Pubblicato il 7 febbraio 2014 da AbuSara
7 Febbraio 2014 / Fonte: Ma’an News Agency
Venerdì pomeriggio un gruppo di attivisti palestinesi ed internazionali ha
allestito un nuovo villaggio di protesta nella Valle del Giordano, poche
ore dopo che le forze israeliane avevano fatto irruzione nel campo di Ein
Hajla distruggendo l’accampamento.
allestito un nuovo villaggio di protesta nella Valle del Giordano, poche
ore dopo che le forze israeliane avevano fatto irruzione nel campo di Ein
Hajla distruggendo l’accampamento.
Il nuovo villaggio di protesta si trova nella stessa zona di Ein Hajla, ad
al-Joula nell’area di Jiftlik, nel nord della Valle del Giordano.
al-Joula nell’area di Jiftlik, nel nord della Valle del Giordano.
Il membro del comitato centrale del DFPL (Fronte Democratico per la
Liberazione della Palestina) Bassam Maslamani ha detto a Ma’an che dozzine
di attivisti hanno stabilito il villaggio di protesta ad al-Jiftlik per
ribadire che la regione è un territorio palestinese, riferendosi ai piani
israeliani di annessione della Valle del Giordano come parte dei negoziati
di pace.
Liberazione della Palestina) Bassam Maslamani ha detto a Ma’an che dozzine
di attivisti hanno stabilito il villaggio di protesta ad al-Jiftlik per
ribadire che la regione è un territorio palestinese, riferendosi ai piani
israeliani di annessione della Valle del Giordano come parte dei negoziati
di pace.
Maslamani ha aggiunto che il campo si trova vicino ad un sito israeliano
di “numbers grave yard” (tombe numerate), dove le autorità israeliane
conservano le spoglie di diversi palestinesi uccisi dalle forze
israeliane, molti dei quali durante la Seconda Intifada.
di “numbers grave yard” (tombe numerate), dove le autorità israeliane
conservano le spoglie di diversi palestinesi uccisi dalle forze
israeliane, molti dei quali durante la Seconda Intifada.
La creazione di questo nuovo villaggio di protesta sopraggiunge a seguito
dell’invasione delle forze israeliane del villaggio di protesta di Ein
Hajla, avvenuta la notte scorsa.
dell’invasione delle forze israeliane del villaggio di protesta di Ein
Hajla, avvenuta la notte scorsa.
Le forze israeliane hanno attaccato e distrutto il villaggio prima
dell’alba, ferendo almeno 35 manifestanti durante l’assalto.
dell’alba, ferendo almeno 35 manifestanti durante l’assalto.
Il campo di protesta di Ein Hajla era stato messo in piedi venerdì 31
gennaio per opporsi alle politiche israeliane di confisca delle terre
nella regione, alla continua costruzione di insediamenti ebraici sulle
terre occupate, e alle recenti proposte di annessione della Valle del
Giordano.
gennaio per opporsi alle politiche israeliane di confisca delle terre
nella regione, alla continua costruzione di insediamenti ebraici sulle
terre occupate, e alle recenti proposte di annessione della Valle del
Giordano.
Durante tutta la settimana le forze israeliane hanno accerchiato
l’accampamento impedendo la fornitura di beni e l’accesso ad altri
attivisti nel villaggio.
l’accampamento impedendo la fornitura di beni e l’accesso ad altri
attivisti nel villaggio.
Mustafa al-Barghouti ha riferito che venerdì mattina centinaia di soldati
israeliani hanno fatto irruzione nel villaggio sparando granate
assordanti, e picchiando le persone presenti nel campo, tra cui anche dei
bambini.
israeliani hanno fatto irruzione nel villaggio sparando granate
assordanti, e picchiando le persone presenti nel campo, tra cui anche dei
bambini.
Diverse persone hanno sofferto di fratture dopo essere state colpite con
manganelli e con i calci dei fucili, ha aggiunto.
manganelli e con i calci dei fucili, ha aggiunto.
Barghouti, che si trovava a Ein Hajla durante l’attacco, ha raccontato
che dozzine di veicoli militari e per il trasporto dei prigionieri sono
entrati nel villaggio, e che i soldati hanno tratto in stato di fermo un
numero ingente di persone.
che dozzine di veicoli militari e per il trasporto dei prigionieri sono
entrati nel villaggio, e che i soldati hanno tratto in stato di fermo un
numero ingente di persone.
Diana Alzeer del comitato per i media di Ein Hajla ha riferito a Ma’an che
un totale di 35 attivisti sono stati feriti, molti dei quali sono stati
portati in ospedale.
un totale di 35 attivisti sono stati feriti, molti dei quali sono stati
portati in ospedale.
Diversi attivisti sono stati tratti in stato di fermo ma in seguito
rilasciati.
rilasciati.
Barghouti ha raccontato che un soldato israeliano ha buttato giù da un
tetto un giornalista che si trovava su una delle case, impedendo alle
telecamere delle TV di riprendere la scena.
tetto un giornalista che si trovava su una delle case, impedendo alle
telecamere delle TV di riprendere la scena.
Ha aggiunto che i manifestanti nonostante l’attacco torneranno a Ein
Hajla, e a Bab Shams, e che “la loro determinazione non può essere
distrutta”.
Hajla, e a Bab Shams, e che “la loro determinazione non può essere
distrutta”.
Barghouti ha elogiato i manifestanti per essere rimasti nel villaggio
durante l’attacco e per non essersi fatti intimidire dalla brutalit�
dell’occupazione, e ha aggiunto che Ein Hajla è stata vittoriosa.
durante l’attacco e per non essersi fatti intimidire dalla brutalit�
dell’occupazione, e ha aggiunto che Ein Hajla è stata vittoriosa.
In un comunicato dell’esercito israeliano ricevuto da Ma’an, le forze di
occupazione scrivono che “esse hanno invitato i provocatori a liberare
l’area” ma dopo che questi non hanno risposto ai loro avvertimenti i
soldati “hanno dato il via all’evacuazione”.
occupazione scrivono che “esse hanno invitato i provocatori a liberare
l’area” ma dopo che questi non hanno risposto ai loro avvertimenti i
soldati “hanno dato il via all’evacuazione”.
Secondo il comunicato dell’esercito “gli agitatori sono stati evacuati a
causa dei lanci di pietre avvenuti durante la settimana sulla strada
principale della Valle del Giordano, e per altre considerazioni di natura
legale.”
causa dei lanci di pietre avvenuti durante la settimana sulla strada
principale della Valle del Giordano, e per altre considerazioni di natura
legale.”
L’accampamento di Ein Hajla segue altre iniziative simili di attivisti
palestinesi negli accampamenti di Bab al-Shams e Ahfad Younis all’inizio
del 2013.
palestinesi negli accampamenti di Bab al-Shams e Ahfad Younis all’inizio
del 2013.
I due villaggi erano stati allestiti vicino a Eizariya, ad est di
Gerusalemme, in un’area strategica che Israele ha denominato E1 e in cui
prevede di costruire altri insediamenti.
Gerusalemme, in un’area strategica che Israele ha denominato E1 e in cui
prevede di costruire altri insediamenti.
Le forze israeliane in entrambi i luoghi avevano attaccato gli
accampamenti e sgomberato i manifestanti.
accampamenti e sgomberato i manifestanti.
Spesso i coloni ebrei fanno irruzione sulle terre palestinesi e
allestiscono degli avamposti illegali in tutta la West Bank, e di solito
le autorità israeliane non fanno nulla e l’esercito li supporta.
allestiscono degli avamposti illegali in tutta la West Bank, e di solito
le autorità israeliane non fanno nulla e l’esercito li supporta.
Questi avamposti sono spesso situati in posizioni strategiche tra dei
villaggi palestinesi e in cima a delle colline o vicino a strade
principali.
villaggi palestinesi e in cima a delle colline o vicino a strade
principali.
Le forze israeliane sovente fungono da servizio di sicurezza per i coloni,
confiscando le terre palestinesi vicine ed incrementando la presenza
militare.
confiscando le terre palestinesi vicine ed incrementando la presenza
militare.
Molti di questi avamposti in un secondo momento si trasformano in
insediamenti, e oggi giorno circa 500.000 ebrei israeliani vivono in
insediamenti costruiti in tutta la West Bank e a Gerusalemme Est.
insediamenti, e oggi giorno circa 500.000 ebrei israeliani vivono in
insediamenti costruiti in tutta la West Bank e a Gerusalemme Est.
I territori palestinesi, riconosciuti a livello internazionale, e di cui
la West Bank e Gerusalemme formano una parte, sono sotto occupazione
militare israeliana dal 1967.
la West Bank e Gerusalemme formano una parte, sono sotto occupazione
militare israeliana dal 1967.
http://www.ideabiografica.com/nuovosito/gallery/prodotto/reggae-bang-bang/
RispondiEliminaAndrea Di Cesare - REGGAE BANG BANG
RispondiEliminahttp://www.ideabiografica.com/nuovosito/gallery/prodotto/reggae-bang-bang/
Lo stile apocalittico di questa storia, si lega all’uso sperimentale e innovativo della punteggiatura, un uso non solo grammaticale, ma in certi passaggi – a sottolineare con enfasi la trama – respiratorio e teatrale, quasi a far voler entrare il lettore nello stesso “respiro” del protagonista.
Idealmente accompagnata dai suoni sofisticati ma brutali del reggae, di partiture elettroniche e gregoriane, di sonorità etniche e religiose, prende corpo la descrizione di un suburbio freddo e distante (ma sempre amato), in cui si muove Corrado, l’eroe del romanzo, nella sua evoluzione frenetica e complessa, che lo conduce a sorpresa verso un epilogo imprevisto.
“Adesso che sono entrato nelle magioni di Corso Venezia e Piazza San Babila, rimpiango le notti passate al bar con egiziani armati e trans fatti di coca, era gente più onesta. Qui, tra queste mura iper-eleganti, segretarie evanescenti con accento dell’Est, corridoi che conducono al cuore del Potere di M., dove tutto sembra a posto e ben stirato, non mi sento affatto sicuro.”
Mentre raccoglie i cocci di una esistenza rabbiosa e di protesta verso se stesso e verso il Sistema costituito, Corrado incontra casualmente Marina, La Dea, che - muovendosi sinuosa come un serpente - lo inizia alle arti marziali e al sesso tantrico. E’ sempre più difficile per lui condurre un’esistenza normale, tra loschi figuri di periferia, un amico di infanzia che a 50 anni fa ancora a botte con bande marocchine, ed un animo sensibile che si pone mille interrogativi, faticando a perdonarsi gli sbagli del passato
“Mi rendo conto di essere un oggetto complesso, che prima di avvicinarmi, bisogna leggere le istruzioni per l’uso, solo che le istruzioni, sono scritte in ebraico …”.
La lunga frequentazione di uno studio psicoanalitico, giustifica questa affermazione di Corrado che, in ultimo, prende le distanze dal suo analista, e prosegue la strada da solo, in una vicenda che esamina il rapporto dell’Uomo contemporaneo con la Tecnologia, i Poteri Forti, il senso di lealtà e il Terziario, sostenuta dal leitmotiv di un vecchio volo in parete, risalente alle sue giovanili esperienze alpinistiche, che diventa il Simbolo di una ricerca, di uno scampato pericolo, attraverso le tinte del Rosa e dell’Ambra (le tinte del pre-morte), che avrebbero percorso l’intera esistenza di Corrado.
Insieme a lui attraversiamo l’abisso e ne usciamo, a fatica, sospinti dall’amore per la vita e dal cinismo disincantato di molte situazioni borderline. La storia di Corrado si dipana per vicoli bui, incontri di boxe truccati e traffici clandestini. Non è la vita di tutti noi, ma in lui ritroviamo debolezze e punti di forza che ciascuno può sentire come propri.
Impossibile circoscrivere “Reggae Bang Bang” in un preciso genere letterario, poiché esso rappresenta ora un road movie di fine costruzione, ora un romanzo introspettivo e di potente maturazione, ora uno spaccato crudele della collettività contemporanea.
“Chi possiede un cuore, rischia più degli altri, oggigiorno. Non è una società che ammetta di avere un cuore. Nei rapporti sociali, vale la regola messa in giro dai rotocalchi femminili e maschili – organi informativi dei Poteri Forti – che vincono le persone di successo, e per avere successo si debbono mettere da parte i sentimenti”.
La sensazione è quella di incrociare un uomo perbene travolto da un potente flusso di coscienza, che riporta a galla vecchie emozioni in cui, parallelamente al cammino del lettore, crescono l’importanza e lo spessore della storia. Alla fine piangiamo con lui e soffriamo per le sue disavventure, come se Corrado fosse un amico, un amante, un fratello, e siamo al suo fianco fino all’ultima pagina, sperando nel lieto fine della storia.
Silvia Petrone
© Silvia Petrone, 2015
Andrea Di Cesare - REGGAE BANG BANG
RispondiEliminahttp://www.ideabiografica.com/nuovosito/gallery/prodotto/reggae-bang-bang/
Lo stile apocalittico di questa storia, si lega all’uso sperimentale e innovativo della punteggiatura, un uso non solo grammaticale, ma in certi passaggi – a sottolineare con enfasi la trama – respiratorio e teatrale, quasi a far voler entrare il lettore nello stesso “respiro” del protagonista.
Idealmente accompagnata dai suoni sofisticati ma brutali del reggae, di partiture elettroniche e gregoriane, di sonorità etniche e religiose, prende corpo la descrizione di un suburbio freddo e distante (ma sempre amato), in cui si muove Corrado, l’eroe del romanzo, nella sua evoluzione frenetica e complessa, che lo conduce a sorpresa verso un epilogo imprevisto.
“Adesso che sono entrato nelle magioni di Corso Venezia e Piazza San Babila, rimpiango le notti passate al bar con egiziani armati e trans fatti di coca, era gente più onesta. Qui, tra queste mura iper-eleganti, segretarie evanescenti con accento dell’Est, corridoi che conducono al cuore del Potere di M., dove tutto sembra a posto e ben stirato, non mi sento affatto sicuro.”
Mentre raccoglie i cocci di una esistenza rabbiosa e di protesta verso se stesso e verso il Sistema costituito, Corrado incontra casualmente Marina, La Dea, che - muovendosi sinuosa come un serpente - lo inizia alle arti marziali e al sesso tantrico. E’ sempre più difficile per lui condurre un’esistenza normale, tra loschi figuri di periferia, un amico di infanzia che a 50 anni fa ancora a botte con bande marocchine, ed un animo sensibile che si pone mille interrogativi, faticando a perdonarsi gli sbagli del passato
“Mi rendo conto di essere un oggetto complesso, che prima di avvicinarmi, bisogna leggere le istruzioni per l’uso, solo che le istruzioni, sono scritte in ebraico …”.
La lunga frequentazione di uno studio psicoanalitico, giustifica questa affermazione di Corrado che, in ultimo, prende le distanze dal suo analista, e prosegue la strada da solo, in una vicenda che esamina il rapporto dell’Uomo contemporaneo con la Tecnologia, i Poteri Forti, il senso di lealtà e il Terziario, sostenuta dal leitmotiv di un vecchio volo in parete, risalente alle sue giovanili esperienze alpinistiche, che diventa il Simbolo di una ricerca, di uno scampato pericolo, attraverso le tinte del Rosa e dell’Ambra (le tinte del pre-morte), che avrebbero percorso l’intera esistenza di Corrado.
Insieme a lui attraversiamo l’abisso e ne usciamo, a fatica, sospinti dall’amore per la vita e dal cinismo disincantato di molte situazioni borderline. La storia di Corrado si dipana per vicoli bui, incontri di boxe truccati e traffici clandestini. Non è la vita di tutti noi, ma in lui ritroviamo debolezze e punti di forza che ciascuno può sentire come propri.
Impossibile circoscrivere “Reggae Bang Bang” in un preciso genere letterario, poiché esso rappresenta ora un road movie di fine costruzione, ora un romanzo introspettivo e di potente maturazione, ora uno spaccato crudele della collettività contemporanea.
“Chi possiede un cuore, rischia più degli altri, oggigiorno. Non è una società che ammetta di avere un cuore. Nei rapporti sociali, vale la regola messa in giro dai rotocalchi femminili e maschili – organi informativi dei Poteri Forti – che vincono le persone di successo, e per avere successo si debbono mettere da parte i sentimenti”.
La sensazione è quella di incrociare un uomo perbene travolto da un potente flusso di coscienza, che riporta a galla vecchie emozioni in cui, parallelamente al cammino del lettore, crescono l’importanza e lo spessore della storia. Alla fine piangiamo con lui e soffriamo per le sue disavventure, come se Corrado fosse un amico, un amante, un fratello, e siamo al suo fianco fino all’ultima pagina, sperando nel lieto fine della storia.
Silvia Petrone
© Silvia Petrone, 2015
http://www.ideabiografica.com/nuovosito/gallery/prodotto/reggae-bang-bang/
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