15 ottobre 2012
Aziz Amiri era
un ragazzo di 18 anni e proveniva da Ben Oualik, Marocco. Come molti
suoi coetanei era arrivato in cerca di un futuro. Era a Bergamo da soli
43 giorni. Poche parole di italiano. E due fratelli in città. La sera del 6 febbraio 2010 un colpo di pistola sparato dall'arma di un carabiniere lo uccide.
Trentaquattro
mesi dopo, per la seconda volta, una pm, Maria Mocciaro chiede
l'archiviazione dicendo che quel militare si è comportato correttamente,
non è stato negligente né imprudente: ha solo reagito, per legittima
difesa, a una situazione diventata pericolosa per cause indipendenti
dalla sua volontà. Secondo la ricostruzione, il carabiniere e un suo
collega brigadiere stavano cercando di incastrare degli spacciatori e
per farlo avevano tenuto sotto controllo un tossicodipendente, forse
loro confidente.
Arrivato il
presunto momento della cessione, a Mornico al Serio, una quindicina di
chilometri dal capoluogo, i carabinieri si sono avvicinati separatamente
all'auto Peugeot 206, Aziz era sul lato passeggero, e alla guida il
fratello di 41 anni: il carabiniere, un appuntato, si era avvicinato dal
lato guida, ma era scaturita una colluttazione col conducente. In quel
frangente era stato sparato il colpo fatale. Per il pm resta confermata
la mancanza di colpa del carabiniere, che si è «trovato in una
situazione di pericolo», fermo restando che «il colpo è partito non per
una reazione negligente, imprudente o imperita, ma per la forza d'urto»
provocata dal conducente contro la mano armata per poter fuggire.
Ogni storia ha
qualcuno che la racconta e, in questo caso, il narratore è il quotidiano
"L'Eco di Bergamo". A fare da controcanto, come spesso avviene, il
paziente lavoro di ricostruzione di un sito di controinformazione, Bg
Report che ha deciso di lavorare con Popoff per mettere in fila i dubbi
di questa vicenda. I primi articoli che raccontano questa storia sono
del lunedì e sono confusi. C'è un morto, dei carabinieri in borghese e
un paese della bergamasca. Non esistono versioni ufficiali e gli
inquirenti non rilasciano dichiarazioni. Ai giornalisti locali una
signora racconta di aver appreso dal figlio della presenza dei
carabinieri in Via Verdi e di aver chiesto - non si capisce bene quando e
come - a dei passanti cosa era successo, apprendendo che un automobile
si era allontanata a grande velocità dal luogo di una sparatoria. Altre
persone che erano all'oratorio - poche decine di metri dal luogo del
delitto - dicono di non aver sentito auto in corsa; uno di loro ricorda
di aver sentito un rumore simile "al botto di un petardo".
Un testimone
avrebbe visto due auto «sfrecciare per le strade del paese scontrandosi
proprio in Via Verdi», si titola sul "Tragico inseguimento", ne sarebbe
seguito un corpo a corpo con sparatoria e un morto. Il sottotitolo
dell'articolo cita: "Lo sparo, che sarebbe partito dai carabinieri, ha
ucciso un uomo che non aveva documenti: forse un marocchino", quasi a
dire che, comunque andrà, è un clandestino. Non si può negare che nel
bergamasco, una notizia del genere può avere la sua influenza.
Ecco poi
arrivare la prima versione ufficiale: "Cocaina nell'auto che ha
speronato i carabinieri", un titolo che aumenta la diffidenza verso il
ragazzo ucciso descritto come clandestino e spacciatore. E' la versione
dei carabinieri: dopo il pedinamento di una vettura sospetta, una
Peugeot 206, i due carabinieri, della caserma di via delle Valli di
Bergamo, optano per il fermo, scendono, si qualificano e iniziano attimi
concitati. Il guidatore ingrana la retromarcia nel tentativo di
fuggire, sperona l'auto dei carabinieri e uno di loro cade in terra. Lo
spazio per girare è poco e l'auto dei fermati urta contro il marciapiede
forando; il guidatore scende e tenta la fuga a piedi ingaggiando un
corpo a corpo con l'agente, nel frattempo rialzatosi. Nella
colluttazione il fuggiasco prova a rubare la pistola al carabiniere ed è
in questo momento che parte il colpo che colpisce il giovane
passeggero, uccidendolo. Questa versione verrà ripetuta sette volte in
undici articoli.
Ma un abitante
smentisce la tesi del colpo accidentale. Mai sentito in fase di
inchiesta preliminare, dichiara di aver sentito esplodere non uno ma ben
tre colpi di pistola. La testimonianza video viene trasmessa durante
un'edizione di Studio Aperto del 7 febbraio 2010. Un quadro totalmente
diverso che metterebbe in seria discussione la versione dei due militari
coinvolti se qualcuno l'avesse approfondito. Fatta eccezione per il
collega del carabiniere e per il confidente, il compagno di Aziz era
considerato fino ad oggi la sola persona che potesse aiutare a far luce
sul caso. L'8 febbraio 2010 appare sul quotidiano un piccolo speciale
sui nuclei operativi dei carabinieri. Tra le altre notizie si informa
che: "Spaccio di droga, estorsioni e sfruttamento della prostituzione
sono tra i fenomeni criminali che negli ultimi anni hanno visto
maggiormente impegnati i militari del nucleo operativo di Bergamo.
Proprio sul fronte dello spaccio questi carabinieri compiono decine di
controlli antidroga in diverse zone della provincia, in autonomia o al
fianco dei colleghi delle stazioni, sulla base di informazioni raccolte
da confidenti o da cittadini che assistono allo spaccio nel loro
quartiere. Anche sabato sera, prima che partisse il colpo che ha ucciso
il giovane nordafricano, era in corso un servizio di questo tipo".
Il giorno
appresso si scagiona la possibile volontarietà dello sparo grazie alla
dichiarazione del secondo militare presente sul luogo del delitto: lui
era dietro alla portiera del passeggero, perciò, se il collega avesse
sparato avrebbe potuto prenderlo. Nessuno attenterebbe alla vita di un
collega di proposito, quindi nessun dubbio. Solo l'11 febbraio viene
dato spazio alla voce del fratello del ragazzo ucciso. Operaio,
regolare, musulmano devoto, moglie e figli. Gli viene dato tutto lo
spazio per dire che secondo lui il fratello era innocente: aveva solo 18
anni, era in Italia da poco e non parlava italiano; probabilmente
nemmeno sapeva della cocaina. Questa versione non è inverosimile. Poi la
vicenda viene lasciata perdere per un anno e un mese dopo una serie di
pezzi in cui non si pone mai l'accento sul fatto che i due fermati erano
disarmati e che è rimasto ucciso il passeggero, giovane, incensurato e
rimasto inerme per tutto il tempo. L'unica volta che si parla
dell'assenza di precedenti lo si fa sottolineando che la posizione di
Aziz non era "ancora schedata negli archivi delle forze di polizia".
Il 23 marzo
2011 - a più di un anno dei fatti - si ritorna a parlare del caso:
"Diciottenne ucciso da carabiniere. Il pm: archiviate", un'archiviazione
significa che non è necessario un processo poiché tutto si è svolto
regolarmente. Ma il testimone sentito da Italia 1 non è mai stato
convocato in tribunale. Il 13 giugno 2011 la storia varca i confini
della provincia uscendo su La Repubblica con diversi interrogativi sulla
vicenda, l'omicidio di Aziz Amiri è all'attenzione del Dipartimento di
Stato Usa. Il giorno dopo, sul giornale cittadino viene ribadita per
l'ennesima volta la versione consolidata con un unica piccola modifica:
il guidatore dell'auto fermata non avrebbe tentato la fuga, ma avrebbe
tentato di disarmare il carabiniere attraverso il finestrino aperto
dileguandosi dopo lo sparo. Per voce del procuratore legale incaricato
dalla famiglia Amiri, si fanno comparire i primi dubbi. Le ultime due
righe informano telegraficamente di un particolare che potrebbe essere
fondamentale: sembrerebbe che il carabiniere abbia sparato con la sua
pistola privata e non con quella d'ordinanza. Aziz sarebbe stato ucciso
da un proiettile di rimbalzo. Da dove ricava questa notizia L'Eco di
Bergamo?
Per Hillary
Clinton, segretario di stato Usa la morte del giovane Aziz Amiri è
ritenuta "un omicidio controverso" e viene inserita nel capitolo del
rapporto annuale sui diritti umani intitolato "privazione arbitraria o
illegale della vita". Paolo Bulleri, che tutela la famiglia Amiri, si
chiede quali fossero esattamente le disposizioni ricevute dai due
militari in borghese. Molti i dubbi sollevati sulla dinamica
dell'operazione antidroga. Perché i due militari sono intervenuti senza
chiamare rinforzi? Come è potuta finire in tragedia un'operazione contro
due persone disarmate? Per la prima volta Mohamed Amiri, il fratello di
Aziz che vive in Italia da 20 anni, prende la parola al microfono di
BgReport, è il 12 luglio 2011. Chiede ancora oggi che l'inchiesta non
venga archiviata. Ogni storia ha anche una fine, forse questa non è
ancora scritta. Seguite l'inchiesta di Popoff e BgReport.
Fonte:
http://www.osservatoriorepressione.org/2012/10/perche-archiviare-luccisione-di-aziz.html
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