Lunedì 13 Febbraio 2012 16:09
Eternit: 16 anni agli impreditori assassini
Si conclude con la pena di 16 anni per entrambi gli imputati, Stephan Schmidheiny e Louis de Cartier, colpevoli di aver mandato a morte oltre 2000 persone, il maxi-processo Eternit.
Presenti più di 1000 persone dalla sola Casale Monferrato e delegazioni provenienti da Francia, Svizzera, Brasile, Gran Bretagna, Olanda, Belgio e America.
Dopo il processo-Thyssenkrupp, un'altra dura sentenza colpisce la grande borghesia e l'aristocrazia arricchitesi in comune abbraccio sullo sfruttamento del lavoro ad altissima nocività. Una nuova sentenza "epocale". Certamente importante nel ribadire che di "lavoro non si può [non si dovrebbe] morire". Fondamentale nel fungere da precedente in quelle tante cause in cui, anche per vicende meno gravi, si tende ad assolvere i responsabili, ammettere circostanze attenuanti, minimizzare le colpe di chi, sul lavoro sfruttato fino alla morte, costruisce fortune precluse ai comuni mortali.
C'è però la sensazione -e il rischio concreto- che dietro l'esemplarità molto spettacolarizata della sentenza si nasconda e si passino invece sotto silenzio le 1000 morti "ordinarie" del lavoro che uccide tutti i giorni. Il rischio di isolare il caso-limite (che giustamente merita un trattamento speciale) dal sistema generale che ne ha permesso il prodursi (e potenziale ripetersi). Una sentenza che, ahinoi, non mette sul banco degli imputati il sistema capitalistico stesso, che è invece il responsabile principale di queste migliaia di morti. Un sistema che si è formato proprio su processi di espropriazione selvaggia di vite, risorse, natura.
Una seconda annotazione necessaria la meritano invece i familiari delle vittime. Per la seconda volta, la loro mobilitazione determinata e instancabileha portato alla definizione dei veri responsabili di una immane tragedia del lavoro, i padroni degli stabilimenti che hanno costretto i loro operai a lavorare a stretto contatto con sostanze nocive che si sono poi tramutate in malattie mortali. Gli abitanti di Casale Monferrato, il paese che annovera almeno una persona per famiglia tra i morti o i malati di amianto, in seguito alla rivolta popolare delel scorse settimane, hanno costretto il sindaco e l'amministrazione comunale tutta a rifiutare la proposta di risarcimento di uno degli imputati. Ponendo un principio di dignità e responsabilità (vera!) non negoziabili: la non-monetizabilità di simili disastri. Il risultato più importante della battaglia dei familiari delle vittime di amianto, è il riconoscimento della nocività del lavoro. Gli imputati sono stati condannati, in quanto erano a conoscenza dei rischi che correvano i loro operai, ma in nome del profitto non hanno adottato le necessarie misure di sicurezza.
Allo stesso modo in questi giorni, con la scusa dell'uscita dalla crisi, vengono attuate leggi che mirano allo sfruttamento dei lavoratori. La dismissione dell'articolo 18, porterà ai facili licenziamenti di molti lavoratori che proveranno ad informare i loro colleghi sui rischi che corrono giorno dopo giorno, cosicchè i prevedibili futuri lutti, potranno essere derubricati come fatalità e non come assassini sul lavoro. Che la nocività del lavoro sia un nodo importante dei nostri tempi, lo dimostrano le svariate delegazioni che sono arrivate da tutto il mondo a Torino. Erano centinaia le persone che nei loro paesi si trovano a combattere per avere giustizia per i morti da amianto, e che adesso potranno cercare di riprodurre questa vittoria anche nei loro territori. Ma anche nel nostro paese sono centinaia le battaglie che ogni giorno vegono portate avanti in difesa della dignità del lavoro, ma non solo, pensiamo alla vicenda di Vito Scafidi, lo studente morto in seguito al crollo del tetto della sua scuola, di recente il liceo di rivoli ha subito un nuovo crollo, segno tangibile che le parole di cordoglio o si giubilo dei vari politicanti o giudici, valgono poco senza la volontà della gente tesa alla giustizia. Ricordiamo l'alluvione che ha colpito la liguria, anche li chi era al comando ha preso delle decisioni che mettevano a rischio la popolazione, usando lo stesso metro di giudizio dei dirigenti condannati oggi. Oppure pensiamo alla Valsusa, a quanti lutti e dissesti idrogeologici porterà il cantiere del Tav...
Fonte:
http://www.infoaut.org/index.php/blog/precariato-sociale/item/3969-eternit-16-anni-agli-impreditori-assassini
Presenti più di 1000 persone dalla sola Casale Monferrato e delegazioni provenienti da Francia, Svizzera, Brasile, Gran Bretagna, Olanda, Belgio e America.
Dopo il processo-Thyssenkrupp, un'altra dura sentenza colpisce la grande borghesia e l'aristocrazia arricchitesi in comune abbraccio sullo sfruttamento del lavoro ad altissima nocività. Una nuova sentenza "epocale". Certamente importante nel ribadire che di "lavoro non si può [non si dovrebbe] morire". Fondamentale nel fungere da precedente in quelle tante cause in cui, anche per vicende meno gravi, si tende ad assolvere i responsabili, ammettere circostanze attenuanti, minimizzare le colpe di chi, sul lavoro sfruttato fino alla morte, costruisce fortune precluse ai comuni mortali.
C'è però la sensazione -e il rischio concreto- che dietro l'esemplarità molto spettacolarizata della sentenza si nasconda e si passino invece sotto silenzio le 1000 morti "ordinarie" del lavoro che uccide tutti i giorni. Il rischio di isolare il caso-limite (che giustamente merita un trattamento speciale) dal sistema generale che ne ha permesso il prodursi (e potenziale ripetersi). Una sentenza che, ahinoi, non mette sul banco degli imputati il sistema capitalistico stesso, che è invece il responsabile principale di queste migliaia di morti. Un sistema che si è formato proprio su processi di espropriazione selvaggia di vite, risorse, natura.
Una seconda annotazione necessaria la meritano invece i familiari delle vittime. Per la seconda volta, la loro mobilitazione determinata e instancabileha portato alla definizione dei veri responsabili di una immane tragedia del lavoro, i padroni degli stabilimenti che hanno costretto i loro operai a lavorare a stretto contatto con sostanze nocive che si sono poi tramutate in malattie mortali. Gli abitanti di Casale Monferrato, il paese che annovera almeno una persona per famiglia tra i morti o i malati di amianto, in seguito alla rivolta popolare delel scorse settimane, hanno costretto il sindaco e l'amministrazione comunale tutta a rifiutare la proposta di risarcimento di uno degli imputati. Ponendo un principio di dignità e responsabilità (vera!) non negoziabili: la non-monetizabilità di simili disastri. Il risultato più importante della battaglia dei familiari delle vittime di amianto, è il riconoscimento della nocività del lavoro. Gli imputati sono stati condannati, in quanto erano a conoscenza dei rischi che correvano i loro operai, ma in nome del profitto non hanno adottato le necessarie misure di sicurezza.
Allo stesso modo in questi giorni, con la scusa dell'uscita dalla crisi, vengono attuate leggi che mirano allo sfruttamento dei lavoratori. La dismissione dell'articolo 18, porterà ai facili licenziamenti di molti lavoratori che proveranno ad informare i loro colleghi sui rischi che corrono giorno dopo giorno, cosicchè i prevedibili futuri lutti, potranno essere derubricati come fatalità e non come assassini sul lavoro. Che la nocività del lavoro sia un nodo importante dei nostri tempi, lo dimostrano le svariate delegazioni che sono arrivate da tutto il mondo a Torino. Erano centinaia le persone che nei loro paesi si trovano a combattere per avere giustizia per i morti da amianto, e che adesso potranno cercare di riprodurre questa vittoria anche nei loro territori. Ma anche nel nostro paese sono centinaia le battaglie che ogni giorno vegono portate avanti in difesa della dignità del lavoro, ma non solo, pensiamo alla vicenda di Vito Scafidi, lo studente morto in seguito al crollo del tetto della sua scuola, di recente il liceo di rivoli ha subito un nuovo crollo, segno tangibile che le parole di cordoglio o si giubilo dei vari politicanti o giudici, valgono poco senza la volontà della gente tesa alla giustizia. Ricordiamo l'alluvione che ha colpito la liguria, anche li chi era al comando ha preso delle decisioni che mettevano a rischio la popolazione, usando lo stesso metro di giudizio dei dirigenti condannati oggi. Oppure pensiamo alla Valsusa, a quanti lutti e dissesti idrogeologici porterà il cantiere del Tav...
Fonte:
http://www.infoaut.org/index.php/blog/precariato-sociale/item/3969-eternit-16-anni-agli-impreditori-assassini
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