Perchè questo nome:

Credo che la verità vada urlata contro ogni indifferenza mediatica e delle coscienze. Perciò questo è uno spazio di controinformazione su tutto ciò che riguarda le lotte sociali. Questo blog è antisionista perchè antifascista. Informatevi per comprendere realmente e per resistere.

Donatella Quattrone


martedì 15 gennaio 2013

Gli avvoltoi sulla memoria di Prospero Gallinari

Martedì 15 Gennaio 2013 12:38 

 



Il giorno dopo la sua morte, i media si sono esercitati nel loro macabro rituale. Abbiamo intervistato Francesco Piccioni, che con Prospero ha condiviso buona parte della vita militante.

Prospero non c'è più. Ti aspettavi questa reazione dei media?

Tutto sommato sì, anche se c'è sempre una qualcosa di più, di infame, che riesce a sorprendere.

A cosa ti riferisci?
Tutti i giornali e tutti i tg – sia di destra che di centrosinistra - hanno dato sostanzialmente lo stesso servizio, centrato su una frase semplice e ripetuta ossessivamente: “se n'è andato con i suoi segreti”. Nessuno ha provato a chiedersi come mai un uomo con la sua storia, della sua età e con tre infarti sul cuore, se ne stesse andando come tutte le mattine a lavorare, per uno stipendiuccio da precario o quasi, uscendo da una casa popolare. Chi detiene segreti importanti o muore presto o viene ricoperto d'oro, non fa una vita così, no? Ma l'informazione, in Italia, è diventata un semplice copia-e-incolla della “verità” delle agenzie stampa...

È il frutto della “dietrologia”...
Sì, ma con una differenza importante rispetto a 20 o 40 anni fa. Allora la dietrologia era sostanzialmente “di sinistra”. Nel senso che i dietrologi militanti (Flamigni, i fratelli Cipriani, ecc) venivano dal Pci e lavoravano per i suoi giornali. Era una dietrologia orientata dalla teoria di comodo del “doppio stato” (uno fedele alle istituzioni, uno agli ordini di “forze oscure”), ma che era nata dentro uno scontro politico e ideologico a far data dal '68: chi era “veramente” comunista? Il Pci che guardava al compromesso con le altre “grandi famiglie” della politica italiana (Dc e Psi), oppure i soggetti che guardavano alla Rivoluzione come un obiettivo possibile? Persino “il manifesto”, a quei tempi, venne accusato di esser “pagato dalla reazione”. La dietrologia di oggi è invece un discorso vago, che parla di “misteri” senza nemmeno più nominare gli episodi che in una mente malata o in malafede potrebbero sembrare tali.

Un cambiamento, certo; ma cosa significa?
È come se si fosse raggiunto un certo accordo, per cui è conveniente lasciare la storia di questo paese avvolta nella nebbia anche quando la nebbia non c'è. Del resto, ad un certo punto, per iniziativa di Fragalà e qualcun altro era nata persino una dietrologia di destra, che puntava ovviamente e cercare nella lotta armata le “responsabilità” segrete del Kgb, così come fino a quel punto quella "di sinistra" le aveva cercate nella Cia o nei "servizi deviati". Ora hanno fatto pace e quindi la versione ufficiale diventa: ci sono dei misteri, non si può risolverli, ma va bene così. Ma è un accordo politico che guarda soprattutto al futuro, più che al passato.

In che senso?
C'è un bisogno disperato di dire che nulla è possibile al di fuori del campo politico disegnato dagli attuali rapporti di forza, che è inutile opporsi, organizzarsi, lottare, progettare futuro. La figura di Prospero rompe decisamente questo schema paralizzante: un contadino comunista che insieme a operai e studenti arriva a “colpire il cuore dello stato”, catturando il principale protagonista del potere dell'epoca. Al di là delle forme storiche, è la prova empirica che l'organizzazione degli sfruttati può raggiungere risultati impensabili. Una constatazione del genere, già da sola, rappresenta una minaccia per la continuità del potere. Specie in tempi di crisi. Quindi bisogna, come direbbe Monti, “silenziarla”. E nulla più della nebbia dei “misteri” può tornare utile allo scopo. Il "mistero" serve a ricacciare tutti nella frustrazione, ognuno racchiuso nella propria individuale impotenza.

Per quale ragione?
Perché un “mistero” è il rovesciamento dell'onere della prova! Non serve più che l'accusatore debba esibire le prove della sua accusa, è sufficiente mettere l'accusato nella posizione di chi deve “soddisfare” le attese dell'accusatore. E naturalmente starà sempre all'accusatore di decidere se “credere” oppure no. Basta guardare l'Unità di oggi, che ripubblica una pseudo-intervista (in realtà una chiacchierata informale con un gruppo di brigatisti prigionieri) fatta a Prospero da Veltroni nel '93. Con “Uòlter” impegnatissimo a ripetere che “non basta” mai esibire le proprie verità, neppure condite da prove; che insomma bisognerebbe ammettere di "esser stati manovrati".

Tu hai scritto spesso che la “dietrologia” è anche una questione di interessi economici...
Beh, basti pensare che c'è stata una commissione di inchiesta parlamentare aperta continuativamente per 18 anni. I “consulenti” - come i fratelli Cipriani ed altri – hanno avuto compensi favolosi per tutto il periodo. Figuriamoci se qualcuno di loro poteva accettare di arrivare all'accertamento della verità, di mettere un punto finale... Solo l'archivista della Comissione, Vladimiro Satta, l'unico che sie era letto il milione e mezzo di pagine degli atti, alla fine ci ha scritto un libro definitivo ("Odissea nel caso Moro") distruggendo tutti i cosiddetti "misteri" uno per uno. A momenti lo accusano di essere un brigatista! Finché c'è mistero, c'è un prodotto da vendere, libri da fare, film da girare, psudo-inchieste giornalistiche che ti riportano sempre al punto di partenza, così magari tra due anni se ne fa un'altra uguale... Su questa strada sonostate costruite fortune politiche, giornalistiche, editoriali, con tanto di poltrone parlamentari e contratti d'oro. Un'industria che poi ha chiuso bottega per manifesta insussistenza dell'oggetto, ma che ha distribuito a lungo dei bei dividendi.

C'è un dato di fatto che può smontare tutta la dietrologia?
Premetto che in queste cose, stabilito un punto, si può sempre ricominciare da capo a inventarne altre. Però, se uno conosce la letteratura dietrologica, tutto si riduce a un solo punto e una sola persona: “Mario Moretti non ce la conta giusta”. Basta guardare alla situazione di fatto. Dei brigatisti storici e di tutti gli uomini e donne di via Fani, soltanto uno è ancora in carcere, e da 32 anni: Mario Moretti. Un osservatore neutro ne trarrebbe una sola conclusione: Mario ha sempre detto la verità e sta pagando di persona per essere stato a capo dell'organizzazione che ha “messo paura” al potere in Italia. Del resto, al governo di questo paese ci sono stati piduisti ed ex comunisti, democristiani “tecnici” e ora persino il capo europeo della Trilateral. E Mario è sempre rimasto dentro, da semilibero, con una lavoro che rende poco e che si deve continuamente inventare. Vale quel che ho detto prima per Prospero: che detiene segreti “decisivi” o muore presto e viene coperto d'oro. Altrimenti, è uno che ha sempre raccontato la verità. Che poi questa sia sgradita, è cosa che pone domande sugli accusatori, non sull'accusato.


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Torniamo a Prospero, per concludere. Di tutti i ricordi pubblicati oggi, ce n'è qualcuno un po' meno falso della media?
Diciamo che soltanto uno è completamente onesto e veritiero, quello di Giovanni Russo Spena, sul manifesto di oggi. Per il resto, è la sagra del fasullo, con abissi di ignominia toccati ad esempio da Ferdinando Imposimato. E con l'eccezione illuminante di Severino Santiapichi, il presidente della Corte d'Assise che ci condannò in 32 all'ergastolo, all'inizio dell'83. Il quale rinonosce la serietà e la correttezza dell'atteggiamento nostro e di Prospero. Sembra insomma che soltanto tra nemici veri, che si sono combattuti sul serio, come fu anche con Francesco Cossiga, si possa stabilire quel riconoscimento della verità che è la base su cui si può istituire un qualsiasi confronto. Coi leccaculi che vivono dietro una scrivania, invece, non è proprio possibile. E' come parlare di montagna con chi l'ha vista in fotografia...

Qual'è stata la sua importanza, nella vostra storia?
È stato il militante che dava l'esempio, senza alcuna preoccupazione individualistica. Un esempio per come – da contadino orgoglioso delle proprie origini – ha “studiato di notte”, rubando ore al riposo dopo il lavoro, per migliorare la propria conoscenza. Per come ha interpretato la dimensione del “collettivo”, del fare insieme, dell'assumere ruoli di direzione soltanto perché “qualcuno deve pur farlo”, mantenendo sempre quel distacco autocritico che consiste nel non darsi individualmente troppa importanza. È qualcosa che oggi appare difficile persino da raccontare, figuriamoci a spiegarlo. Ma chiunque abbia “militato” davvero in un'organizzazione rivoluzionaria, dove si rischia la vita e non c'è una poltrona (e uno stipendio) da conquistare, sa che la posizione di vertice è un ruolo funzionale; che il “dirigere” è un'attività complessa che viene fuori come risultante dall'insieme dei militanti. Anche nelle ultime interviste appare evidente questo lato della sua cultura umana e politica. E' il suo contributo alla politica comunista anche dopo la sua morte, che sapeva poter arrivare in qualsiasi momento.


Le ultime interviste:


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Ultima modifica Martedì 15 Gennaio 2013 14:41




Fonte:

BOMBE SULL'UNIVERSITA' DI ALEPPO

martedì 15 gennaio 2013

 

Dal blog http://ninofezzacinereporter.blogspot.it/  di Sebastiano Nino Fezza:


L'Università di Aleppo questa mattina...








Fonte:

 http://ninofezzacinereporter.blogspot.it/2013/01/bombe-sulluniversita-di-aleppo.html


ADOLESCENTE PALESTINESE UCCISO DA RAFFICHE DI PROIETTILI ISRAELIANI

 

Ramallah – InfoPal Martedì 15 gennaio, l’esercito israeliano ha ucciso un adolescente, Samir Ahmad Abdul-Rahim, 17 anni, durante scontri in corso a Budrus, a Ramallah.
Abdul-Rahim è stato colpito da una raffica di proiettili alla testa, al petto e a una gamba, ed è morto poco dopo l’arrivo all’ospedale, a Ramallah.
Il capo del consiglio della cittadina, Mohammad Marar, ha dichiarato ai media che alcune jeep militari israeliane hanno invaso l’area e si sono avvicinate a una scuola superiore, e gli studenti, che stavano uscendo, hanno preso a lanciare pietre contro di esse.
Al lancio di pietre, i soldati israeliani hanno risposto con raffiche di proiettili veri che hanno ucciso il diciassettenne.
Negli ultimi giorni sono diversi i palestinesi assassinati dall’esercito israeliano.

  © Agenzia stampa Infopal - www.infopal.it



Fonte:


HEBRON: CENTINAIA DI PALESTINESI AL FUNERALE DEL GIOVANE UCCISO DALL'ESERCITO ISRAELIANO



 


Al-Khalil (Hebron) – InfoPal. Nella serata di domenica 13 gennaio, gli abitanti del villaggio di Dora, sud di Hebron, hanno partecipato al funerale di ‘Uday Kamel al-Darawish, 21 anni, ucciso dall’esercito di occupazione.
Centinaia di palestinesi, provenienti da Dora e dai villaggi vicini, oltre ad alcuni leader delle forze nazionaliste e islamiche, hanno partecipato al corteo funebre, partito dalla Grande moschea di Dora e direttosi al cimitero del villaggio.
Il feretro del giovane, acclamato martire e avvolto dalla bandiera palestinese, è stato trasportato in spalla dai partecipanti che hanno chiesto vendetta e elogiato i martiri e i lavoratori palestinesi.
Al-Darawish è stato ucciso nella serata di sabato, mentre stava tentando di superare il Muro di Annessione, nei pressi del villaggio di al-Ramadin, sud di Hebron, per raggiungere il suo posto di lavoro, nei territori palestinesi del ’48.
Alcuni lavoratori palestinesi, che si trovavano nei pressi di al-Ramadin, hanno riferito che i soldati israeliani hanno inseguito il veicolo sul quale viaggiava al-Darawish, insieme ad altri giovani, quando è arrivato nei pressi del muro, aggiungendo di aver udito spari e visto le ambulanze israeliane mentre accorrevano sul posto, dove il giovane era rimasto gravemente ferito e trasportato in un ospedale israeliano.
I lavoratori hanno poi aggiunto che l’esercito di occupazione si è schierato nella zona ed ha impedito ai palestinesi di raggiungere i propri luoghi di lavoro.
Centinaia di palestinesi si recano all’interno dei territori del’48 per lavorare, a causa delle difficili condizioni economiche, e la mancanza di lavoro in Cisgiordania.

 © Agenzia stampa Infopal - www.infopal.it



Fonte:
  

Rosa Luxemburg

 



ROSA DI RIVOLUZIONE di Fabrizio (Astrofilosofo) Melodia

Solo estirpando alla radice la consuetudine all’obbedienza e al servilismo, la classe lavoratrice acquisterà la comprensione di una nuova forma di disciplina, l’autodisciplina, originata dal libero consenso” (Rosa Luxemburg, 1918).

Buttata in un fosso, come un rifiuto.
Vera e propria spazzatura della società, andava uccisa, per evitare che ammorbasse l’aria pulita del nazionalismo e dell’economia capitalista sempre più spinta.
Il giorno 15 gennaio 1918 – dopo aver partecipato alla Rivoluzione Tedesca iniziata nel novembre dello stesso anno dopo la disfatta della Germania nella Prima Guerra Mondiale, dopo aver contribuito a fondare il Partito Comunista di Germania fra il dicembre 1918 e il gennaio 1919 – Rozalia Luksenburg, nata a Zamość (oggi in Polonia) il 5 marzo 1871, nota con il nome di battaglia di Rosa Luxemburg, fu rapita e in seguito assassinata dai soldati dei cosiddetti Freikorps agli ordini del governo del socialdemocratico Friedrich Ebert e di Gustav Noske, ministro degli Interni.
Fu gettata in un fosso, insieme al suo compagno di lotta, Karl Liebknecht.
Spazzatura rivoluzionaria, recuperata in seguito ma sui cui resti sorse un “mistero”, in quanto Rosa Luxemburg soffriva di una malformazione congenita al femore, afflizione che non appariva nello scheletro recuperato. Solo nel maggio 2009, il settimanale tedesco “Der Spiegel” ha pubblicato la notizia del ritrovamento da parte del governo dei veri resti di Rosa Luxemburg, conservati ora presso l’ospedale della Charitè a Berlino.
Per il suo impegno nella lotta di classe e i contributi teorici alla filosofia marxista, Rosa Luxemburg ebbe un monumento, come Karl Liebknecht, a opera dello scultore  Ludwig Mies van der Rohe, distrutto poi dal regime nazista.
Nata da una famiglia ebraica nel Voivodato di Lublino, all’epoca facente parte dell’ Impero Russo, fuggì in Svizzera e studiò poi all’Università di Zurigo, dove fece la conoscenza di figure di spicco del socialismo, come Anatolij Lunačarskij e Leo Jogiches.
Da sempre avversa al nazionalismo del Partito Operaio Unificato Polacco, fondò nel 1893, assieme a Leo Jogiches e Julian Marchlewski, la rivista “Sprawa Robotnicza” (La causa dei lavoratori).
Auspicava che l’indipendenza della Polonia sarebbe stata possibile solo con una rivoluzione globale in Austria, Germania e Russia, negando sostanzialmente il principio di autodeterminazione delle nazioni, in quanto origine solo di guerre e disaccordi, contrariamente a quanto sostenuto da Lenin, il quale, comunque le inviò una copia del suo libro, “Materialismo ed Empiriocriticismo”, recensito da lei nel 1909.
Nel 1897 ottenne la cittadinanza tedesca, iscrivendosi al Partito Socialdemocratico Tedesco (SPD), il più forte partito socialista in Germania fino al 1914, il cui segretario Karl Kautsky era ritenuto il diretto prosecutore ed erede ortodosso di Marx ed Engels. Rosa Luxemburg iniziò a scrivere e a contribuire all’ortodossia marxista, rivoluzionandola alla base, come il buon Marx auspicava dai suoi compagni.
Al riformismo blando, Rosa Luxemburg contrapponeva sempre la parola di una concreta “rivoluzione”, ribadita e sottolineata nel libro  “Riforma sociale o rivoluzione?” (1899).
Fu una convinta aderente al fronte pacifista all’inizio della prima guerra mondiale.
Assieme a Karl Liebknecht, nel 1915, creò il Gruppo Internazionale, che sarebbe diventato in seguito la Lega Spartachista, parte in un primo tempo del Partito Socialdemocratico e poi del Partito Socialdemocratico Indipendente, prima di divenire il nucleo del Partito Comunista di Germania.
Numerosi i suoi scritti e fondamentali contribuiti a una diversa visione del marxismo, in modo molto più aderente alla realtà
L’accumulazione del capitale” (1913) rimane il caposaldo della sua visione, fortemente critica rispetto al riformismo.
Vedeva nel capitalismo un mostro che divorava se stesso, un leviatano che, per produrre, aveva sempre bisogno di qualcosa all’esterno di se stesso, di cui doveva nutrirsi, fino a scontrarsi con l’inesistenza di altro da sè, momento in cui, arrivati al tremendo stallo, la scelta dei popoli sarebbe stata fra socialismo o barbarie.
Era fortemente critica verso le dirigenze di Partito: la rivoluzione deve necessariamente venire dal basso, dalla libera determinazione delle masse operaie e proletarie, non da organismi burocratici e dirigenziali, i quali imbrigliano in assurde camicie di forza la forza rivoluzionaria.
Avversa al nazionalismo che priva delle più elementari libertà civili, vedeva nella libertà di stampa, di associazione e di riunione, la volontà del proletariato di istruirsi e crescere unito nella consapevolezza di se stesso, per seguire il difficile sentiero di un mondo nuovo, più giusto e egualitario.
Aveva visto più in là di tanti, Rosa Luxemburg.
Come tanti profeti, non poteva essere una veggente in casa propria. Tradita molto spesso dai suoi stessi compagni, dimenticata dai più. Era il tempo di Lenin e della rivoluzione di Ottobre, Rosa Luxemburg aveva compreso come, a causa dell’arretratezza economica della Russia, il governo sarebbe stato costretto a prendere provvedimenti che ben poco avrebbero avuto a che fare con il comunismo e la rivoluzione: da soli nulla si può fare, la sola speranza era che anche gli altri Paesi d’Europa insorgessero e rivoluzionassero l’assetto del mondo.
Il messaggio di Rosa Luxemburg risuona prepotente nelle nostre orecchie come un monito, soprattutto oggi, con una Destra populista e nazionalista litigiosa ma incattivita e una Sinistra blanda, spaccata dalle beghe interne e tutt’altro che attenta a una rivoluzione che provenga realmente dal basso, con una totale disattenzione alla militanza concreta.
Il libero consenso fondato sull’autodisciplina, purtroppo, non è una qualità che si possa riscontrare in un’Italia imbarbarita culturalmente e socialmente arretrata, in cui ognuno pensa per se stesso e tutti sono nemici l’uno con l’altro, dove il Dio Denaro regna sopra tutto e da tutti è lodato e glorificato, e parla per mezzo del profeta televisivo. Rosa Luxemburg continua ad avvisarci che il Dio Denaro è solo un mostro che divora se stesso, che le crisi periodiche cui va incontro sono le purghe necessarie per poter continuare a ingurgitare le masse spropositate di cibo e bevande prodotte dai suoi schiavi agonizzanti.
Fino a quando ci sarà comunque qualcuno che avrà in mano la libertà di dire un “NO” a questo mostro primordiale, a riunirsi liberamente e autodeterminare le scelte fra compagni davvero solidali gli uni verso gli altri, il seme della Rivoluzione potrà scorrere nelle menti di coloro i quali ancora non sono rassegnati a essere carne da pasto per le loro stesse budella.

“La libertà è sempre la libertà di dissentire”.

In lingua originale, “dissentire” è andersdenken, pensare diversamente.

E noi diversamente pensiamo.
E ricordiamo il 15 gennaio 1919, assassinio di Rosa Luxemburg.


 
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