Perchè questo nome:

Credo che la verità vada urlata contro ogni indifferenza mediatica e delle coscienze. Perciò questo è uno spazio di controinformazione su tutto ciò che riguarda le lotte sociali. Questo blog è antisionista perchè antifascista. Informatevi per comprendere realmente e per resistere.

Donatella Quattrone


mercoledì 23 ottobre 2013

LIBERATI TUTTI GLI ARRESTATI DEL 19 OTTOBRE

Mercoledì, 23 Ottobre 2013 16:03

Di Luca Fiore

Liberati tutti gli arrestati del 19 ottobre

La notizia è arrivata intorno alle 16 di oggi: il Gip, dopo ore di interrogatori e di camera di consiglio, ha deciso la scarcerazione immediata di tutti e sei i manifestanti arrestati sabato pomeriggio a Roma nel corso della manifestazione nazionale dei movimenti sociali.
La decisione è stata adottata dal Gip Riccardo Amoroso sulla base del fatto che nei confronti dei quattro dimostranti e delle due studentesse non esisteva alcuna prova della loro partecipazione agli scontri davanti al Ministero dell'Economia e delle Finanze, nonostante che nei loro confronti il Pm Luca Palamara avesse ipotizzato l'accusa di resistenza aggravata. Era evidente fin da subito l'estraneità dei fermati rispetto agli scontri, tra l'altro di lievissima entità, che avevano caratterizzato soltanto un episodio all'interno della grande e determinata manifestazione che ha poi portato all'assedio del Ministero delle Infrastrutture a Porta Pia. Eppure sei persone hanno dovuto trascorrere in carcere quasi quattro giorni, private della loro libertà personale e additate da tv e giornali come violenti. Che ora farebbero bene a chiedere scusa. Così come dovrebbero chiedere scusa coloro che decidendo il capo d'imputazione nei loro confronti avevano abusato in colpevole fantasia sostenendo che il fatto che i manifestanti in tasca o scritto a penna su un braccio avessero i numeri degli avvocati del Legal Team costituisse una 'aggravante' al reato già pesante di resistenza a pubblico ufficiale. E' bene che tutti, la prossima volta, portino con sé ai cortei il numero di un legale al quale affidarsi in caso di arresto perché come abbiamo visto sabato la repressione è cieca e colpisce nel mucchio.
Finché non è arrivata la notizia della liberazione, accolta da un'ovazione, da questa mattina alle 10 era in corso un presidio di massa davanti all'ingresso del carcere romano di Regina Coeli dove si stavano svolgendo gli interrogatori di garanzia dei sei compagni e compagne. "Tutti liberi tutte libere" è stato lo slogan più volte scandito dai circa 200 manifestanti che hanno anche esposto uno striscione con la scritta: "Chi devasta e saccheggia le nostre vite è lo Stato, liberi tutti" ed altri che facevano riferimento alla repressione contro le lotte sociali e il movimento No Tav. "Non accetteremo mai alcuna divisione tra buoni e cattivi, crediamo che l'intelligenza collettiva di una piazza sia responsabilità di tutti, sia quando va 'bene' che quando va 'male', e che nessuno debba mai sottrarsi a questo" affermano gli attivisti che stanno presidiando l'entrata del carcere sul Lungotevere.
Gli interrogatori, iniziati con forte ritardo, sono terminati poco dopo le 13 e poi i giudici si sono riuniti in camera di consiglio. Durante gli interrogatori gli avvocati della difesa hanno prodotto foto e filmati che attestano l'arbitrarietà degli arresti e della carcerazione per i loro assistiti e assistite, fermati dopo una carica in via XX Settembre davanti alla Sede del Ministero dell'Economia e delle Finanze che ha travolto alcuni spezzoni del corteo che stavano semplicemente passando nel momento in cui alcuni gruppi di dimostranti incappucciati hanno bersagliato l'ingresso e i celerini di petardi. In attesa per tutto il giorno davanti all'ingresso del carcere romano stamattina anche i genitori di alcuni degli arrestati, in particolare quelli di Sara e Celeste, le due universitarie di Napoli rinchiuse a Rebibbia da sabato scorso e stamattina trasferite a Regina Coeli per gli interrogatori.''Mia figlia - ha detto il padre di Celeste alle agenzie di stampa - si è fermata per aiutare una sua amica ad alzarsi da terra e poi è stata travolta dalla calca e gli agenti l'hanno fermata. Dalle immagini dei video si vede chiaramente che lei stava solo aiutando la sua amica ad alzarsi e io sono orgoglioso di questo gesto di solidarietà che ha avuto. Era a Roma solo per dimostrare democraticamente. L'avvocato mi ha detto che è serena in carcere. Abbiamo fiducia nella giustizia. Ieri sono andato al carcere a portarle un cambio, avrei voluto darle un libro di Sciascia ma non mi è stato permesso''.

2013-10-23 10.47.10


Stanotte anche Napoli si era riempita di cartelli e striscioni che chiedevano la liberazione degli arrestati alla manifestazione di sabato. Numerose statue e monumenti "hanno preso la parola" per amplificare questa rivendicazione.
Proprio a Napoli i movimenti e i collettivi studenteschi danno appuntamento per venerdì 25 ottobre per una nuova mobilitazione a sostegno delle parole d'ordine delle due giornate di lotta del 18 e 19 ottobre e per chiedere la liberazione immediata di tutti gli attivisti e i dimostranti arrestati. Scrivono i promotori nell'appello di convocazione del corteo che partirà alle 9,30 da Piazza del Gesù: "Per chiedere la libertà per tutti i manifestanti arrestati il 19 ottobre, e per tutti i ragazzi che sono in carcere solo per essersi ribellati a questo stato di cose, come già era successo il 14 dicembre del 2010 e il 15 ottobre del 2011. Per dimostrare a chi ci ha arrestato e criminalizzato che non ci hanno per nulla intimorito, anzi: che la nostra lotta continua e si allarga. Perché tutte quelle idee, quella rabbia, quei contenuti che erano in piazza a Roma trovino espressione anche nella nostra città, e magari cominci finalmente quella sollevazione di cui abbiamo tutti bisogno". 
A Napoli già per domani, giovedì 24 Ottobre, all'aula Matteo Ripa di Palazzo Giusso, è prevista una nuova assemblea pubblica a partire dalle 16.30 dopo quella già realizzata lunedì pomeriggio sfociata poi in un corteo improvvisato nelle vie del centro della città.


Ultima modifica il Mercoledì, 23 Ottobre 2013 16:36



Fonte:


Qatar, sentenza definitiva: 15 anni per il poeta del Gelsomino

Muhammed al Ajami e' stato condannato a 15 anni di carcere duro per la sua poesia sulla rivoluzione tunisina che punta l'indice anche contro emiri e re del Golfo
 




martedì 22 ottobre 2013 14:04



di Michele Giorgio

Roma, 22 ottobre 2013, Nena News - Nessuna clemenza per Ibn al-Dheeb colpevole di avere scritto in una poesia "siamo tutti Tunisia di fronte all'elite repressiva". Il poeta qatarino Muhammad al-Ajami, piu' noto come Ibn al-Dheeb, e' stato condannato dalla Corte di Cassazione di Doha a 15 anni di reclusione per quel verso ritenuto ostile all'emirato del Qatar. Il suo avvocato, Néjib al-Naimi, ha parlato di "sentenza politica" - sulla quale non ci sono dubbi - e ha auspicato un atto di grazia da parte del nuovo emiro, Tamim bin Hamad al-Thani. Grazia alla quale pochi credono. I regnanti assoluti del Qatar, impegnati con armi e soldi a "portare la democrazia" a casa del nemico Bashar Assad, non hanno alcuna intenzione di allentare la morsa della repressione a casa loro.



Poeta 36enne, al Ajami era stato arrestato per la sua poesia intitolata 'Gelsomino Tunisino' in cui si legge la "frase incriminata". La Cassazione lo ha riconosciuto colpevole di avere "incitato alla rivolta" contro l'emirato, stretto alleato degli Stati Uniti.

Organizzazioni internazionali per i diritti umani hanno espresso parole di condanna fin dall'arresto del poeta. Amnesty International defini' la sentenza all'ergastolo pronunciata nel 2012, poi ridotta a 15 anni, come "un'oltraggiosa violazione della liberta' di espressione".

Al Ajami ha commesso un altro "reato", avere spiegato che l'ex emiro Hamad bin Khalifa al-Thani e gli altri sceicchi del Qatar "passano il tempo a giocare alla playstation".

La vicenda di al Ajami risale a un anno fa. Lo scorso 16 novembre fu arrestato e il 29 novembre condannato all'ergastolo per la poesia che, secondo le autorita', esortava la popolazione al colpo di Stato. "Il processo a cui è stato sottoposto non è stato equo", commento' Cecile Pouilly, portavoce dell'Alto Commissariato Onu per i Diritti Umani, riportando alla stampa l'irregolarità della procedura processuale e il fatto che il processo stesso si fosse tenuto a porte chiuse.

Gli avvocati del poeta e osservatori esterni infatti non furono ammessi in tribunale e lo stesso Al Ajami era assente al momento della lettura della sentenza.

Il successivo 27 gennaio, probabilmente per le pressioni internazionali, ad al Ajami la pena e' stata ridotta a 15 anni. Sentenza ora confermata dalla Cassazione.

La poesia "Tunisian Jasmine" era stata scritta da Al Ajami in sostegno alle rivolte della Primavera Araba. Ne riportiamo la traduzione, a cura di Marta Ghezzi per Osservatorio Iraq.

"Oh signor primo ministro, oh Mohammad al-Ghannoushi

se guardiamo al tuo potere, esso non deriva dalla Costituzione.

Non piangiamo Ben Ali, né piangiamo la sua epoca, che rappresenta solo un piccolo punto nella linea della storia.

La dittatura è un sistema repressivo e tirannico, la Tunisia ha annunciato la sua rivolta popolare.

Se critichiamo, critichiamo solo ciò che è meschino e infimo se cantiamo lodi, lo facciamo in prima persona.

La rivolta è iniziata con il sangue del popolo, ribelle, e ha dipinto la liberazione sui volti di ogni essere vivo.

Sappiamo che faranno ciò che vogliono e sappiamo che tutte le vittorie portano con sé eventi tragici, ma povero quel Paese che fa dell'ignoranza il suo governante e crede nella forza delle forze americane, e povero quel Paese che affama il suo popolo mentre il governo gioisce dei successi economici, e povero quel Paese i cui cittadini si addormentano con la cittadinanza e si svegliano senza, e povero quel sistema che eredita repressione.

Fino a quando sarete schiavi di tanto egoismo?

Quando il popolo prenderà coscienza del suo vero valore?

Quel valore che gli viene nascosto e che presto dimentica?

Perché i governi non scelgono mai il modo per porre fine al sistema del potere tirannico che sa della sua malattia e insieme avvelena il suo popolo, che sa che domani sulla sua sedia si siederà il suo successore.

Non tiene in conto che la patria porta il nome suo e della sua famiglia, quella stessa patria che conserva la sua gloria nelle glorie del popolo, quel popolo che risponde con una voce sola ad un solo destino: siamo tutti tunisini davanti all'oppressore!

I governi arabi, e chi li guida, tutti ugualmente ladri.

Quella domanda che toglie il sonno a chi se la pone, non troverà risposta in chi incarna l'ufficiale.

Se possiamo importare ogni cosa dall'Occidente, perché non importiamo anche i diritti e la libertà?



Fonte: