08/01/2009
Di Vittorio Arrigoni:
Il mio articolo per Il Manifesto di oggi:
 
"Prendi dei gattini, dei teneri micetti e 
mettili dentro una scatola" mi dice Jamal, chirurgo dell'ospedale Al 
Shifa, il principale di Gaza, mentre un infermiere pone per terra 
dinnanzi a noi proprio un paio di scatoloni di cartone, coperti di 
chiazze di sangue. "Sigilla la scatola, quindi con tutto il tuo peso e 
la tua forza saltaci sopra sino a quando senti scricchiolare gli 
ossicini, e l'ultimo miagolio soffocato." Fisso gli scatoloni attonito, 
il dottore continua "Cerca ora di immaginare cosa accadrebbe subito dopo
 la diffusione di una scena del genere, la reazione giustamente sdegnata
 dell'opinione pubblica mondiale, le denunce delle organizzazioni 
animaliste..." il dottore continua il suo racconto e io non riesco a 
spostare un attimo gli occhi da quelle scatole poggiate dinnanzi ai miei
 piedi. "Israele ha rinchiuso centinaia di civili in una scuola come in 
una scatola, decine di bambini, e poi l'ha schiacciata con tutto il peso 
delle sue bombe. E quale sono state le reazioni nel mondo? Quasi nulla. 
Tanto valeva nascere animali, piuttosto che palestinesi, saremmo stati 
più tutelati."
A questo punto il dottore si china 
verso una scatola, e me la scoperchia dinnanzi. Dentro ci sono contenuti
 gli arti mutilati, braccia e gambe, dal ginocchio in giù o interi 
femori, amputati ai feriti provenienti dalla scuola delle Nazioni Unite 
Al Fakhura di Jabalia,  più di cinquanta finora le vittime. Fingo una 
telefonata urgente, mi congedo da Jamal, in realtà mi dirigo verso i 
servizi igienici, mi piego in due e vomito. Poco prima mi ero 
intrattenuto in una discussione con il dottor Abdel, oftalmologo, 
circa i rumors, le voci incontrollate che da giorni circolano lungo 
tutta la Striscia secondo le quali l'esercito israeliano ci starebbe 
tirando addosso una pioggia di armi non convenzionali, vietate dalla 
Convenzione di Ginevra. Cluster bombs e bombe al fosforo bianco. 
Esattamente le stesse che l'esercito di Tsahal utilizzò nell'ultima 
guerra in Libano, e l'aviazione USA a Falluja, in violazione delle le 
norme internazionali. Dinnanzi all'ospedale Al Auda siamo stati 
testimoni e abbiamo filmato dell'utilizzo di bombe al fosforo bianco, a 
circa cinquecento metri da dove ci trovavamo, troppo lontano per essere 
certi che sotto gli Apache israeliani ci fossero dei civili, ma troppo 
tremendamente vicino a noi. Il Trattato di Ginevra del 1980 prevede che 
il fosforo bianco non debba essere usato direttamente come arma di 
guerra nelle aree civili, ma solo come fumogeno o per l'illuminazione. 
Non c'è dubbio che utilizzare quest'arma sopra Gaza, una striscia di 
terra dove si concentra la più alta densità abitativa del mondo, è già 
un crimine a priori. Il dottor Abdel mi ha riferito che all'ospedale Al 
Shifa non hanno la competenza militare e medica, per comprendere se 
alcune ferite di cadaveri che hanno esaminato siano state prodotte 
effettivamente da proiettili al fosforo bianco. A detta sua però, in 
venti anni di mestiere, non ha mai visto casi di decessi come quelli 
portati all'ospedale nelle ultime ore. Mi ha spiegato di traumi al 
cranio, con fratture a  vomere, mandibola, osso zigomatico, osso 
lacrimale, osso nasale e osso palatino che indicherebbero l'impatto 
di una forza immensa con il volto della vittima. Quello che ha detta 
sua è totalmente inspiegabile, è la totale assenza di globi oculari, che
 anche in presenza di traumi di tale entità dovrebbe rimanere al loro 
posto, almeno in tracce, all'interno del cranio. Invece stanno arrivando
 negli ospedali palestinesi cadaveri senza più occhi, come se qualcuno 
li avesse rimossi chirurgicamente prima di consegnarli al coroner. 
Israele ci ha fatto sapere che da oggi ci è generosamente concessa una 
tregua ai suoi bombardamenti di 3 ore quotidiane, dalle 13 alle 16. 
Queste dichiarazioni dei vertici militari israeliani vengono apprese 
dalla popolazione di Gaza, con la stessa attendibilità dei leaders di 
Hamas quando dichiarano di aver fatto strage di soldati nemici. Sia 
chiaro, il peggior nemico dei soldati di Tel Aviv sono gli stessi 
combattenti sotto la stella di Davide. Ieri una nave da guerra al largo 
del porto di Gaza, ha individuato un nutrito gruppo di guerriglieri 
della resistenza palestinese muoversi compatto intorno a Jabalia e ha 
cannoneggiato. Erano invece dei loro commilitoni, risultato: 3 soldati 
israeliani uccisi, una ventina i feriti. Alle tregue sventolate da 
Israele qui non ci crede ormai nessuno, e infatti alle 14 di oggi Rafah 
era sotto l'attacco degli elicotteri israeliani, e a Jabalia l'ennesima 
strage di bambini: tre sorelline di 2, 4, e 6 della famiglia Abed Rabbu.
 Una mezz'ora prima sempre a Jabilia ancora una volta le ambulanze della
 mezzaluna rossa sotto attacco.Eva e Alberto, miei compagni dell'ISM, 
erano sull'ambulanza, e hanno videodocumentato l'accaduto, passando poi i
 video e le foto ai maggiori media. Hanno gambizzato Hassan, fresco di 
lutto per la morte del suo amico Araf, paramedico ucciso due giorni fa 
mentre soccorreva dei feriti  a Gaza city. Si erano fermati a 
raccogliere il corpo di un moribondo agonizzante in mezza alla strada, 
sono stati bersagliati da una decina di colpi sparati da un cecchino 
israeliano. Un proiettile ha colpito alla gamba Hassan, e ridotto un 
colabrodo l'ambulanza. Siamo arrivati a quota 688 vittime, 3070 i 
feriti, 158 i bambini uccisi, decine e decine i dispersi. Solo nella 
giornata di ieri si sono contati 83 morti, 80 dei quali civili. Il 
computo delle vittime civile israeliane, fortunatamente, è fermo a quota
 4. Recandomi verso l'ospedale di Al Quds dove sarò di servizio sulle 
ambulanze tutta la notte, correndo su uno dei pochi taxi temerari che 
zigzagando ancora sfidano il tiro a segno delle bombe, ho visto fermi ad
 una angola di una strada un gruppo di ragazzini sporchi, coi vestiti 
rattoppati, tali e quali i nostri sciuscià del dopoguerra italiano, che 
con delle fionde lanciavano pietre verso il cielo, in direzione di un 
nemico lontanissimo e inavvicinabile che si fa gioco delle loro vite. La
 metafora impazzita che fotografa l'assurdità di questa di tempi e di 
questi luoghi.
 Restiamo umani.
Vik
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