Perchè questo nome:

Credo che la verità vada urlata contro ogni indifferenza mediatica e delle coscienze. Perciò questo è uno spazio di controinformazione su tutto ciò che riguarda le lotte sociali. Questo blog è antisionista perchè antifascista. Informatevi per comprendere realmente e per resistere.

Donatella Quattrone


giovedì 21 febbraio 2013

SIRIA, AUTOBOMBA IN CENTRO A DAMASCO...

giovedì 21 febbraio 2013

 


Dal blog http://ninofezzacinereporter.blogspot.it/ di Sebastiano Nino Fezza:


BEIRUT
 (Reuters) - Cinquantatre persone sono morte e altre 200 sono rimaste ferite nell'esplosione di un'autobomba nel centro di Damasco lungo una strada trafficata, vicino alla sede del partito di governo Baath e all'ambasciata russa.
Lo riferisce la tv di Stato siriana e secondo i media di Stato l'attentato è stato compiuto da "terroristi" che combattono contro il presidente Bashar al-Assad.
Finora, nei quasi due anni di conflitto in cui hanno perso la vita circa 70.000 persone, il centro di Damasco non era stato particolarmente colpito da episodi di violenza che invece hanno interessato le zone attorno alla capitale.
Il gruppo ribelle di Jabhat al-Nusra, affiliato ad al Qaeda che ha rivendicato diversi di questi attacchi, ha detto di aver compiuto 17 attentati attorno a Damasco nella prima metà di febbraio, tra cui almeno sette messi a segno con esplosioni.
L'Osservatorio siriano per i diritti umani ha detto che l'attentato di oggi, nel quartiere di Mazraa, ha provocato almeno 31 vittime, perlopiù civili. Altri attivisti parlano di 40 morti, inclusi bambini probabilmente di una vicina scuola.
Attivisti dell'opposizione hanno riferito di altre esplosioni altrove nella città dopo quella di Mazraa.


Fonte:

Nazih Abu Afash, poeta siriano...


 

 

Mi chiese il boia:

dove vuoi che ti tagli la testa?

Risposi: non so.

Suvvia, cerchiamo un posto adatto.

Girammo per le strade,

entrammo nei caffè,

ci intrufolammo nelle baracche dei comandanti gli eserciti,

bussammo alle porte di conoscenti.

Cercammo nelle piazze, nei libri, nelle foci dei fiumi…

ma non trovammo un luogo adatto per uccidere un uomo!

Al mio compagno non restò

che uccidermi in mezzo alla strada. (Nazih Abu Afash, poeta siriano)



Fonte:

http://ninofezzacinereporter.blogspot.it/2013/02/nazih-abu-afash-poeta-siriano.html

Wilma Monaco

 

"Un ferale alfabeto si snoda la mattina del 21 febbraio 1986 a Roma, sull’asfalto di via della Farnesina. Come in un’agghiacciante partita di Scarabeo i cartellini della Polizia scientifica mettono in fila, uno dopo l’altro, i tasselli dell’orrore. La lettera A è il corpo di una giovane. Con il volto verso il suolo. I quotidiani indugiano sui particolari dell’abbigliamento. Quasi che il mosaico di colori possa rendere meno glaciale la scena. Giaccone e sciarpa viola, borsa di cuoio a tracolla, zuccotto di lana scuro con borchie di metallo, guanti bianchi e neri da sci, stivaletti con la suola di gomma. B, C, D... bossoli, macchie, schegge... H, una pistola calibro 38. L’arma con cui ha sparato Wilma Monaco, militante dell’Unione dei comunisti combattenti (Udcc), formazione armata nata da una scissione delle Brigate rosse. L'organizzazione è alle prese con una situazione di grave crisi. Quasi tutti i membri sono in carcere, dilagano i cosiddetti pentiti, i dissociati. Le azioni sono ormai sporadiche. Il clima è pesante. Sono gli anni del craxismo trionfante. La sconfitta, profonda, ha travolto la sinistra, nelle sue rappresentanze storiche. I movimenti operai, studenteschi, femministi, sono rifluiti, i gruppi extraparlamentari dissolti nel nulla. Ma alcuni militanti vogliono proseguire la lotta. Cercano una via d’uscita, una strada di cambiamento e rivoluzione sociale.

Wilma è con loro. Dai tempi della scuola non ha mai abbandonato l’impegno politico. Infanzia a Testaccio, diploma al liceo linguistico, lavoro come impiegata. Nel 1977-78 milita in uno dei vari gruppi riuniti a Roma sotto la sigla di Movimento proletario di resistenza offensivo (Mpro), in contatto con le Brigate rosse. Effettuano azioni, anche illegali, prevalentemente sui temi della casa e del lavoro. Allo scioglimento del Mpro, insieme ad altri militanti Wilma costruisce i Nuclei clandestini di resistenza. Dal 1982, quando le Brigate rosse vacillano sotto il terremoto di arresti provocati in primo luogo dal pentitismo, il dibattito sul futuro della lotta armata investe anche l’area semilegale e la rete di appoggio diffusa che ruota intorno all’organizzazione. Wilma partecipa. Disorientata come molti suoi compagni. In bilico fra le lotte di massa e l’ipotesi armata, è in prima fila nelle battaglie del movimento pacifista contro l’installazione dei missili a Comiso, nelle iniziative dei disoccupati delle Liste di Lotta.
Riparata a Parigi in seguito a una denuncia, insieme agli scissionisti delle Brigate rosse fonda l’Udcc. È la fine del 1985. Lo stesso anno è stato arrestato l’ex marito, da cui si è separata affettivamente e politicamente. Lui è un brigatista "ortodosso". La nuova struttura, l'Udcc, intende invece mantenere acceso lo scontro, anche militare, ma considera la lotta armata uno strumento di lotta, sia pure decisivo, non una strategia.

Quella del 21 febbraio 1986 è la prima azione del gruppo. Obiettivo del commando - due uomini e due donne - Antonio Da Empoli, neodirettore del Dipartimento degli Affari economici e sociali della presidenza del Consiglio, collaboratore diretto di Bettino Craxi. Un incarico importante ma nell’ombra. Deve essere gambizzato, si dice in gergo. I quattro si appostano vicino all’edicola dove l’uomo si ferma ogni giorno andando a Palazzo Chigi. Sono le nove. La zona è tranquilla ed elegante. Da Empoli esce di casa, compra i giornali, torna verso la macchina, qualcuno grida il suo nome. Lui si volta, l’uomo spara. Viene ferito in modo non grave a una mano e a una coscia. La reazione è immediata. L’autista è un poliziotto, che si catapulta in strada facendo fuoco. Il commando è disorientato. Wilma tenta di coprire la fuga dei compagni. Avanza, spara tre colpi. Poi cerca di raggiungere la Vespa. Non ce la fa. Barcolla, crolla a terra, ferita a morte nonostante il giubbotto antiproiettile che indossa sotto la giacca. Gli altri riescono a far perdere le loro tracce.

Termina la vita così, a ventotto anni, Wilma Monaco. Roberta il suo nome di battaglia. Un’esistenza simile a quella di tanti coetanei cresciuti sull’onda lunga del Sessantotto, nel clima delle grandi passioni politiche, del fermento sociale che ha attraversato il paese, della strategia della tensione attuata per frenare il cambiamento. Del tentativo di definire un'ipotesi rivoluzionaria per i paesi a capitalismo avanzato.


Nel marzo del 1987 l’Udcc uccide il generale dell’Aeronautica Licio Giorgieri, prima di essere smantellata dagli arresti."


Testo tratto dal  libro 101 donne che hanno fatto grande Roma, di Paola Staccioli (Newton Compton 2011)





domenica 17 febbraio 2013

La condanna al rogo di Giordano Bruno


Accettata l'ospitalità del nobile veneziano Giovanni Mocenigo nel 1592, Giordano Bruno fu da questi denunciato all'Inquisizione e fatto arrestare per i suoi dubbi sulla funzione della religione e i sospetti di eterodossia gravanti sulle sue dottrine. In un primo tempo riuscì ad evitare la condanna con una parziale ritrattazione, ma nel 1593 fu trasferito all' Inquisizione di Roma e, dopo sette anni di carcerazione, fu condannato a bruciare sul rogo a Campo dei Fiori (Roma) il 17 febbraio del 1600: l'imputazione mossagli fu di dubitare della trinità, della divinità di Cristo e della transustanziazione, di voler sostituire alle religioni particolari la religione della ragione come religione unica e universale e di affermare che il mondo é eterno e che vi sono infiniti mondi. Più volte gli fu proposto di abiurare e di dichiarare false le sue idee: ma egli non accettò di scendere a compromessi e di rinunciare ai suoi ideali. Così fu bruciato vivo sul rogo. Correva l'anno 1600. 


Fonte:

giovedì 14 febbraio 2013

DUE ANNI DI RIVOLUZIONE. IL BAHRAIN CONTINUA A UCCIDERE I SUOI RAGAZZI


 

http://frontierenews.it/wp-content/uploads/2013/02/bahrain-flags_1828191i.jpg

 

 

Un ragazzo. Un manifestante. Una voce alzata. Lui era Hussein al-Jaziri, un sedicenne ucciso questa mattina durante gli scontri con le forze governative a Dia, un villaggio sciita vicino a Manama. Nella manifestazione per il secondo anniversario dell’inizio della rivolta nel Bahrein, pallini di piombo lo hanno colpito, ammazzandolo.

Due anni di rivoluzione. Era il 14 febbraio 2011 quando il malcontento del popolo (a maggioranza sciita, circa il 70% dei 600mila abitanti) si unì in Piazza delle Perle per chiedere giustizia sociale al governo (dinastia sunnita al Khalifa). Allora la protesta – dichiarata dal governo come una strategia orchestrata dall’Iran per distruggere il Paese dall’interno – fu “gestita” grazie all’aiuto delle forze saudite ed emirate.

Arresti di blogger, gas tossici e sonic bombs sulla popolazione, carcere alle maestre che indicono uno sciopero. La strada per la libertà è costellata di dolore. “Ho documentato le violenze, gli omicidi, le torture“, ci ha raccontato Maryam al-Khawaja (leggi qui tutta l’intervista).

 

V.E.

 

Fonte:

 

http://frontierenews.it/2013/02/due-anni-di-rivoluzione-il-bahrein-continua-a-uccidere-i-suoi-ragazzi/

  

 

lunedì 11 febbraio 2013

ISRAELE: 202 GIORNI DI SCIOPERO DELLA FAME, SAMER STA PER MORIRE IN CARCERE





Nel carcere di Gerusalemme è in fin di vita Samer al-Issawi, un ragazzo palestinese arrestato senza un’accusa formale nei suoi confronti né tantomeno una condanna.
Samer è nato il 16 dicembre 1979 a Issawiya (da lì il suo cognome), un villaggio palestinese vicino Gerusalemme est. Partecipare alla prima Intifada gli costò una condanna, da parte di un tribunale militare, a 30 anni di prigionia. Rilasciato nel 2011 nello scambio di prigionieri in cui il carrista israeliano Gilad Shalit è stato liberato, Samer ha ottenuto l’amnistia.


UN NUOVO ARRESTO. Nel luglio del 2012 un nuovo arresto. Perché ha oltrepassato il confine del territorio da lui “calpestabile”, abusando della libertà di movimento limitata dalle autorità israeliane. Confine che, secondo quanto dichiarato dal padre di Samer, veniva spostato quasi ogni settimana. Il suo arresto è avvenuto senza un’accusa formale né tantomeno una condanna a suo carico; è stato semplicemente l’ennesimo caso di detenzione amministrativa.

LO SCIOPERO DELLA FAME. Nel 2011 Khader Adnan e Hana Shalabi rifiutarono il cibo dei carcerieri; sul loro esempio circa 2mila altri prigionieri palestinesi digiunarono per 66 giorni, al termine dei quali riuscirono a raggiungere un accordo (poi disatteso più volte dal servizio carcerario) per ottenere migliori condizioni. Con lo stesso spirito che ha guidato queste azioni di protesta pacifica, anche Samer, in seguito al suo arresto, ha iniziato uno sciopero della fame.

LA SALUTE COMPROMESSA. Dopo oltre 180 giorni senza cibo (a parte una lieve somministrazione di vitamine e liquidi per via endovenosa avvenuta, come ricorda NenaNews, dietro minaccia israeliana di iniettargli a forza del glucosio che, visto il suo stato di salute, probabilmente l’avrebbe ucciso) e dopo numerosi ricoveri in ospedale, lui fu ridotto alla sedie a rotelle, i suoi reni smisero di lavorare come avrebbero dovuto e il suo peso raggiunse i 48 chili. Come riportato dal blogger Abed Enen, la sera dell’11 febbraio la Croce Rossa ha comunicato quello che molti temevano: nel 202esimo giorno di sciopero della fame Samer “sta per morire”. Ai famigliari ha dichiarato: “O vinco la battaglia per la libertà e per la dignità, oppure muoio combattendo. Vi voglio bene”.

“NON STRINGERE QUELLA MANO”. Senza aver mai ricevuto un’accusa formale, Samer ha più volte chiesto udienze ai giudici. Alcune volte questi rifiutarono all’ultimo momento di concederla, rinviandola – dopo un’attesa di almeno 20 giorni – a corti militari. Altre volte veniva accettata, come quella volta in cui, di fronte al giudice e alla famiglia, venne picchiato dai soldati perché voleva stringere la mano alla madre. A proposito di quell’udienza, la sorella Shereen ha raccontato: “Ogni qual volta Samer ha cercato di stringere la mano a mia madre o anche solo di toccarla, i soldati israeliani glielo hanno impedito. E dato che Samer ci ha provato più volte, i soldati hanno assalito lui e la mia famiglia. È stato veramente brutale e disumano”.

UNA FAMIGLIA MARTORIATA, IN UNA TERRA MARTORIATA. La famiglia al-Issawi non è nuova ad arresti e uccisioni. La nonna di Samer è stata uccisa durante la prima Intifada, i suoi genitori sono stati arrestati nei primi anni ’70, suo fratello maggiore è stato ucciso negli scontri che hanno seguito l’eccidio nella Moschea di Abramo e anche i suoi sei fratelli e sorelle hanno affrontato arresti.

In questo momento anche i detenuti Ayman Sharawna, Jafar Azzidine, Tarek Qa’adan, e Yousef Yassin sono in sciopero della fame.


Valerio Evangelista



Fonte:

Oman, 21 prigionieri politici in sciopero della fame

Condannati a 18 mesi per partecipazione a manifestazioni di protesta e critiche al regime. Parlamento approva aumento del salario minimo per evitare nuove proteste.


lunedì 11 febbraio 2013 11:23






dalla redazione

  Roma, 11 febbraio 2013, Nena News - Ventuno attivisti detenuti in Oman hanno iniziato uno sciopero della fame per protestare contro i continui rinvii dei processi in cui sono imputati. Il crimine che avrebbero commesso è quello di espressione: i ventuno attivisti sono accusati di aver utilizzato internet per criticare il governo o di aver preso parte a manifestazioni di protesta contro il regime.

Lo sciopero della fame è partito sabato nel carcere di Samayl, ha annunciato uno degli avvocati, Yaqoob al-Harthy. Uno dei prigionieri, Said al-Hashemi, è stato già punito con l'isolamento, accusato dalle autorità carcerarie di aver dato il via allo sciopero. "Said è stato messo in isolamento perché pensano che abbia istigato lo sciopero della fame - ha spiegato Harthy - Ma è solo uno dei prigionieri in protesta".

I ventuno attivisti sono stati condannati a 18 mesi di carcere per aver violato la cosiddetta "legge cyber" o per aver partecipato a manifestazioni non autorizzate. Una sentenza contro la quale hanno presentato appello alla Corte Suprema. Ma l'udienza è stata continuamente posposta.

In una lettera scritta sabato, i prigionieri scrivono:
"Come affermazione della nostra liberà volontà e in protesta contro le pratiche giudiziarie e il ritardo della decisione finale del tribunale, i prigionieri di opinione ed espressione annunciano l'avvio di uno sciopero della fame a tempo indeterminato a partire dal 9 febbraio 2013 , fino a quando la nostra oppressione non finirà, fino a quando la giustizia e l'imparzialità dell'Alta Corte non ci sarà riconosciuta e fino a quando la palese interferenza nel potere giudiziario in Oman non sarà fermata".

L'Oman è da tempo target dei gruppi di difesa dei diritti umani per le continue violazioni e la dura repressione di ogni forma di critica interna. Nel rapporto del 2012 di Amnesty International, l'associazione accusa il governo di eccessivo utilizzo della forza contro i manifestanti e della promulgazione di legge che autorizzano i vertici dello Stato a punire chiunque critichi il regime quarantennale del sultano Qaboos.

Da gennaio ad aprile 2011, a seguito delle rivoluzioni esplose in Tunisia ed Egitto, anche l'Oman era sceso in piazza - nel silenzio dei media internazionali - per chiedere riforme che migliorassero le condizioni di vita della popolazione: aumento dei salari, abbassamento del costo della vita, riforme politiche democratiche, rispetto della libertà di espressione e di critica.

Richieste mai soddisfatte dal regime dell'Oman che aveva risposto con la repressione delle proteste di piazza e con un rimpasto di governo che ben pochi cambiamenti ha realizzato nei successivi due anni.
Sabato scorso, il parlamento dell'Oman ha approvato un aumento del salario minimo per evitare nuove sollevazioni da parte della popolazione. L'obiettivo è spostare i lavoratori verso il settore privato e diminuire così il tasso di disoccupazione: dal primo luglio il salario minimo nel settore privato salirà a 325 rial al mese (844 dollari), un aumento di oltre il 60% rispetto al passato e che interesserà circa 122mila lavoratori. Nena News



Fonte:


DUE ATTIVISTI DELL'ISM, TRA CUI MARCO, 54ENNE DI ROMA, SONO STATI ARRESTATI E RISCHIANO L'ESPULSIONE DOPO UNA NUOVA PROTESTA NEL VILLAGGIO CANAAN

Posted on by claudiot


Marco ha deciso di resistere alla deportazione ed urgono DONAZIONI per far fronte alle spese legali.

fonte: palsolidarity.org

Aggiornamento del 10 febbraio: attivista ISM in sciopero della fame!


Dave e Marco sono detenuti nel carcere di Givone rischiano la deportazione.
Uno di loro, Marco Di Renzo (54 anni), ha deciso di iniziare uno sciopero della fame da stasera (ieri sera per chi legge) in solidarietà con i prigionieri politici palestinesi e per protestare contro la sua espulsione illegittima. Ha deciso anche di smettere di prendere i suoi farmaci per la pressione sanguigna, esponendo la sua vita a seri rischi date le sue condizioni di salute dovute ad una precedente tiroidectomia.
Le accuse contro di lui sono la presenza in una zona militare chiusa e l’aver aggredito un soldato con la sua macchina fotografica, accusa questa completamente falsa.

 canaan2 




Fonte:

domenica 10 febbraio 2013

NASCE IL VILLAGGIO DI CANAAN. SUBITO SGOMBERATO DA ISRAELE

Nella notte costruito un nuovo villaggio palestinese a Sud di Hebron, zona tra le più drammaticamente colpite dall'occupazione. L'esercito arresta 5 manifestanti.

sabato 9 febbraio 2013 10:41


 

  
dalla redazione

Betlemme, 9 febbraio 2013, Nena News - I Comitati Popolari proseguono nella lotta: nella notte è stato costruito un nuovo villaggio palestinese di protesta contro le politiche di colonizzazione israeliana e l'affermazione della proprietà palestinese delle terre nei Territori Occupati.

Ieri notte è toccato ad Hebron: dopo Bab al-Shams in area E1, Bab al-Karamah a Beit Iksa e Al-Manatir a Nablus, teatro della nuova creativa forma di protesta sono state le colline a Sud di Hebron, una delle zone più duramente sottoposte all'occupazione militare israeliana.

Un gruppo di circa trenta attivisti palestinesi ha tirato su le tende del neonato villaggio di Canaaan. L'obiettivo era accogliere questa mattina altri gruppi di attivisti che lavorassero le terre agricole di proprietà dei contadini palestinesi e sotto ordine coatto di confisca.

Immediata la reazione dell'esercito israeliano che ha attaccato il villaggio, espulso gli attivisti e distrutto le tende, costruite in un'area vicino la città di Yatta. Tre palestinesi e due internazionali sono stati arrestati. I soldati hanno lanciato sui manifestanti acqua putrida, una donna è rimasta ferita.

"Siamo venuti qui per costruire un nuovo villaggio palestinese in terra palestinese e per utilizzare liberamente la terra su cui abbiamo il diritto di vivere", ha detto uno degli attivisti presenti, Younis Araar, coordinatore del Comitato Popolare locale. "La preparazione per la costruzione di Canaan è cominciata una settimana fa - ha proseguito Araar - Abbiamo costruito le tende e subito l'esercito è arrivato. Siamo rimasti sorpresi dall'incredibile dispiegamento militare".

Una presenza militare che nelle Colline a Sud di Hebron non manca mai: tra zone militari chiuse, colonie e buffer zone, l'area a Sud della Cisgiordania è tra le più drammaticamente colpite dalle politiche israeliane. A Sud di Yatta sono otto i villaggi palestinesi su cui pesa la minaccia di trasferimento forzato per l'implementazione della cosiddetta Firing Zone 918, area di esercitazione militare unilateralmente dichiarata da Tel Aviv.

In piena Area C, sotto il totale controllo militare e civile israeliane, le comunità palestinesi a Sud di Hebron vivono in condizioni al limite della decenza: nessun servizio pubblico, confische continue e espulsioni fanno da corollario ad attacchi e aggressioni da parte dei coloni israeliani, considerati tra i più violenti e fanatici della Cisgiordania. Nena News




Fonte:


sabato 9 febbraio 2013

Donne a Tunisi

 


Cos'è un regime? Governo con la forza e menzogna sistematica.
Guardavo per distrazione il Tg2, pochi minuti fa. Nei sottotitoli a rotazione che scorrono in basso allo schermo una frase scioccante: "Tunisia, migliaia di persone al fnerale del leader dell'opposizione Belaid, solo uomini alle esequie".
Ma come?, mi chiedo. Belaid, il partito comunista, lo sciopero generale, com'è possibile "solo uomini"?
Poi scorrono le immagini, uguali per tutti i canali. Un milione e mezzo di persone in piazza, un paese fermo e senza più collegamenti con l'esterno... e centinaia di migliaia di donne a volto scoperto, al massimo con un foulard sui capelli.
Un lancio falso. Una "notizia" ossessivamente per mezz'ora, in modo subliminale. "Solo uomini", quindi gli integralisti, al qaeda, i nemici... Quando arrivano le immagini chi si accorge più che le donne, invece, ci sono e forse sono anche maggioranza? Chi ha raccontato allo spettatore che gli integralisti, amici dell'Occidente nostro, stanno invece al governo e sono i mandanti di quest'omicidio politico?
Cos'è un regime? Governo con la forza e menzogna sistematica. Qui da noi. 

Ultima modifica Venerdì 08 Febbraio 2013 21:03 



Fonte:

http://www.contropiano.org/it/corsivo/item/14409-donne-a-tunisi 

venerdì 8 febbraio 2013

TUNISIA: SECONDO GIORNO DI RABBIA E SCONTRI DOPO L'OMICIDIO DI BELAID

Giovedì 07 Febbraio 2013 17:49

 


Nuovi scontri a Tunisi ed in altre città, assaltate ovunque sedi di Ennahda e del governo. Domani i funerali del dirigente comunista assassinato mentre gli islamisti si spaccano sulla proposta del loro premier di formare un governo tecnico. E' tornata altissima man mano che la giornata trascorreva la tensione in tutta la Tunisia, dove per il secondo giorno consecutivo decine di migliaia di giovani, lavoratori e attivisti di sinistra sono scesi in piazza per esprimere la loro rabbia contro il regime islamista. Come ieri, alcune manifestazioni sono sfociate in scontri o in assalti alle sedi del partito Ennahda o di altre istituzioni.

E’ molto tesa la situazione nel centro di Tunisi dove da stamattina migliaia di persone sono in strada a protestare dopo l’omicidio, ieri, del dirigente comunista Chokri Belaid. In mattinata centinaia di poliziotti in tenuta antisommossa erano stati schierati a difesa del Ministero degli Interni in avenue Bourguiba, ma con le ore il numero di manifestanti è aumentato e sono esplosi pesanti scontri. I manifestanti continuano a lanciare pietre contro le forze di sicurezza che rispondono con un fitto lancio di granate lacrimogene, molte delle quali vengono rispedite indietro dai giovanissimi col volto coperto.
Tra i manifestanti anche molte ragazze, che urlano slogano contro il governo ed Ennahdha.
Le agenzie di stampa segnalano che un ragazzo dalla pelle scura, di una ventina d'anni, è stato arrestato nel pomeriggio a pochi metri dalla sede del Ministero dell'Interno, circondato da barriere metalliche e transenne di plastica per impedire a chi protesta di avvicinarsi.

Anche a Monastir centinaia di persone sono scese in piazza per protestare contro l'uccisione di Chokri Belaid. La polizia ha realizzato fitti lanci di lacrimogeni e pesanti cariche anche con l’uso di grandi jeep lanciate contro i manifestanti. Teatro dei disordini il lungomare della città, che si trova a pochi chilometri da Sousse, nel sud della Tunisia. Anche a Monastir la maggior parte dei manifestanti sono giovanissimi. Alcuni hanno sfidato apertamente gli agenti.

La sede di Ennahda a Siliana è stata presa d'assalto ed incendiata oggi pomeriggio da una folla inferocita composta da migliaia di persone che hanno dapprima marciato attraversando il centro della città.

Anche nella provincia di Gafsa si sono registrati scontri tra forze dell'ordine e manifestanti, che hanno assaltato la sede del governatorato lanciando bombe molotov. Un testimone riferisce che la sicurezza ha disperso la folla lanciando gas lacrimogeni. Secondo radio Mosaique, unico media a dare questa notizia, nei violenti scontri di questa mattina a Gafsa un ragazzo sarebbe rimasto ucciso.

Un gruppo di manifestanti ha fatto irruzione negli uffici del governatorato di Jendouba, nella Tunisia nordoccidentale. Durante la protesta non si sono comunque registrati atti di violenza. I manifestanti hanno intonato slogan contro il governo di Hamadi Jebali ed hanno chiesto espressamente al governatore di allontanarsi, accusandolo di essere un 'prodotto' del potere di Ennahda.

La polizia, schierata questa mattina a protezione del palazzo del Governatore a Sousse, ha lanciato delle granate lacrimogene per allontanare un migliaio di manifestanti che cercavano di avvicinarsi all'edificio. Ieri la polizia, secondo quanto riferito da alcuni manifestanti, ha usato delle pallottole di caucciù, molto pericolose e in grado di provocare gravi lesioni al volto.

Il ministero dell'Istruzione superiore di Tunisi ha annunciato in una nota che domani e sabato non si terranno corsi negli atenei, che rimarranno chiusi fino a lunedì. Domani in Tunisia si celebrerà una giornata di lutto nazionale in memoria di Chokri Belaid, in concomitanza con le esequie del dirigente comunista assassinato. Nonostante il tempo inclemente a migliaia hanno accompagnato il feretro di Chokri Belaid dall'ospedale Charles Nicolle - dove ieri é stata eseguita l'autopsia - all'abitazione dei genitori, a Djebel Jelloud, nella prima periferia sud di Tunisi. Domani il feretro, dopo la preghiera del pomeriggio, si muoverà dall'abitazione dei genitori per raggiungere il cimitero di Djellaz, il più importante della capitale.

E per domani l'Union Tunisienne Generale du Travail (Ugtt), principale sindacato tunisino con circa 500 mila iscritti, ha proclamato uno sciopero generale al quale hanno aderito anche altre associazioni professionali come quelle degli avvocati e dei giornalisti; un appello allo sciopero generale sempre per domani è stato lanciato anche dal Fronte Popolare, coalizione di partiti di sinistra del quale fa parte il partito di Belaid, i Patrioti Democratici. Intanto già oggi stanno incrociando le braccia avvocati e giudici tunisini, in una protesta a cui si sono uniti i docenti dell'università di Manouba, alle porte di Tunisi.

Dopo la denuncia da parte di Nadia Daoud, una giornalista vicina di casa di Belaid, è stato arrestato l'autista di Chokri Belaid, accusato di aver parlato con uno dei componenti del commando che poco dopo ha assassinato il dirigente comunista. Secondo fonti giornalistiche l'autista avrebbe ricevuto una telefonata da un alto esponente del partito Nida Tounes, partito fondato il 20 aprile 2012 da Beji Caid Essebsi, considerato un nostalgico della dittatura di Ben Alì. Zied Tahri sarebbe ora sotto interrogatorio.

Un video, che sta girando sul web, mostra che già lo scorso anno Chokri Belaid era nel mirino degli integralisti islamici. Nel video, che risalirebbe alla scorsa estate, si vedono dei giovani ''barbus'' (come vengono chiamati i salafiti) che, davanti alla moschea di Zarzis (nel sud dellaTunisia), insultano alcuni esponenti dell'opposizione laica. Soprattutto Belaid, minacciato di morte e sfidato ad andare a Zarzis. La città di recente ha acquistato la fama di roccaforte dell'islam piu' duro, tanto che, nei giorni scorsi, ha ospitato, per un sermone, il predicatore kuwaitiano Nabil Al Awadhi, promotore del progetto per fare indossare il velo alle bambine.

Intanto si fa sempre più evidente e profonda la spaccatura all’interno del partito islamico Ennahda. Che oggi ha fatto sapere di non essere affatto d’accordo con l’annuncio dato ieri sera dal premier Hamadi Jebali – esponente degli islamisti – sullo scioglimento dell’attuale esecutivo tripartito e la formazione di un governo tecnico ad interim che porti il paese a rapide elezioni.
Il capo del gruppo parlamentare di Ennahda – che conta su 89 seggi rispetto ai 217 totali - ha spiegato che Jebali ha fatto il suo annuncio senza aver consultato "né la coalizione governativa né il movimento Ennahda". Ancora più duri i giovani del partito: sulla pagina Facebook del Movimento giovanile sono state inserite una foto di Jebali in bianco e nero e un'altra a colori segnate con una croce rossa, a testimonianza della bocciatura dei giovani del partito riguardo la possibile formazione di un governo tecnico. ''Vattene Jebali, Ennahda resta al potere, il popolo ha scelto Ennahda e non Jebali'', hanno scritto i giovani. 

 
Ultima modifica Giovedì 07 Febbraio 2013 18:51

giovedì 7 febbraio 2013

TUNISIA: ASSASSINATO CHOKRI BELAID DEL FRONTE POPOLARE TUNISINO

Mercoledì 06 Febbraio 2013 14:23 


11985_10151392921876668_614705975_nAggiornamento 19hLa collera non si placa in Tunisia. Le manifestazioni continuano in tutto il paese puntando dapprima sulle sedi del partito Ennadha per darle alle fiamme, e poi verso le questure. Sembra che a Gafsa il ministero degli interni abbia dato l'ordine alle autorità cittadine di liberare tutti i dormitori pubblici per dare spazio ai nuovi plotoni di poliziotti. A Tunisi gli scontri scoppiati nel centro, dopo la grave provocazione poliziesca contro il corteo di saluto e l'ambulanza che portava la salma di Chokri Belaid, si sono diffusi nel resto della città. Barricate in fiamme, lacrimogeni, lanci di pietre e manganelli continuano a contendersi il territorio, mentre secondo la pagina facebook ufficiale dell'UGTT la polizia ha tentato di sfondare le porte della centrale sindacale. Stessa sorte per Tanit Press, agenzia stampa, i cui locali sono stati oggetto di lanci di lacrimogeni e i giornalisti aggrediti dai celerini. Il Fronte Popolare Tunisino si è dimesso ufficialmente dall'Assemblea Nazionale Costituente, e sembra che anche tutti gli altri partiti d'opposizione abbiano annunciato le dimissioni dei propri rappresentanti. E la crisi istituzionale più profonda che la Tunisia post-elezioni(farsa) abbia conosciuto. Intanto in rete sta circolando in video dove vengono ripresi alcuni esponenti di fazioni islamiste radicali declamare la condanna a morte contro Chokri Belaid, considerato un comunista e nemico dei loro progetti [guarda il video].
Lo scorso martedì Belaid rivolgendosi pubblicamente contro il leader di Ennadha e il ministro degli interni aveva denunciato “dei tentativi di smantellamento dello stato e la creazione di milizie per terrorizzare i cittadini, e trascinare il paese in una spirale di violenza tramite la Lega della Protezione della Rivoluzione”. Affermazioni pubbliche di verità che Belaid aveva coraggiosamente rivolto alle autorità accusando la sedicente organizzazione della “Lega della Protezione della Rivoluzione” di funzionare da ala paramilitare al servizio del progetto di islamizzazione violenta architettato dal partito islamista al governo e dalle fazioni salafite. Al lettore di Infoaut non saranno certo sfuggite le similitudini con l'omicidio Matteotti. L'augurio militante e solidale, è che la storia questa volta finisca radicalmente in altro modo, e che lo sciopero generale di domani sia il primo giorno di questa nostra storia.

Aggiornamento 16:30: "non abbiamo paura della morte!", e Hamma Hammami, storico esponente della sinistra comunista tunisina e membro del Fronte Popolare Tunisino, lancia lo sciopero generale per domani di concerto ad altri partiti e associazione dell'opposizione al regime islamista. Pochi minuti fa l'Avenue Bourguiba, già teatro durante la mattinata di violenti scontri tra polizia  e manifestanti, si è riempita dei compagni e delle compagne di Belaid che accompagnavano la salma dentro un'ambulanza. Nei pressi del ministero degli interni la celere ha caricato il corteo funebre mirando il lancio di lacrimogeni sull'ambulanza [guarda il video della provocazione poliziesca]. Gli scontri tra manifestanti e polizia hanno ripreso coinvolgendo tutto il centro. 
Nel resto della Tunisia è collera: sia nelle città del centro che della costa moltissime sedi del partito Ennahdha sono state assaltate e incendiate dai manifestanti. A Sidi Bouzid è stata attaccata anche la centrale della polizia. Gli slogan che si stanno ripetendo nelle strade del paese magrebino fanno tornare l'eco delle insurrezioni del 2011. Intanto il presidente della repubblica Moncef Marzouki prova a balbettare condanne contro la violenza che non convincono nessuno. 

seguiranno aggiornamenti...


Questa mattina è stato assassinato con quattro colpi di pistola Chokri Belaid, leader del Partito dei Patrioti Democratici, e tra le figure di spicco del Fronte Popolare Tunisino (raggruppamento che unisce partiti e associazioni dell'estrema sinistra, e della sinistra di classe in Tunisia). Avvocato originario della regione di Sousa, ha dedicato la sua vita al fianco degli oppressi dai regimi, e degli ultimi della società. L'omicidio politico si iscrive in un clima ad altissima tensione che scuote la Tunisia da mesi e sul cui sfondo si muovono le strategie di normalizzazione neoliberista orchestrate da Obama e petrol-monarchie. L'instabilità della transizione si manifesta nelle contraddizioni interne alla maggioranza, guidata dal Partito Ennahdha, che sei mesi fa, durante il congresso del movimento, aveva annunciato la necessità di riorganizzare il governo. Le lacerazioni interne al partito islamista provocate dalle due correnti, una di governo e più pragmatica, l'altra decisamente ideologica e orientata a islamizzare il prima possibile la società tunisina, si sono approfondite di settimana in settimana. Da una parte le continue rivolte sociali che costellano ad intermittenza tutta la Tunisia, e dall'altra una “governance” compiacente delle fazioni salafite radicali, minoritarie ma compatte e determinate, stanno facendo emergere la fragilità della così detta transizione democratica a guida Ennahdha. L'omicidio politico di oggi, che ha visto i famigliari di Belaid accusare direttamente il governo ed Ennahdha, va letto sia come effetto dei giochi di potere interni alla maggioranza, che come strategia di attacco all'opposizione radicale tunisina. Da mesi Belaid riceveva minacce a causa del suo impegno politico e per essere una delle voci della verità e della giustizia sociale in Tunisia. Non aveva mai perso l'occasione per denunciare pubblicamente i misfatti e le ingiustizie degli islamisti al potere. Ed oggi è stato punito a morte. Non appena si è diffusa la notizia in moltissime città del paese si stanno susseguendo manifestazioni di protesta, tra la rabbia e la rivendicazione di quella giustizia per cui Chokri Belaid ha dato la vita. A Tunisi sotto il ministero degli interni nell'avenue Bourguiba si sono radunati tantissimi manifestanti che rilanciano gli slogan delle insurrezioni del 2011 e la polizia ha iniziato a caricare e a lanciare la crimogeni. In altre città diverse sedi del partito Ennadha sono state saccheggiate e date alle fiamme

Seguiranno aggiornamenti...

Per approfondire il quadro sociale e politico della Tunisia rimandiamo al nostro approfondimento “La crisi di Ennahdha e il ritorno alle miniere

Di seguito pubblichiamo il comunicato del Fronte Popolare Tunisino in Italia
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Fonte:




 

domenica 3 febbraio 2013

AL MANATIR: NUOVO VILLAGGIO PALESTINESE GIA' SOTTO ATTACCO

Attivisti palestinesi e internazionali provano da questa mattina a dare vita ad un nuovo villaggio di tende. Immediato intervento coloni e soldati israeliani.

sabato 2 febbraio 2013 14:07



Burin (Nablus), 2 febbraio 2013, Nena News -Questa mattina numerosi attivisti palestinesi ed internazionali hanno tentato di costruire un nuovo villaggio nei pressi di Burin (Ramallah).

Il villaggio è stato chiamato Al Manatir, (in arabo"Guardiani") in onore di coloro che fanno la "guardia" alle terre palestinesi contro gli attacchi dei coloni nella zona di Burin.

Gli attivisti hanno proceduto alla costruzione di 4 tende ed un prefabbricato. Non si è fatto attendere l'intervento dell'IDF che, in questo momento, sta lanciando lacrimogeni e bombe sonore nel tentativo di disperdere la folla. Ancora sconosciuto il numero degli arrestati.

Nutrita la presenza di coloni nelle vicinanze che (indisturbati) fin da subito hanno lanciato pietre nei confronti degli attivisti. Nena News



Fonte:

sabato 2 febbraio 2013

Per Edo


"Lo sa solo il cielo il perché. Per sempre con noi. Ciao Edo"
curva nord - stadio Marassi - Genova

"I colori non dividono un'amicizia. Ciao Edo"
curva sud - stadio Marassi - Genova









Edoardo e Carlo si conoscono al liceo scientifico: Carlo è in 3° (Carlo è avanti un anno), Edo in 1°. Tra loro nasce subito un'amicizia forte che li lega oltre la scuola, negli interessi comuni, nelle amicizie, nelle partite a pallone.
Un'amicizia che continua a tenerli vicini, anche dopo la fine della scuola; come è normale nella vita, alternano momenti in cui si frequentano di più, a periodi in cui non si sentono per un po'... per poi tornare insieme.

Dopo il 20 luglio 2001, Edo scriverà su un muro di Piazza Manin, (la piazza degli incontri con gli amici comuni), "Un amico, un fratello: ciao Carlo".
E dal 20 luglio 2001, Edoardo non riuscirà più a staccarsi da Piazza Alimonda.
Fino al 2 febbraio 2002.
Edoardo va in Svizzera, a Zurigo, per partecipare alla manifestazione contro il WTO e poi per seguire una sua grande passione: il Genoa, che giocherà a Como.
Si incontra con un suo amico, Mattia, che abita a Riva San Vitale, e vanno insieme al corteo. Quando tornano a casa, Edo si sente stanco, dice all'amico che ha voglia di dormire un po' e si sdraia su un letto...
E' il 2 febbraio 2002, Edoardo muore per una miocardite.




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venerdì 1 febbraio 2013

Ankara: attacco all'ambasciata USA, Erdogan accusa estrema sinistra

Venerdì 01 Febbraio 2013 19:44 

 



Questa mattina un attentatore kamikaze si sarebbe fatto esplodere all'ingresso secondario dell'ambasciata USA in Turchia, uccidendo una guardia. Il governo turco ha subito puntato il dito contro l'organizzazione marxista Dhkp-C.

Nella tarda mattinata di oggi, un kamikaze si é fatto esplodere davanti all'ambasciata degli Stati Uniti ad Ankara, capitale della Turchia, uccidendo oltre a se stesso una guardia turca e ferendo gravemente una giovane donna.

Il kamikaze è stato rapidamente identificato da alcuni media turchi come Ecevit Sanli, 30 anni. Si sarebbe fatto esplodere alle 13.10 ora locale davanti ad un ingresso secondario dell'ambasciata Usa. La deflagrazione, molto forte, é stata chiaramente udita a chilometri di distanza ed ha fatto tremare i vetri dell'ambasciata italiana, situata a meno di 400 metri sull' Ataturk Boulevard. La porta blindata dell'ingresso secondario, da dove passano fra l'altro le persone che chiedono un visto per gli Stati Uniti, é stata completamente divelta a dimostrazione del fatto che l’esplosivo era ad alto potenziale. L'esplosione ha ucciso sul colpo l'attentatore e una guardia turca, e ha ferito gravemente una giornalista turca, Didem Tuncay. La sede diplomatica statunitense invece, situata come quella italiana al centro di una grande proprietà, non ha subito danni.
Secondo le autorità turche, responsabile dell'attentato sarebbe il gruppo di estrema sinistra Dhkp-C, il Partito-Fronte Rivoluzionario Popolare di Liberazione, già accusato di altri attentati e duramente perseguitato sia in patria che all'estero. Il Dhkp-C è una formazione marxista rivoluzionaria e anti-imperialista, da decenni in guerra con il regime filo-USA e filo-Nato da alcuni anni controllato dagli islamici dell'Akp di Erdogan. Con la scusa di reprimere le attività del Dhkp-C i servizi di sicurezza turchi negli ultimi anni hanno arrestati centinaia di attivisti, studenti, insegnanti, giornalisti e artisti, accusati di reati gravissimi in nome del fatto che agirebbero per conto dell’organizzazione clandestina, alla quale Ankara ha in questi anni addossato attentati mai rivendicati o addirittura respinti dal Fronte.

Il premier Erdogan non ha esitato un attimo prima di accusare l’estrema sinistra dell’attentato, chiedendo la collaborazione di tutti nella “lotta al terrorismo”. Ma la Turchia è sede e generatrice in questi tempi di numerosi conflitti. Con il Pkk, dopo aver scatenato una nuova guerra con il popolo curdo all’interno e all’esterno dei propri confini, e in particolare dopo l’omicidio a freddo di tre dirigenti kurde a Parigi poche settimane fa. Con Damasco, dopo aver iniziato una attiva opera di destabilizzazione della Siria, armando e addestrando i ribelli sunniti e a volte contigui ad Al Qaeda e installando sul proprio territorio i missili Patriot prontamente ottenuti dai partner europei della Nato.

Dopo anni di scontro violento tra la versione liberista e moderata dell’Islam turco e i gruppi jihadisti, innegabilmente Ankara ha legato i suoi interessi a quelli di questi ultimi accettandone la preminenza sul fronte della destabilizzazione della Siria. Ma l'analista del quotidiano turco Hurriyet Nihal Ali Ozcan ha messo in guardia negli ultimi giorni contro il rischio crescente di attacchi jihadisti contro interessi occidentali in Turchia. L'arresto nei giorni scorsi ad Ankara del genero di Osama Bin Laden, Suleiman T. - di cui ha riferito oggi Milliyet - ha fatto scattare altri campanelli d'allarme. Dovrebbe essere consegnato, secondo Milliyet, alle autorità iraniane. 

Ultima modifica Venerdì 01 Febbraio 2013 21:21 
 
 
 
Fonte:
 
 
 
 

Processo 14 dicembre 2010: un condannato a 2 anni e 6 mesi


 Si e' svolta oggi l'ultima udienza del processo ai compagni e alle compagne accusati dopo le manifestazioni del 14 dicembre 2010. Sono stati tutti assolti tranne uno, accusato di resistenza  e lesioni, e condannato a 2 anni e 6 mesi, esattamente la pensa chiesta dalla PM. Commentiamo brevemente la sentenza insieme ad uno degli avvocati. LIBERE/I TUTTI/E! TUTTE/I A TERAMO

L'Aquila: quarta e ultima udienza del processo contro il militare Francesco Tuccia

 31 gennaio, 2013 - 20:30

 
Si è svolta oggi a L'Aquila la quarta e ultima udienza del processo che vedeva imputato di stupro, lesioni aggravate e tentato omicidio il militare Francesco Tuccia.
Questo processo si è svolto a porte chiuse e femministe, lesbiche, compagne hanno presidiato quel tribunale ogni volta per dire che la violenza riguarda tutte.
Durante l'udenza di oggi hanno parlato i periti di parte dello stupratore e lui stesso, poi sono state tenute le requisitorie, infine il PM ha chiesto una condanna a 14 anni. La sentenza invece ha condannato Francesco Tuccia, militare in servizio a L'aquila per l'operazione strade sicure a 8 anni e 50.000 euro. Il processo oggi è stato molto pesante, le requisitorie della difesa basate su l'imcredibile tesi della insussistenza della pena, dal momento che la ragazza massacrata dal Tuccia e abbandonata sulla neve, che riporta lesioni permanenti, sarebbe stata consenziente. Inoltre questi avvocati hanno anche puntato il dito contro una campagna mediatica che hanno definito violenta cioè la presenza di compagne, femministe, lesbiche che hanno portato solidarietà alla ragazza. All'emissione della sentenza slogan contro lo stupratore assassino e i suoi avvocati.



Fonte:


 



BAHRAIN, PRINCIPESSA E TORTURATRICE

Sheikha Noura bint Ibrahim al-Khalifa è sotto processo per aver torturato due medici che erano in stato di detenzione durante le proteste del 2011.

giovedì 31 gennaio 2013 09:38




Roma, 31 gennaio 2013, Nena News - Principessa e torturatrice, un doppio ruolo per Sheikha Noura bint Ibrahim al-Khalifa, 29 anni, appartenente alla casa reale sunnita che domina con il pugno di ferro il il Bahrain.

La principessa, che è anche un alto ufficiale delle forze di polizia, dovrà affrontare un processo per aver aggredito e torturato due medici, allo scopo di costringerli a confessare, durante le proteste contro la monarchia del 2011 e per aver anche per aggredito Aayat al-Qormozi, una giovane poetessa attivista dell'opposizione sciita.

Secondo l'accusa la principessa-poliziotta usò le scosse elettrice contro al Qormozi mentre quest'ultima si trovava in prigione per aver preso parte a manifestazioni non autorizzate. Sheikha Noura bint Ibrahim al-Khalifa nega di aver praticato la tortura.

Il Bahrain è in continuo fermento, con la maggioranza sciita della popolazione che chiede riforme politiche ed uguaglianza piena con la minoranza sunnita che controlla il paese grazie alla dinastia degli al Khalifa.

Nonostante gli oltre 80 morti fatti dalla repressione (secondo i dati dell'opposizione) e le numerose condanne a pesanti pene detentive nei confronti dei dissidenti, la monarchia bahranita continua a godere di una sorta di immunità internazionale grazie all'alleanza militare che mantiene con gli Stati Uniti e l'Occidente. A Juffair, adiacente alla capitale Manama, è presente una base della V Flotta statunitense che pattuglia il Golfo.

Re Hamad bin Isa al Khalifa è anche un accanito nemico dell'Iran che accusa di fomentare la rivolta nel suo paese e mantiene una stretta alleanza con l'Arabia saudita. Nena News