Perchè questo nome:

Credo che la verità vada urlata contro ogni indifferenza mediatica e delle coscienze. Perciò questo è uno spazio di controinformazione su tutto ciò che riguarda le lotte sociali. Questo blog è antisionista perchè antifascista. Informatevi per comprendere realmente e per resistere.

Donatella Quattrone


venerdì 1 novembre 2013

Portogallo, in migliaia oggi davanti al Parlamento per protestare contro i tagli

01/11/2013 16:03    Autore: fabrizio salvatori 
 
Migliaia di portoghesi hanno manifestato oggi davanti al parlamento per protestare contro i severi tagli alla spesa pubblica previsti nel bilancio 2014, che il parlamento si appresta a votare in prima lettura. "Governo fuori legge", "il bilancio e' un furto" e "Basta la troika" si poteva leggere sui cartelli dei dimostranti che avevano come obiettivo la coalizione di centro destra al potere e la troika Ue-Bce-Fmi.
"Per il governo e' arrivata l'ora di andarsene" scandivano i manifestanti che hanno risposto all'appello della Cgtp, principale confederazione sindacale portoghese, vicina al partito comunista.
La bozza di bilancio, la cui versione finale sara' votata il 26 novembre, prevede risparmi ed entrate supplementari pari a 3,9 miliardi di euro, equivalenti al 2,3% del pil. Secondo il governo, la legge di bilancio permettera' al Paese di concludere nel giugno 2014, come previsto, il programma di rigore e riforme negoziate con l'Unione europea e il Fondo monetario internazionale nel magio 2011, in cambio di un prestito di 78 miliardi di euro.
La Corte europea dei diritti umani proprio ieri ha dichiarato irricevibile il ricorso presentato da due impiegati pubblici portoghesi che nel 2012 si erano visti ridurre, rispettivamente di 172 e 227 euro le due mensilita'. La decisione del governo portoghese di tagliare la tredicesima e quattordicesima mensilita' della pensione degli impiegati pubblici per un periodo di tre anni, per far fronte alla crisi economica, non ha leso i loro diritti, ha detto la Corte di Strasburgo sottolineando che la riduzione della pensione "e' stata una restrizione proporzionata sul diritto di proprieta' dei ricorrenti”. “Visti gli eccezionali problemi finanziari che il Portogallo doveva affrontare in quel momento e la natura temporanea del taglio delle pensioni – ha formulato la corte - il governo portoghese ha ben bilanciato gli interessi generali e quelli relativi alla protezione dei diritti dei singoli". La Corte ha ricordato inoltre che l'articolo primo del protocollo 1 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo, che sancisce il diritto alla proprieta', "permette agli Stati membri di ridurre l'ammontare delle pensioni quando questo e' nell'interesse pubblico e fin tanto che lo Stato bilancia correttamente i vari diritti in gioco".


Fonte:

ISRAELE UCCIDE QUATTRO PALESTINESI A GAZA

Feriti anche 5 soldati israeliani mentre cercavano di far saltare un tunnel. Raid aereo contro un'altra galleria. A Gaza si ferma la centrale elettrica.

venerdì 1 novembre 2013 09:19

 
AGGIORNAMENTO ORE 15.30

I Comitati di Resistenza Popolare e il Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina (Fplp) affermano di aver colpito il territorio israeliano con razzi e colpi di mortaio, in risposta all'uccisione la scorsa notte di quattro palestinesi. Il portavoce militare israeliano non conferma.

-------------------------------------------------------------------------------- della redazione
Roma, 1 novembre 2013, Nena News - È di almeno quattro palestinesi morti e cinque militari israeliani feriti il bilancio di una notte di scontri al confine tra la Striscia di Gaza e Israele.

Secondo la ricostruzione fatta dall'agenzia francese Afp, un'esplosione ha ferito i militari israeliani mentre si apprestavano a far saltare una parte di un tunnel a est di Khan Younis costruito da combattenti di Hamas e scoperto nei giorni scorsi.

L'Esercito israeliano, sempre secondo questa ricostruzione, aveva attraversato il confine con diversi carri armati per un'operazione di distruzione del tunnel, lungo circa tre chilometri, che dal villaggio di Abbasan al-Saghira, vicino Khan Younis, arriva a circa tre chilometri dal kibbutz Ein Hashlosha, nel Negev occidentale.

Negli scontri a fuoco che sono esplosi poco dopo le truppe israeliane hanno ucciso quattro uomini delle brigate "Ezzedin al Qassam", il braccio armato di Hamas.

Sarebbe stata impiegata anche l'aviazione nell'area del campo profughi di Khan Younis e voci non confermate hanno riferito che pure le navi israeliane al largo della Striscia avrebbero colpito la costa di Gaza.

L'area degli scontri è la stessa in cui lo scorso 13 ottobre sarebbe stata scoperta una fitta rete di tunnel e quello che i soldati stavano per distruggere sarebbe dovuto servire, secondo la versione israeliana, per condurre "attacchi terroristici e rapimenti".

Ad aggravare la situazione c'e' anche lo stop della principale centrale elettrica di Gaza che stamani ha esaurito le scorte di combustibile. L'erogazione della corrente elettrica nelle abitazioni sara' ulteriormente ridotta: dalle otte ore quotidiane si scendera' a quattro. Gaza riceve da Israele e dall'Egitto una quantita' di corrente elettrica insufficiente a sopperire le necessita' minime del milione e 700 mila palestinesi che vi abita e ha bisogno dell'elettricita' prodotta dalla sua centrale. Nena News




Fonte:

LIBERATO IL PRIGIONIERO POLITICO PATISHTA'N

su Latino America Express
Autore: Fabrizio Lorusso

Data:2013-11-01




 




Dopo 13 anni di prigionia il professore messicano Alberto Patishtán, indigeno dell’etnia tzotzil detenuto politico nel Chiapas, è stato rilasciato da poche ore in seguito alla decisione del presidente Enrique Peña Nieto che su twitter ha annunciato la concessione della grazia. Questa possibilità è stata aperta solo pochi giorni fa, il 29 ottobre scorso, da un provvedimento legislativo motivato proprio dal caso dell’insegnante e militante chiapaneco, quindi è la prima volta che si applica in questa modalità. La figura giuridica era prevista dall’articolo 89 della costituzione messicana, ma la legge è venuta a specificarne i termini. La Camera e il Senato hanno approvato una modifica al Codice Penale Federale secondo cui il capo del governo avrà la facoltà di concedere la grazia, chiamata “indulto” nel testo messicano, a una persona  per qualunque delitto di tipo federale o di tipo comune “quando esistono indizi sostanziali di violazioni gravi ai diritti umani della persona sentenziata” e le autorità stabiliscono che “non rappresenta un pericolo per la tranquillità e la sicurezza pubbliche”.
Dopo l’invio del testo da parte delle camere l’esecutivo l’ha promulgato immediatamente. Il documento aggiunge quindi un secondo comma, un comma “Bis”, all’articolo 97 del codice penale e stabilisce che “in modo eccezionale, per iniziativa propria o di una delle camere del parlamento, il titolare del potere esecutivo potrà concedere la grazia” e quando siano state esaurite tutte le altre possibilità giuridiche interne. Quindi la misura prevista dal parlamento è di tipo individuale ed è più simile a una grazia presidenziale che a un’amnistia o a un indulto.
Di fatto non è stata riconosciuta formalmente l’innocenza del professore, ma la violazione dei suoi diritti e del dovuto processo. In questo senso la lotta continua e ora i suoi comitati di appoggio chiederanno la riparazione del danno allo stato. Inoltre ci sono oltre 8mila indigeni detenuti nel paese che potrebbero venirsi a trovare nella stessa situazione del professore del Chiapas perché non hanno avuto un giusto processo o non hanno ottenuto un interprete-traduttore dalle loro lingue materne allo spagnolo. E c’è già chi invoca un’amnistia che superi questa situazione e valga per tutte le persone nelle condizioni del professore tzotzil.
La reale volontà politica di far fronte a questa emergenza della giustizia e del sistema penale si vedrà nei prossimi mesi, se il caso della grazia a Patishtán non rimarrà una semplice eccezione nel triste panorama carcerario messicano. In questo caso molto emblematico la pressione mediatica ha portato a una “risoluzione” accettabile che, come è successo nel marzo scorso con la francese Florence Cassez, aiuterà Peña Nieto a migliorare la sua immagine internazionale come “difensore” dei diritti e delle garanzie individuali. Il presidente, dopo le repressioni violente delle manifestazioni del 2 ottobre, del primo settembre, del 10 giugno 2013 e del 1 dicembre 2012, ha bisogno di mettere sul piatto qualche moneta per i diritti umani. La tenuta di tale immagine, ripulita per l’occasione, si vedrà quando e se verranno affrontati e risolti altri casi meno noti.
Il provvedimento sembra arrivare proprio mentre aumentano le critiche contro il governo per l’assenza di una strategia anticrimine, il che significa che c’è continuità con la gestione precedente e con la politica di militarizzazione del conflitto, e per le decine di migliaia di omicidi e femminicidi di quest’anno (oltre 15mila morti ufficialmente e, secondo la rivista Zeta, oltre 13mila decessi legati ai narcos): serviva dunque un colpo mediatico, senza nulla togliere all’opportunità e giustezza della decisione.
Patishtán era accusato di aver partecipato a un’imboscata in cui morirono sette poliziotti il 12 giugno del 2000 nella località El Bosque, in Chiapas, stato confinante a sud col Guatemala. Segnalato da un testimone, il professore è stato prima prelevato da quattro agenti in borghese senza mandato di cattura, poi imprigionato e malmenato in carcere. Due anni dopo è stato condannato a 60 anni di reclusione per omicidio solo in base alle deposizioni di un testimone. Secondo la Ong Amnesty International il processo è stato ingiusto, “non si sono considerate le contraddizioni nelle dichiarazioni del testimone che avrebbe riconosciuto Alberto e le testimonianze che indicavano che si trovava da un’altra parte”.
Infatti, Patishtán quel giorno stava dando lezioni in una città vicina, ma il suo alibi è stato ignorato dai giudici così come lo sono stati numerosi altri diritti fondamentali dell’ormai ex-detenuto. Il “Profe”, com’è soprannominato Patishtán, s’era inimicato il sindaco di El Bosque e il governatore del Chiapas per il suo attivismo politico e perché era a capo della protesta di un gruppo di cittadini contro l’ondata di omicidi e insicurezza che interessava la loro regione. Dopo la decisione sfavorevole presa dal tribunale il 12 settembre l’unica strada per il Profe era quella di cercare una sentenza favorevole della Corte Interamericana dei Diritti Umani. La Corte avrebbe potuto obbligare lo stato messicano a liberarlo, ma l’efficacia di una sua sentenza sarebbe dipesa comunque dalle possibili interpretazioni del diritto internazionale e avrebbe previsto un iter di vari anni.
In questi anni Patishtán ha insegnato a leggere e scrivere a decine di detenuti, ha lottato per migliorare le loro condizioni di vita e ha fondato il collettivo Voz del Amate che, collegandosi ai movimenti e alla società civile, è riuscito a far ottenere il rilascio di 137 prigionieri. Nell’ottobre 2012 il Profe ha superato un’altra prova, quella contro il cancro: un intervento chirurgico gli ha asportato un tumore al cervello. Ma anche per la sua salute la lotta continua e il Profe è attualmente in cura per asportare un’altra parte di quel tumore. Per questi anni di resistenza Patishtán è diventato un simbolo, ma, nonostante l’appoggio di alcuni parlamentari e di una parte crescente dell’opinione pubblica, non aveva ancora vinto la sfida contro l’ingiustizia. Con la decisione di liberarlo lo stato ammette di aver violato i suoi diritti fondamentali e di non aver saputo condurre un processo giusto nei suoi confronti. I grandi perdenti della vicenda sono il sistema giudiziario e il penale, incapaci di emendare i propri errori e di correggere il tiro. Il perdente è la cosiddetta “fabbrica dei colpevoli”. Patishtán aveva dichiarato di non voler chiedere la grazia, ma questa è arrivata comunque grazie alla nuova norma e alle forti pressioni nazionali e internazionali.
Di seguito un articolo riassuntivo sul caso del profe Alberto Patishtán pubblicato sul quotidiano l’Unità del 20 ottobre 2013 – In PDF a questo Link - Più dettagli a questo link su Carmilla.


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