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Credo che la verità vada urlata contro ogni indifferenza mediatica e delle coscienze. Perciò questo è uno spazio di controinformazione su tutto ciò che riguarda le lotte sociali. Questo blog è antisionista perchè antifascista. Informatevi per comprendere realmente e per resistere.

Donatella Quattrone


lunedì 18 novembre 2013

PER CHI SUONA REGGIO CALABRIA

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Migliaia di cittadini hanno sfilato il 16 novembre per le vie della città di Reggio Calabria rispondendo all’appello “Suona Reggio, Suona!”, nato tramite il tam tam sui social media su iniziativa di Saro Poppy Lanucara, presidente del circolo Arci Fanfulla di Roma e raccolto dall’Associazione Mu.Stru.Mu., all’indomani dell’incendio doloso che ha colpito il Museo dello Strumento Musicale.
Doveva succedere ed è successo. E’ stato un successo, di quelli che la città non vedeva da anni o non ha mai voluto vedere perché a crederci erano in pochi.
“Ma quanti saremo?” ci si domanda ansiosi verso le 16,00 quando almeno un centinaio già affollavano Piazza Italia, luogo del concentramento nel bel mezzo della febbre del sabato pomeriggio da shopping stanco ed esacerbato sul Corso Garibaldi, ove IOS e Whatsapp hanno soppiantato la conversazione lungo il cammino avanti e indietro per vetrine, e magari un caffè che sa di più e del meno.
“Ma quanti siamo?” ci si domanda all’imbocco della rotonda verso Pineta Zerbi quando un fiume in piena invade l’arteria principale con davanti il Grande Gong, la croce musicale di Giovanni Laganà, Jesus dell’Eco Jazz, la fisarmonica del prof. Consolato Pedagogista Cantore e gli strumenti a corda (chitarre, violini, violoncelli) nel mezzo fiati e percussioni (pipite, clarini, jambè, tamburi, tamburelli), innumerevoli ciancianeddi, cucchiai, pentole e ammennicoli vari di chi non sa suonare ma ha voluto suonare lo stesso per farsi sentire. A chiudere, sull’autobus aperto offerto dall’Atam, la Banda Musicale del Comune di Mosorrofa (RC), Cavalleria Rusticana di feste patronali paesane.
In mezzo c’è stato di tutto: mamme e papà, carrozzine, bambini con nacchere, studenti e studentesse che hanno spaziato da “I miei sogni d’Anarchia” di Rino Gaetano a “Resistance” dei Muse, giovani lavoratori venuti giù dal Nord infischiandosene dei costi altissimi delle Ferrovie dello Stato, anziani che hanno perpetuato l’attacco de “non ‘nventu canzuni e non sacciu cantari, me mamma non mi fici cantaturi ma aju l’organettu e mi mentu a sunari”, il Comitato “Salviamo il Teatro Masciari” di Catanzaro, il Coro Be Free del Liceo Scientifico “L. Da Vinci”, l’orchestra giovanile “Leotta” e l’Associazione culturale Snap. E tantissimi altri. Demetrio Spagna e i ragazzi dell’Associazione Mu.Stru.Mu. invasi dall’abbraccio di una città che ha voluto mandare un segnale chiaro di vitalità e presenza, a prova del fatto che Reggio, nonostante riceva attacchi quotidiani, non vuole continuare a subirli passivamente.
L’assenza dei partiti e delle organizzazioni rappresentative e istituzionali (a parte le eccezioni solite che si contano sulle dita di una mano) passa inosservata tanto è sempiternamente normale. E’ stato il trionfo di una moltitudine sconosciuta agli stessi partecipanti, perché anche se la manifestazione è stata caratterizzata da un attacco subito come tanti altri, stavolta non vi è stato il codazzo di protagonismo e primogeniture.   
Non è stata nemmeno una “passeggiata”, ma un cammino festante e brigante che, non posando chitarra e tamburi, li ha voluti suonare come una scupetta a chi ha sempre voluto fare di Reggio una poco novella Terra dei Fuochi.
Giungendo davanti a quel che resta del Mu.Stru.Mu. ci sovviene ancora quella domanda: “Ma quanti siamo?”. Guardando le migliaia di volti differenti ad esprimer rabbia col sorriso sornione sulle labbra, ci si accorge che la domanda è inutile. Non importa la quantità dell’esercito musicante, ma lo spirito del suono delle truppe in festa. Perché è una festa e non una marcia funerea.
Di certo si era molti di più del solito, la cosa importante è stata la volontà di non testimoniare più ma di agire per la ricostruzione del Museo e nel suo insieme della “piccola grande Città, bastardo posto”.
Occorre cogliere questa rinnovata e fresca volontà di partecipazione, non richiudibile in sofismi da capipopolo o etichette rappresentanti del nulla.
Occorre surfare su questo fiume in piena che, mentre agitava Pisa, Val Susa, Gradisca di Isonzo e Napoli, ha straripato anche a Reggio Calabria che piaccia o no, difficile da gestire per chi resta e per chi ritorna su in esilio voluto o forzato, senza contrapposizioni perché Reggio è a Reggio ed è in tutta Italia.
Il secondo album è sempre il più difficile, ma “Suona Reggio, Suona!”.

Pigghiamu la musura di li scarpi.
(cit. tarantella)



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