Dal blog http://insorgenze.wordpress.com di Paolo Persichetti:
agosto 1, 2012
Mauro Di Vittorio, il
ventiquattrenne romano originario del quartiere di Torpignattara ucciso
dalla bomba che esplose il 2 agosto 1980 nella sala d’aspetto di seconda
classe della stazione di Bologna, non ha mai fatto parte del Collettivo
del Policlinico o dei Comitati Autonomi di via dei Volsci, né di aree
politiche a loro vicine. Lo afferma Daniele Pifano, che del Collettivo
del Policlinico è stato uno dei responsabili più importanti, in una nota
(potete leggere l’integrale in fondo al post) nella quale smentisce
seccamente le accuse, «senza nessuna rispondenza reale», lanciate lunedì
scorso dal deputato finiano Enzo Raisi.
L’esponente postfascista durante una
conferenza stampa tenutasi a Bologna, ipotizzando una diversa verità
rispetto a quella processuale (i cui esiti sono da sempre molto
discussi), e che ha visto condannati come esecutori materiali tre
militanti dei Nar, ha sollevato forti sospetti su Mauro Di Vittorio,
indicato come uno dei possibili trasportatori o ricettori della valigia
esplosiva. Per Raisi vi sarebbero aspetti oscuri da chiarire
sull’autopsia condotta sul corpo del giovane, l’ultimo ad essere
identificato e sull’atteggiamento tenuto da due giovani che fuggirono
dall’obitorio quando videro il suo corpo. A sostegno di questi elementi,
il deputato cita le testimonianze di alcuni medici legisti e di un
carabiniere. Per sostanziare il suo castello di sospetti, Raisi ha
iscritto d’ufficio Di Vittorio «all’area dell’Autonomia operaia romana,
della zona sud della Capitale, legata a via dei Volsci e molto vicina ai
palestinesi». Il parlamentare non lo dice, ma lo scenario che
tratteggia s’ispira alla trama di un giallo scritto alcuni anni prima da
Loriano Machiavelli.
Sulla scia dei lavori della commissione
Mitrokhin di cui era stato membro, Raisi ha riproposto il lodo Moro come
vero movente della strage (l’accordo segreto che in cambio
dell’immunità per il territorio italiano dal rischio di attentati
autorizzava le formazioni palestinesi ad usare la penisola come base
logistica e per il trasporto di armi; a differenza di quanto accadeva
per gli Israeliani che hanno sempre potuto commettere azioni militari,
contro obiettivi palestinesi e italiani, nella più completa impunità),
distinguendosi in parte dalla tesi della rappresaglia per privilegiare
la pista dell’incidente e forse, ma questa ipotesi viene appena
sussurrata, del sabotaggio da parte israeliana.
Dopo aver chiamato nuovamente in causa i due militanti della sinistra rivoluzionaria tedesca, Thomas Kram e Christa Margot Frolich (ma a che prò? Visto che ora pensa che a portare la valigia era un’altra persona), ha introdotto la vera novità (in realtà già anticipata l’8 aprile scorso in un’intervista al Resto del Carlino, vedi qui) frutto di sue personali indagini: i sospetti di un coinvolgimento (diretto o indiretto, Raisi non sa precisare) di Mauro Di Vittorio.
Dopo aver chiamato nuovamente in causa i due militanti della sinistra rivoluzionaria tedesca, Thomas Kram e Christa Margot Frolich (ma a che prò? Visto che ora pensa che a portare la valigia era un’altra persona), ha introdotto la vera novità (in realtà già anticipata l’8 aprile scorso in un’intervista al Resto del Carlino, vedi qui) frutto di sue personali indagini: i sospetti di un coinvolgimento (diretto o indiretto, Raisi non sa precisare) di Mauro Di Vittorio.
«Né il sottoscritto – replica Pifano – né gli altri responsabili a suo tempo del Collettivo del Policlinico o dei Comitati Autonomi Operai di via dei Volsci abbiano mai saputo o abbiano mai avuto notizia dell’esistenza di un compagno dell’autonomia tra le vittime dell’orribile strage di Bologna!»
L’iniziativa dell’esponente di Futuro e libertà fa seguito alla
presentazione di un’interpellanza parlamentare urgente, firmata insieme a
una cinquantina di altri parlamentari del centrodestra, e al deposito
in procura di una richiesta di supplemento d’indagini.
La smentita di Pifano è importante poiché dimostra come le
affermazioni di Raisi siano prive di rigore, parole lanciate con
leggerezza, formulate senza aver fatto prima le opportune verifiche,
cariche di un violento pregiudizio e di una smisurata faziosità. Frutto
solo del tentativo di sollevare polveroni mediatici, di costruire una
nuova narrazione priva di grammatica.
Se l’appartenenza di Di Vittorio all’area dell’Autonomia operaia di
via dei Volsci, da sempre solidale con i palestinesi e legata in modo
privilegiato con l’Fplp di George Abash, non trova conferma, viene meno
una delle vie principali per collegarlo all’ipotizzata vicenda del
trasporto d’esplosivo. A Raisi rimane solo il biglietto del metrò
parigino trovato in una delle sue tasche. Un po’ poco per sostenere che
ciò proverebbe il suo legame con l’Ori, il gruppo di Carlos, che secondo
Raisi (ma non risulta in nessun documento dei servizi, anche di quelli
della Mitrokhin sempre citatissimi) nel 1980 facesse ancora base a
Parigi, nonostante fosse ricercato dalle autorità francesi per tre
omicidi.
Raisi, come gli altri sherpa della pista palestinese, Pellizzaro,
Paradisi & company (e ovviamente il loro mentore nemmeno tanto
occulto), devono decidere una volta per tutte quale tesi sostenere – se
ne hanno veramente una certa in testa – e smetterla con questa tecnica
dell’aggiustamento progressivo della loro versione che introduce sempre
nuove varianti ad ogni smentita o difficoltà che sopravviene. D’altronde
è proprio questa la caratteristica dei teoremi.
Non è certo possibile sostenere contemporaneamente due cose
contraddittorie. E’ noto come non ci siano mai stati contatti tra i
Comitati autonomi romani e il gruppo di Carlos. Anche solo lontanamente
ipotizzarlo rasenta la bestemmia vista l’abissale distanza di cultura
politica, dimensione mentale, matrici sociali e pratiche concrete.
Insomma le due ipotesi non possono viaggiare insieme. Delle due l’una: o
si ipotizza che Di Vittorio avesse contatti con via dei Volsci, ma
allora si deve abbandonare l’ipotesi di un legame con Carlos, o
viceversa. Ma siccome la prima ipotesi è smentita, oggi da Pifano e
all’epoca nei profili che apparvero sul Resto del Carlino e sull’Unità;
e la seconda non è supportata da nulla (Di Vittorio era passato per
Parigi dopo esser stato respinto alla frontiera inglese); l’intero
castello di sospetti si dissolve in una nuvola di chiacchiere avventate,
qualcuno ha detto di balle di sapone.
L’attenzione posta sulla figura di Di Vittorio presenta un risvolto
davvero singolare che vale la pena sottolinerare: la sorella Anna,
profondamente religiosa, ad un certo punto decise di inviare una lettera
di perdono e riconciliazione alla coppia Fioravanti-Mambro. Lettera che
aiutò i due ad ottenere la liberazione condizionale e l’uscita
dall’ergastolo sulla base di quei criteri premiali esercitati dai
tribunali di sorveglianza ed oggi incentrati attorno alla figura della
vittima ritenuta metro di giudizio assoluto. Questo comportamento,
sfruttato inizialmente per ottenere il beneficio, è ora rovesciato
contro la memoria della vittima quasi fosse l’indizio di un rimosso: la
presenza di un immenso senso di colpa.
Chi era Di Vittorio, ce lo dicono alcune testimonianze e profili
tratteggiati sui quotidiani dell’epoca. E qui tocchiamo un secondo
aspetto del castello di sospetti dalle fondamenta d’argilla inalzato da
Raisi. Secondo il parlamentare, infatti, le informazioni riportate nella
scheda su Di Vittorio presente sul sito dell’associazione familiari non
sarebbero vere, al punto da chiedersi se non siano frutto di un
depistaggio poiché – sostiene – da ricerche effettuate non risulta
traccia in nessuno dei verbali degli atti ufficiali del quaderno-diario
in cui il giovane raccontava le peripezie del suo viaggio verso Londra.
Tuttavia i dubbi di Raisi appaiono infondati poiché i virgolettati
del testo contestato sono stati ripresi quasi per intero da un articolo
di Fabio Negro, scritto dopo la strage per il Resto del Carlino, che potete vedere qui sotto.
Il testo apparteneva ad uno speciale del quotidiano bolognese, nel
quale erano presenti schede biografiche di tutte le vittime della
strage, preparato a supporto del “fondo di solidarietà” per le vittime
lanciato dopo l’attentato.
Sull’’Unità il 15 agosto si raccontano altri dettagli sulla sua vita e i funerali celebrati a Roma nella cappella del Verano.
Sull’’Unità il 15 agosto si raccontano altri dettagli sulla sua vita e i funerali celebrati a Roma nella cappella del Verano.
Per brevità riprendo un passaggio dell’articolo di Antonella Beccaria, apparso sul Fatto quotidiano edizione bolognese del 30 luglio 2012:
«Era partito per Londra il 28 luglio di quell’anno passando per Friburgo, dove si era separato da un amico scoperto a viaggiare senza biglietto. Giunto in Gran Bretagna, alla frontiera era stato respinto perché senza lavoro e dunque era tornato in Italia, passando per Bologna il mattino della strage e perdendo la vita.
In merito poi alla sua estrazione di sinistra, i giornali dell’epoca la confermano. Ma sono concordi nel dire che “da tempo faceva da capofamiglia. Qualche anno fa, infatti, era morto il padre e la madre e il fratello non ce la facevano a andare avanti con una piccola pensione. Il giovane così abbandonò gli studi e cominciò a lavorare un po’ dappertutto, anche lontano da Roma, ricordandosi sempre di mandare i soldi a casa”. Ai suoi funerali, oltre ai familiari, partecipò l’allora assessore alle politiche educative, Roberta Pinto, deputata fino al 1992 prima per il Pci e poi per il Pds. C’erano anche una ventina di giovani, “i compagni di Torpignattara”, come scrissero su uno dei cuscini di fiori appoggiati sulla bara di Di Vittorio, e un gruppo femminista che appose uno striscione di fronte alla cappella dentro cui si celebrarono le esequie».
Infine nella corso del suo lungo sproloquio Enzo Raisi è riuscito ad
evocare persino le Brigate rosse, che ormai sembrano diventate come il
prezzemolo: stanno bene un po’ dapertutto insaporendo gli scenari. L’ex
membro della Mitrokhin ha parlato degli spostamenti sull’asse
Roma-Bologna-Verona per raggiungere i vertici della colonna veneta e
Savasta. Cosa c’entrino le Brigate rosse con il lodo Moro, Raisi deve
ancora riuscirlo a spiegare, visto che se in Italia ne abbiamo avuto
cognizione è grazie al rapimento del presidente democristiano che ne
parlò nelle sue lettere e nel memoriale durante la sua prigionia. Ma
questo è un’altro capitolo che affronteremo in un’altra occasione.
COMUNICATO STAMPA DI DANIELE PIFANO
Ancora una volta l’onorevole Enzo Raisi, personaggio assai equivoco già membro della Commissione Mitrokhin ed attuale “responsabile immagine di FLI”, spara notizie sensazionali, di grande effetto mediatico…..ma di nessuna rispondenza reale!
Questa volta ha tirato fuori che una delle vittime della bomba alla stazione di Bologna, Mauro Di Vittorio faceva parte dell’Autonomia Operaia, quindi la stessa di Daniele Pifano, quello dei missili dei palestinesi, quindi possibile trasportatore della bomba assassina che avrebbe fatto esplodere per sbaglio o volontariamente. Peccato che né il sottoscritto né gli altri responsabili a suo tempo del Collettivo del Policlinico o dei Comitatio Autonomi Operai di via dei Volsci lo abbiano mai saputo o o abbiano mai avuto notizia dell’esistenza di un compagno dell’autonomia tra le vittime dell’orribile strage di Bologna!
Ancora una volta questa gente senza scrupoli usa le vittime di quella terribile strage fascista per tentare a tutti i costi di rifarsi una nuova verginità.
Per quanto mi riguarda ho dato mandato ai miei avvocati di sporgere denuncia contro quest’individuo pur sapendo che si farà scudo dell’immunità parlamentare per non rispondere di calunnie come questa!
Roma, 31 luglio 2012
Daniele Pifano
Fonte:
http://insorgenze.wordpress.com/2012/08/01/strage-di-bologna-daniele-pifano-sbugiarda-il-deputato-fli-enzo-raisi-mauro-di-vittorio-non-ha-mai-fatto-parte-del-collettivo-del-policlinico-o-dei-comitati-autonomi-operai-di-via-dei-volsci/
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