Ankara, 12 giugno. A parlare è una manifestante che non ha mai 
abbandonato la strada, "perché quello che sta accadendo è semplicemente 
straordinario".
di Marcello Canepa
Ad Ankara stiamo vivendo qualcosa di straordinario. Nei miei 
primi 10 giorni trascorsi in strada, ho assistito ad alcune scene che 
mai potrò dimenticare. Al solo pensiero della violenza usata dalla 
polizia, le labbra cominciano a bruciare e gli occhi a lacrimare. Vedere
 una signora anziana aprire la porta di casa per far entrare perfetti 
sconosciuti per salvarli dalla polizia, è qualcosa di singolare che non 
saprei come spiegare ad un estraneo. Episodi come questi sono ormai 
all'ordine del giorno ma nonostante gli appelli, e in barba alla nostra 
richiesta di libertà, la risposta è sempre negativa.
"What is happening here, is not democracy anymore".
Quali i punti strategici della rivoluzione?
Oggi la partita si gioca tra piazza Kizilay e Kugulu Park. Il primo
 si trova nel centro della città, mentre il secondo è immerso nel 
quartiere delle ambasciate. Questi i punti focali delle prime due 
settimane di risveglio civile.
Kizilay raccoglie fino a 10.000 persone, ma è un arma a doppio 
taglio perché, se è vero che da una parte la sua posizione permette a 
noi di essere al centro dell'attenzione, è anche vero che le quattro 
strade che confluiscono nella piazza la rendono facile bersaglio per gli
 attacchi della polizia.
A Kugulu Park, così come a Gezi Park a Istanbul, i ragazzi hanno 
provato a creare una "città nella città", ma la polizia è rapidamente 
intervenuta con lacrimogeni, cannoni ad acqua e manganelli.
Chi si cela dietro le maschere antigas?
In questi giorni abbiamo sentito parlare della presenza di Black 
Bloc, di infiltrazione di reparti speciali della polizia tra i 
manifestanti.
Quello di cui sono sicura è che, a parte possibili casi sporadici, 
ad indossare le protezioni contro il gas sono persone comuni stanche 
della politica dittatoriale messa in atto dal governo.
Dietro alle maschere si celano persone normali, stanche delle 
continue privazioni, stanche di non veder riconosciuti i propri diritti,
 stanche di assistere alla svendita del paese. Ho avuto modo di sedere 
vicino ad avvocati, di dividere un panino con uno studente di 
ingegneria, di aiutare una signora colpita da un getto d'acqua e di 
prestare aiuto ad alcuni dottori oberati di lavoro.
La cosa brutta è che i media nazionali, salvo sporadici casi, sono 
ancora impegnati a supportare le tesi di Erdoğan ed è toccato ai social 
network rivelare il vero volto della rivolta. Non più tardi di due 
giorni fa il premier ha duramente attaccato Twitter definendolo 'una 
cancrena nelle mani dei manifestanti'.
Un poliziotto ha sparato ad un manifestante. Quale è stata la reazione della piazza?
Personalmente ho avuto paura. É successo tutto così velocemente che
 ho avuto bisogno di alcuni secondi per capire cosa fosse successo. 
Nella confusione totale qualcuno inveiva contro la polizia, altri 
cercavano di chiamare un ambulanza ed altri ancora hanno chiesto ai 
poliziotti stessi di lasciare le armi e aiutare il ragazzo.
In pochissimi attimi si è creato un gruppo di persone che lo ha 
portato al sicuro dai tafferugli, in attesa dei medici. Anche la polizia
 ha fatto un passo indietro... probabilmente stordita e impaurita per 
l'accaduto.
Nonostante l'episodio, la nostra linea rimane quella della protesta
 pacifica e non cederemo alla rabbia la costruzione del nostro futuro.
Domenica Erdoğan è rientrato in Turchia. 
Innanzitutto vorrei sottolineare quanto il viaggio di Erdoğan in 
Africa fosse inutile e fuori luogo. La tensione era già alle stelle e ad
 Istanbul si erano già verificati i primi tafferugli.
La notizia della sua partenza è stata presa come l'ennesima riprova
 del suo 'assenteismo' democratico nel confronto con i suoi cittadini ed
 elettori.
Non si è mai esposto fisicamente e le uniche 'uscite' pubbliche 
sono state a mezzo stampa dal Marocco, dalla Tunisia e dall'aeroporto di
 Ankara gremito di supporter a pagamento.
Da tre giorni inoltre sta cercando di aumentare la tensione, 
spingendo i suoi sostenitori allo scontro. Poco fa ho visto alcuni suoi 
supporter muniti di coltelli e bastoni schierarsi al fianco della 
polizia contro il popolo della rivoluzione.
Ieri lo smantellamento di Gezi Park. E ora?
Ad essere sincera non so come questo possa cambiare qualcosa qui ad
 Ankara o altrove in Turchia. Quello che sta succedendo è un evento 
inaspettato e insperato.
Gezi Park ha avuto la forza di unire persone con differenti visioni
 politiche, religioni o credenze, compattandole verso un obiettivo 
comune.
Come dicevo, credo che quanto successo ieri ad Istanbul non abbia 
il potere di cambiare le carte in tavola perché oggi le persone hanno 
aperto gli occhi e non sono più disposte a credere alle bugie di 
Erdoğan.
Sicuramente adesso ci aspettano le ore più difficili e il rischio 
che gli scontri si inaspriscano è molto alto. Dall'altra parte la 
risposta armata del premier sta creando dei malcontenti a livello 
internazionale e spero che questo possa essere l'elemento risolutivo 
degli scontri.
Fino a quando sei disposta a rimanere in strada?
Alla fine di maggio ho deciso di cavalcare l'onda e ho intenzione 
di arrivare fino alla fine. Da parte mia credo che le sorti di questo 
paese, oggi più che mai, siano nelle mani di un premier ignorante, 
classista e devoto solo ai soldi.
Sono fermamente convinta sia arrivato il momento di esprimere tutto
 il nostro sdegno e il nostro malcontento, costi quel che costi.
12 giugno 2013
Fonte:
Nessun commento:
Posta un commento