Perchè questo nome:

Credo che la verità vada urlata contro ogni indifferenza mediatica e delle coscienze. Perciò questo è uno spazio di controinformazione su tutto ciò che riguarda le lotte sociali. Questo blog è antisionista perchè antifascista. Informatevi per comprendere realmente e per resistere.

Donatella Quattrone


lunedì 20 agosto 2012

Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti

Nicola Sacco (Torremaggiore, Foggia, 22 aprile 1891 - Charlestown, 23 agosto 1927) e Bartolomeo Vanzetti (Villafalletto, 11 giugno 1888- Charlestown, 23 agosto 1927) furono due anarchici italiani che vennero arrestati, processati e giustiziati negli Stati Uniti negli "anni '20", con l'accusa di omicidio di un contabile e di una guardia di una fabbrica di scarpe. Sulla loro colpevolezza vi furono molti dubbi già all'epoca del loro processo; non vennero nemmeno assolti dopo che un altro uomo ammise, nel 1925, la responsabilità di quei crimini.
Sacco, di origine pugliese, di professione faceva il ciabattino mentre Vanzetti - che gli amici chiamavano Tumlin, ed era originario di Villafalletto, Cuneo - gestiva una rivendita di pesci. Furono giustiziati sulla sedia elettrica a Dedham, Massachusetts, il 23 agosto 1927.

Brevi note biografiche

  • Nicola Sacco nasce a Torremaggiore (attualmente in provincia di Foggia) il 22 aprile 1891 in una numerosissima famiglia, padre, madre e 17 figli. Vissuto nella miseria, a quattordici anni lascia la scuola per iniziare a lavorare nei campi. Emigrato a 17 anni(12 aprile 1909) negli USA, lavora inizialmente come manovale e operaio di fonderia, prima di riuscire a farsi assumere in un calzaturificio come operaio specializzato. Sposatosi nel 1912 con Rosina Zambelli, figlia di un immigrato piemontese, ha due figli: Dante e Ines. Scoppiata la guerra mondiale si rifugia in Messico per sfuggire all'arruolamento obbligatorio, ma una volta ritornato negli USA inizia la militanza negli ambienti anarco-sindacalisti, organizzando e partecipando a molti scioperi che gli costano la schedatura come agitatore e anarchico.
  • Bartolomeo Vanzetti nasce a Villafalletto (attualmente in Piemonte) l'11 giugno 1888. All'età di 13 anni inizia a lavorare come apprendista in una pasticceria, in seguito, divenuto orfano, decide di emigrare verso gli USA: è il 9 giugno 1908.[1]. Svolge moltissimi lavori in diverse città: bracciante, lavapiatti, manovale, operaio, ecc. Quando è riuscito a racimolare un pò di soldi acquista un carretto da pescivendolo, mestiere con cui si guadagna da vivere a Plymouth. Anarchico convinto, è sicuramente più preparato culturalmente del suo amico Sacco. Conosciuto per la sua abilità oratoria, viene arrestato mentre stava raccogliendo materiale controinformativo sulla morte dell'anarchico Andrea Salsedo
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L'immigrazione negli USA

Arrivarono negli USA - Sacco nel 1909 e Vanzetti nel 1908 - senza conoscersi tra loro. Sacco aveva quasi diciotto anni e Vanzetti venti. Quest'ultimo, al processo, descriverà così l'esperienza dell'immigrazione: «Al centro immigrazione, ebbi la prima sorpresa. Gli emigranti venivano smistati come tanti animali. Non una parola di gentilezza, di incoraggiamento, per alleggerire il fardello di dolori che pesa così tanto su chi è appena arrivato in America». 


Sacco (a destra) e Vanzetti ( a sinistra) in manette

E in seguito scrisse: «Dove potevo andare? Cosa potevo fare? Quella era la Terra promessa. Il treno della sopraelevata passava sferragliando e non rispondeva niente. Le automobili e i tram passavano oltre senza badare a me».
Sacco, che in Italia era stato calzolaio di professione, trovò lavoro in una fabbrica di calzature a Milford, nel Massachusetts. Si sposò e andò ad abitare in una casa con giardino. Ebbe un figlio, Dante, e una figlia, Ines. Lavorava sei giorni la settimana, dieci ore al giorno. Nonostante ciò, partecipava attivamente alle manifestazioni operaie dell'epoca, attraverso le quali i lavoratori chiedevano salari più alti e migliori condizioni di lavoro. In tali occasioni teneva spesso dei discorsi. A causa di queste attività venne arrestato nel 1916.
Vanzetti fece molti lavori, prendeva tutto ciò che gli capitava. Lavorò in varie trattorie, in una cava, in un'acciaieria e in una fabbrica di cordami, la Plymouth Cordage Company. Leggeva molto: Marx, Charles Darwin, Victor Hugo, Gorkij, Lev Tolstoj, Emile Zola e Dante furono tra i suoi autori preferiti. Nel 1916 guidò uno sciopero contro la Plymouth e per questo motivo nessuno volle più dargli un lavoro. Si mise quindi in proprio, facendo il pescivendolo.
Fu in quell'anno che "Nick" e "Bart" si conobbero ed entrarono entrambi a far parte del gruppo anarchico italoamericano di Luigi Galleani. Tutto il collettivo fuggì in Messico per evitare la chiamata alle armi, non per vigliaccheria ma perché per un anarchico non c'è niente di peggiore che morire per uno Stato.

L'arresto

Nicola e Bartolomeo tornarono nel Massachussets dopo la guerra, ma non sapevano di essere inclusi in una lista di sovversivi compilata dal Ministero di Giustizia, nè di essere pedinate dagli agenti segreti USA. Nella stessa lista era incluso anche un amico di Vanzetti, il tipografo Andrea Salsedo. Questi, il 3 maggio 1920, venne assassinato dalla polizia in un modo che non può non ricordare la storia di Giuseppe Pinelli: venne buttato dal quattordicesimo piano di un edificio appartenente al Ministero di Giustizia. Sacco e Vanzetti organizzarono un comizio per far luce su questa vicenda, comizio che avrebbe dovuto avere luogo a Brockton il 9 maggio. Purtroppo gli eventi seguenti impedirono la realizzazione della manifestazione.
Il 5 maggio 1920, probabilmente grazie ad una "soffiata", Nick e Bart vennero arrestati perché nei loro cappotti nascondevano volantini anarchici e alcune armi. Tre giorni d'interrogatori ed i due vennero accusati dal procuratore Gunn Katzamnn anche di una rapina avvenuta a South Baintree, un sobborgo di Boston, circa un mese prima del loro arresto (15 aprile 1920), in cui erano stati assassinati due uomini, il cassiere della ditta - il calzaturificio «Slater and Morrill» - e una guardia giurata. Vanzetti fu accusato anche della rapina ai danni di un furgone che trasportava le paghe degli operai di un calzaturificio, compiuta il 24 dicembre 1919 a Bridgewater.

Il processo e la condanna

I tre processi (nel primo processo Vanzetti fu condannato a 12 anni di carcere per la prima rapina; nel secondo - 14 luglio 1921 - i due vennero invece condannati a morte) che seguirono e le successive condanne a morte furono utilizzate in chiave politica, ovvero per dare un esempio a tutti i militanti della sinistra. Non c'era nessuna prova a loro carico, addirittura alcune testimonianze li scagionavano. Addirittura non si tenne conto della confessione del detenuto portoricano Celestino Madeiros, che ammise di aver preso parte alla rapina e di non aver mai visto Sacco e Vanzetti.
Alla base del verdetto di condanna - a parere di molti - vi furono da parte di polizia, procuratori distrettuali, giudice e giuria pregiudizi e una forte volontà di perseguire una "politica del terrore" suggerita dal ministro della giustizia Palmer e culminata nella vicenda delle deportazioni. Sotto questo aspetto, Sacco e Vanzetti venivano considerati due "agnelli sacrificali" utili per testare la nuova linea di condotta contro gli avversari del governo. Erano infatti immigrati italiani con una comprensione imperfetta della lingua inglese (migliore in Vanzetti, che terrà un famoso discorso, in occasione della lettura del verdetto di condanna a morte); erano inoltre note le loro idee politiche radicali. Il giudice Webster Thayer li definì senza mezze parole due anarchici bastardi.
Si trattava di un periodo della storia americana caratterizzato da una intensa paura degli anarchici (vedi Anarchist Exclusion Act) e soprattutto dei comunisti, la paura rossa del 1917 - 1920. Né Sacco né Vanzetti avevano avuto precedenti con la giustizia, né si consideravano comunisti, ma erano conosciuti dalle autorità locali come militanti radicali che erano stati coinvolti in scioperi, agitazioni politiche e propaganda contro la guerra.

Da un discorso di Vanzetti

Sacco e Vanzetti si ritenevano vittime del pregiudizio sociale e politico. Vanzetti, in particolare, ebbe a dire rivolgendosi per l'ultima volta al giudice Thayer:
«Io non augurerei a un cane o a un serpente, alla più bassa e disgraziata creatura della Terra; io non augurerei a nessuna di queste ciò che io ho dovuto soffrire per cose di cui io non sono colpevole. Ma la mia convinzione è che ho sofferto per cose di cui io sono colpevole. Io sto soffrendo perché io sono un radicale, e davvero io sono un radicale; io ho sofferto perché ero un Italiano, e davvero io sono un Italiano» [...] (dal discorso di Vanzetti del 19 aprile 1927, a Dedham, Massachusetts)
Ed è proprio in questo senso che oggi molti anarchici sostengono che i loro compagni ingiustamente incarcerati o uccisi non sono affatto innocenti; sono invece perseguitati perché sono ciò che sono, e dal punto di vista del potere, sostengono, non vi è alcun errore di giudizio.

Lettera di Sacco al figlio Dante


Manifestazioni in favore di Sacco e Vanzetti (Londra, 1921)

«Mio carissimo figlio e compagno,
sin dal giorno che ti vidi per l'ultima volta ho sempre avuto idea di scriverti questa lettera: ma la durata del mio digiuno e il pensiero di non potermi esprimere come era mio desiderio, mi hanno fatto attendere fino ad oggi. Non avrei mai pensato che il nostro inseparabile amore potesse così tragicamente finire!
Ma questi sette anni di dolore mi dicono che ciò è stato reso possibile. Però questa nostra separazione forzata non ha cambiato di un atomo il nostro affetto che rimane più saldo e più vivo che mai. Anzi, se ciò è possibile, si è ingigantito ancor più. Molto abbiamo sofferto durante il nostro lungo calvario.
Noi protestiamo oggi, come protestammo ieri e protesteremo sempre per la nostra libertà. Se cessai il mio sciopero della fame, lo feci perchè in me non era rimasta ormai alcuna ombra di vita ed io scelsi quella forma di protesta per reclamare la vita e non la morte, il mio sacrificio era animato dal desiderio vivissimo che vi era in me, per ritornare a stringere tra le mie braccia la tua piccola cara sorellina Ines, tua madre, te e tutti i miei cari amici e compagni di vita, non di morte. Perciò, figlio, la vita di oggi torna calma e tranquilla a rianimare il mio povero corpo, se pure lo spirito rimane senza orizzonte e sempre sperduto tra tetre, nere visioni di morte. Ricordati anche di ciò figlio mio. Non dimenticarti giammai, Dante, ogni qualvolta nella vita sarai felice, di non essere egoista: dividi sempre le tue gioie con quelli più infelici, più poveri e più deboli di te e non essere mai sordo verso coloro che domandano soccorso. Aiuta i perseguitati e le vittime perchè essi saranno i tuoi migliori amici, essi sono i compagni che lottano e cadono, come tuo padre e Bartolomeo lottarono e oggi cadono per aver reclamati felicità e libertà per tutte le povere cenciose folle del lavoro. In questa lotta per la vita tu troverai gioia e soddisfazione e sarai amato dai tuoi simili. Continuamente pensavo a te, Dante mio, nei tristi giorni trascorsi nella cella di morte, il canto, le tenere voci dei bimbi che giungevano fino a me dal vicino giardino di giuoco ove vi era la vita e la gioia spensierata - a soli pochi passi di distanza dalle mura che serrano in una atroce agonia tre anime in pena! Tutto ciò mi faceva pensare a te e ad Ines insistentemente, e vi desideravo tanto, oh, tanto, figli miei! Ma poi pensai che fu meglio che tu non fossi venuto a vedermi in quei giorni, perché nella cella di morte ti saresti trovato al cospetto del quadro spaventoso di tre uomini in agonia, in attesa di essere uccisi, e tale tragica visione non so quale effetto avrebbe potuto produrre nella tua mente, e quale influenza avrebbe potuto avere nel futuro. D'altra parte, se tu non fossi un ragazzo troppo sensibile una tale visione avrebbe potuto esserti utile in un futuro domani, quando tu avresti potuto ricordarla per dire al mondo tutta la vergogna di questo secolo che è racchiusa in questa crudele forma di persecuzione e di morte infame. Si, Dante mio, essi potranno ben crocifiggere i nostri corpi come già fanno da sette anni: ma essi non potranno mai distruggere le nostre Idee che rimarranno ancora più belle per le future generazioni a venire. Dante, per una volta ancora ti esorto ad essere buono ed amare con tutto il tuo affetto tua madre in questi tristi giorni: ed io sono sicuro che con tutte le tue cure e tutto il tuo affetto ella si sentirà meno infelice. E non dimenticare di conservare un poco del tuo amore per me, figlio, perchè io ti amo tanto, tanto... I migliori miei fraterni saluti per tutti i buoni amici e compagni, baci affettuosi per la piccola Ines e per la mamma, e a te un abbraccio di cuore dal tuo padre e compagno.
Nicola Sacco»

La protesta e l'esecuzione

«Quando le sue ossa, signor Thayer, non saranno che polvere, e i vostri nomi, le vostre istituzioni, non saranno che il ricordo di un passato maledetto, il suo nome - il nome di Nicola Sacco - sarà ancora vivo nel cuore della gente. Noi dobbiamo ringraziarvi. Senza di voi saremmo morti come due poveri sfruttati: un buon calzolaio, un bravo pescivendolo......E mai, in tutta la nostra vita, avremmo potuto sperare di fare tanto in favore della tolleranza, della giustizia, della comprensione fra gli uomini.» (La Tragedia di Sacco e Vanzetti, Francis Russell.)

Commemorazione di Sacco e Vanzetti (Carrara, 1° maggio 2010)

All'inizio Sacco e Vanzetti furono difesi dalla comunità italiana (un ruolo importante lo ebbe anche il giornale anarchico «L'Adunata dei Refrattari» e il comitato in loro difesa, promosso negli USA da Aldino Felicani)), una delle più sfruttate e oppresse in quel periodo negli USA, poi soprattutto dai marxisti e dal movimento anarchico internazionale: «Le Libertaire», è il primo giornale francese a parlarne, a cui presto si aggiungerà Soccorso rosso internazionale e l'Internazionale comunista. Tutti insieme riuscirono a smuovere le coscienze di molti intellettuali, addirittura l'ateo anarchico francese Louis Lecoin non esitò a ichiedere al papa di intervenire. [2]
I comunisti americani fecero sentire la propria voce di protesta solo nel 1927 con l'intenzione di trarne un vantaggio politico[3]. In molti paesi del mondo sorsero comitati in difesa di Sacco e Vanzetti e ovunque ci furono manifestazioni. A molte ambasciate americane furono inviati pacchi bomba come segno estremo di protesta, ma fu tutto inutile. Secondo recenti "scoperte", parrebbe che anche Mussolini si sia mosso in difesa dei due anarchici italiani. [4]
Quando il verdetto di morte fu reso noto, si tenne una manifestazione davanti al palazzo del governo, a Boston. La manifestazione durò ben dieci giorni, fino alla data dell'esecuzione (Charlestown, 23 agosto 1927). Il corteo attraversò il fiume e le strade sterrate fino alla prigione di Charlestown. La polizia e la guardia nazionale li attendevano dinanzi al carcere e sopra le sue mura vi erano mitragliatrici puntate verso i manifestanti.
Dopo la morte dei due anarchici, due catafalchi furono eretti nella camera ardente. Kenneth Whistler vi si recò e spiegò sui catafalchi un enorme striscione, sul quale era scritta una frase pronunciata dal giudice Thayer, rivolta a un amico, pochi giorni dopo aver pronunciato la sentenza: «Hai visto che cosa ho fatto a quei due bastardi anarchici, l’altro giorno?».

Intellettuali pro Nick e Bart

Molti scrittori e artisti in genere contribuirono a svelare il crimine che si stava compiendo ai danni dei due anarchici italiani: si può citare l'opera di Upton Sinclair intitolata Boston e U.S.A. di John Dos Passos; sul piano artistico si possono menzionare i quadri di Ben Shahn o le caricature di Robert Minor. Non meno importante fu la critica alle procedure processuali irregolari, denunciate da Henry L. Mencken (uomo non di sinistra, ma uno dei primi ad intervenire in sostegno a Sacco e Vanzetti) e Felix Frankfurter (professore di diritto ad Harvard)[3].
Molti altri famosi intellettuali, compresi Dorothy Parker, Edna St. Vincent Millay, Bertrand Russell, John Dos Passos, Upton Sinclair, George Bernard Shaw e H. G. Wells, sostennero a favore di Nick e Bart una campagna per giungere ad un nuovo processo; l'iniziativa, tuttavia, non approdò ad alcun risultato. Il 23 agosto 1927, dopo sette anni di udienze, i due uomini vennero giustiziati sulla sedia elettrica e la loro esecuzione innescò rivolte popolari a Londra, Parigi e in diverse città della Germania.
Il 23 agosto 1977, esattamente 50 anni dopo, il governatore del Massachusetts Michael Dukakis emanò un proclama che assolveva i due uomini dal crimine, dicendo:
«Io dichiaro che ogni stigma ed ogni onta vengano per sempre cancellati dai nomi di Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti.»

Fonte:

http://ita.anarchopedia.org/Sacco_e_Vanzetti