- Scritto da Tito Russo
Migliaia di cittadini hanno
sfilato il 16 novembre per le vie della città di Reggio Calabria
rispondendo all’appello “Suona Reggio, Suona!”, nato tramite il tam tam
sui social media su iniziativa di Saro Poppy Lanucara, presidente del
circolo Arci Fanfulla di Roma e raccolto dall’Associazione Mu.Stru.Mu., all’indomani dell’incendio doloso che ha colpito il Museo dello Strumento Musicale.
Doveva succedere ed è successo. E’ stato
un successo, di quelli che la città non vedeva da anni o non ha mai
voluto vedere perché a crederci erano in pochi.
“Ma quanti saremo?” ci si
domanda ansiosi verso le 16,00 quando almeno un centinaio già
affollavano Piazza Italia, luogo del concentramento nel bel mezzo della
febbre del sabato pomeriggio da shopping stanco ed esacerbato sul Corso
Garibaldi, ove IOS e Whatsapp hanno soppiantato la conversazione lungo
il cammino avanti e indietro per vetrine, e magari un caffè che sa di
più e del meno.
“Ma quanti siamo?” ci si domanda
all’imbocco della rotonda verso Pineta Zerbi quando un fiume in piena
invade l’arteria principale con davanti il Grande Gong, la croce
musicale di Giovanni Laganà, Jesus dell’Eco Jazz, la fisarmonica del
prof. Consolato Pedagogista Cantore e gli strumenti a corda (chitarre,
violini, violoncelli) nel mezzo fiati e percussioni (pipite, clarini,
jambè, tamburi, tamburelli), innumerevoli ciancianeddi, cucchiai,
pentole e ammennicoli vari di chi non sa suonare ma ha voluto suonare lo
stesso per farsi sentire. A chiudere, sull’autobus aperto offerto
dall’Atam, la Banda Musicale del Comune di Mosorrofa (RC), Cavalleria
Rusticana di feste patronali paesane.
In mezzo c’è stato di tutto: mamme e
papà, carrozzine, bambini con nacchere, studenti e studentesse che hanno
spaziato da “I miei sogni d’Anarchia” di Rino Gaetano a “Resistance”
dei Muse, giovani lavoratori venuti giù dal Nord infischiandosene dei
costi altissimi delle Ferrovie dello Stato, anziani che hanno perpetuato
l’attacco de “non ‘nventu canzuni e non sacciu cantari, me mamma non mi
fici cantaturi ma aju l’organettu e mi mentu a sunari”, il Comitato
“Salviamo il Teatro Masciari” di Catanzaro, il Coro Be Free del Liceo
Scientifico “L. Da Vinci”, l’orchestra giovanile “Leotta” e
l’Associazione culturale Snap. E tantissimi altri. Demetrio Spagna e i
ragazzi dell’Associazione Mu.Stru.Mu. invasi dall’abbraccio di una città
che ha voluto mandare un segnale chiaro di vitalità e presenza, a prova
del fatto che Reggio, nonostante riceva attacchi quotidiani, non vuole
continuare a subirli passivamente.
L’assenza dei partiti e delle
organizzazioni rappresentative e istituzionali (a parte le eccezioni
solite che si contano sulle dita di una mano) passa inosservata tanto è
sempiternamente normale. E’ stato il trionfo di una moltitudine
sconosciuta agli stessi partecipanti, perché anche se la manifestazione è
stata caratterizzata da un attacco subito come tanti altri, stavolta
non vi è stato il codazzo di protagonismo e primogeniture.
Non è stata nemmeno una “passeggiata”,
ma un cammino festante e brigante che, non posando chitarra e tamburi,
li ha voluti suonare come una scupetta a chi ha sempre voluto fare di
Reggio una poco novella Terra dei Fuochi.
Giungendo davanti a quel che resta del
Mu.Stru.Mu. ci sovviene ancora quella domanda: “Ma quanti siamo?”.
Guardando le migliaia di volti differenti ad esprimer rabbia col sorriso
sornione sulle labbra, ci si accorge che la domanda è inutile. Non
importa la quantità dell’esercito musicante, ma lo spirito del suono
delle truppe in festa. Perché è una festa e non una marcia funerea.
Di certo si era molti di più del solito,
la cosa importante è stata la volontà di non testimoniare più ma di
agire per la ricostruzione del Museo e nel suo insieme della “piccola
grande Città, bastardo posto”.
Occorre cogliere questa rinnovata e
fresca volontà di partecipazione, non richiudibile in sofismi da
capipopolo o etichette rappresentanti del nulla.
Occorre surfare su questo fiume in piena
che, mentre agitava Pisa, Val Susa, Gradisca di Isonzo e Napoli, ha
straripato anche a Reggio Calabria che piaccia o no, difficile da
gestire per chi resta e per chi ritorna su in esilio voluto o forzato,
senza contrapposizioni perché Reggio è a Reggio ed è in tutta Italia.
Il secondo album è sempre il più difficile, ma “Suona Reggio, Suona!”.
Pigghiamu la musura di li scarpi.
(cit. tarantella)
(cit. tarantella)
Fonte: