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Donatella Quattrone


sabato 18 gennaio 2014

Thomas Sankara, la coscienza ribelle dell'Africa



 Dal blog di Bob Fabiani http://bob-fabiani.blogspot.it/

 

giovedì 16 gennaio 2014




Thomas Sankara il 15 ottobre 1987 viene assassinato da un commando golpista - organizzato e diretto da Blaide Compaoré - a soli 37 anni. Era nato il 21 dicembre 1949 a Yako, nell'ex Alto Volta, una colonia francese piuttosto turbolenta e,  che soli molti anni dopo durante la rivoluzione del 1983 prenderà il nome di Burkina Faso.
La data ufficiale in cui l'Alto Volta diventa "Burkina Faso" è il 4 agosto 1984; nell'incrocio di due lingue locali (dioula e mooré) significa "La patria degli integri".
A Thomas Sankara sono state date molte definizioni: "Il presidente dei contadini", per la decisione di metterli al centro e dar potere ai produttori di sopravvivenza, quel 90% di contadini condannati alla miseria più marcata e disperante; dimenticati e da sempre rovinati da tradizioni feudali e, in euguale misura dalla distruzione della natura complice l'avanzamento del deserto.
"Il ribelle" a causa delle proposte in favore del disarmo e dell'indipendenza economica terzomondista, contro l'imperialismo e il capitalismo divoratore di risorse.
"Il presidente più povero del mondo" per la sua visione personale della figura del presidente: ossia la messa in pratica di un principio di non-privilegio. A tal proposito spiegava:"Non possiamo essere i dirigenti ricchi di un paese povero".
"L'incorruttibile" per la lotta senza quartiere che lanciò durante gli anni della Rivoluzione Burkinabé contro gli abusi.
"Il Femminista". Sankara si guadagnò questa definizione per l'attenzione speciale che riservò alle donne vittime del patriarcato capitalista.
Se dovessimo sintetizzare cosa ha rappresentato Sankara per l'Africa (e non solo) potremmo prendere in prestito la nota scritta dal sociologo svizzero, Jean Zigler:" L'esperienza di Sankara è stata unica in Africa e in tutto il Terzo Mondo. La morte di questo uomo eccezionale è una tragedia per l'intera Africa".
Vent'anni prima della dipartita del presidente del Burkina Faso, autentica coscienza ribelle per l'Africa intera, alla stessa età, Che Guevara trovò la morte e, prima di morire fece in tempo a scrivere una delle sue proverbiali frasi:"Quando lo straordinario diventa quotidiano, ecco la Rivoluzione". Parole perfette per la storia e per l'esperienza di Sankara alla guida della Rivoluzione Burkinabé.
-IL BURKINA FASO
Il Burkina Faso è situato nell'Africa sub-sahariana è un paese chiuso (senza sbocchi sul mare); un paese agricolo. Ha una superficie di 274.000 Km2, la popolazione è di circa 12.000.000 abitanti, con il 75% dei cittadini tra i 15 e i 40 anni.
Il Burkina Faso è limitato a nord-ovest dal mali, ad est dal Niger, a sud-ovest dalla Costa D'Avorio, a sud dal Ghana e dal Togo, a sud-est dal Benin. La capitale è Ouagadougou è situata proprio al centro del paese e, Bobo Dioulasso, il centro delle attività si trova ad ovest.
-IL PRESIDENTE RIBELLE"
Thomas Sankara è stato il paladino assoluto del rifiuto di apporre la sua firma - a nome del Burkina Faso - al programma di aggiustamento strutturale con il Fondo Monetario Internazionale. Questa sua posizione rivoluzionaria lo rende assolutamente moderno e attuale oggi che, in quell'Europa che per oltre 100 anni produsse ( e ancora produce, sotto altre mentite spoglie un moderno colonialismo fatto di schiavismo, guerre civili, dittature e coflitti che stanno riesplodendo in modo drammatico e proccupante, con la Francia in prima fila...) un colonialismo che condannò l'Africa alla miseria più diffusa e drammatica, l'esempio di Sankara sarebbe la migliore risposta alla "dittatura della Troika" che sta imponendo sistemi autoritari anche nei cosiddetti paesi del "Primo Mondo".
In un memorabile discorso ad Addis Abeba, in Etiopia, nel 1986 Sankara spiegò perché l'Africa non doveva pagare il debito estero: "Abbiamo detto all'Fmi: quel che chiedete noi l'abbiamo già fatto. Abbiamo ridotto i salari dei funzionari, risanato l'economia, non avete niente da insegnarci. ci è sembrato di capire che quel che il Fondo cerca sia un controllo politico".
-LA FORMA ISTITUZIONALE DELLA RIVOLUZIONE BURKINABE'
La Rivoluzione che Sankara portò a compimento aveva come forma istituzionale rivluzionaria, la democrazia diretta. nacque da un'alleanza fra la rivolta popolare contro governi corrotti e un gruppo di militari giovani capitanati da Sankara, Compaoré ( che poi partecipò al commando golpista che lo rovesciò...e ancora oggi siede sulla poltrona presidenziale...), Lingani e Zongo (il giornalista assassinato nel 1988).
Il potere a partire dal 1983 fu amministrato dal governo formato da militari e civili e dal Consiglio Nazionale della "rivoluzione" (Cnr, che aveva all'interno membri del governo e membri dei partiti di sinistra); tuttavia il nerbo della "democrazia diretta", la cassa di risonanza del popolo, dovevano essere i comitati di difesa  della Rivoluzione (Cdr), presenti in tutti i villaggi, quartieri, luoghi di lavoro.
Sensibilizzare le masse, impegnarsi nel lavoro collettivo di sviluppo socioeconomico e difendere la Rivoluzione anche con le armi erano questi i compiti che il "Comandante Sankara" assegnò a tutti coloro che, nel popolo si impegnarono a favore dello sviluppo del Burkina Faso. Sankara attribuiva una grande importanza alle organizzazioni di massa: credeva che, l'Unione dei contadini, delle donne, dei giovani, degli anziani, sarebbero state la vera espressione  della democrazia diretta mentre, invece, non aveva alcuna fiducia  nei partitini che si richiamavano a modelli rivoluzionari di stampo urbano ed elitario.
-THOMAS SANKARA I DISCORSI E LE IDEE
Sankara è stato una figura fondamentale e importantissima per milioni di giovani africani ieri come oggi, il suo grande insegnamento in tema di diritti umani, sociali e su quelli economici e contro il disarmo dell'Africa rendo no la sua figura assolutamente centrale per la rivendicazione della "coscienza indipendente dell'Africa". Qui di seguito abbiamo selezionato alcuni brani di celebri discorsi e alcune idee che possono meglio inquadrare la figura rivoluzionaria del presidente del Burkina Faso, sopratutto per quanti, tra coloro nche non ne conoscono nè la storia nè l'operato.
                                      (Bob Fabiani)


Il filmato eccezionale di questo discorso tenuto dal "Comandante Sankara" fu definito importantissimo tra quanti quel giorno si trovavano a Harlem, il "cuore del ghetto nero" di Nyc. Un discorso a favore dei paesi non-allineati e a sostegno di Cuba e dell'indipendenza dell'Africa e contro il colonialismo soffocante dei capitalisti oppressori.
 -SANKARA PARLA DEL PROBLEMA DELLA DONNA E DELLA PIAGA DELLA PROSTITUZIONE IN BURKINA FASO.
"La prostituzione non è che la quintessenza di una società dove lo sfruttamento è divenuto regola ed è il simbolo del disprezzo che l'uomo prova per la donna. Di questa donna che non è altro che il viso doloroso della madre, della sorella o della sposa di altri uomini, dunque di ciascuno di noi. E' in definitiva, il disprezzo incoscente che proviamo per noi stessi. Là dove ci sono prostitute ci sono "prostitutori".
 (8 marzo 1987, in occasione della giornata internazionale della donna a Ouagadougou)*
*Sankara nel suo programma poneva un'enorme attenzione alla donna: il nuovo governo comprendeva 5 donne; alla radio molte erano le trasmissioni di educazione sessuale, sulla contraccezione e sulla pericolosità dell'infibulazione; era stata concessa alle donne non sposate o conviventi il diritto  di ottenere unità catastali per costruire; il 22 settembre 1985 fu indetta la giornata dei "mariti al mercato".Sankara tentò invano di dare alle donne automaticamente una parte del salario dei propri mariti perché riteneva che fossero più abili nello gestire il denaro di molti uomini. La scorta in motocicletta di Sankara era costituita da donne. Nel 1987 vietò la prostituzione ma per questo ottenne forti critiche, venendo accusato di non aver preso in debita  considerazione la situazione economica del paese!


-L'AFRICA NON PAGHI IL DEBITO ESTERO E NON COMPRI PIU' ARMI*
ADDIS ABEBA,1986, VERTICE DELL'ORGANIZZAZIONE PER L'UNITA'
AFRICANA (OUA)
 Il problema del debito va analizzato prima di tutto partendo dalle sue origini. Quel che ci hanno prestato il denaro sono gli stessi che ci hanno colonizzati, sono gli stessi che hanno per tanto tempo gestito i nostri stati e le nostre economie; essi hanno indebitato l'Africa presso i donatori di fondi. Noi siamo estranei alla creazione di questo debito, dunque non possiamo pagarlo.**
Il debito, inoltre, è anche legato a meccanismi neocoloniali; i colonizzatori si sono trasformati in assistenti tecnici...o dovremmo dire assassini tecnici, e ci hanno proposto dei meccanismi  di finananziamento con i finanziatori, i bailleurs de fonds, un termine continuamente usato: come se ci fossero "uomini il cui sbadiglio (baillement in francese...) bastasse a creare lo sviluppo nei nostri paesi! (Risate)
I finanziatori ci sono stati consigliati, raccomandati. Ci hanno presentato dei vantaggi finanziari. Così ci siamo indebitati per decenni e per decenni abbiamo rinunciato a soddisfare i bisogni delle nostre popolazioni. Il debito nella sua forma attuale, controllato e dominato dall'imperialismo, è una riconquista coloniale organizzata con perizia, affinché l'Africa, la sua crescita, il suo sviluppo, obbediscano a regole che ci sono del tutto estranee, e che ciascuno di noi diventi finanziariamente schiavo, o peggio, schiavo tout court di quelli che hanno avuto l'opportunità, l'astuzia, la furbizia di piazzare capitali da noi con l'obbligo di rimborsarli. Ci si dice di rimborsare il debito. Ma non si tratta di una questione morale: qui non è in gioco il cosiddetto "onore".
Signor presidente, abbiamo ascoltato e applaudito il primo ministro di Norvegia che ha parlato qui ieri, anche lei, che è europea, ha detto che il debito non può essere interamente rimborsato.
Il debito non può essere rimborsato prima di tutto perché, se noi non paghiamo, i prestatori di capitali non moriranno, possiamo esserne certi; invece, se paghiamo, saremo noi a morire, possiamo esserne altrettanto certi.
Quelli che ci hanno portato all'indebitamento hanno giocato, come al casinò: finché ci guadagnavano, andava tutto bene; adesso che hanno perduto al gioco, esigono che li rimborsiamo(...)
Quando si parla oggi di crisi economica, si dimentica di dire che la crisi non è venuta dal nulla, esiste da sempre, e andrà avanti sempre più man mano che le masse popolari diventeranno più coscienti dei propri diritti di fronte agli sfruttatori.
C'è crisi oggi perché le masse rifiutano la concertazione delle richezze nelle mani di qualche individuo. c'è crisi perché qualche individuo deposita in banche all'estero somme che basterebbero a sviluppare l'Africa. C'è crisi perché di fronte  a quelleenormi richezze individuali le masse popolari non ci stanno più a vivere in ghetti e aeree fatiscienti. C'è crisi perché i popoli dappertutto rifiutano di essere dentro Soweto a guardare Johannesburg. Ci sono dunque lotte, che inducono all'inquietudine i detentori del potere finanziario. Ci viene chiesto di essere complici nella ricerca di meccanismi di equilibrio: equilibrio in favore di chi ha il potere finanziario, equilibrio a scapito delle nostre masse popolari. No, non possiamo essere complici!
No, non possiamo accompagnare il passo assassino di chi succhia il sangue dei nostri popoli (...)
Si sente parlare di gruppo dei 5, gruppo dei 7, magari gruppo dei 100 e chissà altro ancora - è davvero tempo di creare il nostrro club, il nostro gruppo: facciamo sì che da oggi da Addisa Abeba diventi la sede di un nuovo club, il Fronte unito di Addis Abeba contro il debito - è nostro dovere proclamare di fronte a tutti che nel nostro rifiuto di pagare il debito non ci sono intenti bellicosi; al contrario, c'è un intento amichevole e fraterno, quello di dire come stanno le cose. Le masse popolari europee non sono opposte a quelle africane, anzi quelli che vogliono sfruttare l'Africa sono gli stessi che sfruttano l'Europa.
I nemici sono comuni. Il nostro club di Addis Abeba dovrà dire a tutti: "Il debito non sarà pagato" (...)
(...) Impegnamoci molto saggiamente a ricercare delle soluzioni; facciamo sì che altre conferenze spieghino con chiarezza che non possiamo pagare il debito. Dobbiamo dirlo tutti insieme, perché individualmente andremmo a farci assassinare. Se il Burkina Faso da solo rifiuta di pagare il suo debito, io non sarò qui alla prossima conferenza (Risate); ma con il sostegno di tutti - e ne ho bisogno (Applausi) - potremo evitare di pagare. Evitare di pagare è una condizione sine qua non perché possiamo provvedere al nostro sviluppo.
Ma non posso terminare senza sottilineare che ogni volta che un paese africano acquista armi, è contro gli africani. Quando nel lanciare la risoluzione di non pagare il debito dobbiamo contestualmente trovare una soluzione al problema degli armamenti (...)
Cari fratelli, con la collaborazione di tutti possiamo arrivare alla pace fra noi. E potremo utilizzare le nostre immense possibilità di sviluppare l'Africa. Il nostro suolo, il nostro sottosuolo sono ricchi. Abbiamo abbastanza braccia, abbiamo un mercato, abbiamo sufficenti capacità intellettuali per creare e utilizzare la tecnologia, e la scienza che non mancano (...)
(...) Facciamo sì che a partire dal Fronte unito di Addis Abeba contro il debito si decida di frenare la corsa agli armamenti fra paesi deboli e poveri (...)
(...) Facciamo sì inoltre che il mercato degli africani sia davvero il mercato degli africani: produrre in Africa, trasformare in Africa, consumare in Africa. Produciamo ciò di cui abbiamo bisogno, e consumiamo quel che produciamo, invece di importare! (...)
La patrie ou la mort, nous vaincrons! (Applausi)
*In un discorso con punte di umorismo accompagnato da applausi e risate degli incravattati capi di stato africani, Thomas Sankara vestito con il Faso dan Fani, cotone del suo paese, espone e motiva la proposta del Burkina Faso di creare un Fronte unito di Addis Abeba contro il pagamento del debito estero. Non risparmia tuttavia stoccate ai governanti che accumulano ricchezze all'estero e condanna lo scandaloso acquisto di armi da parte di paesi africani. infine invita l'Africa a produrre quello di cui ha bisogno e a consumare quello che ha prodotto invece di importare, accettando di vivere degnamente all'africana.
** Il Burkina Faso in realtà era uno dei paesi meno indebitati d'Africa, anche grazie alle politiche di contenimento delle importazioni e all'austerità di bilancio autoimposta. Il servizio del debito costituiva solo il 2,5% del Pil.


 -L'ASSASSINIO    
 Nel pomeriggio del 15 ottobre 1987 un commando militare assassina Thomas Sankara e, con lui, 15 persone, guardie e consiglieri.
Vennero tutti sepolti la notte stessa nel cimitero di Dagnonen, un quartiere situato nella zona est di Ouagadougou.
Era la fine di tutto. Era finita la Rivoluzione Burkinabé.
La rivoluzione fu spezzata e stroncata nel momento "opportuno": Sankara aveva chiesto e preteso troppo al cuore dello stato, ai funzionari, ai militari, ai sindacati, ai partitini urbani, ai commercianti, ai capi tradizionali, per non parlare dei suoi colleghi di governo: del resto è dagli ambienti governativi che partì l'ordine per rovesciarlo, sotto la regia golpista  di Compaoré; è l'ordine concordato con il consenso delle potenze straniere - sopratutto la Francia che lo considerava una minaccia per i suoi interessi colonialisti in Africa... - disturbate dalla possibilità dell'estensione del modello "burkinabé" in altre colonie e nell'Africa intera.
Sankara si accorse troppo tardi che ai vertici del Burkina Faso era isolato e solo: mentre la base rurale non era ancora  "socializzata alla politica", l'Esercito, intanto, rivoleva prendere tutto il potere.
-LIBRI SU THOMAS SANKARA
I titoli che qui troverete sono solo una piccola guida per orientarsi nello studio di Sankara non ha alcuna pretesa di essere "assoluta" e tanto meno definitiva.
                                                             (Bob Fabiani)
-Bruno Jaffré  - Biographie de Thomas Sankara;
-Bruno  Jaffré -  Burkina Faso Les années Sankara;
-Sawadogo       -  Le président Sankara;
-Carlo   Batà    -  L'Africa di Thomas Sankara - Le
idee non si possono uccidere  - Achab Editrice, 2003;
-Thomas Sankara - I discorsi e le idee - Esizioni Sankara, 2003;
-Alessandro Aruffo - Sankara. Un rivoluzionario africano. - Edizioni Massari, 2007;
-Thomas Sankara - Il presidente ribelle - a cura di Marinella Correggia
-Discorsi tradotti da Marinella Correggia - Edizioni Manifesto Libri;
-Valentina Biletta   - Una foglia, una storia. Vita di Thomas Sankara
-Edizioni Ediarco, 2003;
-Vittorio   Martinelli  (con Sofia Massai) - La voce nel
deserto  (prefazione Jean-Léonard Touadi) Edizioni Zona, 2009.
 
(Fonte.:jeuneafriquearchivie;sankara20ans)
 
Bob Fabiani
 
Link
-www.thomassankara.net;
-www.sankara20ans.net;
-www.jeuneafrique.com   




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