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Credo che la verità vada urlata contro ogni indifferenza mediatica e delle coscienze. Perciò questo è uno spazio di controinformazione su tutto ciò che riguarda le lotte sociali. Questo blog è antisionista perchè antifascista. Informatevi per comprendere realmente e per resistere.
Donatella Quattrone
venerdì 14 febbraio 2014
ARRESTATI DIVERSI COMPAGNI A ROMA PER LA PARTECIPAZIONE ALLA MANIFESTAZIONE DEL 31 OTTOBRE PER IL DIRITTO ALL'ABITARE. ARRESTI ANCHE A NAPOLI PER I PRECARI BROS.
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LA CORTE COSTITUZIONALE DICHIARA ILLEGALE LA FINI-GIOVANARDI
- di DINAMOpress
- Ultima modifica il Giovedì, 13 Febbraio 2014 11:27
La Corte Costituzionale dichiara la Fini-Giovanardi sulle droghe del 2006 incostituzionale. Ora svuotiamo le carceri e apriamo una battaglia per una nuova legge antiproibizionista.
La Corte Costituzionale si è finalmente espressa: la legge
Fini-Giovanardi è incostituzionale. La dichiarazione di illegittimità
della legge si fonda sul fatto che la legge Fini-Giovanardi venne
infatti inserita, nel 2006, nella legge di conversione del decreto sulle
Olimpiadi di Torino, assieme a numerosi altri emendamenti, per
garantirne una rapida approvazione. A sollevare la questione di
costituzionalità era stata, com’è noto, la Corte di Cassazione.
Cosa cambia però in concreto per i consumatori? In primo luogo la
sentenza della Corte Costituzionale abolendo la Fini-Giovanardi riporta
in vigore la precedente legge Jervolino-Vassalli, ristabilendo la
differenza tra droghe “leggere” e “pesanti” Ciò comporta una riduzione
delle pene per il possesso di hashish e marijuana: nella Fini-Giovanardi
la pena prevista andava dai 6 ai 20 anni per il possesso di qualunque
sostanza, con la Iervolino-Vassalli la pena per il possesso di droghe
leggere va dai 2 a 6 anni. In secondo luogo cambia il regime dell’“uso
personale” – depenalizzato dal referendum del ’93 – che non è più
esclusivo ma può essere, in linea teorica, anche di gruppo.
Elia De Caro, avvocato e membro dell’associazione Antigone, in una bella intervista
di ieri fa però notare come la sentenza della Corte porti con sé novità
positive ma anche numerosi problemi, che riguardano, ad esempio,
l’inasprimento delle pene per il possesso di droghe pesanti e la
possibilità di venire condannati due volte per il possesso di due
sostanze diverse – una “leggera” ed una “pesante”.
Altro elemento da prendere in forte considerazione sarà la revisione
delle pene per i reati legati all’ormai defunta Fini - Giovanardi.
L’ammontare delle pene sarà dunque rivalutato a partire dalla normativa
vigente. Se questo da un lato ci solleva, dall’altro ci porta a pensare a
tutte quelle persone che, in questi otto anni, hanno pagato con un
prezzo troppo alto, mesi o addirittura anni di carcere, a causa di una
legge ora definita incostituzionale. Loro non potranno chiedere indietro
il tempo trascorso in qualche disumano penitenziario del paese ed è
anche per loro che, attraverso la campagna “legge illegale”, abbiamo
voluto riportare al centro del dibattito pubblico le tematiche
antiproibizioniste.
Il grande risultato che oggi ci troviamo di fronte, al quale le
mobilitazioni di questi mesi ed anni hanno senza dubbio contribuito,
porta quindi con sé anche forti ambivalenze. Da questo punto di vista la
palla passa di nuovo ai movimenti e alle lotte antiproibizioniste, alla
loro capacità di attivare, a partire da questa sentenza, un processo in
grado di aprire nuovi spazi di libertà. Sappiamo che la sfida che ci si
pone davanti è ambiziosa ma crediamo che, nel corso del cammino che ci
ha portato fin qui, siamo stati in grado di costruire strumenti
collettivi capaci di sostituire la parola “repressione” con tanti altri
vocaboli: uso terapeutico, prevenzione, riduzione del danno, lotta alle
narcomafie, amnistia e indulto ma, sopra a tutte, LIBERTA’.
Una sola importante nota a margine che è bene rilevare: per questo
risultato non dobbiamo certo ringraziare le forze politiche del
sedicente centro-sinistra che hanno provato, in tanti e diversi modi, ad
occultare questa data. I movimenti antiproibizionisti hanno lunga
memoria (a dimostrazione che il consumo di cannabis non determina il
deterioramento delle funzioni cognitive) e sanno che, tra quelle
poltrone, non si sono seduti personaggi “amici” in questi anni. Per
questo motivo, da oggi, ognuno si assuma le proprie responsabilità,
senza finti autocompiacimenti.
La nostra responsabilità ora è quella di rimetterci in moto per
ripensare e riscrivere in maniera complessiva, e dal basso, le politiche
sull’uso e sulla detenzione delle sostanze psicotrope.
CHI SEMINA ANTIPROIBIZIONISMO RACCOGLIE BUONI FRUTTI
Oggi raccogliamo con gioia questo risultato e portiamo avanti la
grande festa iniziata sabato 8 Febbraio per le strade di Roma.
Ricarichiamo energie, pronti a seminare nuovi frutti di libertà.
Fonte:
domenica 9 febbraio 2014
GLI ATTIVISTI NO MUOS, CONTINUAMENTE DENUNCIATI, PREPARANO DUE MANIFESTAZIONI: IL 22 FEBBRAIO CON IL COMITATO NO MUOS DI CATANIA, IL 1 MARZO MANIFESTAZIONE NAZIONALE ALLA SUGHERETA
Di Leandro Perrotta | 8 febbraio 2014
Ingresso non autorizzato in una struttura militare,
interruzione di pubblico servizio, resistenza e violenza a pubblico
ufficiale. Sono i reati contestati in questi mesi agli attivisti
contrari alla costruzione dell’impianto di antenne satellitari
dell’esercito Usa a Niscemi. Ieri, a Catania, hanno parlato dei propri
problemi legali alla presenza di alcuni avvocati. E pianificato una
prima manifestazione per giorno 22 febbraio, «per denunciare il
paradosso di una attività repressiva, mentre sono state
commesse violazioni nel cantiere».
Dall’ingresso non autorizzato in una struttura militare, reato punibile con sanzione amministrativa, passando per l’interruzione di pubblico servizio, fino ad accuse ben più gravi, quali resistenza e violenza a pubblico ufficiale. «Reati per i quali molti di voi sono indagati, ma è difficile al momento fare ipotesi sull’iter», chiarisce l’avvocato Goffredo D’Antona ai militanti No Muos, ieri
sera a Catania per fare il punto su una situazione giudiziaria dagli
esiti ancora incerti. E non solo per quanto riguarda gli attivisti, ma
anche per l’oggetto delle loro manifestazioni: l’impianto di antenne
satellitari della marina militare Usa da poco concluso a Niscemi.
D’Antona fa parte del pool di legali che assiste i manifestanti,
provenienti da tutta la Sicilia, raggiunti in questi giorni da decine di
notifiche dalle procure di Caltanissetta e Gela per i reati che avrebbero commesso nel corso delle varie manifestazioni dell’ultimo anno contro la base Usa niscemse. «C’è un paradosso tra questa attività, repressiva, e le violazioni commesse nel cantiere», afferma l’avvocato Paola Ottaviano. «Un impianto costruito in area protetta, con illegittimità nell’iter autorizzatorio, mancanza del certificato antimafia per alcune ditte che vi lavorano. E anche profili di incostituzionalità», afferma il legale, che sta portando avanti un ricorso al tribunale amministrativo regionale, «sull’abusività della costruzione, il cui esito è atteso per il 27 marzo e che, se accolto, potrebbe cambiare realmente il quadro della situazione», afferma.
Nell’attesa, i militanti sono concentrati nell’organizzazione di due manifestazioni: la più grande sarà giorno 1 marzo e si svolgerà in contrada Ulmo, arrivando alla base militare che si trova dentro l’area protetta della Sughereta. «Giorno 22 febbraio ci sarà invece una mobilitazione a Caltanissetta, che arriverà fino in prefettura», ricorda Alfonso Di Stefano,
del comitato No Muos di Catania. Sarà «un momento di denuncia della
situazione, a Caltanissetta, dove non si agisce sui rilievi anche penali
della costruzione», continua Ottaviano.
«La manifestazione sarà in contemporanea a quella nazionale contro la costruzione della Tav, andremo a informare la cittadinanza su quanto accade», afferma Elvira Cusa,
uno dei membri più attivi del comitato No Muos di Niscemi. E’ venuta a
Catania anche lei per esporre ai legali il suo caso, con varie denunce
accumulate e una perquisizione e il sequestro di una macchina fotografia
e del computer, nei giorni scorsi, in casa. «Anche un altro compagno ha
subito una perquisizione», ricorda ai presenti. «Nuove denunce
continuano a arrivare agli attivisti, soprattutto per l’ingresso in massa nella base del 9 agosto. Al momento siamo sette i legali a fare supporto ai denunciati, divisi tra Niscemi, Catania e Messina», conclude Ottaviano.
[Foto di Fabio D'Alessandro]
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Attilio Manca: se questo è un suicidio
di Lorenzo Baldo - 6 febbraio 2014
Un pugno nello stomaco. Eccole le prime immagini del cadavere di Attilio Manca pubblicate sul sito della trasmissione “Chi l’ha visto?”. La domanda è immediata: e questo sarebbe un suicidio?
Le fotografie restituiscono una prospettiva totalmente diversa. Che per altro era saltata subito agli occhi dei familiari e dello stesso avvocato Fabio Repici, recentemente affiancato da Antonio Ingroia. Così come è riportato nel sito dedicato al giovane urologo barcellonese Attilio Manca veniva ritrovato cadavere verso le ore 11 del 12 febbraio 2004. Il suo corpo si trovava riverso trasversalmente sul piumone del letto (che era intatto ed in ordine, come se non fosse andato a dormire), seminudo. Come si vede dalla prima immagine dal naso e dalla bocca era fuoriuscita un’ingente quantità di sangue (che aveva finito per provocare una pozzanghera sul pavimento). Si può notare altresì che il volto di Attilio presentava una vistosa deviazione del setto nasale, mentre sui suoi arti erano visibili macchie ematiche.
L’appartamento
era in perfetto ordine, nella stanza da letto si trovava ripiegato su
una sedia il suo pantalone, mentre incomprensibilmente non furono
rinvenuti i boxer né la camicia; altrettanto inspiegabilmente sullo
scrittoio erano poggiati suoi attrezzi chirurgici (ago con filo
inserito; pinze, forbici), che egli mai aveva tenuto a casa; sul
pavimento, all’ingresso del bagno, si trovava una siringa da insulina,
evidentemente usata, cui era stato riposizionato il tappo salva-ago.
Dalle prime indagini era risultato che in cucina non v’era traccia di
cibo, consumato o residuato; sempre in cucina, nella pattumiera si
trovavano, tra l’altro, un’altra siringa da insulina, indubbiamente
usata, cui erano stati riapposti il tappo salva-ago ed anche quello
proteggi-stantuffo, e due flaconi del sedativo “Tranquirit”, uno dei
quali era completamente vuoto mentre l’altro solo a metà. Il medico del
118, alle ore 11,45 del 12 febbraio (dopo aver effettuato l’accertamento
del decesso), attestava che Attilio Manca era morto circa dodici ore
prima, quindi a cavallo della mezzanotte fra l’11 ed il 12 febbraio.
Dalle prime ricostruzioni veniva accertato che, a partire dalle ore 20
circa del 10 febbraio, Attilio non aveva più avuto contatti, telefonici o
di presenza, con amici e colleghi. Inspiegabilmente la sera del 10
febbraio aveva infatti deciso di non partecipare, contrariamente al
solito, ad una cena fra colleghi. Nei giorni precedenti aveva chiesto e
ottenuto un appuntamento per la sera dell’11 febbraio a Roma con il
prof. Ronzoni, primario di urologia al policlinico Gemelli, reparto nel
quale Attilio si era specializzato e aveva lavorato per anni.
Stranamente - e senza alcuna comunicazione preventiva - il giovane
urologo non si era però presentato a quell’appuntamento. Un vicino di
casa, sentito lo stesso 12 febbraio, aveva dichiarato agli investigatori
che la sera prima, verso le 22,15, aveva sentito il rumore della porta
di casa di Attilio che veniva chiusa. Un dato preciso che attestava che
in quel momento il dott. Manca tornava a casa o, viceversa, che
qualcuno, a tutt’oggi non individuato, usciva da casa sua, in un’ora
molto vicina alla morte di Attilio. Tutte queste “anomalie” avrebbero
dovuto portare immediatamente ad indagini approfondite. Che invece non
sono state fatte. Ecco allora che a distanza di 10 anni si riparte da
zero. Chi è stato l’ultimo a incontrare il giovane urologo nel suo
appartamento? Il setto nasale deviato è evidentemente frutto di una
colluttazione, ad opera di chi? E inoltre: chi avrebbe avuto interesse a
mettere a tacere per sempre Attilio Manca e per quali ragioni? Una mera
questione di droga? O un “favore” richiesto da Cosa Nostra? Queste ed
altre ancora sono le domande che pretendono risposte esaustive e
soprattutto definitive. Il processo che inizierà il prossimo 12 giugno
segna la prima tappa di un viaggio tortuoso. Che in molti hanno cercato
di impedire. Ma la verità, prima o poi, è destinata ad emergere in
superficie. Anche per Attilio Manca. Nel frattempo resta il dolore di
due anziani genitori e di un fratello che, dopo aver visto per la prima
volta queste foto terribili del proprio congiunto, chiedono
espressamente che siano proprio queste stesse immagini a riaccendere
l’attenzione su quello che non è - e non sarà mai - un suicidio.
FOTOGALLERY (visione sconsigliata ad un pubblico sensibile)
FOTOGALLERY (visione sconsigliata ad un pubblico sensibile)
Fonte:
http://www.antimafiaduemila.com/2014020647692/primo-piano/attilio-manca-se-questo-e-un-suicidio.html
sabato 8 febbraio 2014
GIORNATA DEL RICORDO PER LE FOIBE: REVISIONISMO DELLO STATO E DEI PARTITI
Dal blog http://contromaelstrom.com/ di Salvatore Ricciardi:
Posted on febbraio 8, 2014 di contromaelstrom
Con la Legge 30 marzo 2004 n.92 il Parlamento ha dichiarato il 10 febbraio “Giornata del Ricordo”.
In realtà un tentativo di squallido revisionismo sulla storia
dell’occupazione dell’esercito italiano della Jugoslavia e delle
attività militari nei territori dei confini orientali; una riscrittura
falsificata utile agli inciuci nazionalisti unitari della politica
dell’oggi .
Col
passare degli anni la storiografia “progressista”, invece di fare
chiarezza sulle menzogne di marca fascista e neoirredentista, si è
invece appiattita su di esse, e troviamo oggidì sindaci “progressisti”,
storici “democratici” ed esponenti del centrosinistra sostenere le
stesse tesi che fino a dieci – quindici anni fa erano patrimonio
esclusivo degli ambienti della destra più retriva, con l’unica
differenza che dalla “causa etnica” (“infoibati sol perché italiani”) si
è passati a quella “politica” (“infoibati perché contrari al comunismo
titoista”). Tutto ciò ovviamente è strumentale alla demonizzazione del
comunismo.
«La storia viene usata per l’oggi, per le esigenze politiche attuali. Si tratta di una campagna di intossicazione delle coscienze con ri-scritture, reinterpretazioni e falsità belle e buone, funzionali, da una parte, alla mobilitazione nazionalista, alla diffusione di stereotipi sciovinisti e razzisti, assunti ormai anche da buona parte del ceto politico di sinistra;dall’altra, alla criminalizzazione di chi oggi non si piega alle compatibilità del sistema capitalista. Tale campagna si concretizza anche nella legittimazione dei fascisti odierni, che diventano portatori di una ideologia come le altre. Una ideologia dell’ordine, della sicurezza, autoritaria, fatta propria da buona parte del ceto politico autodefinitosi democratico. In questi anni molti si sono resi conto del significato della giornata del Ricordo e molte sono state le iniziative per combattere questa campagna di intossicazione. È, però, necessario combattere con maggior efficacia, unendo le forze e le conoscenze». [Dalla quarta di copertina del libro: Foibe, revisionismo di stato e amnesie della repubblica. Ed Kappa Vu 2008]
«Per
troppi decenni, sulle foibe, si sono scritte le menzogne più infami,
dimenticando che nei Balcani il lavoro sporco lo hanno compiuto
interamente gli italiani, seguendo precise direttive dei più bei nomi
del gotha dell’esercito di Mussolini». [ Angelo Del Boca pag 21 Foibe, revisionismo di stato e amnesie della repubblica. Ed Kappa Vu 2008]
«Durante l’occupazione dall’11 aprile 1941 all’8 settembre 1943 gli invasori italiani, nella sola provincia di Lubiana
hanno fucilato 1.000 ostaggio, ammazzato proditoriamente oltre 8.000
persone, fra le quali alcune erano state prosciolte dal famigerato
tribunale militare di guerra di Lubiana; incendiarono
3.000 case, deportarono nei vari campi di concentramento in Italia oltre
35.000 persone, uomini, donne e bambini, e devastarono completamente
800. Attraverso la questura di Lubiana passarono decine
di migliaia di sloveni. Là furono sottoposti alle più orrendi torture,
donne vennero violentate e maltrattate a morte. Il tribunale militare di
Lubiana pronunciò molte condanne all’ergastolo e alla reclusione, cosicché nel solo campo di Arbe perirono di fame più di 4.500 persone. [Di Sante, Italiani senza onore, citato in Angelo del Boca, Italiani brava gente?]
Intervista con lo storico Sandi Volk sul Revisionismo di stato, sulle falsificazione delle Foibe e sulla giornata del ricordo.
[Storico si occupa di storia contemporanea del confine orientale
italiano con particolare riguardo alla questione dei profughi istriani e
dalmati. Ha pubblicato numerosi saggi tra cui: Esuli a Trieste. Bonifica nazionale e rafforzamento dell'italianità sul confine orientale- Ed. Kappa Vu, 2004]
ascolta qui
Intervento di Alessandra Kersevan. [Ricercatrice di storia dello studio della storia del Novecento delle terre del confine orientale. Nel 2003 ha pubblicato una dettagliata ricerca su: Un campo di concentramento fascista. Gonars 1942-1943. Nel 2008 ha pubblicato: Lager italiani. Pulizia etnica e campi di concentramento fascisti per civili jugoslavi, 1941-1943. Nel 1995 ha pubblicato il dettagliato studio su una delle più controverse vicende della Resistenza italiana: Porzus. Dialoghi sopra un processo da rifare].
ascolta qui
Sulla giornata del ricordo e sui lager italiani in Jugoslavia vedi anche qui, qui qui, qui
Fonte:
http://contromaelstrom.com/2014/02/08/giornata-del-ricordo-foibe-festival-del-revisionismo-dello-stato-e-dei-partiti/
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ANTIPROIBIZIONISMO: A ROMA PER GRIDARE “ILLEGALE E’ LA LEGGE. AUTOPRODUZIONE!”
Notizia scritta il 08/02/14 alle 15:47. Ultimo aggiornamento: 08/02/14 alle: 18:31
“Illegale
è la legge, il suo costo è reale”. Dietro questo slogan oggi, sabato 8
febbraio, a Roma, una vasta galassia di realtà antiproibizioniste (sotto
le adesioni) ha organizzato un corteo contro la legge Fini Giovanardi,
per la legalizzazione delle sostanze e per l’autoproduzione dal
basso, attraverso la rivendicazione del diritto a coltivare
autonomamente la cannabis, al di fuori da monopoli e circuiti
commerciali.
30mila per
gli organizzatori le persone in corteo, partite da Bocca della Verità.
Respinta al mittente la provocazione dei Radicali, dichiarati “non
benvenuti” per le posizioni ultraliberiste e guerrafondaie del partito
di Pannella & Co. Momenti di tensione, con i Radicali che per un’ora
sono rimasti in piazza, circondati dalla polizia, impedendo di fatto la
partenza della manifestazione antiproibizionista.
Il primo resoconto dal corteo #antipro di Roma con Enrico Fletzer, giornalista, esperto della materia e nostro collaboratore, che ha raccolto diversi voci dalla manifestazione.
Di seguito, le realtà che hanno aderito all’appello diffuso dal sito http://www.leggeillegale.org/ di sabato 8 febbraio 2014 Manifestazione a Roma , in vista del pronunciamento della Corte
Costituzionale sulla Fini/Giovanardi, previsto il prossimo 11 febbraio.
L’evento bocciatura della legge liberticida potrebbe dare il “la”, si
augurano le realtà elencate qui sotto, di un generale ripensamento delle
norme italiane sulle sostanze.
C.S.O.A.
Forte Prenestino (Roma), C.S.O.A. Sans Papier (Roma), Laboratorio
Puzzle (Roma), Infoshock C.S.O.A. Gabrio (Torino), Lab57 (Laboratorio
Antiproibizionista Bologna), Osservatorio Antiproibizionista Canapisa
Crew (Pisa), Laboratorio Occupato SKA (Napoli), Comitato Verità per Aldo
Bianzino (Perugia), Studenti Scuole Superiori, European Coalition for
Just and Effective Drug Policies (ENCOD Italia), Million Marijuana March
(Italia), Ass.ne Ecorevolution, Ass.ne Attivamente, Ass.ne Tilt, Ass.ne
Giovani per Turania, Ass.ne Ascia, Ass.ne Freeweed, Quadraro Massive
Sound System, SEL, Overgrow Comunity, Sicilcanapa, P.I.C. – Pazienti
Impazienti Cannabis, alcuni pazienti, Forum Droghe, Ass.ne Antigone,
Teatro Valle Occupato (Roma), C.S.O.A. Le Macerie Baracche Ribelli
(Molfetta- BA), Ass.ne Campagnano-r@p Rete Autorganizzazione Popolare,
Circolo Anarchico Ponte della Ghisolfa (Milano), S.P.A. Leoncavallo
(Milano), Ass.ne Cannabica La Kalada (Barcellona,Spain), Nuovo Cinema
Palazzo (Roma), Comunità S. Benedetto al Porto (Genova), Radio Torre
Sound System, ESC – Atelier Autogestito (Roma), Parsec Cooperativa
Sociale (Roma), A.D.E.C. Assonabis, M.D.A. – Movimento Disoccupati
Autorganizzati (Acerra – NA), C.S.O.A. Ex Macello (Acerra – NA), Strike
spazio pubblico autogestito (Roma), Parasite Conspiracy, Folletto 25603
(Abbiategrasso – MI), P33racy – pirateria permanente in rete, TPO –
Teatro Polivalente Occupato (Bologna), SMK Videofactory (Bologna),
Centri Sociali del nord-est, Studenti medi Autorganizzati (Bologna),
Centro sociale Làbas occupato (Bologna), CAT cooperativa Sociale
(Firenze), La Terra Trema, Ass.ne LaTenda onlus (Roma), coordinamento
FreeTAZ, Ass.ne Tivoli Liberatutti, Rete della Conoscenza, Unione degli
Studenti, LINK – Coordinamento Universitario, Mestiza S.P.A. (Taranto),
Ass.ne Culturale CanaPuglia, Movimento di Strada Liberi Tutti (artisti
di strada – Roma), C.S.O.A. Corto Circuito (Roma), C.S.O.A. Terra di
Nessuno (Genova), ArtLab Occupato (Parma), gruppo artistico/letterario
dei Cardiopatici (Roma), C.S.A. La Torre (Roma), Movimento Canapa
Catania, C.S.A. Lazzaretto (Bologna), Comunità in Resistenza di Empoli,
S.P.A. Filorosso ’95 (Cosenza), Collettivo Universitario UniOn Parma,
C.S.O.A. Zona 22 (San Vito Chietino), Ass.ne Ida – Iniziativa Donne Aids
(Bologna), Gruppo Autonomo Viareggio Ultras, C.S.O.A. Sars (Viareggio),
Collettivo Alternativa Ribelle (Varese e Gallarate), ARCI Nazionale,
collettivo “L’otto per la legalizzazione”, C.S.A. La Talpa e l’Orologio
(Imperia), Rototom Sunsplash, ITARDD – Rete Italiana della Riduzione del
Danno, COBS – Coordinamento Operatori Servizi a Bassa Soglia del
Piemonte, Fabrizio Dentini (autore del libro “Canapa Medica”), Luca
Gibillini (Consigliere Comunale Milano – Sel)
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VALLE DEL GIORDANO: DOPO LO SGOMBERO DI EIN HAJLA NASCE UN NUOVO VILLAGGIO DI PROTESTA
Pubblicato il 7 febbraio 2014 da AbuSara
7 Febbraio 2014 / Fonte: Ma’an News Agency
Venerdì pomeriggio un gruppo di attivisti palestinesi ed internazionali ha
allestito un nuovo villaggio di protesta nella Valle del Giordano, poche
ore dopo che le forze israeliane avevano fatto irruzione nel campo di Ein
Hajla distruggendo l’accampamento.
allestito un nuovo villaggio di protesta nella Valle del Giordano, poche
ore dopo che le forze israeliane avevano fatto irruzione nel campo di Ein
Hajla distruggendo l’accampamento.
Il nuovo villaggio di protesta si trova nella stessa zona di Ein Hajla, ad
al-Joula nell’area di Jiftlik, nel nord della Valle del Giordano.
al-Joula nell’area di Jiftlik, nel nord della Valle del Giordano.
Il membro del comitato centrale del DFPL (Fronte Democratico per la
Liberazione della Palestina) Bassam Maslamani ha detto a Ma’an che dozzine
di attivisti hanno stabilito il villaggio di protesta ad al-Jiftlik per
ribadire che la regione è un territorio palestinese, riferendosi ai piani
israeliani di annessione della Valle del Giordano come parte dei negoziati
di pace.
Liberazione della Palestina) Bassam Maslamani ha detto a Ma’an che dozzine
di attivisti hanno stabilito il villaggio di protesta ad al-Jiftlik per
ribadire che la regione è un territorio palestinese, riferendosi ai piani
israeliani di annessione della Valle del Giordano come parte dei negoziati
di pace.
Maslamani ha aggiunto che il campo si trova vicino ad un sito israeliano
di “numbers grave yard” (tombe numerate), dove le autorità israeliane
conservano le spoglie di diversi palestinesi uccisi dalle forze
israeliane, molti dei quali durante la Seconda Intifada.
di “numbers grave yard” (tombe numerate), dove le autorità israeliane
conservano le spoglie di diversi palestinesi uccisi dalle forze
israeliane, molti dei quali durante la Seconda Intifada.
La creazione di questo nuovo villaggio di protesta sopraggiunge a seguito
dell’invasione delle forze israeliane del villaggio di protesta di Ein
Hajla, avvenuta la notte scorsa.
dell’invasione delle forze israeliane del villaggio di protesta di Ein
Hajla, avvenuta la notte scorsa.
Le forze israeliane hanno attaccato e distrutto il villaggio prima
dell’alba, ferendo almeno 35 manifestanti durante l’assalto.
dell’alba, ferendo almeno 35 manifestanti durante l’assalto.
Il campo di protesta di Ein Hajla era stato messo in piedi venerdì 31
gennaio per opporsi alle politiche israeliane di confisca delle terre
nella regione, alla continua costruzione di insediamenti ebraici sulle
terre occupate, e alle recenti proposte di annessione della Valle del
Giordano.
gennaio per opporsi alle politiche israeliane di confisca delle terre
nella regione, alla continua costruzione di insediamenti ebraici sulle
terre occupate, e alle recenti proposte di annessione della Valle del
Giordano.
Durante tutta la settimana le forze israeliane hanno accerchiato
l’accampamento impedendo la fornitura di beni e l’accesso ad altri
attivisti nel villaggio.
l’accampamento impedendo la fornitura di beni e l’accesso ad altri
attivisti nel villaggio.
Mustafa al-Barghouti ha riferito che venerdì mattina centinaia di soldati
israeliani hanno fatto irruzione nel villaggio sparando granate
assordanti, e picchiando le persone presenti nel campo, tra cui anche dei
bambini.
israeliani hanno fatto irruzione nel villaggio sparando granate
assordanti, e picchiando le persone presenti nel campo, tra cui anche dei
bambini.
Diverse persone hanno sofferto di fratture dopo essere state colpite con
manganelli e con i calci dei fucili, ha aggiunto.
manganelli e con i calci dei fucili, ha aggiunto.
Barghouti, che si trovava a Ein Hajla durante l’attacco, ha raccontato
che dozzine di veicoli militari e per il trasporto dei prigionieri sono
entrati nel villaggio, e che i soldati hanno tratto in stato di fermo un
numero ingente di persone.
che dozzine di veicoli militari e per il trasporto dei prigionieri sono
entrati nel villaggio, e che i soldati hanno tratto in stato di fermo un
numero ingente di persone.
Diana Alzeer del comitato per i media di Ein Hajla ha riferito a Ma’an che
un totale di 35 attivisti sono stati feriti, molti dei quali sono stati
portati in ospedale.
un totale di 35 attivisti sono stati feriti, molti dei quali sono stati
portati in ospedale.
Diversi attivisti sono stati tratti in stato di fermo ma in seguito
rilasciati.
rilasciati.
Barghouti ha raccontato che un soldato israeliano ha buttato giù da un
tetto un giornalista che si trovava su una delle case, impedendo alle
telecamere delle TV di riprendere la scena.
tetto un giornalista che si trovava su una delle case, impedendo alle
telecamere delle TV di riprendere la scena.
Ha aggiunto che i manifestanti nonostante l’attacco torneranno a Ein
Hajla, e a Bab Shams, e che “la loro determinazione non può essere
distrutta”.
Hajla, e a Bab Shams, e che “la loro determinazione non può essere
distrutta”.
Barghouti ha elogiato i manifestanti per essere rimasti nel villaggio
durante l’attacco e per non essersi fatti intimidire dalla brutalit�
dell’occupazione, e ha aggiunto che Ein Hajla è stata vittoriosa.
durante l’attacco e per non essersi fatti intimidire dalla brutalit�
dell’occupazione, e ha aggiunto che Ein Hajla è stata vittoriosa.
In un comunicato dell’esercito israeliano ricevuto da Ma’an, le forze di
occupazione scrivono che “esse hanno invitato i provocatori a liberare
l’area” ma dopo che questi non hanno risposto ai loro avvertimenti i
soldati “hanno dato il via all’evacuazione”.
occupazione scrivono che “esse hanno invitato i provocatori a liberare
l’area” ma dopo che questi non hanno risposto ai loro avvertimenti i
soldati “hanno dato il via all’evacuazione”.
Secondo il comunicato dell’esercito “gli agitatori sono stati evacuati a
causa dei lanci di pietre avvenuti durante la settimana sulla strada
principale della Valle del Giordano, e per altre considerazioni di natura
legale.”
causa dei lanci di pietre avvenuti durante la settimana sulla strada
principale della Valle del Giordano, e per altre considerazioni di natura
legale.”
L’accampamento di Ein Hajla segue altre iniziative simili di attivisti
palestinesi negli accampamenti di Bab al-Shams e Ahfad Younis all’inizio
del 2013.
palestinesi negli accampamenti di Bab al-Shams e Ahfad Younis all’inizio
del 2013.
I due villaggi erano stati allestiti vicino a Eizariya, ad est di
Gerusalemme, in un’area strategica che Israele ha denominato E1 e in cui
prevede di costruire altri insediamenti.
Gerusalemme, in un’area strategica che Israele ha denominato E1 e in cui
prevede di costruire altri insediamenti.
Le forze israeliane in entrambi i luoghi avevano attaccato gli
accampamenti e sgomberato i manifestanti.
accampamenti e sgomberato i manifestanti.
Spesso i coloni ebrei fanno irruzione sulle terre palestinesi e
allestiscono degli avamposti illegali in tutta la West Bank, e di solito
le autorità israeliane non fanno nulla e l’esercito li supporta.
allestiscono degli avamposti illegali in tutta la West Bank, e di solito
le autorità israeliane non fanno nulla e l’esercito li supporta.
Questi avamposti sono spesso situati in posizioni strategiche tra dei
villaggi palestinesi e in cima a delle colline o vicino a strade
principali.
villaggi palestinesi e in cima a delle colline o vicino a strade
principali.
Le forze israeliane sovente fungono da servizio di sicurezza per i coloni,
confiscando le terre palestinesi vicine ed incrementando la presenza
militare.
confiscando le terre palestinesi vicine ed incrementando la presenza
militare.
Molti di questi avamposti in un secondo momento si trasformano in
insediamenti, e oggi giorno circa 500.000 ebrei israeliani vivono in
insediamenti costruiti in tutta la West Bank e a Gerusalemme Est.
insediamenti, e oggi giorno circa 500.000 ebrei israeliani vivono in
insediamenti costruiti in tutta la West Bank e a Gerusalemme Est.
I territori palestinesi, riconosciuti a livello internazionale, e di cui
la West Bank e Gerusalemme formano una parte, sono sotto occupazione
militare israeliana dal 1967.
la West Bank e Gerusalemme formano una parte, sono sotto occupazione
militare israeliana dal 1967.
martedì 4 febbraio 2014
Ballata per Vik
Brano scritto dai Luf e da Egidia Beretta Mamma di Vik coautrice del testo.
Mi hanno ucciso senza spegnermi il sorriso e domani ritornerò
Mi hanno ucciso senza spegnermi il sorriso così domani ritornerò
Con la pipa e col cappello e col mio sogno più bello
Con la pipa e col cappello io domani ritornerò
La mia vela vola e canta l'utopia su nel cielo e sopra il mare
Da qui vedo la mia terra liberata ne confini ne bandiere
Il mio cuore batte ancora in milioni d'altri cuori
Siamo vivi vivi ancora sognatori e vincitori
Se rimarremo umani domani domani
Se rimarremo umani io domani tornerò
C'è una stella che ti guida nel cammino capitano jallajalla!
Un aquilone con due occhi da bambino capitano jalla jalla!
Questo mare è troppo grande per scommetterei la vita.
questo cuore non va a tempo e ti sfugge tra le dita
Hanno fuso piombo e sangue nella sabbia hanno spento le fontane
Queste guerre fatte in nome della pace sono luride puttane
Cristo a piedi nudi cammina in Palestina,
ma una stella con sei punte gli ha spento la mattina
Ora giochi con un bimbo fra le stelle e dall' alto guardi giù.
Ora balli col tuo angelo ribelle bevi vodka con Gesù
Guadalupe sei un campione di parole clandestine,
clandestino partigiano sognatore fino alla fine
Capitano con l'ulivo fra i capelli fiore di prato non di serra,
la tua anima un tre alberi di pace che cerca la sua terra,
questa notte alla finestra c'è una luce fine fine,
noi sappiamo che sei vivo e ripasserai il confine
Mi hanno ucciso senza spegnermi il sorriso così domani ritornerò
Con la pipa e col cappello e col mio sogno più bello
Con la pipa e col cappello io domani ritornerò
La mia vela vola e canta l'utopia su nel cielo e sopra il mare
Da qui vedo la mia terra liberata ne confini ne bandiere
Il mio cuore batte ancora in milioni d'altri cuori
Siamo vivi vivi ancora sognatori e vincitori
Se rimarremo umani domani domani
Se rimarremo umani io domani tornerò
C'è una stella che ti guida nel cammino capitano jallajalla!
Un aquilone con due occhi da bambino capitano jalla jalla!
Questo mare è troppo grande per scommetterei la vita.
questo cuore non va a tempo e ti sfugge tra le dita
Hanno fuso piombo e sangue nella sabbia hanno spento le fontane
Queste guerre fatte in nome della pace sono luride puttane
Cristo a piedi nudi cammina in Palestina,
ma una stella con sei punte gli ha spento la mattina
Ora giochi con un bimbo fra le stelle e dall' alto guardi giù.
Ora balli col tuo angelo ribelle bevi vodka con Gesù
Guadalupe sei un campione di parole clandestine,
clandestino partigiano sognatore fino alla fine
Capitano con l'ulivo fra i capelli fiore di prato non di serra,
la tua anima un tre alberi di pace che cerca la sua terra,
questa notte alla finestra c'è una luce fine fine,
noi sappiamo che sei vivo e ripasserai il confine
domenica 2 febbraio 2014
APPROVATA LA CARTA DI LAMPEDUSA
Testo approvato a Lampedusa l’1 Febbraio 2014
PREAMBOLO
La
Carta di Lampedusa è un patto che unisce tutte le realtà e le persone
che la sottoscrivono nell’impegno di affermare, praticare e difendere i
principi in essa contenuti, nei modi, nei linguaggi e con le azioni che
ogni firmatario/a riterrà opportuno utilizzare e mettere in atto.
La
Carta di Lampedusa è il risultato di un processo costituente e di
costruzione di un diritto dal basso che si è articolato attraverso
l’incontro di molteplici realtà e persone che si sono ritrovate a
Lampedusa dal 31 gennaio al 2 febbraio 2014, dopo la morte di più di 600
donne, uomini e bambini nei naufragi del 3 e dell’11 ottobre 2013,
ultimi episodi di un Mediterraneo trasformatosi in cimitero marino per
le responsabilità delle politiche di governo e di controllo delle
migrazioni.
La Carta di Lampedusa non è una proposta di legge o una richiesta agli stati e ai governi.
Da
molti anni le politiche di governo e di controllo dei movimenti delle
persone, elemento funzionale alle politiche economiche contemporanee,
promuovono la disuguaglianza e lo sfruttamento, fenomeni che si sono
acuiti nella crisi economica e finanziaria di questi primi anni del
nuovo millennio. L’Unione europea, in particolare, anche attraverso le
sue scelte nelle politiche migratorie, sta disegnando una geografia
politica, territoriale ed esistenziale per noi del tutto inaccettabile,
basata su percorsi di esclusione e confinamento della mobilità,
attraverso la separazione tra persone che hanno il diritto di muoversi
liberamente e altre che per poterlo fare devono attraversare infiniti
ostacoli, non ultimo quello del rischio della propria vita. La Carta di
Lampedusa afferma come indispensabile una radicale trasformazione dei
rapporti sociali, economici, politici, culturali e giuridici - che
caratterizzano l’attuale sistema e che sono a fondamento
dell’ingiustizia globale subita da milioni di persone - a partire dalla
costruzione di un’alternativa fondata sulla libertà e sulle possibilità
di vita di tutte e tutti senza preclusione alcuna che si basi sulla
nazionalità, cittadinanza e/o luogo di nascita.
La Carta di
Lampedusa si fonda sul riconoscimento che tutte e tutti in quanto esseri
umani abitiamo la terra come spazio condiviso e che tale appartenenza
comune debba essere rispettata. Le differenze devono essere considerate
una ricchezza e una fonte di nuove possibilità e mai strumentalizzate
per costruire delle barriere.
La Carta di Lampedusa assume
l’intero pianeta come spazio di applicazione di quanto sancisce, il
Mediterraneo come suo luogo di origine e, al centro del Mediterraneo,
l’isola di Lampedusa. Le politiche di governo e di controllo delle
migrazioni hanno imposto a quest’isola il ruolo di frontiera e confine,
di spazio di attraversamento obbligato, fino a causare la morte di
decine di migliaia di persone nel tentativo di raggiungerla. Con la
Carta di Lampedusa si vuole, invece, restituire il destino dell’isola a
se stessa e a chi la abita. È a partire da questo primo rovesciamento
dei percorsi fino ad oggi costruiti dalle regole politiche ed economiche
predominanti, che la Carta di Lampedusa vuole muoversi nel mondo.
Indipendentemente
dal fatto che il diritto dal basso proclamato dalla Carta di Lampedusa
venga riconosciuto dalle attuali forme istituzionali, statali e/o
sovrastatali, ci impegniamo, sottoscrivendola, ad affermarla e a
metterla in atto ovunque nelle nostre pratiche di lotta politica,
sociale e culturale.
La Carta di Lampedusa è divisa in due parti
che rispecchiano la tensione tra i nostri desideri e le nostre
convinzioni e la realtà del mondo che abitiamo. La Parte Prima elenca i
nostri principi di fondo da cui muoveranno tutte le lotte e le battaglie
che si svilupperanno a partire dalla Carta di Lampedusa. La Parte
Seconda risponde invece alla necessità di confrontarsi con la realtà
disegnata dalle attuali politiche migratorie e di militarizzazione dei
confini, con il razzismo, le discriminazioni, lo sfruttamento, le
diseguaglianze, i confinamenti e la morte degli esseri umani che esse
producono, affermando, rispetto a tale realtà, i punti necessari per un
suo complessivo cambiamento.
PARTE PRIMA
LIBERTA’ DI MOVIMENTO
La Carta di Lampedusa afferma la libertà di movimento di tutte e tutti.
Riconoscendo
che la storia umana è storia di migrazioni, ma che le migrazioni sono
oggi anche elemento essenziale del neoliberismo e del sistema economico
capitalista; riconoscendo che le politiche migratorie sono oggi tra i
meccanismi principali attraverso cui si ridefiniscono le divisioni di
classe e riemergono i rapporti e le asimmetrie coloniali tra gli stati;
affermando l’ipocrisia di ogni retorica politica che promuove
l’obiettivo dichiarato di arrestare la mobilità dei e delle migranti;
consapevoli che il diktat di muoversi nel mondo seguendo le necessità
dell’economia globale è un imperativo che riguarda una grande parte
degli esseri umani, mentre la libertà di farlo seguendo un proprio
progetto di vita è un privilegio a cui ha accesso una parte minoritaria
della popolazione mondiale; riconoscendo che il modo in cui vengono
regolati i percorsi migratori crea forme di inclusione e di esclusione
che producono condizioni giuridiche, sociali ed economiche
gerarchicamente diversificate per milioni di persone che si muovono nel
mondo, ma alle quali è preclusa la libertà di determinare i propri
percorsi,
La carta di Lampedusa afferma che non può essere
accettata nessuna divisione tra gli esseri umani tesa a stabilire, di
volta in volta, chi, a seconda del suo luogo di nascita e/o della sua
cittadinanza, della sua condizione economica, giuridica e sociale,
nonché delle necessità dei territori di arrivo, sia libero di spostarsi
in base ai propri desideri e bisogni, chi possa farlo soltanto in base a
un’autorizzazione, e chi, infine, per poter compiere quello stesso
percorso, debba accettare di subire pratiche di discriminazione, di
sfruttamento e violenza anche sessuali, di disumanizzazione e
mercificazione, di confinamento della propria libertà personale, e di
rischiare di perdere la propria vita.
LIBERTA’ DI SCELTA
Osservando
come le politiche di governo e di controllo delle migrazioni funzionino
anche attraverso dispositivi volti a incanalare il percorso migratorio
delle singole persone, bloccandole in alcuni paesi, respingendole nei
paesi di attraversamento, o riportandole nei paesi di primo arrivo, e
condizionino in questo modo le loro possibilità di scegliere liberamente
il loro percorso, il loro luogo di residenza e/o di modificare in
qualsiasi momento tale scelta,
La Carta di Lampedusa,
slegando il concetto di spazio da ogni logica di proprietà e
privatizzazione, inclusa quella propria della tradizione degli stati
nazionali, afferma la libertà di ogni essere umano di scegliere il luogo
in cui abitare e la conseguente libertà di opporsi e battersi per
rimuovere gli ostacoli che a essa si frappongono. Tale libertà si
riferisce anche ai/alle minorenni adolescenti che vanno considerati/e in
quanto persone consapevoli, pur nella necessità di garantire per essi/e
ogni forma di tutela legata alla loro minore età.
LIBERTA’ DI RESTARE
Dichiarando
che i conflitti armati, le catastrofi climatiche e l’ingiustizia
globale che devastano gran parte del pianeta sono fenomeni connessi
all’attuale modello economico; osservando come, in nome di una crescita
economica che non tiene conto della preservazione ambientale e del
futuro di tutte le persone, la produzione è delocalizzata dove il
profitto può sfuggire ad ogni regola, le risorse sono sfruttate e
redistribuite in modo sempre più iniquo; affermando che, anche quando
migrare appare una scelta intimamente connessa alla vita privata delle
persone, essa non è mai del tutto scindibile dal contesto ambientale e
sociale in cui matura; constatando che le diseguaglianze e le
ingiustizie economiche violano la libertà di restare anche di milioni di
genitori cui viene di fatto impedito di crescere i/le propri/e figli/e,
anche bambini e minori adolescenti, in una condizione di prossimità
perché la migrazione della madre, del padre o di entrambi, o dei minori
da soli, diventa a volte il solo modo di garantire per essi/e le
condizioni di vita a cui aspirano;
A.La Carta di Lampedusa
afferma la libertà di restare come libertà di tutti/e di non essere
costretti/e ad abbandonare il paese in cui si nasce o che si abita
quando non si sceglie di farlo. La Carta di Lampedusa afferma altresì la
libertà di lottare, promuovere, costruire tutte le iniziative
necessarie a rimuovere ogni forma di sfruttamento, assoggettamento
economico, politico, militare e culturale che impedisca l’esistenza
autonoma, libera, indipendente e pacifica di tutte le persone che
abitano il mondo.
Osservando come i dispositivi di
respingimento formali e informali, le pratiche di identificazione,
detenzione e confinamento, i percorsi autorizzati ma condizionati, e
l’attribuzione di status differenziati, impediscano a chi migra di farlo
con la libertà di scegliere dove arrivare e dove restare,
B.
La Carta di Lampedusa afferma la libertà di restare come libertà di
abitare qualsiasi luogo, diverso da quello di nascita e/o di
cittadinanza, anche una volta che le persone abbiano lasciato il proprio
paese, e di costruire in tale luogo il proprio progetto di vita.
Riconoscendo
nelle norme che oggi condizionano il diritto di soggiorno al possesso
di riconoscimenti formali di produttività economica uno strumento di
ricatto e differenziazione degli status giuridici e delle possibilità di
vita delle persone,
La Carta di Lampedusa afferma che la
libertà di restare nel paese che si è scelto una volta che si è lasciato
il proprio non può in alcun modo essere subordinata allo svolgimento di
attività lavorativa riconosciuta e autorizzata sulla base delle
necessità del mercato del lavoro dei luoghi di arrivo. La Carta di
Lampedusa afferma inoltre che la libertà di restare e di costruire il
proprio progetto di vita nel luogo in cui si è scelto di abitare implica
l’assenza di ogni sfruttamento e un accesso alla salute, alla casa, al
lavoro e all’istruzione, alla comunicazione e all’informazione, anche e
soprattutto giuridica, senza nessuna discriminazione, così come la
rimozione di ogni ostacolo, in ogni ambito dell’esistenza, che possa
impedire l’esercizio di tale libertà.
LIBERTA’ DI COSTRUZIONE E REALIZZAZIONE DEL PROPRIO PROGETTO DI VITA IN CASO DI NECESSITA’ DI MOVIMENTO
Riconoscendo
che la produzione cronica e strutturale di conflitti, nonché delle
catastrofi climatiche e ambientali, così come economiche e sociali,
determina l’immediata necessità di abbandonare il luogo in cui essi si
sviluppano,
La Carta di Lampedusa afferma che ogni essere
umano che si trovi nella necessità di muoversi dal suo paese di nascita
e/o di cittadinanza, o dal paese in cui ha scelto di vivere, in ragione
di ogni tipo di persecuzioni individuali e/o collettive, già avvenute o
potenziali, ha la libertà di scegliere il luogo in cui stabilirsi e di
ricongiungersi in tale luogo con le persone che appartengono al proprio
nucleo affettivo. Ciò non deve in alcun modo essere messo in
contrapposizione con la libertà di movimento, di restare e di scelta del
luogo in cui abitare delle persone che non vivono tali condizioni.
La
Carta di Lampedusa afferma che in tali casi a tutte e tutti deve essere
riconosciuta e garantita immediatamente la possibilità di potersi
muovere in sicurezza, senza condizionamenti e impedimenti.
La
Carta di Lampedusa afferma inoltre che in tali casi a tutte e tutti
devono essere garantite tutele giuridiche, economiche, sociali,
culturali ed esistenziali lungo tutti i paesi attraversati nel loro
percorso. Le stesse tutele, nonché l’accesso alla condivisione dello
spazio e delle risorse, vanno garantiti nei luoghi in cui le persone
avranno scelto di stabilirsi affinché possano costruire e realizzare il
loro progetto di vita. Tali tutele dovranno essere loro garantite anche
nel caso in cui decidano di cambiare il luogo in cui abitare.
LIBERTA’ PERSONALE
La
Carta di Lampedusa afferma che nessun essere umano, in nessun caso, può
essere privato della libertà personale, e quindi confinato o detenuto,
per il fatto di esercitare la libertà di muoversi dal luogo di nascita
e/o di cittadinanza, o la libertà di vivere e di restare nel luogo in
cui ha scelto di stabilirsi.
LIBERTA’ DI RESISTENZA
La
Carta di Lampedusa afferma la Libertà di tutte e di tutti di resistere a
politiche tese a creare divisione, discriminazione, sfruttamento e
precarietà degli esseri umani, e che generano diseguaglianza e
disparità.
Constatando inoltre come le attuali politiche
di governo e di controllo delle migrazioni siano uno dei principali
strumenti per creare tali condizioni,
La Carta di
Lampedusa afferma la Libertà di tutti e di tutte di resistere a tali
politiche nella loro complessità, così come nei loro specifici
meccanismi di funzionamento, che si tratti dell’istituto dei campi di
contenimento e/o detenzione, dei confini, dei permessi di soggiorno
legati ai contratti di lavoro, delle pratiche di deportazione,
espulsione e respingimento, di non parità nell’accesso al lavoro e alla
casa, di sfruttamento della forza lavoro migrante, di precarizzazione
delle condizioni di vita e di lavoro, delle politiche di selezione e
contenimento della mobilità in base all’economia di mercato, delle
politiche dei visti, delle politiche delle quote, delle pratiche di
militarizzazione dei territori e del mare per controllare e impedire la
mobilità degli esseri umani.
La Carta di Lampedusa afferma inoltre la libertà e il dovere di disobbedire a ordini ingiusti.
PARTE SECONDA
SMILITARIZZAZIONE DEI CONFINI
Considerando
che, tra i paesi dell’Unione Europea, Germania, Francia, Regno Unito,
Paesi Bassi, Italia, Spagna e Svezia, sono tra i dieci maggiori
esportatori di armi nel mondo; che un’altissima percentuale di queste
viene importata proprio da quei paesi in situazioni di conflitto e/o
accusati di violare diritti umani e libertà democratiche, dai quali le
persone fuggono; riconoscendo che le attuali politiche di governo e
controllo delle migrazioni comportano un processo di militarizzazione
dei territori interni e delle zone di confine degli stati, inclusi
quelli da cui si vogliono bloccare o filtrare le partenze, spesso
mascherato dalla retorica dell’umanitario o fatto passare per un
semplice dispositivo di sicurezza o di vigilanza; riconoscendo che
l’isola di Lampedusa ha assunto un ruolo centrale in questo processo e
che la militarizzazione tesa al controllo dei confini e delle migrazioni
si intreccia con la militarizzazione dei territori a scopi bellici e di
difesa degli interessi economici predominanti; constatando che la
militarizzazione così intesa comporta specifiche forme di violenza
aggiuntiva sui corpi, tra cui la violenza sessuale, in particolare sui
corpi delle donne, e osservando come la militarizzazione, producendo
morte, comporti spesso la sparizione dei corpi, imponendo forme di
affetto e lutto dimezzate per parenti e amici,
La Carta di
Lampedusa afferma la necessità dell’immediata abolizione di tutte le
operazioni legate alla militarizzazione dei territori e alla gestione
dei dispositivi di controllo dei confini, sia militari che civili,
incluso l’addestramento militare ai respingimenti e al controllo della
mobilità delle persone in territorio internazionale.
La Carta di Lampedusa afferma quindi la necessità della completa riconversione delle risorse sino ad oggi investite e stanziate in tal campo per assicurare percorsi di arrivo garantito delle persone che migrano per necessità, nonché per scopi sociali rivolti a tutte e tutti.
La Carta di Lampedusa afferma quindi la necessità della completa riconversione delle risorse sino ad oggi investite e stanziate in tal campo per assicurare percorsi di arrivo garantito delle persone che migrano per necessità, nonché per scopi sociali rivolti a tutte e tutti.
Considerando che il nesso umanitario-securitario
attraverso il quale gli stati impediscono ai e alle migranti di arrivare
nello spazio europeo, o intervengono nelle modalità del loro arrivo, è
uno dei meccanismi fondamentali della militarizzazione dei territori
interni e delle zone di confine degli stati, inclusi quelli da cui si
vogliono bloccare o filtrare le partenze,
La Carta di Lampedusa afferma l’immediata necessità di abolire:
• il sistema Eurosur,
appositamente concepito per implementare i meccanismi di controllo atti
a impedire l’accesso dei e delle migranti nei territori degli stati
dell’Unione europea;
• l’’agenzia europea Frontex,
appositamente concepita per contrastare l’arrivo delle e dei migranti
nei territori degli stati dell’Unione europea, e le sue missioni
attualmente in corso;
• tutte le operazioni dell’Unione europea e dei suoi stati membri, sia che si svolgano in zone di confine (come l’operazione italiana Mare Nostrum iniziata nel 2013) sia che prevedano l’intervento in stati non membri dell’Unione europea (come l’operazione Eubam avviata in Libia nel 2013);
• tutti i sistemi di controllo, comunicazione e gli apparati bellici (sistemi elettronici e satellitari, radar, droni, sistemi di controllo biometrico, mezzi aeronavali) volti
al controllo delle migrazioni e/o alla militarizzazione dei territori
con scopi di guerra e affermazione degli interessi economici dominanti;
• tutte
le barriere materiali, con particolare riferimento ai muri e alle
barriere fisiche che attorniano l’Unione europea e che si espandono nei
territori degli stati confinanti con il fine di impedire la libertà di
movimento.
Inoltre, per il ruolo che la militarizzazione
assume nello specifico contesto siciliano, La Carta di Lampedusa esige
la cessazione immediata:
• dell’uso della base di Sigonella per il
transito di reparti specializzati delle forze armate USA utilizzati per
l’addestramento delle forze di polizia e armate dei regimi africani;
• del ruolo strategico della base Sigonella per il comando e la gestione di droni di proprietà delle forze armate USA e NATO anche in funzione di vigilanza e sostegno alle operazioni di controllo e contrasto delle migrazioni;
• delle procedure per l’installazione di una delle stazioni terrestri del MUOS a Niscemi che avrà, tra gli altri, il compito strategico di coordinare gli utenti mobili, tra cui droni, nelle operazioni di sorveglianza del Mediterraneo e respingimento dei e delle migranti in regime di extraterritorialità.
• del ruolo strategico della base Sigonella per il comando e la gestione di droni di proprietà delle forze armate USA e NATO anche in funzione di vigilanza e sostegno alle operazioni di controllo e contrasto delle migrazioni;
• delle procedure per l’installazione di una delle stazioni terrestri del MUOS a Niscemi che avrà, tra gli altri, il compito strategico di coordinare gli utenti mobili, tra cui droni, nelle operazioni di sorveglianza del Mediterraneo e respingimento dei e delle migranti in regime di extraterritorialità.
LIBERTA’ DI MOVIMENTO II
Riaffermando la Libertà di movimento così come definita nella Prima parte,
La
Carta di Lampedusa afferma la necessità di abolire immediatamente il
sistema dei Visti che, impedendo a una parte della popolazione mondiale
di muoversi liberamente, e istituendo una mobilità selettiva, costringe
tutti/e coloro che non possono ottenere un visto a rischiare la vita nel
tentativo di attraversare le frontiere, o ad attraversarle con modalità
che comportano forme di discriminazione nell’accesso ai diritti una
volta raggiunto lo spazio europeo.
Constatando che negli
accordi economici e di aiuto allo sviluppo l’Unione europea impone ai
paesi considerati a rischio migratorio il controllo e la
militarizzazione dei loro confini, così come la riammissione dei e delle
migranti espulsi/e dall’Unione europea e che abbiano transitato sul
loro territorio; considerando che tale imposizione diviene criterio di
negoziazione delle quote di ingresso dei loro cittadini sul territorio
dell’Unione europea,
La Carta di Lampedusa afferma
l’esigenza di eliminare il principio delle clausole migratorie da tutti
gli accordi e che i paesi a cui esso viene imposto rifiutino tale
principio nelle negoziazioni, nonché di contrastare le attuali politiche
europee di vicinato, liberando le relazioni tra i popoli e tra gli
stati da ogni forma di strumentalizzazione ai fini del controllo delle
migrazioni.
Rilevando come le attuali politiche
migratorie dell’Unione europea tendano a legare la possibilità del
soggiorno legale delle persone nei suoi stati membri alle esigenze del
mercato del lavoro, sino a prevedere un nesso inscindibile tra permesso
di soggiorno e contratto di lavoro; individuando in questo legame
l’origine di ogni possibilità di ricatto sui lavoratori e le lavoratrici
migranti da parte dei datori di lavoro, possibilità questa che comporta
la limitazione dei diritti e delle tutele per tutti/e i lavoratori e le
lavoratrici,
La Carta di Lampedusa afferma l’immediata
necessità di svincolare definitivamente il diritto di ingresso, di
soggiorno e di permanenza sui territori degli stati membri al possesso
di un rapporto di lavoro.
Rilevando come il sistema delle
quote di ingresso, adottato dagli stati membri dell’Unione europea e
stabilito prevalentemente sulla base delle loro necessità economiche,
sia uno dei principali meccanismi di clandestinizzazione delle persone,
La
Carta di Lampedusa afferma l’immediata necessità di abolire il sistema
delle quote, nonché la necessità di riconoscere il diritto al soggiorno a
tutti e tutte coloro che abbiano già fatto ingresso sul territorio
europeo, superando definitivamente la logica delle sanatorie. La
Carta di Lampedusa afferma inoltre la necessità di abrogare i limiti
qualitativi (legati a criteri di reddito e di abitazione) e quantitativi
(legati al numero e all’età delle persone da ricongiungere) attualmente
imposti al ricongiungimento familiare. Rispetto
alle persone minorenni la Carta di Lampedusa sostiene il principio
dell’interesse prevalente del/della minorenne relativamente a qualunque
scelta o decisione lo/la riguardi; sostiene la presunzione della minore
età e la necessità di eliminare l’utilizzo di pratiche mediche invasive
volte all’accertamento della stessa; promuove l’attivazione immediata
della tutela e di tutti gli strumenti tesi a garantire alla/al minorenne
l’esercizio di ogni diritto. In tutti i momenti del percorso migratorio
delle persone minorenni, inoltre, le operazioni di assistenza e di
accompagnamento non devono essere espletate dalle forze militari o di
polizia, bensì da personale qualificato e competente. In tutti i momenti
del percorso migratorio ogni persona, se posta di fronte ai
rappresentanti di qualsiasi ente o istituzione deve essere messa nelle
condizioni effettive di comprendere quello che gli sta accadendo, di
essere informata dei propri diritti, di essere ascoltata, di farsi
comprendere nella propria lingua e di partecipare alle decisioni che la
riguardano.
La Carta di Lampedusa afferma la
necessità dell’immediata abrogazione delle norme che direttamente o
indirettamente configurano come reato l’ingresso e/o il soggiorno
qualificato come irregolare, nonché dell’immediata abrogazione delle
figure di reato che direttamente o indirettamente criminalizzano il
soccorso, l’accoglienza e l’ospitalità dei migranti a prescindere dalla
regolarità del loro ingresso e del loro soggiorno.
LIBERTA’ DI SCELTA II
Riaffermando la Libertà di scelta così come definita nella Prima parte,
La
Carta di Lampedusa afferma la necessità di abrogare tutte le norme
nazionali e internazionali, con particolare riferimento alla normativa
europea che discende dal trattato di Schengen, che limitano la libertà
di movimento, di restare e di scegliere dove vivere dei cittadini
europei e di quelli provenienti dai cosiddetti paesi terzi, anche nella
loro specificità di richiedenti protezione internazionale.
La
Carta di Lampedusa afferma in particolare la necessità dell’immediata
abrogazione del Regolamento di Dublino, e di tutte le sue successive
modifiche, che impone alle e ai migranti di fare richiesta di protezione
internazionale nel primo stato membro in cui fanno ingresso, impedendo
in tal modo alle persone di portare a compimento il proprio progetto di
vita. In questo senso si ribadisce la libertà di scelta delle e dei
richiedenti protezione internazionale in ordine al paese presso cui
chiederla, posta la necessità che tutti gli stati raggiungano standard
parimenti elevati di protezione e accoglienza con sanzioni tempestive ed
efficaci a carico degli stati membri che non ottemperino agli standard.
LIBERTA’ DI RESTARE II
Riaffermando la libertà di restare come definita dalla Prima parte,
Rilevando
come uno dei principali strumenti di subordinazione e di controllo dei e
delle migranti sia lo stretto legame tra il diritto di soggiorno e
l’espletamento di più o meno complessi adempimenti burocratici;
rilevando come le norme che regolano tali adempimenti rappresentino in
diversi paesi una vera e propria legislazione separata e differenziata
che costruisce figure giuridiche a diritti ridotti e sempre subordinati
alla tutela dei confini delle nazioni e degli interessi degli stati
suddetti,
La Carta di Lampedusa afferma l’immediata
necessità di eliminare ogni presupposto che, nelle norme o nelle prassi,
renda ineguale l’accesso ai diritti riconosciuti sulla base della
cittadinanza, sia per ciò che concerne l’accesso al welfare, sia per
quanto riguarda i meccanismi che regolano l’accesso al lavoro, sia per
ciò che concerne i diritti politici, compreso il diritto di voto così
come gli atti di stato civile. Ritiene altresì immediata la necessità di
ridurre gli adempimenti richiesti per formalizzare la presenza in un
determinato luogo a un mero accertamento, qualunque sia la propria
cittadinanza, e la necessità di sottrarre tali funzioni al Ministero
dell’Interno ed alle forze di Polizia.
A. Diritto al lavoro:
Sottolineando
come interi settori del mercato del lavoro in Europa si basino sullo
sfruttamento della manodopera migrante e che, come nel caso del lavoro
domestico e di cura prestato soprattutto da donne migranti, la sua
disponibilità a basso costo e a diritti ridotti contribuisca a superare i
deficit delle istituzioni pubbliche, ma anche a permettere la loro
deresponsabilizzazione; affermando come le forme di sfruttamento
neoschiavistico generalizzate nei confronti delle e dei migranti
implichino anche forme di ricatto e violenza, sia fisica che
psicologica, inclusa quella di genere e sessuale; constatando come venga
costantemente precluso l’accesso a numerose professioni per donne e
uomini a partire da una segmentazione del mercato del lavoro sulla base
dell’ origine e/o della cittadinanza; rilevando come a tali aspetti si
aggiunga in molti casi il mancato riconoscimento dei titoli di studio
posseduti e delle competenze acquisite (siano esse documentate o meno) e
quindi di fatto la cancellazione e la negazione di percorsi di vita
personali e professionali,
La Carta di Lampedusa afferma
che il diritto all’accesso a tutte le professioni e a un lavoro libero
da ogni sfruttamento, da svolgersi in condizioni di sicurezza e rispetto
della persona in tutte le sue dimensioni, debba essere garantito a
tutti e a tutte senza discriminazione alcuna. Tale diritto va garantito a
parità di salario e nel rispetto delle norme contrattuali -
costantemente violate anche dalla delocalizzazione strumentale della
produzione e della forza lavoro - soprattutto laddove ciò implichi una
revisione del sistema economico e sociale dei paesi interessati nella
direzione di una più equa redistribuzione delle risorse e dei servizi.
B. Diritto all’abitare:
Rilevando
come l’esercizio del diritto ad abitare sia oggi compromesso per una
parte significativa della popolazione e si riveli quindi stratificato
sulla base del reddito e spesso discriminatorio rispetto alla
cittadinanza delle persone; considerando come il pieno esercizio del
diritto all’abitare sia preliminare alla possibilità di esercitare altri
diritti come quelli politici e altre libertà come quella di costruire
il proprio progetto di vita nel territorio in cui si vive; rilevando
come nel caso di alcune minoranze e di alcuni gruppi definiti su base
nazionale, religiosa, sociale e/o economica, il diritto all’abitare sia
costantemente violato dal loro confinamento in determinati spazi e
luoghi separati dal resto del contesto urbano e designati a questo scopo
sulla base di pregiudizi discriminatori che costringono spesso i membri
di queste minoranze e di questi gruppi a modificare il proprio stile e
il proprio progetto di vita; constatando l’accertata disponibilità di un
numero considerevole di immobili, di proprietà sia pubblica che
privata, lasciati in abbandono, inutilizzati o sottoutilizzati, e non
destinati al soddisfacimento del diritto all’abitare,
La
Carta di Lampedusa afferma il diritto di ogni essere umano di ottenere,
conquistare e costruire la possibilità di abitare in un luogo adeguato
al proprio progetto di vita e rispettoso di tutte le dimensioni, sempre
sociali e relazionali, in cui possa realizzarsi la sua esistenza.
C. Diritto di cura e di accesso al welfare
Affermando
come la piena realizzazione delle persone e dei loro progetti di vita
non può che avvenire all’interno di un sistema di interdipendenze con
gli/le altri/e e con la società tutta, e che tali interdipendenze
divengono più significative in alcune fasi della vita, come la
gravidanza, la genitorialità, l’infanzia o la vecchiaia, nonché in
alcune condizioni dell’esistenza, come la malattia o la disabilità;
constatando come l’attuale accesso alle politiche pubbliche e sociali
che garantiscono la sostenibilità di queste interdipendenze discrimini
sulla base della cittadinanza, del genere, e dello status sociale,
economico e giuridico delle persone,
La Carta di Lampedusa
afferma la necessità di garantire un accesso senza discriminazioni alle
strutture sanitarie, alle cure mediche, e alle prestazioni monetarie e
in termini di servizi, compresi quelli per la maternità e per
l’infanzia, indispensabili per il pieno esercizio del diritto di ogni
persona a ricevere e a dare cura.
D. Diritto all’istruzione
Affermando
come un accesso non discriminatorio ai saperi, alla conoscenza e
all’istruzione attraverso percorsi di apprendimento garantiti per tutti e
tutte sia alla base della possibilità di costruire il proprio progetto
di vita e della realizzazione delle persone in tutte le loro dimensioni;
constatando come le politiche attuali ostacolino in alcuni paesi questo
accesso, sulla base di prassi e normative che lo subordinano al
possesso di determinati status giuridici, economici e sociali;
affermando come l’apprendimento della lingua del paese in cui si sceglie
di vivere sia un diritto fondamentale di ognuno/a in quanto condizione
essenziale per poter realizzare il proprio progetto di vita; affermando
che, in ogni caso, l’apprendimento e la conoscenza della lingua del
paese in cui si sceglie di vivere non debbano mai essere adottati a
livello istituzionale come criteri selettivi e come requisiti per
l’ottenimento e il rinnovo dei permessi di soggiorno,
La
Carta di Lampedusa afferma la necessità di rimuovere tutti gli ostacoli
che discriminano rispetto all’accesso ai saperi, alla conoscenza,
all’istruzione, e all’apprendimento delle lingue del paese in cui si
vive e delle lingue materne, nonché ai contesti relazionali in cui
questo accesso può avvenire e arricchirsi, di assicurare il
riconoscimento dei titoli di studio e della qualità dei percorsi
formativi e professionali, ove necessario integrandoli, e di cancellare
tutte le prassi e le normative che nei diversi paesi creano percorsi di
istruzione separati e differenziati sulla base della cittadinanza o
dello status giuridico, sociale ed economico.
Rilevando
come le risorse pubbliche per la fruizione e la produzione dell’arte e
della cultura sono di fatto spesso non accessibili, la Carta di
Lampedusa afferma il diritto di tutte e tutti ad accedere alle risorse
pubbliche, ai fondi e agli spazi pubblici per l’arte e la cultura.
E. Diritto alla preservazione e alla costruzione del proprio nucleo familiare e affettivo
Affermando
la libertà di ciascun essere umano di costituire un nucleo familiare
e/o affettivo con le persone con cui sceglie di farlo, nel rispetto
della loro libertà, a prescindere dalla loro cittadinanza e dal loro
status giuridico, economico e sociale, nonché dall’orientamento
sessuale; rilevando come la possibilità di costruire o preservare il
proprio nucleo familiare e affettivo sia spesso subordinata alle
condizioni economiche e sociali delle persone, che si rivelano ancora
più significative nel caso dei e delle migranti, solitamente inclusi a
diritti ridotti nel mercato del lavoro e nel sistema sociale delle
politiche pubbliche,
La Carta di Lampedusa afferma la
necessità di cancellare tutte le ingerenze istituzionali che, attraverso
la produzione di prassi, dispositivi di controllo e normative, limitano
e/o inibiscono la libertà delle persone di preservare e costruire il
proprio nucleo familiare e affettivo, e che introducono all’interno di
quest’ultimo differenze di status, giuridico e non solo, specie nel caso
dei matrimoni tra cittadini o cittadine di uno stato membro dell’Unione
europea e persone che non lo sono, o di matrimoni tra persone entrambe
non cittadine di stati membri.
La Carta di
Lampedusa afferma inoltre la necessità di riconoscere ai fini del
rispetto dell’unità familiare e affettiva e anche per ciò che riguarda
le procedure amministrative di ingresso e soggiorno, le unioni di fatto
tra cittadini o cittadine di uno stato membro dell’Unione europea e
persone che non lo sono, o tra persone entrambe non cittadine di stati
membri.
F. Diritto alla partecipazione sociale e politica
Considerando
come ad oggi milioni di persone vivano stabilmente sul territorio del
paese che abitano senza avere accesso alla vita politica e sociale dello
stesso, a causa di ostacoli normativi e burocratici, nonché di
condizioni economiche, ambientali e abitative,
La Carta di Lampedusa afferma che ogni persona, indipendentemente dalla sua cittadinanza, dal suo status giuridico, sociale o economico, deve potere, se lo desidera, partecipare pienamente allo spazio pubblico e sociale del luogo in cui vive, e avere pieno accesso agli ambiti in cui tale partecipazione si manifesta, inclusi quelli elettorali e rappresentativi delle istituzioni democratiche ai livelli locali, nazionali e sovranazionali.
La Carta di Lampedusa afferma che ogni persona, indipendentemente dalla sua cittadinanza, dal suo status giuridico, sociale o economico, deve potere, se lo desidera, partecipare pienamente allo spazio pubblico e sociale del luogo in cui vive, e avere pieno accesso agli ambiti in cui tale partecipazione si manifesta, inclusi quelli elettorali e rappresentativi delle istituzioni democratiche ai livelli locali, nazionali e sovranazionali.
G. Affermazione di un linguaggio della non discriminazione nel rispetto di tutte e tutti
Constatando
come ad oggi la retorica xenofoba e apertamente razzista, che trova
ampia diffusione nello spazio pubblico e nei media di tutte le
categorie, nonché quella propria del razzismo differenziale che guarda
alle culture come forme statiche e immutabili, favoriscano le
discriminazioni giuridiche, economiche e sociali; affermando come le
numerose forme con cui si manifesta il razzismo mediatico siano
strettamente connesse con le forme di razzismo istituzionale che
limitano, attraverso normative e prassi, l’accesso ai diritti sulla base
dell’origine e/o della cittadinanza delle persone; constatando l’uso
ormai diffuso e normalizzato anche nei testi di legge di termini come
“clandestino”, che rinviano a stereotipi e pregiudizi criminalizzanti e,
in generale, l’utilizzo di espressioni e toni stigmatizzanti e
discriminatori nei confronti di persone in base alla loro reale o
presunta origine e/o appartenenza sociale, culturale o religiosa;
rilevando come tali processi di criminalizzazione e stigmatizzazione
vengano messi in atto attraverso la costante negazione del diritto di
parola e del diritto all’auto-rappresentazione e all’auto-narrazione dei
migranti all’interno dei media e degli spazi pubblici, producendo di
conseguenza un’informazione parziale e unilaterale; ribadendo come la
spettacolarizzazione del momento dell’arrivo dei migranti, sull’isola di
Lampedusa come in molte altre frontiere d’Europa, con l’utilizzo di un
linguaggio allarmistico e securitario - che travisa la realtà dei
fenomeni e cancella le storie delle persone - contribuisca ad acuire
fenomeni di razzismo e di discriminazione,
La Carta di
Lampedusa esprime una visione politica di relazione tra le persone che
non dipenda in alcun modo dalla loro origine e/o cittadinanza, nonché
dalla loro reale o presunta appartenenza culturale o religiosa, e la
necessità di combattere ogni linguaggio fondato su pregiudizi,
discriminazioni e razzismo, comunque si manifesti, in ogni contesto e in
ogni luogo.
H. Nuove forme di cittadinanza
Constatando
come l’istituto della cittadinanza si sia rivelato dalla nascita degli
stati-nazione un meccanismo inclusivo ma, al contempo, fortemente
esclusivo, tanto da trasformare l’accesso ai diritti, anche a quelli
sanciti come universali, in un privilegio legato allo status giuridico;
constatando come ad oggi l’Unione europea non abbia introdotto alcun
criterio innovativo nell’accesso alla cittadinanza europea che potesse
dare a essa una portata inclusiva, ma abbia limitato la sua attribuzione
ai soli individui che già possedevano una delle cittadinanze degli
stati membri; considerando altresì come nel processo di allargamento
dell’Unione europea si sia costituita una gerarchia interna alle diverse
cittadinanze in base agli stati membri di appartenenza,
La
Carta di Lampedusa afferma la necessità di riconoscere l’esercizio
pieno di pari diritti a chiunque si trovi nello spazio europeo a
prescindere dalla sua cittadinanza, e la necessità immediata del
riconoscimento di una cittadinanza europea basata sullo ius soli.
La
Carta di Lampedusa afferma in ogni caso la necessità di elaborare nuove
modalità di relazione tra istituzioni e persone, basandole sulla
residenza e non più sull’appartenenza nazionale.
LIBERTA’ DI COSTRUZIONE E REALIZZAZIONE DEL PROPRIO PROGETTO DI VITA IN CASO DI NECESSITÀ DI MOVIMENTO II
Ribadendo
la Libertà di movimento, di costruzione e realizzazione del proprio
progetto di vita in caso di necessità di movimento così come affermato
nella Prima parte,
Rifiutando le politiche umanitarie messe in
atto dalle strutture statali, sovrastatali e dalle organizzazioni
internazionali, in quanto politiche che si fondano sul presupposto di
riconoscere a una parte degli esseri umani una ridotta possibilità di
movimento; bloccano le persone che si muovono per necessità nelle zone
di prima sicurezza, o comunque condizionano i loro percorsi, con il
risultato di costringere migliaia di esseri umani a condizioni di vita
precarie e di sussistenza nei campi per lunghi periodi o in modo
permanente; favoriscono le scelte dell’Unione europea in materia di
asilo tese a delocalizzare o esternalizzare la protezione trasferendo le
persone su base selettiva (resettlement) o impedendo il loro arrivo in
Europa (regional protection program); si configurano come il risvolto
delle politiche di guerra, di militarizzazione e di sfruttamento
economico dei territori,
La Carta di Lampedusa afferma la
necessità di costruire percorsi di arrivo garantito immediato per chi
lascia il territorio di nascita e/o di cittadinanza e/o di residenza,
per sfuggire a guerre, persecuzioni individuali o collettive, catastrofi
climatiche e ambientali, così come economiche e sociali, senza che ciò
in alcun modo venga messo in contrapposizione con la libertà di
movimento delle persone che non vivono tali condizioni. La
Carta di Lampedusa afferma che nel periodo necessario a costruire tali
percorsi occorre che tutti rispettino in modo assoluto gli obblighi di
soccorso sanciti a livello internazionale, senza conflitti di competenza
geografica e senza quei ritardi che nel tempo hanno prodotto migliaia
di morti; deve essere inoltre garantita l’immediata tutela delle e dei
richiedenti protezione internazionale, sin dal primo contatto con le
autorità dello stato membro a prescindere da dove e come tale contatto
si determina (anche nelle acque o nelle aree internazionali).
La
Carta di Lampedusa afferma la necessità di sospendere immediatamente
ogni pratica di respingimento formale e informale alle frontiere interne
ed esterne dell’Unione europea.
La Carta di Lampedusa afferma la necessità di mettere fine alle politiche di esternalizzazione dell’asilo,
con cui l’Unione europea demanda la competenza della protezione
internazionale agli stati di transito delle persone che si muovono per
necessità. In questa prospettiva anche nelle situazioni di emergenza
sopra elencate deve essere garantito alle persone il diritto di scelta
per come è definito in questa Carta.
Pur riconoscendo la
specificità dei percorsi di chi si muove per necessità, la Carta di
Lampedusa rifiuta i criteri che regolano le verifiche di status e che,
nella prassi, impongono alle persone di dimostrare le ragioni della loro
migrazione al fine di potere accedere a determinati diritti.
La
Carta di Lampedusa afferma inoltre la necessità che nei territori di
arrivo siano messe in campo tutte le iniziative necessarie ad assicurare
la possibilità di inserimento immediato dei e delle richiedenti
protezione internazionale e dei e delle rifugiati/e nel tessuto
economico e sociale.
La Carta di Lampedusa afferma la
necessità di mettere fine al sistema di accoglienza basato su campi e
centri per costruire invece un sistema condiviso nei diversi territori
coinvolti, del Mediterraneo e oltre, basato sulla predisposizione, in
ogni luogo, di attività di accoglienza diffusa, decentrata e fondata
sulla valorizzazione dei percorsi personali, promuovendo esperienze di
accoglienza auto-gestionaria e auto-organizzata, anche al fine di
evitare il formarsi di monopoli speculativi sull’accoglienza e la
separazione dell’accoglienza dalla sua dimensione sociale. La
programmazione degli interventi sociali di prima accoglienza, successivi
all’arrivo, deve tenere conto della costituzione familiare e parentale,
preservando in ogni condizione la continuità delle relazioni
genitoriali, di parentela e affettive.
LIBERTA’ PERSONALE II
Riaffermando la Libertà personale come definita dalla Prima parte,
Rilevando
come le politiche migratorie impongano, all’interno dei territori degli
stati membri dell’Unione europea e ai loro confini, il sistema della
detenzione amministrativa dei e delle migranti privi/e di permesso di
soggiorno, così come il sistema di confinamento diffuso per i/le
richiedenti protezione internazionale in spazi che presentano tutte le
caratteristiche di luoghi di detenzione per i periodi di espletamento
delle pratiche volte all’ottenimento dello status di rifugiato/a;
constatando come le politiche di governo e di controllo delle migrazioni
dell’Unione europea siano riuscite a diramare la pratica della
detenzione e del confinamento delle e dei migranti e delle e dei
richiedenti protezione internazionale anche negli stati non membri
dell’Ue;
Denunciando tutte le morti e le violenze avvenute
all’interno dei centri di detenzione e confinamento su tutto il
territorio dell’Unione europea e dei paesi in cui è esternalizzato il
controllo delle frontiere; morti e violenze su cui non è mai stata fatta
chiarezza e che sono rimaste impunite;
Ribadendo l’impossibilità
di qualunque riforma di tali luoghi, constatando le loro funzioni
simboliche e poliziesche di criminalizzazione, così come di costruzione
dell’inferiorizzazione giuridica, economica e sociale dei e delle
migranti, e rilevando altresì l’ingente dispendio di risorse pubbliche
destinate a tale sistema, ed erogate a soggetti che speculano sulle vite
dei e delle migranti,
La Carta di Lampedusa afferma la
necessità dell’immediata abrogazione dell’istituto della detenzione
amministrativa e la chiusura di tutti i centri, comunque denominati o
configurati, e delle strutture di accoglienza contenitiva - siano essi
legalmente istituiti secondo leggi vigenti, o semplici decreti e
regolamenti, o informalmente preposti alla detenzione e al confinamento
delle persone - e la conversione delle risorse fino ad ora destinate a
questi luoghi a scopi sociali rivolti a tutti e a tutte.
Per aderire scrivi a info@lacartadilampedusa.org
Fonte:
http://www.meltingpot.org/La-Carta-di-Lampedusa-18912.html#.Uu6ENbSLXwg
Fonte:
http://www.meltingpot.org/La-Carta-di-Lampedusa-18912.html#.Uu6ENbSLXwg
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