&typeb=0&Gerusalemme-evacuato-il-villaggio-al-Karamah

21 gennaio 1977

Il movimento? Cominciò a Palermo

di Luca Cumbo

E’ praticamente impossibile in poche righe riassumere il contesto storico-sociale che diede vita al Movimento del 1977, pertanto bisognerà accontentarsi di citare alcuni episodi chiave che stimolino una visione del periodo almeno in Italia. Comincerei dunque dal 34,37 % di voti preso dal Pci di Enrico Berlinguer alle elezioni del giugno 1976, il risultato più alto della sua storia. Berlinguer scelse però di appoggiare (o di non contrastare a dovere) alcune riforme economiche e sociali in senso liberista dell’Andreotti III, governo di minoranza che si reggeva sull’astensione del Pci, tradendo così le attese almeno dell’elettorato più giovane. Molti ritengono Berlinguer l’artefice del massimo radicamento del Pci in Italia, eppure fu proprio con lui che il partito, dopo l’apice del ’76, non fece altro che perdere costantemente voti. Sempre con Enrico Berlinguer si ha la prima visita di un dirigente comunista italiano negli Usa (1978, il «migliorista» Giorgio Napolitano), ma questa è – forse – un’altra storia.
Fatto sta che il 3 dicembre del 1976 il ministro della Pubblica Istruzione Franco Malfatti (Democrazia Cristiana) emana una famigerata circolare in cui viene rimesso in discussione il metodo dei piani di studio universitari liberalizzati, frutto del ’68, introduce il principio del numero chiuso per le iscrizioni, aumenta le tasse e abolisce gli appelli mensili per gli esami. Contemporaneamente le riforme della Pubblica Istruzione in cantiere non lasciano grandi speranze ai precari della scuola e dell’università. Il Senato accademico di Palermo è il primo in Italia a far propria la circolare. In risposta due grandi manifestazioni, il 20 e il 21 dicembre 1976 con almeno 10.000 studenti esigono il ritiro della Circolare Malfatti.
Passate le feste natalizie e rientrati i moltissimi fuori sede (vero motore della protesta a Palermo) riprendono assemblee e mobilitazioni finchè il 21 gennaio 1977 viene occupata la facoltà di Lettere e Filosofia di Palermo, la prima in Italia: aveva così inizio il cosiddetto Movimento del 1977.
La situazione di tutto l’ateneo palermitano rispecchiava quello della Sicilia di allora (e di oggi…). Dopo la Regione siciliana, con i suoi assessorati e “partecipate”, l’ateneo è la più grande azienda pubblica dell’isola, ambitissimo «centro di sottogoverno clientelare gestito da fameliche cricche accademiche legate a filo doppio con gruppi di potere mafiosi, conta 5.000 dipendenti in massima parte precari» così come riportato da un volantino del gennaio 1977 scritto dagli studenti. Curiosamente, anche il movimento della Pantera cominciò a Palermo, nella facoltà di Lettere e Filosofia1, forse perchè la Sicilia è il luogo dove dall’Unità d’Italia a oggi sono sperimentate le politiche repressive, quindi è anche il primo luogo dove si «testa» la risposta.
Tornando nel 1977, pur partecipando alle occupazioni e alle mobilitazioni, i collettivi studenteschi legati ai partiti sono più in disparte sia per indicazione degli stessi partiti d’appartenenza, sia per la volontà degli occupanti di contestare radicalmente tutti i partiti e sindacati indicati come parte integrante del «sistema». Una votazione del 25 gennaio 1977 del Collettivo di Lettere e Filosofia decide che i sindacati non possono entrare a parlare in facoltà. Non è raro trovare in facoltà scritte sui muri inneggianti a Marx e Gramsci, ma anche manifesti del tipo «PCI=Nuova Polizia». Innumerevoli sigle spesso in lotta fra loro e che oggi fanno quasi tenerezza, si spartiscono il pantheon rivoluzionario indicando il Pci, con argomentazioni e intensità diverse, quale principale nemico da affrontare: Ao (Avanguardia operaia), Aut. Op. (Autonomia operaia), LC (Lotta continua), Pdup (Partito di unità proletaria), Mls (Movimento lavoratori per il socialismo), Praxis (collettivo dell’omonima rivista), Dp (Democrazia proletaria), Pcmli (Partito comunista marxista leninista d’Italia), Gcr (Gruppi comunisti rivoluzionari) e tante altre sigle un po’ come – se posso scherzare – come in quella canzone di Rino Gaetano fino ad arrivare agli Im, gli Indiani Metropolitani che fanno il loro ingresso nelle assemblee ululando: «Siamo usciti dalle riserve, abbiamo dissotterrato l’ascia di guerra e faremo fuori i visi pallidi2 e i meticci3 che si oppongono alle nostre danze intorno al Totem della Lucida Follia»4.
La lotta studentesca si saldò con la lotta dei lavoratori e docenti precari dell’università di Palermo.
Nei giorni successivi occuparono come un’onda impetuosa le altre facoltà a Palermo e nel resto d’Italia: il 17 febbraio Luciano Lama, segretario Cgil, fautore della scala mobile per i salari5 e già partigiano nei Gap, veniva cacciato da La Sapienza di Roma.
Tutto questo accadeva 36 anni fa.
Mentre era allo studio l’insieme dei materiali per questa «scor-data» chi – come me – non ha l’età per avere vissuto direttamente le lotte del 1977, ma le ha scoperte sui libri o dai racconti di militanti “più navigati”, si rende conto che mutando semplicemente nomi e date, questo scritto avrebbe potuto essere tranquillamente il resoconto di una delle tante battaglie d’oggi per l’università pubblica, la democrazia e il lavoro.
Ci si rende conto che molti dei movimenti degli ultimi vent’anni hanno preso molto del lessico, dei contenuti e delle modalità del 1977, sono identiche o simili anche le fughe in massa da assurde assemblee gestite con altrettanto assurde modalità in cui, nel nome dell’orizzontalità assoluta, tutti contestano tutti, è tabù darsi regole (figuriamoci mettere ai voti…), ognuno è più rivoluzionario dell’altro, ognuno ne sa più dell’altro, ognuno è parte di un micro-collettivo che regolarmente poco dopo si spaccherà in altri collettivi sempre più micro, fino a quando verrà fuori l’esaltazione totale dell’ Individuo, come unico legittimo portare di istanze (presunte) rivoluzionarie.
A distanza di 36 anni da quella prima facoltà occupata, lungi dall’avere la presunzione di dare giudizi sommari sul Movimento del ’77, è legittimo farsi domande senza timori reverenziali e probabilmente questo esercizio è più facile, meno doloroso, per chi non ha vissuto direttamente quegli anni. Partendo dal presupposto che spesso il bersaglio preferito di queste mobilitazioni era il Pci, c’è da chiedersi a chi ha giovato quella modalità di lotta, che risultati ha portato questa continua delegittimazione che parte da quegli anni per arrivare ai giorni nostri in forma ormai compiuta.
A chi ha giovato la tendenza alla «distruzione dei mostri sacri», la tendenza all’impossibilità di costruire qualcosa che provi ad andare oltre il mero interesse/pensiero dell’ Individuo?
A distanza di 36 anni la storia ci dice che la morte (di nome o di fatto) del Pci e dei sindacati (come soggetto che rivendica diritti) non ha portato i frutti sperati. Il lavoro è stato sempre più mortificato, l’ambiente sempre più devastato, la politica estera sempre imperialista.
Vedere oggi personaggi come Toni Negri osannati e considerati guru negli Usa fa indubbiamente riflettere. Leggere l’interventismo imperialista di Adriano Sofri su «La Repubblica» fa riflettere. Le posizioni ultraliberiste e filoatlantiche dei Radicali degli ultimi anni fanno riflettere.
E’ intellettualmente onesto dunque domandarsi, da un punto di vista storico, se qualcuno dall’esterno e dall’interno poteva avere interesse a influenzare il Movimento verso determinate posizioni.
E’ lecito dunque domandarsi se certe forme di movimento degli ultimi anni, forme organizzative reticolari e parcellizzate che tanto devono al ’77, non facciano il gioco di qualcun altro propugnando forme di lotta che poi, nei risultati concreti, abbiano favorito e favoriscano più l’ultra-liberismo individualista di Monti che non il Sol dell’avvenire.

UNA PICCOLA NOTA DI DANIELE BARBIERI

Ottima la ricostruzione di Luca (quando le lotte partono dalle “periferie” quasi nessuno se ne accorge o ricorda) e molto interessanti le domande. Io, che invece c’ero, ho un punto di vista diverso ma ovviamente se ne parlerà un’altra volta. Solo tre veloci pignolerie: nel ’77 Sofri non c’era (di fatto Lc era sciolta anche se non tutti i suoi e le sue militanti avevano accettato quella decisione; Cgil e Pci molto (ma proprio molto) si delegittimatono da soli, giorno per giorno, tant’è che Lama – per dire – quel famoso giorno parlò all’università contro il parere (votato in assemblea) della Cgil università di Roma; i Radicali con il Movimento del ’77 c’entrano poco o nulla come presenza fisica nelle università mentre ovviamente sull’uso, in quegli anni, di certe loro proposte e/o metodologie il discorso è diverso e complesso.  (db)
 
NOTE
1 Il 6 dicembre del 1989.
2 Visi pallidi = borghesi
3 Meticci = PCI e altre sigle del Movimento
4 Tratto dal libro “Le compagne, i compagni, il movimento del ’77 a Palermo”, Ed. 100 Fiori, Palermo, 1978